Comunicazione interculturale e traduzione alcune considerazioni


Comunicazione interculturale e traduzione: alcune considerazioni.

Girolamo Tessuto (II Università di Napoli)

  1. Cultura e Traduzione.

E' un dato oramai noto che le nozioni “cultura” e “traduzione” sono connesse l'una con l'altra sin dalle origini della traduzione. Che quello degli elementi culturali e del grado in cui essi entrano in gioco nella prassi traduttiva è un dato che spesso si pone al centro del dibattito teorico. In tal senso Newmark (1988:94) rappresenta la nozione di cultura come:

the way of life and its manifestations that are peculiar to a community that uses a particular language as its means of expression.

La coscienza interculturale pertanto nasce dall'esperienza delle culture e, come tale, si pone quale concetto ancora più complesso di quanto possa esserlo ai fini della mera attività traduttiva, in cui si pone necessariamente la conoscenza di due o più culture messe a confronto. Pertanto, se è vero che la conoscenza delle culture e le diversità che intercorrono tra queste hanno da sempre occupato ampi spazi nelle formulazioni teoriche in tema di traduzione, è anche vero che l'intraducibilità dei termini e locuzioni legati al vincolo “culturale” ha costantemente rappresentato un ostacolo per i teorici della traduzione come pure per i traduttori medesimi. Per queste ragioni, l'orientamento degli studiosi della traduzione, fra tutti Vermeer (1995), è stato quello di assegnare alla traduzione un approccio bi-cultural, dato che essa costituisce un processo che impone necessariamente il cross-cultural transfer. In tal modo, la definizione da lui data del processo traduttivo è tale da caratterizzarsi come segue:

[Translation] is not the transcoding of words or sentences from one language into another, but a complex action in which someone provides information about a text under new functional, cultural and linguistic conditions and in a new situation.”

Su queste linee altri studiosi, fra tutti Hatim and Mason (1990), parlano di mediazione tra le culture nell'attività traduttiva in cui a interagire sono i fattori di bilingual ability e di bi-cultural vision; questi a loro volta coinvolgono la sfera di “ideologies, moral systems and socio-political structures”. L'inclusione di tali elementi avrebbe pertanto lo scopo di mediare per il “transfer of meaning” (1990:223). Infine Katan (1999:17), affrontando il problema della traduzione delle culture, sia essa nella forma scritta che orale, parla in termini di:

shared mental model or map of the world. [The model] is a system of congruent

and inter-related beliefs, values, strategies and cognitive environments […]

Le formulazioni teoriche così illustrate dimostrano quindi che il vincolo “culturale” non costituisce solamente il fondamento del processo traduttivo, ma anche un problema per la traduzione. Negli studi sulla traduzione, come pure nella teoria applicata a tale disciplina, l'elemento “cultura” ingloba l'ampio ventaglio della socio-linguistica, vale a dire le caratteristiche divergenti tra una lingua e l'altra sul piano dell'organizzazione fonologica, morfologica, sintattica e del registro linguistico. E' frequente nella traduzione l'occorrenza di parole e termini che richiamano la dimensione culturale. Si pensi, a titolo di brevi esempi, alle parole nelle varie lingue moderne come pasta / länder / movida, paella, spesso lasciate invariate nella loro forma linguistica nella lingua di arrivo (LA) in virtù di un vuoto semantico, per comportarsi quindi come unità linguistiche indipendenti dal contesto in cui si traduce. A seconda degli scopi della traduzione, la dimensione culturale di tali occorrenze lessicali impone diverse modalità di trasposizione nella LA. Ad esempio, la parola spagnola paella, se sconosciuta al lettore, richiederà l'attribuzione di un equivalente semantico nella modalità descrittiva (fish, chicken, rice ecc. / pesce, pollo, riso), nella modalità connotativa (the Spanish national dish / il piatto della cucina spagnola) o nella modalità generalizzante (the main course / il piatto, la portata principale). Così, parlando di parole e termini nella comunicazione interculturale, non mancano quelli che richiamano la dimensione istituzionale, quali: el Congreso / der Bundestag / palazzo Chigi che, alla pari degli esempi lessicali prima esposti, sono spesso lasciati invariati nella LA. Tale invariabilità traduttiva pertanto non costituisce problema per la traduzione, ammettendo che tali espressioni siano accompagnate nella comunicazione interculturale di un dato momento storico da un alto grado di identità culturale comune ai partecipanti all'evento comunicativo; questo a sua volta vede siffatte espressioni stabilirsi naturalmente nell'altro sistema linguistico, senza cioè necessitare di transfer culturale nella LA. A questi esempi si aggiungono altri che, per ragioni contestuali o di uso e di fraseologia nel sistema linguistico e culturale di una lingua come l'inglese (nella variante britannica e statunitense), richiedono la scelta di strutture verbali appropriate che precisano le diverse accezioni nei diversi contesti d'uso (admitted>ricoverato or discharged>dimesso come ricorre nella fraseologia admitted to/into/in hospital piuttosto che accepted or rejected).

