Progretto grafico 10

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Issn 1824-1301

pp. 1563-1802

Progetto grafico

ANNO 5 • N. 10
GIUGNO 2007

Periodico dell’Aiap
Associazione italiana
progettazione per
la comunicazione
visiva

18,00 EURO

Progetti • Altrove • Letture • Visioni • Libri • Mostre • Concorsi • Recensioni • Segnalazioni

Progetto grafico

10

Progetto grafico

10

2007

XXX

FILOSOFIA, PROGETTO: CONSAPEVOLEZZA

XXX

Per un progetto consapevole. Una questione tipografica: la filosofia
Jacques Derrida: presentazione di Glas
Jacques Derrida e il labirinto grafico della filosofia
Il progetto cosciente in un’esperienza didattica all’Isia di Urbino

XXX

X

Meraviglia delle lettere

X

Da “Typography papers”: Giovan Francesco Cresci e la lettera barocca a Roma

XXX

X

Il logo di Beijing 2008 e delle altre 29 Olimpiadi estive

XXX

X

Il lettering di insegne, vetrine e réclame a Montréal

X

Il laboratorio per una font per il Minimetrò di Perugia

X

Gianni Trozzi attore e grafico

X

X

X

X

Grafica e poesia al Festival dell’Unione Terre di Castelli

X

X

X

X

XXX

SINESTESIE E PROGETTO

XXX

X

Fenomenologia della sinestesia

X

Percezione sinestesica e design del rumore

X

Simbologia cromatica e comunicazione visiva

X

Sinestesie della scrittura

X

X

X

X

Il muralismo cileno

X

X

X

X

X

Wayfinding al Politecnico di Milano

X

Intervista a Paul Mijksenaar

X

Jürg Lehni/Scriptographer

X

Gualtiero Marchesi

X

Massimo Dolcini

X

La collana Design e designers

X

Gra: genuin roman art

X

X

X

X

Tombini a Ferrara

X

X

X

X

X

4 anni di Presidenza Beda

X

I soci Aiap

Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Pro-
getto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto
grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico Progetto grafico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano

Progetto grafico

10

Filosofia, progetto: consapevolezza

L’apertura della rivista tra riflessione ed esperienze didattiche

Giovan Francesco Cresci

Dalla rivista “Typography papers” n. 6 il saggio di James Mosley

Beijing 2008

L’identità visiva delle prossime Olimpiadi di Pechino
e delle altre edizioni estive

Sinestesie e progetto

Nel cyan da una modalità sensoriale a un’altra

Il muralismo cileno

Paul Mijksenaar, Gualtiero Marchesi,
Massimo Dolcini, Jürg Lehni

In questo pdf:
la prima di copertina di Pg 10;
il sommario;
l’editoriale;
acune pagine dedicate all’apertura [1], a Cresci [2], alle sinestesie [3], a Beijing 2008 [4],
al lettering di insegne a Montréal [5], al Poesiafestival [6] e a Paul Mijksenaar [7];
il coupon per l’abbonamento o per acquistare le copie arretrate;
la quarta di copertina.

Per informazioni: Aiap
02 29520590, fax 02 29512495, aiap@aiap.it

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4

Progetto grafico 10, giugno 2007

Progetto grafico 10, giugno 2007

5

Progetto grafico

10

Anno 5 • Numero 10 • Giugno 2007

Periodico dell’Aiap
Associazione italiana progettazione
per la comunicazione visiva

Direttore: Alberto Lecaldano

Redazione: Alessandro Colizzi, Riccardo Falcinelli,
Mario Fois, Lodovico Gualzetti, Giovanni Lussu,
Luciano Perondi, Antonio Perri, Mario Piazza,
Fabrizio M. Rossi, Mario Rullo, Silvia Sfligiotti,
Gianfranco Torri, Daniele Turchi

Segreteria di redazione: Alessandra Acquisto

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:
Paolo Altieri, Franco Bertossa, Mara Campana,
Italo Campagnoli, Eduardo Mono Carrasco, Beppe Chia,
Paolo Ciuccarelli, Angelo Colella, Alessandro Colizzi,
Francesca Di Giorgio, Paolo Donini, Roberto Ferrari,
Francesco Franchi, Roberto steve Gobesso,
Francesco Guglielmelli, Michael Haverkamp,
Ed. M. Hubbard, Carlotta Latessa, Alberto Lecaldano,
Jürg Leni, Giovanni Lussu, Bruno Magno,
Gualtiero Marchesi, Paul Mijksenaar, James Mosley,
Elisabetta Ognibene, Luca Patiti, Achille Perilli,
Luciano Perondi, Antonio Perri, Mario Piazza, Massimo Pitis,
Vilayanur S. Ramachandran, Dina Riccò, Fabrizio M. Rossi,
Fabio Santopietro, Juan Carlos Sanz, Silvia Sfligiotti,
Nicolas Taffin, Chiara Teneggi, Marco Tortoioli Ricci,
Ernesto Tuliozi, Ivan Valentini, Mauro Vespa,
Valeria Vocaturo, Mauro Zennaro, Harm Zwaga

Progetto grafico: restyling di Alberto Lecaldano
del progetto grafico di “Notizie Aiap”
(di A.L. e Daniele Turchi)

Editing: Katia Colantoni

Impaginazione e preparazione alla stampa:
Alessandra Acquisto, Cristina Cosi

La sezione di apertura Filosofia, progetto: consapevolezza
è stata progettata e impaginata da Fabrizio M. Rossi, curatore
della sezione; le pagine da 144 a 147 sono state progettate
e impaginate da Francesca Di Giorgio; le pagine da 148 a 151
sono state progettate e impaginate da Elisabetta Ognibene
ed Ernesto Tuliozi. Ringraziamo per la collaborazione
Roberto steve Gobesso nella impaginazione del suo articolo
Beijing 2008 e le sue sorelle. Per impaginare l’articolo
di James Mosley (61-96) abbiamo seguito la traccia
dell’originale pubblicato su “Typography papers” n. 6.

Fotografie: Alberto Lecaldano (2, 3, 58, 232, 233),
Paola Ghirotti (113), Lucia Roscini (192, 193)
Altre foto e immagini sono state fornite dagli autori
o riprese da siti, libri o cataloghi per essere utilizzate
in segnalazioni o recensioni

Progetto grafico
Via del Boschetto, 110 00184 Roma
tel. 064 827 005 / 064 827 047 fax 064 742 860
progettografico@aiap.it

Aiap
Associazione italiana progettazione
per la comunicazione visiva

Consiglio direttivo: Beppe Chia, Presidente;
Cristina Chiappini, Vice presidente;
Lucia Roscini, Segretaria generale;
Luciano Ferro, Tesoriere

Consiglieri: Letizia Bollini, Giangiorgio Fuga, Francesco
E. Guida, Mario Piazza, Fabrizio M. Rossi, Gianni Sinni

Probiviri: Alberto Lecaldano, Presidente; Simonetta Ferrante,
Segretaria, Franco Balan, Alberto Locatelli, Roberto Pieracini

Revisori dei conti: Laura Ferrario, Camilla Masciadri,
Marco Pea

Segreteria: Lucia Leonardi

Aiap
Via Ponchielli, 3 20129 Milano
tel 02 29520590 fax 02 29512495
aiap@aiap.it www.aiap.it

