Gregorio di Nazianzo, testi
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Non ingannino gli altri quegli uomini né si lascino ingannare, ammettendo che l'uomo del
Signore, come dicono loro, o piuttosto il nostro Signore e Dio, è un uomo senza intelletto.
Noi non separiamo l'uomo dalla divinità, ma crediamo in un unico e medesimo (essere) (
e{na
kai; to;n aujtovn
), che prima non era uomo, ma Dio e Figlio solo ed eterno, separato dal corpo e da
tutto ciò che riguarda il corpo e alla fine fu anche uomo, assunto per la nostra salvezza: passibile
nella carne, impassibile nella divinità, circoscritto nel corpo, non circoscritto nello spirito, il
medesimo terrestre e celeste, visibile e invisibile, comprensibile e incomprensibile, affinché da lui
stesso, uomo completo e Dio, fosse riplasmato tutto quanto l'uomo che era caduto in potere del
peccato.
Chi non crede che la santa Maria è genitrice di Dio (
qeotovko"
), è fuori della divinità. [...]
Chi introduce due figli, l'uno nato da colui che è Dio e Padre e l'altro nato dalla madre, e non
uno solo e lo stesso (
e{na kai; to;n aujtovn
), decade dall'adozione divina promessa a coloro che
credono rettamente. Le nature, infatti, sono due, Dio e l'uomo, che comprende l'anima e il corpo ma
non vi sono due figli né due Dei, [...]
Per dirla in breve, diverse sono le realtà di cui è composto il Salvatore, se è vero che
l'invisibile non si identifica con il visibile né ciò che è fuori del tempo con ciò che è soggetto al
tempo, ma non vi sono due esseri diversi. Non sia mai! Le due realtà divengono una cosa sola in
virtù dell'unione, perché Dio si è fatto uomo e l'uomo è stato deificato, o qualunque altro sia il modo
di denominare questo processo. Dico realtà diverse contrariamente a quello che accade nella Trinità.
Lì si hanno esseri distinti per non confondere le
uJpostavsei"
, ma non realtà distinte perché i tre
sono una cosa sola nella divinità (nella stessa
oujsiva
). [...]
Chi spera in un uomo senza intelletto è veramente senza intelletto e non è degno di essere
salvato interamente. Infatti, ciò che non è stato assunto non è stato curato, mentre si salva ciò che è
stato unito a Dio. Se Adamo è caduto per metà, metà è ciò che è stato assunto ed è salvato; ma se è
caduto per intero, è stato unito a colui che fu generato intero e si salva interamente. Dunque, non ci
guardino di malocchio per questa salvezza completa e non attribuiscano al Salvatore solo le ossa, i
nervi e la figura umana.
Se l'uomo è senz'anima, questo lo dicono anche gli ariani per attribuire la passione alla
divinità, perché secondo loro ciò che muove il corpo è anche ciò che soffre. Se invece è animato ma
non dotato di intelletto, come può essere uomo? L'uomo, infatti, non è un vivente senza intelletto
(
nou'"
). [...] Se si è fatto uomo per abolire la condanna del peccato santificando il simile con il
simile, come ebbe bisogno della carne per santificare la carne che era stata condannata e dell'anima
per santificare l'anima, così ebbe bisogno anche dell'intelletto per santificare l'intelletto, che in
Adamo non solo era caduto ma era stato colpito per primo, come dicono i medici a proposito delle
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malattie. Ciò che ricevette il precetto non osservò il precetto; ciò che non osservò il precetto, osò la
trasgressione; ciò che trasgredì aveva bisogno di salvezza più di tutti; ciò che aveva bisogno di
salvezza fu assunto. Dunque l'intelletto (
nou'"
) è stato assunto.
Prima
lettera
a
Cledonio, III, 12 - IV, 21; VII, 32-34; XI, 51-52.