  1. La funzione interculturale della comunicazione in Europa.

Prendendo spunto dalle modalità di trasposizione di parole e termini nella loro dimensione culturale, si intende ora illustrare la funzione interculturale della comunicazione in Europa. Quali sono le lingue delle istituzioni europee, vale a dire le lingue ufficiali in cui sono scritti i Trattati, le direttive/regolamenti, le cause o quelle in cui si tengono i dibattiti parlamentari? Come è possibile giustificare la prevalenza dell'inglese e del francese nella comunicazione in ambito europeo, quando poi l'Unione predica l'idea del multilinguismo e dell'interculturalità all'insegna di una politica linguistica coerente e tale da garantire l'uguaglianza dei cittadini e dei loro rappresentanti in seno alle istituzioni comunitarie?

Anzitutto occorre rilevare la presenza delle dodici lingue dei Trattati in cui lo status di lingua denominata `ufficiale' viene determinato in base ad alcuni atti comunitari in materia di regime linguistico. In questi testi si disciplina il fatto che ogni lingua di stesura del testo deve far fede a tutte le altre. Ciò chiaramente impone il principio di equivalenza semantica fra testi originali e testi tradotti. Questi criteri valgono anche per le lingue della Corte di Giustizia e del Tribunale di primo grado, per il cui funzionamento sussiste un diverso regime linguistico. Si aggiunga poi il regime delle undici lingue (eccezion fatta per l'irlandese) determinate dalle istituzioni europee ai fini della manifestazione degli interessi nazionali. Infatti è proprio questo regime multilinguistico delle undici lingue ufficiali dell'Unione in cui viene redatta una varietà di testi (direttive, dibattiti, ecc.) a consentire la comunicazione con il singolo cittadino dell'Unione in base ai diritti e doveri sanciti nella normativa comunitaria. Infine vi è il regime delle lingue cosiddette di “lavoro” distinto rispetto a quello delle lingue “ufficiali”. Tale distinzione, pur non essendo concretamente definita, si traduce in una formale assimilazione delle prime con le altre, essendo cioè di competenza delle singole istituzioni dettare l'uso di una lingua rispetto ad un'altra ai fini della comunicazione linguistica (traduzione e interpretazione). Da non trascurare il fatto che in questo contesto rientrano pure le lingue cosiddette “franche”, in particolar modo l'inglese, il francese e, in misura minore, il tedesco, usate per svariate attività (ad esempio, i lavori preparatori) o per uso amministrativo, in cui tuttavia a predominare è l'inglese per quanto concerne l'attività di traduzione soprattutto alla Commissione.