Impianti e stampa: Arti grafiche del Liri srl, via Napoli 85,
03036 Isola del Liri (Fr)

Distribuzione in libreria: Joo Distribuzione, via F. Argelati 35,
20143 Milano

Registrazione del tribunale di Milano n. 709 del 19/10/1991
Direttore responsabile: Alberto Lecaldano

VISIONI

A cura di

GIOVANNA VITALE

Natura artificiale

138

SINESTESIE E PROGETTO

a cura di

DINA RICCÒ

152

La fenomenologia della sinestesia

VILAYANUR S. RAMACHANDRAN

e

ED M. HUBBARD

154

Percezione sinestesica e design

del rumore

MICHAEL HAVERKAMP

162

Simbologia cromatica

e comunicazione visiva

JUAN CARLOS SANZ

170

Sinestesie della scrittura

DINA RICCÒ

176

ALTROVE 7

Il muralismo cileno

FRANCESCO GUGLIELMELLI

186

Un ex libris x Mino

1

Questo “Progetto grafico” 10

ALBERTO LECALDANO

3

Un marchio per Siracusa

<WWW.CONCORSOSIRACUSA.

AIAP.IT>

192

Wayfinding al Politecnico di Milano

PAOLO CIUCCARELLI

194

Come si realizza un ‘inventario’

per la progettazione
della segnaletica

195

PAUL MIJKSENAAR

e

HARM ZWAGA

Intervista a Paul Mijksenaar

P.C.

200

Wayfinding ad Abu Dhabi

P.C.

202

Gli esiti del Concorso

segnaletica Politecnico

P.C.

204

Artigianato tecnologico

SILVIA SFLIGIOTTI

intervista

JÜRG LEHNI

206

Gra: genuin roman art

CARLOTTA LATESSA

214

La semplicità

FABIO SANTOPIETRO

218

Immagine di Gualtiero Marchesi

ANGELO COLELLA

219

Bellezza e Colore

GUALTIERO MARCHESI

220

Massimo in cucina

ITALO CAMPAGNOLI

222

P.S. Ho fatto un sogno, Massimo

era tornato nella nostra cucina

VALERIA VOCATURO

224

Design e designers

MARA CAMPANA

226

Nove punti di vista
sulla professione

SILVIA SFLIGIOTTI

230

VISIONI

International Manhole Museum

a cura di

ALBERTO LECALDANO

232

Design senza ‘steccati’ in Europa

MASSIMO PITIS

234

I soci Aiap

238

Note tecniche

A.L.

240

1566

1567

FILOSOFIA, PROGETTO:

CONSAPEVOLEZZA

Sezione a cura di

FABRIZIO M. ROSSI

6

Per un progetto consapevole

FABRIZIO M. ROSSI

8

Una questione tipografica: la filosofia

NICOLAS TAFFIN

10

Glas

JACQUES DERRIDA

14

Jacques Derrida e il labirinto grafico

della filosofia

MAURO VESPA

20

Il progetto cosciente

in un’esperienza didattica

a cura di

BEPPE CHIA

28

Contributi di:

PAOLO ALTIERI

FRANCO BERTOSSA

BEPPE CHIA

ROBERTO FERRARI

MARIO PIAZZA

FABRIZIO M. ROSSI

CHIARA TENEGGI

MARCO TORTOIOLI RICCI

IVAN VALENTINI

Meraviglia delle lettere

GIOVANNI LUSSU

59

Giovan Francesco Cresci
e la lettera barocca a Roma

JAMES MOSLEY

61

Beijing 2008 e le sue sorelle

ROBERTO STEVE GOBESSO

98

Biodiversità tipografica

ALESSANDRO COLIZZI

116

Una font per il Minimetrò di Perugia

Fare grafica all’Università

per stranieri di Perugia

MAURO ZENNARO

124

Una font in tre giorni?

LUCIANO PERONDI

128

Segno e trasparenza

nel progetto di Jean Nouvel
per il Minimetrò di Perugia

LUCA PATITI

130

Grafico e attore

Gianni Trozzi attore

ACHILLE PERILLI

132

Gianni Trozzi grafico

BRUNO MAGNO

133

LETTURE

La grafica tra le nuvole

PAOLO DONINI

136

PROGETTI

17. La filosofia della grafica

FRANCESCA DI GIORGIO

144

18. Festivalfilosofia

ELISABETTA OGNIBENE

ed

ERNESTO TULIOZI

148

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Progetto grafico 10, giugno 2007

3

2

Progetto grafico 10, giugno 2007

Questo “Progetto grafico”

10

è un numero

piuttosto voluminoso in linea, mi sembra, con la
nostra vocazione ad approfondire idee e temi legati
all’operare del grafico; vocazione o più
semplicemente aspirazione che sarebbe vana senza
il supporto di un robusto team di generosi autori.



FABRIZIO M. ROSSI

cura l’

APERTURA

che

approfondisce il rapporto tra riflessione filosofica
e progetto grafico.



GIOVANNI LUSSU

porta su queste pagine, con la

traduzione di

ANTONIO PERRI

, il saggio di

JAMES

MOSLEY

dedicato a Giovan Francesco Cresci,

apparso sul n. 6 di “Typography papers”.



ROBERTO STEVE GOBESSO

ci parla con l’occhio

del grafico e la mano di chi pratica la scrittura
cinese dell’immagine delle prossime Olimpiadi
di Pechino e delle precedenti 29.



DINA RICCÒ

cura la sezione

CYAN

dedicata

al rapporto tra sinestesia e progetto portando
sulla nostra rivista contributi di altissimo livello.
Qui sopra abbiamo elencato solo gli articoli
o le sezioni che superano le 20 facciate a cui
si intrecciano i temi svolti da autori già noti
ai nostri lettori (

ALESSANDRO COLIZZI

,

LUCIANO

PERONDI

,

MAURO ZENNARO

,

SILVIA SFLIGIOTTI

,

CARLOTTA LATESSA

,

MARA CAMPANA

,

A.L

.)

e nuovi autori speriamo non occasionali:

ACHILLE PERILLI

[1]

e

BRUNO MAGNO

[2]

, ai quali

è affidato un doppio ricordo dell’amico e redattore

GIANNI TROZZI

;

PAOLO DONINI

[3]

nella rubrica

LETTURE

ci parla di

grafica e poesia;

PAOLO CIUCCARELLI

[4]

racconta l’incontro

tra il Politecnico di Milano e

PAUL MIJKSENAAR

;

FRANCESCO GUGLIELMELLI

[5]

nella rubrica

ALTROVE

intervista

EDUARDO MONO MARRASCO

sul muralismo cileno;

ANGELO COLELLA

[6]

porta sulle nostre pagine l’arte

e l’alta cucina di

GUALTIERO MARCHESI

;

ITALO CAMPAGNOLI

[7]

scrive sulla passione per la

cucina di

MASSIMO DOLCINI

;

“Con la testa e con il cuore”

MASSIMO PITIS

[8]

scrive della sua presidenza al Beda.
Nella rubrica

PROGETTI

:

FRANCESCA DI GIORGIO

ed

ELISABETTA OGNIBENE

con

ERNESTO TULIOZI

.

Questo è quanto, spazio finito;
buona lettura. Fateci sapere.

ALBERTO LECALDANO

progettografico@aiap.it

1.

Artista, protagonista della scena dell’arte contemporanea.