Ma quale mistero mi unisce a questo corpo? Lo ignoro. E come sono ad immagine di Dio, se
sono impastato di fango? Il mio corpo è in forze? Mi assilla. È malato? Mi tiene il broncio. Lo amo
come un amico di prigionia. Lo fuggo come una prigione. Lo rispetto come un coerede. Se cerco di
indebolirlo, chi mi aiuterà a intraprendere grandi progetti? Perché in fondo io so a che cosa sono
destinato: devo innalzarmi verso Dio per mezzo delle opere. Se sono dolce con questo mio
compagno quale sarà il mezzo per schivare i suoi colpi e stare saldo vicino a Dio, quando pesanti
catene mi fanno inciampare e mi impediscono di rialzarmi? Nemico fascinoso e perfido amico! Ah,
che intesa e che divisione! Amo l'oggetto del mio timore e temo quello della mia tenerezza. Alla
vigilia della guerra noi ci riconciliamo. Non appena viene la pace, eccoci di nuovo in lotta. Quale
saggezza mi governa? Quale profondo mistero? Noi siamo una Parte di Dio, noi proveniamo dalla
sua divinità: tanta dignità rischierebbe di esaltarci e inorgoglirci sì che saremmo portati a
disprezzate il Creatore: per questo egli desidera che noi lo guardiamo sempre rimanendo nel nostro
duello e nella nostra guerra con il corpo; la debolezza che è legata a noi corregge la nostra fierezza.
In tal modo ci sappiamo grandi e insieme umili, terrestri e celesti, perituri e immortali, eredi di luce
e di fuoco, o condannati alle tenebre secondo la via che avremo seguito. Questa mescolanza siamo
noi: se noi ricaviamo troppa vanità dall'essere immagine di Dio, il fango di cui siamo impastati ci
porta a una maggiore modestia. [...] Torno ora al mio primo discorso: poiché la mia carne è un tale
oggetto di pietà, come la mia debolezza rivelata nei mali altrui, è necessario, fratelli miei, avere cura
di questo compagno di pena che è il nostro corpo. Io l'ho, sì, accusato di essere mio nemico per i
disordini che getta nella mia anima, ma lo amo nonostante tutto come un fratello per rispetto verso
colui che ci ha riuniti. Vegliamo sulla salute del nostro prossimo, con altrettanta attenzione che su di
noi, robusto che sia o infiacchito dalla comune malattia. Noi siamo tutti una sola cosa nel Signore,
ricchi, poveri, schiavi e uomini liberi, sani, ammalati. Per tutti non c'è che una sola testa, principio
di tutto: il Cristo. E come fanno le membra di un solo corpo, ciascuno si occupi di ciascuno e tutti di
tutti. Non trascureremo, dunque, né abbandoneremo coloro che sono finiti per primi in una
decadenza che tutti ci aspetta al varco. Invece di rallegrarci per la nostra buona salute, affliggiamoci
piuttosto delle infermità dei nostri fratelli e pensiamo che la sicurezza della nostra anima e dei
nostro corpo dipende unicamente dall'umanità che noi testimonieremo a questi fratelli.
Discorso 14 (L'amore dei poveri), 6-8
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Noi adesso ti benediciamo, o mio Cristo, Verbo di Dio, Luce della Luce senza spirito, dispensatore
dello Spirito. Ti benediciamo, triplice luce della gloria indivisa.
Tu hai vinto le tenebre e prodotto la luce
per tutto creare in lei
Tu hai dato consistenza alla materia
forgiandovi il volto del mondo
e la forma della sua bellezza.
Hai illuminato la mente dell'uomo
donandole ragione e sapienza.
Ovunque si trova il riflesso della luce eterna,
perché, nella luce,
l'uomo scopre lo splendore
e divenga tutto luce
Hai illuminato il cielo di luci multicolori.
Alla notte e al giorno
hai comandato di alternarsi in pace,
dando come regola, a loro, un'amicizia fraterna.
La notte pone termine alle fatiche del nostro corpo,
il giorno ci risveglia al lavoro, alle faccende che ci occupano. Ma noi fuggiamo le tenebre, ci
affrettiamo al giorno senza tramonto,
verso il giorno che mai conoscerà
la tristezza del crepuscolo.
Concedi alle mie palpebre un sonno leggero
affinché la mia voce non resti muta a lungo.
Veglierà la tua creazione
per salmeggiare con gli angeli.
Che il mio sonno sia sempre
abitato dalla tua presenza...
Anche separato dal corpo,
ti canta, o Dio, lo spirito
Padre, Figlio e Spirito Santo,
a te onore, gloria, potenza nei secoli. Amen
Inno della sera