Ora, al di là dei problemi linguistici e di comunicazione che potranno derivare dall'allargamento ad est, gli aspetti sopra illustrati servono, sul piano meramente linguistico e non di politica linguistica, a dare rilievo alla tecnicità dei testi in cui tali lingue si manifestano, e che a loro volta richiamano la dimensione inter e sovraculturale della comunicazione in ambito europeo. Tale dimensione, unitamente al grado di tecnicità caratteristico dei documenti europei, conferisce agli “eurotesti” peculiarità formali sul piano lessicale, sintattico e pragmatico; peculiarità che, inserendosi in un contesto prettamente sovranazionale, si ripercuotono in un fondo lessicale comune di interculturalità.

Sul piano della traduzione ciò significa che ogni versione linguistica gode dello status di testo originale autentico finalizzato a una vera e propria “simmetria intertestuale” (Kiaer 1999:65) tra le diverse versioni, in un contesto caratterizzato tuttavia da un sistema concettuale ancora in costruzione (Kiaer 1999:69), frutto di un interscambio continuo fra concetti e termini di “ampia portata” e “variabili”. In tema di traduzione l'esistenza di una variabilità lessicale e/o semantica del concetto squisitamente inter/sovranazionale vede quest'ultimo essere contestualmente ridefinito e rinegoziato nella sfera nazionale. In tal modo si mette in luce il rapporto tra concetto/termine e esperienza delle culture, per rintracciare in un'ottica funzionale i potenziali traducenti nel sistema linguistico di arrivo, vale a dire i 15 diversi equivalenti nazionali. Esempi di tale variabilità linguistica sono rappresentati dal termine subsidiarity nel linguaggio dell'eurocratese. Questo termine, benché sia comunemente lasciato invariato nella forma linguistica all'interno delle altre lingue comunitarie (subsidiariedad>sussidiarietà) anche quando è trasposto nei rispettivi sistemi nazionali, si ritrova a volte riformulato nella lingua inglese con l'espressione devolution. Questo termine, pur avendo la medesima connotazione semantica di subsidiarity, ricorre nell'accezione istituzionale del sistema britannico per indicare la devolution of government, il regionalismo, ossia il decentramento di taluni poteri legislativi e esecutivi dagli organi centrali alle varie regioni della Gran Bretagna (la Scozia, il Galles e l'Irlanda del Nord). Analogo esempio riguarda il termine francese acquis communautaire che, nonostante sia lasciato invariato nelle altre lingue, si ritrova spesso in espressioni derivate del tipo the Schengen acquis, per indicare la normativa adottata nell'ambito della Convenzione di Schengen.

  1. Aspetti lessicali nella comunicazione interculturale in Europa.

Prima di passare agli aspetti traduttivi nella prospettiva interculturale in Europa, osserviamo anzitutto l'esistenza di una idiosincrasia lessicale, il cosiddetto `eurocratese' (Eurospeak/Eurojargon) prima menzionato e tipico degli eurotesti, l'influenza dei prestiti semantici e calchi giuridici di origine latina, nonché la sopravvivenza di latinismi come avviene all'interno del sistema linguistico nazionale delle lingue moderne europee.

Il caso dei calchi giuridici e prestiti semantici di origine latina è sicuramente una categoria importante all'interno delle lingue speciali degli eurotesti. In latino si utilizzano diverse locuzioni quali curia / tribunal / iudicium e nelle lingue moderne il riferimento alle diverse giurisdizioni avviene mediante le locuzioni tribunal e curia nonostante che l'uso di tali locuzioni possa divergere in qualche dettaglio. Così, se in Francia le istanze superiori (parlements) hanno ottenuto il privilegio di essere denominate curia, per la qual cosa il termine cour è utilizzato oggigiorno in riferimento alle istanze di giudizio superiori (cour d'appel, cour de cassation, cour d'assises), quelle inferiori recano la denominazione di tribunal. Tale lessico è possibile rinvenirlo anche negli eurotesti, ovvero nei documenti dell'Alta Corte di Giustizia, denominata per l'appunto Cour de justice des Communautés européennes, distinta dall'istanza inferiore denominata Tribunal de premiére instance des Communautés européennes. Un caso parziale negli eurotesti è dato dal solo termine inglese tribunal e spagnolo tribunal, indicanti un'istanza inferiore di giudizio con competenze speciali. Questa, a differenza di court (termine inglese) e corte (termine spagnolo), riproduce nella stessa grafia il termine latino tribunal. Si tratta quindi di termini parzialmente omografi perché essi, pur avendo eguale grafia, hanno pronuncia diversa e, come tale, eguale significato. All'esempio di calco/prestito del termine tribunal nelle lingue prese in esame potrebbe, con qualche approssimazione, aggiungersi il termine latino curia, che subisce un processo di adattamento (calco omonimico) nelle varie lingue, come l'inglese court e lo spagnolo corte. Si tratta quindi di un processo che vede l'assunzione diretta nelle lingue esaminate di una denominazione attinta al morfema latino, allo scopo di perseguire l'uniformazione dei concetti e delle denominazioni, le ultime per indicare, in riferimento alla parola, il puro suono. Infine non mancano i comuni latinismi lasciati invariati, come bona fide / lex fori / pacta sunt servanda / ratio / lex monetae.