2.

Grafico, responsabile dell’Ufficio grafico dei Democratici

di Sinistra.

3.

Poeta, direttore delle Gallerie civiche del Palazzo Ducale

di Pavullo nel Frignano (Modena).

4.

Docente della Facoltà del design del Politecnico di Milano.

5.

Laureato in Scienze politiche all’Università della Calabria con

una tesi sulla grafica politica e la propaganda nel Cile di Allende.

6.

Grafico, coordinatore didattico della Scuola di graphic design/art

direction, Naba, Milano.

7.

Visual designer, ha ideato la mostra “1000 manifesti” dedicata

a Massimo Dolcini.

8.

Grafico, presidente del Beda dal 2003 al 2007.

1564

1565

Corsivo Nei giorni
in cui andiamo in stampa
il Ministro per i Beni culturali

FRANCESCO RUTELLI

istituisce il

CONSIGLIO

ITALIANO DEL DESIGN

nel quale chiama studiosi,
accademici, architetti,
designer e altri per un totale
di ben 53 membri;

GIULIANO DA EMPOLI

Direttore scientifico,

CYNTHIA ORLANDI

Coordinatrice.
Iniziativa eccellente
che tra l’altro potrà essere
utile al Ministro
per evitare figuracce come
quella per il logo Italia

(vedi note tecniche a pagina 240)

;

in quel caso gli esperti
di riferimento erano
incompetenti (di grafica)
e lo hanno generosamente
dimostrato.
Auguri sinceri di buon
lavoro al neonato

C

O

N

S

I

G

L

I

O

che,

riportano i giornali,
è stato stimolato dal Ministro
proprio su un tema a noi
molto vicino con queste
parole: “La segnaletica
turistica? Decisamente
brutta”.
Secondo

GIULIANO

DA EMPOLI

, invece, il primo

passo del

C

O

N

S

I

G

L

I

O

sarà

“istituire una commissione
che effettuerà una ricognizione
del diritto al fine
di programmare interventi
e strumenti legislativi che
rendano attuabili azioni
concrete”. Ottimo, poche
chiacchiere, andiamo al sodo:
leggi e regolamenti.
Auguri in particolare di buon
lavoro ai grafici che
compongono il

C

O

N

S

I

G

L

I

O

:

CRISTINA CHIAPPINI

e

ITALO LUPI

.

Per una palina ‘consapevole’

A Roma dilagano le paline,
è una foresta di paline
pubbliche e private.

Ognuno la sua.

Tante paline, tanta pubblicità.

Sconfortanti paline



paline abbandonate



paline inutili



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filosofia

consapevolezza

a cura di fabrizio m. rossi

per un progetto consapevole

di fabrizio m. rossi

una questione tipografica: la filosofia

di nicolas taªn

glas

di jacques derrida

jacques derrida e il labirinto grafico della filosofia

di mauro vespa

il progetto cosciente in un’esperienza didattica

a cura di beppe chia

progetto

:

assenza di senso

domanda senza risposta

essere è un mistero

“non può non

esserci un senso”

“per tutto c’è

una spiegazione”

paura

“visto che
non c’è senso
‘tutto è relativo’
divertiamoci”

sollievo

tecnica

ideologie forti

moderno

co

m

p

le

s

si

, c

as

ua

lità,

paradossi

...

tecnica

ideologie deboli

postmoderno

noia

, nichilism

o,

vu

ot

o

..

.

progresso

simmetria

strategia

controllo

oggetto

ordine

ragione

materia

improvisazione

tattica

spirito

sentimento

natura

disordine

soggetto

caos

progetto cosciente

ascoltare

stare in sospensione

attendere

non affermare

sorprendersi

nessun timore

essere estranei

nessuna affezione

lasciar andare

domadare sempre

atteggiamenti

asimmetria

impenetrabilità

quiete

disinvoltura

naturalezza

austera dignità

tonalità emotive

pienezza

malinconia

stranezza

angoscia

stupore

sconcerto

gioia

Abbiamo costruito uno schema per illustrare le risposte che
oggi la cultura mette a disposizione di chi pone la domanda
di senso, e come il progetto cosciente cerca di riportare il
progettista all’origine del problema.
Per rimuovere ‘la domanda senza risposta’ sull’esistenza e
placare la sospensione, la cultura occidentale ha prodotto
atteggiamenti che rifiutano l’assenza di senso (‘ci deve essere
una spiegazione’) o che la relativizzano e ci distraggono
(‘visto che non c’è senso, divertiamoci’). Sono diverse
tecnologie di ‘oblío dell’essere’, che sempre nascono dalla
emotività:
- il moderno, razionale e ordinato, nasce dalla paura dello
sconosciuto e la risolve in idee lineari per governare il
mistero in modo oggettivo;
- il postmoderno cerca di riempire la mancanza di senso con
sensazioni che possano dare sollievo, e per questo diluisce
l’intensità nella espressività soggettiva e in una conoscenza
fluida, ridotta a bene di consumo.

Sono entrambe modalità profondamente dominate dalla
tecnica, che hanno da tempo raggiunto i loro punti di crisi
sotto forma di contraddizioni o svuotamenti paradossali:
l’atteggiamento moderno rivela i suoi limiti nella incapacità
di gestire la complessità del mondo e soprattutto di
inquadrare nei suoi modelli l’esperienza cosciente e la
condizione esistenziale dell’uomo; l’atteggiamento
postmoderno rivela la sua crisi nello svuotamento dei
significati, nel relativismo che proclama la assoluta
mancanza di punti di riferimento assoluti. Ne consegue che
il progettare e il progettista non riescono piú a riconoscersi
completamente in nessuna di queste modalità operative, né
nella tecnica che le supporta e dà loro forma.

Il ruolo del progetto cosciente vuole essere quello di aprire
una via pragmatica per inserire la domanda di senso nella
pratica del progettare. A partire dalla esperienza di contatto
con l’esistenza, vissuta direttamente e che può svilupparsi
fino ad esiti esplosivi [vedi la pagina delle esperienze]
ciascuno di noi può rapportarsi con il mistero, con il fatto
iniziale e oscuro che esistiamo senza un senso. Tutto questo
attraverso tre movimenti:
- porsi senza timore in un atteggiamento di ascolto delle
tonalità emotive significative (malinconia, gioia, angoscia,
stupore, stranezza, sconcerto, pienezza eccetera);
- l’ascolto cerca un nuovo rapporto etico con ciò che
sentiamo: per questo non vi aderisce, domanda, sa
attendere, si sorprende, si esercita e ripulisce, impara a
lasciar andare;
- infine ciò che sentiamo rivela il suo significato
e la sua possibile via realizzativa nel design;
ad esempio attraverso tratti come l’asimmetria,
la semplicità, la disinvoltura, l’impenetrabilità…

contributi

Moderno, Postmoderno

beppe chia, roberto ferrari

Progetto grafico 10, giugno 2007

61

Giovan Francesco Cresci
e la lettera barocca a Roma

JAMES MOSLEY

Introduzione

Il primo serio studio dedicato al calligrafo Giovan
Francesco Cresci è stato realizzato da James War-
drop, e pubblicato nel 1948

[nota 1 a pagina 94]

. Quel

saggio ha contribuito a rivoluzionare l’opinione sul
conto di uno scriba il quale, sino a quel momento,
aveva ricevuto scarsissime attenzioni da parte degli
storici. Così in A book of scripts (1949), una grade-
vole breve storia della calligrafia edita dalla Penguin
Books all’incirca nello stesso periodo, Alfred Fair-
bank non cita affatto Cresci nel testo – anche se fra le
tavole che corredano il volume vi sono tre pagine
tratte da Il perfetto scrittore dello stesso Cresci: una
di esse mostra la sua cancelleresca formatella, men-
tre le altre due il suo piccolo alfabeto di maiuscole
lapidarie. Nello stesso libro compaiono anche le tavo-
le che mostrano il nuovo stile del tardo Cinquecento,
la cancelleresca testeggiata italiana, una da Lo scrit-
tor’ utile
di Hercolani e altre tratte da opere di scrittori
inglesi del Seicento (Billingsley 1618, Davies 1663,
Cocker 1672). È chiaro tuttavia che, all’epoca della
pubblicazione del suo libro, Fairbank era all’oscuro
del fatto che Cresci era stato il principale artefice della
nascita e diffusione di questo stile.