Nel caso dell'eurocratese inteso come linguaggio separato dai prestiti semantici di origine latina, prevalgono i termini squisitamente internazionali e standardizzati, i cosiddetti “Europeismi lessicali” (Beccaria 1988:217). Essi, recando tutti, eccezion fatta per il tedesco e in parte l'inglese, un grado di simmetria nella scelta dei processi di formazione lessicale riconducibile al grado di parentela e di somiglianza strutturale tra le lingue considerate (l'italiano, lo spagnolo e il francese), importano l'equivalenza semantica e l'uniformità, favorendo perciò la comunicazione interculturale/internazionale. Esempi sono: structural funds>fond structuraux>structuurfondsen>fondos estructurales>fondi strutturali e, ancora, subsidiarity>subsidiarité>subsidiariteit>subsidiariedad>sussidiarietà. Ad essi si aggiungono i neologismi e i termini nei domini specialistici (Beccaria 2000:11), anche questi nell'ambito di una uniformità e standardizzazione lessicale nelle varie lingue comunitarie. Esempi comuni sono: abuse of dominant position>abuso de la posición dominante>abuso di posizione dominante, per indicare l'infrazione alla legislazione contro i monopoli; environmental interception>interceptación ambiental>intercettazione ambientale, per indicare la registrazione di colloqui, in ambienti chiusi o aperti, effettuata su autorizzazione della magistratura; maladministration>maladministración/malamministrazione; two-tier>a due velocità, con funzione di aggettivo come in two-tier (EU policy) detto, in riferimento all'unità politica e economica dell'Europa, della realizzazione a due velocità tra gli stati economicamente più avanzati e quelli meno avanzati; think tank>depósito de ideas>fabbrica di idee/serbatoio di pensiero, per intendere gli istituti o gruppi di ricerca che studiano i processi economici e sociali; e ancora le strutture lessicali quali: Europol / enlargement / transnational /constructive abstention / cross-compliance / best practise / sustainability /Green Paper / come pure termini francesi acquis commaunautaire e, infine, gli acronimi internazionali CFP>Common Fisheries Policies / JHA>Justice Home Affairs. Tra questi, ma si potrebbero annoverare anche altri, il termine think tank, di uso negli eurotesti a carattere economico, costituisce un esempio di prestito non integrato (termine che non subisce alcuna modifica formale nell'eurocratese). Esso cioè è un termine importato dalla lingua inglese usata in Gran Bretagna per intendere una commissione consultiva informale istituita dal governo per lo studio di taluni problemi connessi alle tradizionali strategie economiche.