Di lì a poco la situazione sarebbe cambiata. Nel 1952
infatti Wardrop, in una serie di conferenze

[2]

tenute

al King’s College di Londra, colse l’opportunità per
formulare quella che allora parve la migliore rasse-
gna generale dedicata agli scribi della calligrafia ita-
liana del Cinque e Seicento a uso dei lettori inglesi.
La storia della cancelleresca corsiva proposta da
Wardrop si conclude proprio con Cresci, definito

“abilissimo calligrafo e artista di grandissimo livel-
lo”, anche se la sua ammirazione veniva in parte mi-
tigata da un giudizio meno entusiastico nei confronti
della razionalità ed efficienza del nuovo stile. War-
drop concludeva affermando che l’opera di Cresci
“era destinata a esercitare l’ultimo grande influsso
formativo sulla scrittura a mano europea”. In seguito
altri autorevoli studiosi avrebbero sottoscritto questo
giudizio. Per Emanuele Casamassima, in un volume
del 1966

[3]

, Cresci era indiscutibilmente una delle

figure più importanti e influenti del suo tempo, affer-
mazione che trovava concorde A.S. Osley, il quale,
nel 1972, pubblicò la migliore storia della cancelle-
resca italiana disponibile sino ad allora in lingua in-
glese. Osley anzi faceva notare che Cresci aveva da-
to il via a una vera e propria “rivoluzione” nell’am-
bito della scrittura a mano, sebbene il suo giudizio
nei riguardi dello stile del calligrafo non fosse molto
più lusinghiero di quello di Wardrop

[4]

. Anche

Stanley Morison, infine, in uno studio dedicato ai
manuali di calligrafia italiani, la cui stesura si pro-
trasse per molti anni ma che è stato pubblicato po-
stumo nel 1990

[5]

(l’autore, infatti, era morto nel

1967), ha concluso che “se Arrighi è stato la figura
di spicco nella prima metà di questa mia storia, Cre-
sci è un personaggio ancora più importante nella se-
conda parte del libro”.

L’influsso esercitato da Cresci sulla forma della scrit-
tura a mano occidentale, e in seguito anche sulla tipo-
grafia, è la principale ragione per ricordarne il nome
– ma non è l’unica. Non dobbiamo dimenticare infat-
ti le sue particolarissime maiuscole lapidarie, derivate
da iscrizioni imperiali romane del i secolo d.C. e che
iniziarono a fare la loro comparsa sui nuovi edifici
romani verso la fine del Cinquecento, il cui stile sa-
rebbe rimasto in uso a Roma, per le iscrizioni pubbli-
che, anche nei secoli successivi. Nel suo primo ma-
nuale di scrittura, l’Essemplare di piu sorti lettere
(1560), Cresci aveva introdotto un alfabeto di sole
maiuscole derivato dal suo studio degli originali di
epoca classica; in quel testo l’autore precisava di aver
disegnato i caratteri a mano libera, ossia senza far ri-
corso agli impliciti vincoli della costruzione geome-
trica – a suo avviso limitanti – che venivano applicati
in Italia a quasi tutti gli alfabeti di maiuscola antiqua,
manoscritti e a stampa, a partire da quello di Felicia-
no

[6]

. Anche questa, a suo modo, era una rivoluzione

destinata a esercitare un influsso sulle idee relative
alla realizzazione di maiuscole lapidarie

[7]

; tuttavia

chi, negli anni successivi, adottò le sue maiuscole ap-
plicò quasi sempre regole geometriche nel disegnarle
– quasi sempre, forse, perché in questo modo riusciva
a riprodurle con maggiore accuratezza.

1623

Sebbene in Italia, nella seconda metà del Cinquecento, Giovan Francesco Cresci godesse
di grande fama fra i contemporanei, il suo nome non fu molto noto e diffuso sino alla seconda
metà del xx secolo, quando venne identificato come l’artefice della più importante
trasformazione nei fondamenti della calligrafia occidentale verificatasi durante il Seicento
– sviluppo che, nel corso del secolo successivo, esercitò i propri effetti anche sulla
progettazione dei caratteri da stampa. Questo saggio ripercorre i cambiamenti di atteggiamento
nei confronti di Cresci e cerca di riassumere i dati in nostro possesso sulla sua vita e opere,
stilando infine un elenco dei manuali di scrittura di cui fu autore e di suoi manoscritti autografi
giunti sino a noi. Nel saggio, inoltre, viene pubblicato il testo in italiano di una lettera scritta
da Cresci nel 1606 a Federigo Borromeo, relativa a un’iscrizione realizzata dallo stesso Cresci
nella Biblioteca Ambrosiana che l’Arcivescovo aveva da poco creato a Milano. Verso la fine
del Cinquecento, su alcuni nuovi monumenti romani comparve un particolarissimo tipo di
maiuscola lapidaria basata su un modello classico, i cui esordi si possono far risalire al regno
di papa Sisto v (1585-1590) e il cui uso è seguitato addirittura sino al xx secolo; prenderò
dunque approfonditamente in esame il ruolo esercitato dalle maiuscole per iscrizioni realizzate
dallo stesso Cresci come modello di questo carattere, fornendo altresì riproduzioni di esempi
tratti da altri alfabeti per composizioni scritte da usare in architettura progettati e pubblicati
in Italia a partire dal 1560.

Progetto grafico 10, giugno 2007

81

24.

Iscrizione

a mosaico lungo
la trabeazione interna
della basilica di San
Pietro, Roma, 1868.

25.

Ventura Sarafellini,

iscrizione a mosaico
alla base della cupola
di San Pietro, Roma,
1605.

26.

Ventura Sarafellini,

iscrizione del Ninfeo,
Villa Aldobrandini,
Frascati, 1619.

24.

25.

26.

1643

Sinestesia: prolusione storica

La parola ‘sinestesia’ porta innanzitutto alla mente e-
spressioni figurate che sottendono un intreccio di sen-
si e sensazioni. Suono ruvido, colore squillante, silen-
zio verde
(Giosuè Carducci), oscura voce (Eugenio
Montale), sono in effetti espressioni in cui, con la me-
tafora, si indicano trasferimenti di dati o qualità da u-
na modalità sensoriale all’altra. Le metafore sinestesi-
che sono usuali nelle opere poetiche e letterarie – so-
prattutto a partire dal movimento simbolista, quando
divengono un autonomo ausilio stilistico – ma sono or-
mai proprie dell’uso quotidiano della lingua scritta e
parlata

[nota 1 a pagina 153]

.

La sinestesia è però essenzialmente, se ne prendiamo
la sua derivazione etimologica (dal gr., sy´n ‘con, in-
sieme’ e aísthesis ‘sensazione’), una modalità percet-
tiva sincronica risultato della sollecitazione fisica di u-
no solo dei sensi – poniamo ad esempio l’udito, solle-
citato da un flusso sonoro – che per sinestesia attiva,
senza la necessità di altri input fisici specifici, anche u-
na o più altre modalità. In tal modo anche il solo a-
scolto, o la sola visione, può dare luogo alla formazio-
ne di fotismi, ossia alla percezione di immagini – sia-
no esse visive, uditive, o altro – pur in assenza di sti-
moli specifici del sistema sensoriale sollecitato.

Il senso della parola, con le sue declinazioni e specifi-
cazioni, ha mutato via via significati. Quando Bartholo-
maeus Castellus usa per la prima volta la parola Synæ-
sthesis
, nel 1746

[2]

– prima che la tesi di laurea sull’al-

binismo di G.T.L. Sachs (1812) portasse il fenomeno
all’attenzione della comunità scientifica

[3]

– è per indi-

152

Progetto grafico 10, giugno 2007

Sinestesie e progetto

A cura di

DINA RICCÒ

care un’accezione molto diversa da qualsiasi applica-
zione odierna. Per Castellus sinestesia è “consensio, u-
surpatur de sensu, quem æger ipse percipit ex morbo”

[4]

,

in sostanza è la consapevolezza del dolore e della ma-

lattia. Un’accezione così lontana da quelle oggi in uso,
tanto che spesso il nome di Castellus non viene neppu-
re citato fra i precursori della sinestesia, e la data d’in-
gresso della parola viene posticipata alla seconda metà
dell’Ottocento, in seguito all’opera del francese Alfred
Vulpian (1866) che formò il termine per analogia con a-
nesthésie
, thermesthésie, hyperesthésie

[5]

. L’uso

dell’aggettivo è di qualche anno successivo – il france-
se synesthétique, e in seguito anche synesthésique

[6]

viene usato per la prima volta da E. Littré (1872) per in-
dicare “la parte sinestetica della retina”, quindi un ca-
rattere legato alla struttura e alle funzioni dell’occhio.

Fino a questo momento la letteratura scientifica sul te-
ma è estremamente contenuta, la sua espansione ha av-
vio solo in seguito all’introduzione di una nuova e-
spressione, “audition colorée”, da parte del francese Pe-
drono (1882), e all’espansione semantica del concetto
di sinestesia in quanto “sensations associées” data da
Millet (1892) nella sua tesi di dottorato in medicina

[7]

.

In questa accezione estesa gli studi sulla sinestesia ac-
quisiscono un’immediata risonanza mondiale e si a-
prono all’interesse non più solo dei medici, ma anche
di psicologi, antropologi, pedagoghi, letterati, artisti, e
ora anche progettisti

[8]

.

Nella pratica artistica prima, e progettuale poi, si ini-
ziano a riconoscere come sinestesici non solo certi te-
sti scritti, o certe modalità di percezione sincronica, u-

1714

Progetto grafico 10, giugno 2007

179

4.

Kurt Schwitters,

Ur-sonate

(1921-32).

5.

Fortunato Depero,

Liriche radiofoniche
(1934).

6.

Kenelm Cox, Poetry

clock

(1960 circa).

7.

Max Bense, Schlaf

des schlaf

(1964).

4.

5.

6.

7.

1741

1

1

2

3

background image

[1]

.

Cina, Pechino, 3 agosto 2003.

Anzi: Regno di mezzo, Capitale del nord, terzo Sole
dell’ottava Luna dell’anno della Capra.
Sta scendendo la sera e nel parco del Tempio del Cie-
lo è in corso una solenne cerimonia: un alto funziona-
rio di stato e il responsabile di un comitato interna-
zionale alzano un drappo giallo di raso e aprono una
scatola in legno di palissandro. Al suo interno c’è una
preziosa giada di Hetian intagliata che viene mostra-
ta ai presenti che non riescono a trattenere l’eccitazione.
I due uomini poi, in religioso silenzio, battono il sigillo
nella pasta rossa del contenitore di porcellana posato
sul tavolo davanti a loro e lo imprimono su un foglio
di carta di riso di Xuan

[nota 1 a pagina 107]

. Più tardi

avranno luogo i festeggiamenti

[3]

.

Quando nell’agosto del 2003 fu presentato il marchio
ufficiale dell’Olimpiade cinese

[2]

– i cui Giochi

[3]

si

sarebbero tenuti a Pechino cinque anni dopo – pensai
che gli orientali la prima sfida già l’avevano vinta.

Quel segno funzionava parecchio.
La sua qualità simbolica era (anzi è) altissima.

98

Progetto grafico 10, maggio 2007

Progetto grafico 10, maggio 2007

99

Beijing 2008 e le sue sorelle

L ’ I D E N T I T À V I S I V A D E L L E O L I M P I A D I C I N E S I E D E L L E 2 9 E D I Z I O N I E S T I V E

*

ROBERTO STEVE GOBESSO

Il ‘Sigillo cinese della Pechino danzante’

L’emblema olimpico, per tradizione, è composto da tre
parti. La prima, il marchio, raccoglie in un segno le par-
ticolarità culturali, etniche e artistiche del Paese che o-
spita l’Olimpiade, cercando anche di ricordare lo spi-
rito che ha sempre caratterizzato questa riunione spor-
tiva: l’aspetto atletico/agonistico ma soprattutto l’oc-
casione d’incontro, di festa, di gioia, per celebrare la
fratellanza tra i popoli. La seconda parte, il logotipo,
segnala la città dove si tengono i Giochi. La terza so-
no i cinque cerchi: il simbolo dei continenti

[18]

.

Il sigillo rosso, che è la parte ‘logografica’

[4]

delle tre

che compongono l’emblema di Beijing 2008

[4]

, è un

segno dai connotati molto forti. Il termine ‘logografi-
ca’ – così come trovo in Non legitur – deriva da ‘lo-
gogramma’

[5]

e ci consegna la chiave di lettura per ca-

pire il grande vantaggio del quale godevano i cinesi nel-
la realizzazione di ‘quel segno’ che doveva diventare
il marchio delle loro Olimpiadi. In un contesto cultu-
rale dove la comunicazione scritta avviene per mezzo
di un sistema di segni misto (ovvero pittografici, ideo-
grafici e fonetici) – rispetto ad altre civiltà e culture che
hanno invece sviluppato questo tipo di comunicazio-
ne attraverso il sistema alfabetico – creare un nuovo se-
gno per una ‘nuova parola’ è cosa semplice.

La forma bianca nell’area rossa rappresenta un atleta che
corre con le braccia levate al cielo nell’atto di esprimere
la gioia della vittoria

[2]

. La figura è interpretata grafi-

camente

[11, 13]

sul carattere cinese della parola Jing, che

significa ‘capitale’, che è il secondo carattere della pa-
rola Beijing

[1]

, il nome della città che ospita i Giochi.