Gli esempi così illustrati dimostrano quindi che l'esigenza di organizzazione lessicale a livello intralinguistico in relazione a ciascun registro specialistico è la risultante del contesto sovranazionale e multiculturale, che impone una convergenza linguistica rispetto a una varietà di emittenti; e ciò chiaramente secondo il criterio di una terminologia standardizzata che faciliti la comunicazione tra una lingua e l'altra (sia essa “ufficiale” e/o “franca”) nonché una cultura e l'altra. Inoltre il ricorso a tale standardizzazione, che conduce all'armonizzazione dei termini negli eurotesti, implica non solo che essi siano denominati in modo univoco nelle varie lingue, ma nel contempo riduce i fenomeni di omonimia e di ambiguità lessicale e semantica. E' chiaro che questo modo di comportarsi dell'eurocratese assolve a due funzioni: una rappresentativa, in quanto persegue lo scopo di rappresentare i termini attribuendo loro una denominazione unica simbolica nelle varie lingue; l'altra comunicativa, in quanto tende a trasferire i concetti da una lingua all'altra secondo un approccio di “direct translation” (Vinay and Darbelnet, 2000:84-93), che secondo gli autori assume i connotati di “literal translation”.

4. Aspetti traduttivi nella comunicazione interculturale in Europa.

Gli aspetti di convergenza lessicale sopra illustrati servono a dare l'impianto per le caratteristiche formali della comunicazione interculturale in ambito europeo mediante l'analisi di alcuni generi testuali che, come si vedrà, costituiscono atti comunicativi codificati: il discorso parlamentare e il parere (opinion) dell'avvocato-generale dell'Alta Corte.

Il discorso parlamentare appartiene di per sé al genere dei testi persuasivi o vocativi, in quanto le caratteristiche esortative proprie del discorso politico rendono questo genere caratterizzato da “strategie di persuasione e manipolazione”. Il discorso parlamentare può avvalersi di interventi preparati in anticipo, come pure di interventi non preparati. Ciò rende le due categorie distinte per le seguenti ragioni: nel primo caso si tratta di un testo che riveste un carattere più formale, in quanto il linguaggio è più curato, rispetta le regole della sintassi, ricorre a un vocabolario più scelto e si compone di una struttura argomentativa più coerente e lineare; caratteristiche che richiamano la sistematicità della lingua scritta. Nel secondo caso, cioè l'intervento non preparato inteso ad essere pronunciato direttamente all'uditorio internazionale, si rinvengono gli elementi della frammentarietà tipici della lingua orale; esso è meno curato nella sintassi e si compone di ripetizioni lessicali, frasi più o meno staccate, concordanze imperfette a livello dell'accordo di genere, numero, caso e persona nella frase. Prendendo in esame il primo tipo di intervento (quello preparato in anticipo), con un'alta frequenza di calchi e prestiti semantici, come pure di neologismi della tipologia prima illustrata, è possibile rinvenire un impianto discorsivo che tiene conto di varie strategie argomentative:

il ricorso alle formule di apertura e di chiusura:

*Mr President, ladies and gentlemen>Señor Presidente, señoras y señores diputados>Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi / To summarize, and in conclusion>Resumiendo y para concluir>In sintesi e concludendo

l'uso di costrutti per indicare un nuovo argomento:

*Now, I will move to another question>Ahora, voy a tratar otra cuestión>Passo ora ad un altro tema

l'uso di espressioni metonimiche (House):

*Europe's citizens and us in this House>Los ciudadanos de Europa y nosotros, los diputados>I cittadini dell'Europa e noi parlamentari

l'uso di espressioni esortative:

*Finally, I urge you to accept my amendment which the Committee took on board>Por último, aconsejo mi enmienda, aceptada por la Comisión>Infine, invito a votare a favore del mio emendamento, che è stato accolto dalla commissione

l'indeterminatezza semantica di taluni costrutti (broadly speaking) unitamente all'indeterminatezza delle voci verbali con significato modale (think/suggest):

*Broadly speaking, the effect of the lex monetae>Dicho de forma extensa el efecto de la lex monetae>In linea di massima, l'effetto della lex monetae

le espressioni fisse (table amendements):

*Amendements have been tabled>Se han presentato enmiendas>Sono stati presentati emendamenti

ESEMPI TRADUTTIVI QUALI SI RINVENGONO NEI RESOCONTI PARLAMENTARI (inglese= lingua originale dell'emittente)

[EN]

Mr President, I should like to endorse, very clearly and positively, what Mr X said. Let us have a stability pact by all means, but one geared to the budgetary stability of the individual nations, to employment policy, and absolutely not in the form of the Waigel-style strait jacket.

[SP]

Señor Presidente, coincido plenamente con mi colega X en el sí al pacto de estabilidad, pero en el sentido de una estabilidad presupuestaria de los diversos países, de una política de empleo y en ningún caso en el sentido de la chaqueta de fuerza propuesta por Waigel.

[IT]

Signor Presidente, mi schiero nettamente e in particolare dalla parte dell'onorevole X: sì al patto di stabilità, purchè volto ad una stabilità di bilancio delle singole nazioni, ad una politica occupazionale e in nessun caso sotto forma di camicia di forza waigeliana.

Negli esempi traduttivi è chiaro che, oltre all'approccio di “direct translation” prima illustrato (Mr President>Señor Presidente>Signor Presidente unitamente al calco omonimico rappresentato da stability>estabilidad>stabilità), a intervenire sono anche gli elementi di “trasposizione” e “modulazione” derivanti dalla diversità tra i sistemi linguistici delle tre lingue. Queste, seppure influenzate da fattori idiosincratici o considerazioni pragmatiche del traduttore, descrivono la stessa situazione attraverso modalità stilistiche o strutturali che tuttavia nello scritto dovrebbero pure tener conto dei segnali dell'oralità dell'atto comunicativo, vale a dire la necessità di esplicitare messaggi non linguistici sulla base del contesto. Nel caso dell'espressione strait racket>chaqueta de fuerza>camicia di forza, il risultato raggiunto nella traduzione costituisce una mera trasposizione del termine nelle altre lingue, in cui il concetto è noto allo stesso modo. Non si deve perciò operare un adattamento lessicale, ovvero mutare il referente culturale qualora l'oggetto descritto dall'emittente (in questo caso il deputato inglese) non sia noto nell'altro sistema linguistico / culturale.

Allo stesso modo, pur procedendo secondo un impianto discorsivo ma in assenza di strategie di persuasione, è la struttura argomentativa quale si rinviene nel parere dell'avvocato-generale, in cui a essere trattato è un particolare punto di diritto. In questo genere, oltre alle espressioni fisse nelle varie lingue comunitarie come: This application for a preliminary ruling>La presente petición de la decisión prejudicial>La presente domanda di pronuncia pregiudiziale / The Commission brings an action>La Comisión interpone un recurso>La Commissione propone un ricorso / declares inadmissible>declara inadmissible>dichiara inammissibile / In conclusion, it is therefore necessary to take note of the fact that>Por tanto, en conclusión procede declarar que>In conclusione si deve, quindi, constatare che, l'argomentazione procede secondo una dialettica che, pur richiamando un tipo di comunicazione ritualizzata e standardizzata, è alla base del ragionamento formale-deduttivo piuttosto che persuasivo dell'avvocato, in cui il discorso si compone di una serie di sequenze di successione tra rapporto e causa e in cui l'informazione è orientata logicamente intorno allo stesso tema. Così, alle proposizioni introdotte da Whereas (Premesso che/Considerato che) seguono altre che segnalano rapporti di successione come As for the fact…/ With regard to …/ fino a giungere alle proposizioni che concludono l'intero argomentare, come nel caso: I accordingly do not accept the argument that Community harmonisation is inappropriate and ineffective, o nel caso: It follows, for the reasons I have given, that this action must, in my opinion, fail.