L’artefatto è in uno stile grafico che riprende una del-
le forme arcaiche della scrittura cinese chiamata ‘si-
gillare’, per questo i dirigenti cinesi lo hanno chiama-
to “Chinese seal, dancing Beijing” (anche se, a rigor di
logica, era più corretto “Vincente capitale” ma come
sappiamo la nostra logica non è la stessa dei cinesi).

Il segno, che contempla tutte le caratteristiche dei sim-
boli che vengono definiti glocal, “è veicolo di quattro
messaggi: la cultura cinese, il colore della nazione, il
benvenuto della capitale agli amici di tutto il mondo e
infine sfidare l’estremo, conquistare il perfetto e pro-
muovere il motto olimpico ‘Citius, altius, fortius’: più
velocemente, più in alto, con più forza”

[6]

[27, 28]

. Ri-

spetto alla richiesta di essere global esso è festoso, di-
namico, sportivo, marcando poi, in maniera forte-
mente local, la caratteristica culturale di una civiltà pit-
tografica. Il tutto viene restituito in maniera cromati-
ca – oltre che filologica – semplice e immediata, raffor-
zandone l’efficacia.

Segni, simboli e ‘Tradizione’

I messaggi che provengono da un sigillo sono univer-
salmente comprensi e il simulacro contiene la capacità
di essere un oggetto semantico denso di significati.
L’immagine di un sigillo

[7]

è riconosciuta da tutti co-

me sinonimo (e dunque simbolo) di convalida e di ap-
provazione

[7]

. Il sigillo rappresenta per tutte le antiche

civiltà una vera e propria forma d’arte

[8]

che in Estre-

mo Oriente si apprende dai maestri e grazie a loro vie-
ne tramandata

[9]

.

è

sempre stato considerato oggetto

nobile e austero; per taluni documenti è fondamenta-
le: dà prova dell’assegnazione di un mandato; viene u-
sato come segnale di proprietà o come ‘firma’ dell’ar-
tista sulle sue opere

[10]

. Esso avalla e comprova, ga-

rantisce autenticità e autorità e per secoli ha rappre-
sentato, non solo in Oriente, un attributo di distinzio-
ne per eccellenza.

Il ‘Sigillo cinese’ è (ancor più) eterno poiché nasce in
seno a una ‘tradizione perenne’; è dunque destinato a
durare nel tempo, anni e anni al di là di noi stessi. Il prin-
cipio della ‘Tradizione’ in Cina è “espresso dai quat-
tro caratteri in ge sun yi, ovvero: ereditare, rinnovare,
ridurre e favorire. Ereditare la tradizione della scrittu-
ra han, rinnovare gli elementi vecchi che male si adat-
tano all’applicazione e ridurre la parte troppo com-
plessa per favorirne l’utilizzazione”

[11]

. Un vero e

proprio codice di ‘deontologia’ del progetto.

L’evoluzione dell’aspetto grafico della scrittura cine-
se

[12]

– o almeno delle cinque forme adottate per ‘trac-

ciare’ i caratteri, le più conosciute e ancor oggi utiliz-
zate – è racchiusa in una manciata di secoli: fra il 200
a.C. e il 300 d.C. I dizionari delle forme e degli stili cal-
ligrafici sono un prezioso e indispensabile strumento
di ricerca e documentazione per tutti coloro che prati-
cano, studiano o semplicemente si affacciano sul-
l’ampio panorama della scrittura e della calligrafia e-
stremo-orientale. Con l’aiuto d’un paio di pagine

[8, 9]

tratte da questi dizionari, possiamo notare l’evoluzio-
ne operata sui segni (i tratti) che formano i caratteri –
e dunque sull’estetica (sull’aspetto formale) del carat-
tere stesso – dai numerosi funzionari e letterati che per
secoli si sono avvicendati presso le corti degli impera-
tori

[13]

. I cinesi dunque partivano avvantaggiati per il

semplice motivo che il concetto di simbolo, inteso co-
me parola, o meglio come ‘linguaggio’, è scritto (ma
direi ‘inciso’) nel loro Dna.

La creazione dell’emblema è il primo passo per vei-
colare visivamente e con successo un’Olimpiade

[14]

e dunque il Comitato organizzatore, nella conferenza
stampa del 2 luglio 2002, ha voluto estendere l’invito

1660

1661

2.

Il ‘Sigillo cinese

della Pechino danzante’.

4.

L’emblema dei Giochi olimpici del 2008. Il marchio, disegnato

da Guo Chunning (nella foto a destra tratta da “China Daily”)
e in gara con il numero 1.498, è in uno stile grafico che
riprende la forma della scrittura del ‘Piccolo sigillo’, per questo
il Comitato organizzatore dei Giochi gli ha assegnato il nome
ufficiale di ‘Sigillo cinese’.

5.

Il secondo classificato (in concorso

con il numero 1.833) del Fine Arts Institute/Tsinghua University,
traccia il carattere Jing nella forma calligrafica corsiva e lo ripete
due volte per ricordare gli atleti in corsa.

6.

Il terzo classificato

(numero 1.747 in gara) del designer Xie Jianjun.
Il logotipo Beijing 2008 è proposto in un carattere script
molto simile a quello utilizzato poi nell’emblema ufficiale.

6.

4.

5.

3.

Un momento

della grande festa
per la presentazione
dell’emblema
(foto da First world
press briefing

, Beijing,

September 2006).

1.

Cina,

carta schematica
con i topònimi
Zhongguo

e Beijing

(grafica dell’autore).

Per ragioni di spazio, ma anche per non tediare il lettore,
l’articolo prende in esame soltanto le edizioni estive dei Giochi
e non entra nel merito delle 20 Olimpiadi invernali che debuttarono
nel 1924 a Chamonix, in Francia, e che si tenevano nello stesso anno
di quelle estive. Nel ’56 si celebrarono in Italia a Cortina d’Ampezzo
e la città, durante l’edizione di Torino 2006, ha voluto festeggiare
i primi cinquant’anni dei “Giochi in tricolore”. A Lillehammer,
in Norvegia, nel 1994 ha inizio il nuovo ciclo e i Giochi invernali
si spostano dopo il secondo anno dell’edizione estiva.
Vancouver, in Canada, sta già organizzando quelli del 2010.
Per il 2014 hanno già presentato la loro candidatura
Salisburgo/Austria, Pyeongchang/Corea del Sud e Ostersund/Svezia.

Inoltre, per contenere l’indagine, sono stati presi in esame
solo gli aspetti della comunicazione visiva relativi agli emblemi
olimpici (il
corpus marchio/logotipo/cerchi) e alla segnaletica
(ovvero ai set dei pittogrammi) escludendo, fatta salva l’edizione
di Beijing 2008

[19, 20, 21, 22, 74]

, altri artefatti olimpici quali:

l’emblema delle Paraolimpiadi – l’edizione dei Giochi per gli atleti
diversamente abili –, le mascotte, gli emblemi delle attività collaterali
quali l’ambiente, il volontariato, la cultura, il
merchandise, eccetera.
Naturalmente l’identità visiva della manifestazione viene applicata
e declinata in tutti i veicoli adottati dalla comunicazione:
dai manifesti ai francobolli, dai biglietti ai diplomi, alle copertine
delle pubblicazioni ufficiali, in breve a tutti i materiali che necessitano
la presenza e il coordinamento di un protocollo visivo.
Lo stesso vale per le componenti soggette all’attenzione del design:
dalla torcia olimpica, alle medaglie, al podio per le premiazioni
e, non ultimo, all’arredo urbano delle aree interessate.

Dal Collins Dictionary:
Pictograph
A picture or symbol
standing for a word
or group of words,
as in written Chinese.

Pittografia
Immagine o simbolo
che sostituisce
una parola o un
gruppo di parole,
così come accade
nel cinese scritto.

Che la forma delle lettere dell’alfabeto derivi
dalla scrittura è di per sé evidente; tuttavia, dal

momento in cui Gutenberg e Kooster misero a punto
la tecnica di fusione di caratteri mobili che permise, al-
la metà del Quattrocento, di innescare la rivoluzione
della stampa in Europa, tipografia e lettering hanno co-
nosciuto un’evoluzione parallela ma separata, dando
luogo a due distinte tradizioni, generalmente associa-
te alla dicotomia fra cultura alta e cultura popolare. Per
lettering (manca in italiano un efficace corrisponden-
te) s’intende il ‘disegno’ di scritture, che è diverso dal-
la calligrafia (e quindi dai caratteri a stampa, basati per
buona parte della storia tipografica su modelli calli-
grafici) che è scrittura. Distinzione apparentemente
sottile, ma essenziale: scrivere significa tracciare dei
segni con un solo tratto, lettering invece vuol dire scri-
vere con forme costruite con tratti sovrapposti e ritoc-
chi. Il lettering è dunque indipendente dallo strumen-
to, ma tale libertà è limitata dalle convenzioni

[nota 1 a

pagina 123]

. Un simile punto di vista, però, ignora il fat-

to che le forme di lettering commerciale, architettoni-
co o vernacolare presenti da sempre nell’ambiente ur-
bano abbiano costantemente influenzato la tipografia,
che a sua volta ha ispirato e arricchito il vocabolario
formale di letteristi e cartellonisti.

Se le due discipline sono accomunate dall’uso di for-
me alfabetiche per comunicare al pubblico un mes-
saggio, la strategia del lettering punta principalmente
a catturare l’attenzione dello spettatore, ricorrendo a
ogni sorta di effetti visivi applicati tanto alla forma del-
le lettere quanto alla composizione nel suo insieme –
senza dimenticare poi la tridimensionalità del lettering,
quasi inevitabile, vista la varietà di strumenti, di tecni-
che e di supporti di cui si serve. La tipografia d’altro
canto – arte tendenzialmente conservatrice, a meno di
non essere sottoposta a forti pressioni commerciali – si
è nutrita costantemente nel corso della sua evoluzione
degli stimoli grafici provenienti dall’esterno della pro-
fessione, dalle varie scritture cancelleresche e mer-
cantili alle insegne della rivoluzione industriale, come
provato del resto dalla quantità e varietà di caratteri at-
tualmente disponibili.

Agli occhi di un europeo, tipografo per giunta, il pano-
rama urbano nordamericano, a parte le ovvie differenze
architettoniche, appare caratterizzato dagli artefatti di
lettering commerciale o vernacolare, significativamen-
te più presenti e uniformi che sul vecchio continente, do-
ve la professione del letterista è praticamente scompar-
sa, tranne forse nelle regioni economicamente meno toc-
cate dal capitalismo. Sulle insegne e vetrine di Montréal
(o di qualunque altra metropoli canadese o statunitense)
la tradizione nordamericana di sign painting sembra an-

116

Progetto grafico 10, giugno 2007

Progetto grafico 10, giugno 2007

117

Biodiversità tipografica

I L L E T T E R I N G D I I N S E G N E , V E T R I N E E R É C L A M E A M O N T R É A L

ALESSANDRO COLIZZI

1678

1679

Le réclame murali, spesso policrome e di grandi
dimensioni, integravano in certi casi anche delle
illustrazioni, come in questo particolare piuttosto
ben conservato in un vicolo della rue Clark.

L’attenzione alla ‘comunicazione dell’evento’ è una
delle occupazioni preparatorie che ogni buon organiz-
zatore culturale (e non solo) si trova ad affrontare
all’avvio di qualsiasi progetto. In questa fase, solita-
mente si lancia una ricerca di suggestioni, si confida in
varie infatuazioni che puntualmente dileguano rive-
landosi deboli o sfasate circa titolo e immagine-guida,
più in generale riguardo a quel complesso coacervo di
emissioni segniche, semantiche ed estetiche, che costi-
tuiscono il visual della mostra, della rassegna o della
manifestazione e che, in un progetto riuscito, debbono
sintetizzare in un’‘immagine coerente e coordinata’
contenuti, informazioni, stile e senso proprio dell’ini-
ziativa. Può però accadere che le scelte comunicative e
i materiali prodotti siano sin dall’inizio coinvolti nella
sostanza stessa e nell’esito finale dell’azione culturale.
Vi è pertanto un momento in cui tutto è nelle mani di
quella complessa figura professionale, allocata tra ri-
flessione intellettuale e prassi creativa, tra sociologia,
psicologia sociale e storia del visivo, tra visualità e lin-
guaggio, tra comunicazione informativa e trasmissio-
ne di saperi, che è il grafico. Tanto più il suo ruolo ri-
sulterà determinante quanto più l’evento, la manifesta-
zione, la rassegna sia di natura di per sé complessa, ten-
denzialmente ‘elitaria’, potenzialmente confondibile in
una marea di cloni e di analoghi in circolazione, alle sue
prime edizioni e pertanto in cerca di una identità im-
mediata, riconoscibile, semplice e diretta, senza rinun-
ciare a una qualche eleganza di stile, quando ad esem-
pio il suo oggetto sia tra i più intransigenti e recalci-
tranti a ogni riduzione o spettacolarizzazione, quando
sia – per venire al nostro caso – la poesia.

All’Agenzia Ada di Modena, più in particolare al grafi-
co Fabio Boni, con la collaborazione di Roberto Serio
per i testi, l’Unione Terre di Castelli in provincia di Mo-
dena (gloriosa unione tra i Comuni di Castelnuovo Ran-
gone, Castelvetro,

Maranello,

Marano sul Panaro, Sa-

vignano, Spilamberto, Vignola) ha commissionato la
realizzazione del visual, logo e pacchetto grafico, da
porre a corredo di una apparentemente disperata impre-
sa: quella di realizzare nei piccoli paesi della provincia
modenese – ben più noti per i salumi, i tortellini o cap-
pelletti, lo zampone e il lambrusco – una grande ker-
messe di poesia portata dalla viva voce dei poeti nei tea-
tri e nelle piazze, sfatando il luogo comune che vorreb-
be la poesia trincerata nelle torri d’avorio del vezzo per
pochi, delle delibazioni per anacronisti, delle fisime per
spiriti labirintici. Impresa del resto riuscita, come di-
chiarano gli organizzatori entusiasti delle oltre 15.000
presenze nella seconda edizione (autunno 2006).