Come si è cercato di illustrare, la comunicazione multiculturale evidenziata nei due generi di “eurotesto” (il primo istituzionale / politico, il secondo giuridico), l'uno distinto dall'altro in virtù delle ovvie ragioni di impianto retorico ma entrambi accomunati dalle tracce dell'oralità del discorso, è tale da configurarsi inevitabilmente secondo i criteri di convergenza e di standardizzazione linguistica. Ciò fa sì che l'approccio traduttivo fra le varie lingue “ufficiali” sia di tipo funzionale/pragmatico (nel caso del testo politico), ai fini cioè della mediazione del transfer of meaning fra le diverse culture europee, e nel contempo sia fondato su un alto grado di “direct translation”, per quanto attiene i tratti lessicali, sintattici e semantici delle lingue in questione. Benché l'approccio di “direct translation” si rinvenga anche nel testo giuridico (declares inadmissible>declara inadmisible>dichiara inammissibile), quest'ultimo tuttavia si distacca dall'altro per non tener conto dell'approccio pragmatico, ma è fedele, nel maggior grado possibile, nella traduzione.

Riferimenti bibliografici

Beccaria G.L. (1988b), Italiano antico e nuovo, Garzanti, Milano.

Beccaria G.L. (2000), I nomi del mondo, Einaudi, Torino.

Dardano M. e Trifone P. (1985), La lingua italiana, Zanichelli, Bologna.

European Commission (1999), A multilingual community at work, The European Commission's Translation Service, Luxemburg.

Gusmani R. (1981), Saggi sull'interferenza linguistica, vol. 1, Le Lettere, Firenze.

Newmark P. (1988), A Textbook of Translation, Prentice International, Hertfordshire.

Hatim B. and Mason I. (1990), Discourse and the Translator, Longman, London/New York.

Katan D. (1999), Translating Cultures: An Introduction for Translators, Interpreters and Mediators, St Jerome, Manchester.

Kiaer A.L. (1999), „Überlegungen zum Verhältnis von Sprache und Recht bei der Übersetzung von Rechtstexten der Europäischen Union“, in: Übersetzen von Rechtstexten. Fachkommunikation im Spannungsfeld zwishen Rechtsordnung unde Sprache, Hrsg. Sandrini, G. Narr.

Snell-Hornby M. (1995), Translation Studies: An Integrated Approach. Benjamins, Amsterdam/Philadelphia.

Vinay J.P. and Darbelnet J. (2000), “A Methodology for Translation”, in: Venuti. L., The Translation Studies Reader, Routledge, London/New York.

Trosborg A. (1997), “Translating Hybrid Political Texts”, in: Trosborg A., Text Typology and Translation, Amsterdam/Philadelphia.

Regolamento 1/58 del Consiglio

Trattato CE

http://europa.eu.int/eurodicautom/Controller

In Snell-Hornby 1995:46. Si avverte che tanto nel testo quanto nelle note il riferimento è alla bibliografia annessa alla fine, indicando l'anno di edizione e la pagina.

Ad esempio, l'inglese, irlandese, italiano, francese, danese, finlandese, greco, olandese, spagnolo, portoghese, svedese e tedesco in cui sono redatti il trattato che istituisce la Comunità europea, il Trattato sull'Unione Europea ed altri.

Tra questi, il Regolamento 1/58 del Consiglio, articolo 8.

Quelli cioè redatti nelle lingue degli Stati membri fondatori.

Si veda il Trattato CE, Articolo 290 (ex Articolo 217).

Si veda sul punto l'Articolo 1 del Regolamento 1/58. L'uso di una lingua rispetto ad un'altra è dettato dalla natura dei documenti che, in gran parte dei casi, sono documenti di rilevanza e/o formali.

Espressione mutuata da Trosborg (1997:151).

Il termine ricorre anche per indicare nell'ordinamento inglese i fenomeni di trasferimenti di beni e diritti che hanno luogo ope legis.

Si veda, in tal senso, la suddivisione in quattro forme dei prestiti semantici formulata da Gusmani (1981) e Dardano e Trifone (1985) .

See http://europa.eu.int/eurodicautom/Controller

Cf. Beccaria (1988b:208).

Cf. Vinay and Darbelnet (2000:84-93).

Per ragioni di spazio, l'autore ha omesso gli esempi traduttivi come nell'altro testo.

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