Dunque si trattava di ideare un’immagine diretta per
un oggetto quanto mai sfaccettato e rifrangente, un lo-

136

Progetto grafico 10, giugno 2007

Progetto grafico 10, giugno 2007

137

LETTURE

La grafica tra le nuvole

LE LOCANDINE/PAGINE DI POESIAFESTIVAL DELL’UNIONE TERRE DI CASTELLI

PAOLO DONINI

go e un coordinato chiaro e tuttavia capace di dare at-
to della complessità e della coralità di voci in campo;
si trattava poi di informare su luoghi, orari, eventi di u-
na rassegna fitta d’appuntamenti, dislocati per di più
in cittadine geograficamente limitrofe ma pur sempre
gelosamente distinte l’una dall’altra e attente ciascuna
alla propria identità; e si trattava inoltre di corredare
l’ospite, il pubblico, di una minima documentazione a
memoria della rassegna, non essendo previsto un vero
e proprio catalogo della manifestazione. Si trattava
cioè di connotare abilmente l’evento, di comunicarne
l’informazione quanto più chiara e dettagliata, e a un
tempo di traghettare i valori ‘alti’ e fortemente inter-
locutori del suo oggetto, la poesia, così gravata dall’o-
bolo dell’impopolarità, creando attorno a essa per al-
cuni intensi giorni un certo movimento d’interesse.

Motore e mente del Festival il sindaco (e poeta egli
stesso) Roberto Alperoli, che da anni è andato trasfor-
mando la sua cittadina, Castelnuovo Rangone, in una
installazione a cielo aperto, con tabellazioni che reca-
no poesie invece di divieti, e parchi letterari tra cui il
Parco Giovane Holden dove ci si imbatte nelle pagine
del capolavoro di Salinger realizzate ad altezza d’uo-
mo. Lo ‘stile Alperoli’ e il gusto del sindaco-poeta per
la letterarizzazione dei luoghi urbani, deve avere lar-
gamente coinvolto il lavoro del grafico, e le scelte sa-
ranno certamente state esito di uno storming d’équipe
se, come vedremo, proprio la trasmutazione dei borghi
in luoghi letterari sarà l’esito finale dell’operazione, in
gran parte conseguito grazie ai materiali e alla grafica
prodotti.

Diciamo subito che il grafico ha agito con grande in-
tuizione e ha centrato numerosi obiettivi. Per primo la
felice riuscita della linea scelta, organizzata a partire
da una riduzione drastica della gamma cromatica, ri-
solta nel bianco, blu e nero, e della morfologia forma-
le, assegnata alla sola scrittura. Per arrivare poi al logo
del Poesiafestival che, anch’esso ritagliato con la stes-
sa efficace sobrietà, è infatti il Poesiafestival, nel sen-
so che è propriamente il costrutto Poesiafestival che
viene trattato graficamente in un gioco di ‘a capo’ che
trasforma la parola in logo.

Questo procedimento, tutt’altro che inedito, è in questo
caso assai colto e coerente. È colto perché agisce
dall’interno dell’oggetto da rappresentare graficamen-
te, agganciandone le matrici culturali. L’oggetto è la
poesia, e il grafico ne coglie la visualità, opera in grafi-
ca rifacendosi all’intuizione forte, determinante, della
poesia visiva, cioè quella della visualità della scrittura,
del carattere estetico del segno, e della possibilità di
continuo rilancio semantico insita nella combinazione

1698

1699

Poesiafestival ’06
Si è svolto dal 28
settembre all’1 ottobre
2006. Era la seconda
edizione della
manifestazione
promossa dall’Unione
Terre di Castelli in
provincia di Modena:
Castelnuovo Rangone,
Castelvetro di Modena,
Savignano sul Panaro,
Spilamberto, Vignola.
Co-promotori:
il Comune di Maranello
e il Comune di Marano
sul Panaro.
Il progetto del Festival
è di Roberto Alperoli,
sindaco di Castelnuovo
Rangone.
La direzione è di Paola
Nava con la consulenza
di Alberto Bertoni.
Il progetto grafico e la
comunicazione sono di
Ada, Fabio Boni, con
Roberto Serio.
Tutti gli incontri di
Poesiafestival erano
gratuiti.

Poesiafestival ’07
La terza edizione
si svolgerà dal 27 al 30
settembre 2007.

Under 29 ’07
Anche quest’anno il
Festival organizza un
concorso di poesia per i
giovani dai 15 ai 29 anni.
Il bando si può scaricare
dal sito del Festival; le
poesie vanno
consegnate entro il 4
settembre 2007.

<www.poesiafestival.it>
info@poesiafestival.it

Dal Programma ’06
“Ci siamo ritrovati in
diecimila, lo scorso
anno... ad ascoltare i
poeti e la poesia.
Ci siamo ritrovati nelle
piazze, lungo le ciclabili,
sui treni, nei teatri,
attorno a tavole
imbandite. Di giorno,
di sera, di notte.
Sotto un sole fraterno,
con un freddo cane...”

Gli studenti sono parte integrante ma spesso
poco attiva del sistema universitario: il loro

coinvolgimento nella gestione corrente e nel migliora-
mento non è frequente. Il Politecnico di Milano ha av-
viato una stagione di concorsi che fa ben sperare. Con-
corsi aperti agli studenti delle diverse facoltà dell’A-
teneo per raccogliere idee da trasferire direttamente

194

Progetto grafico 10, giugno 2007

Progetto grafico 10, giugno 2007

195

Wayfinding al Politecnico di Milano

P A U L M I J K S E N A A R ‘ P A D R I N O ’ D E L C O N C O R S O P E R L A S E G N A L E T I C A

PAOLO CIUCCARELLI

va segnaletica d’Ateneo” per le aree esterne. La prin-
cipale motivazione esplicitata dal Politecnico è pro-
prio quella di coinvolgere attivamente gli studenti nel
miglioramento dell’ambiente in cui lavorano. Le pro-
poste dovranno rispondere a esigenze di informazio-
ne sui servizi e sulle strutture presenti nei campus, te-
nendo in considerazione le possibili diverse tipologie
di utenza. Sono considerati elementi rilevanti il ri-
spetto delle esigenze di utenti diversamente abili, dei
criteri di sicurezza, dei problemi di manutenzione, dei
rischi di vandalismo. Le proposte potranno compren-
dere – oltre ai tradizionali elementi di segnaletica e ar-
chigrafia – anche segnali digitali o mappe e sistemi di
consultazione interattivi, dei quali dovranno essere
progettati anche il supporto, l’interfaccia grafica, la
collocazione nello spazio.

I criteri di valutazione delle idee riguardano la solu-
zione comunicativa, la funzionalità, la pertinenza ri-
spetto alle problematiche locali, la qualità delle rela-
zioni con il contesto circostante e allo stesso tempo
l’esportabilità del sistema progettato: la segnaletica
dovrà poter essere applicata non solo alla sede utiliz-
zata come base per il concorso – il campus Bovisa –
ma anche a tutte le altre sedi del Politecnico. Una sfi-
da interessante e impegnativa vista la grande eteroge-
neità delle architetture e dei materiali nei diversi in-
sediamenti. I membri della giuria rappresentano l’A-
teno, il corso di laurea in Design della Comunicazio-
ne, l’Area tecnico edilizia – direttamente e concreta-
mente interessata ai risultati del concorso e alla loro
eventuale futura implementazione – e il mondo pro-
fessionale, attraverso il coinvolgimento del laureato
ad honorem Bob Noorda.

La giornata del lancio del concorso, il 29 novembre
2006, è stata anche l’occasione per incontrare Paul
Mijksenaar, titolare del Bureu Mijksenaar con sedi ad
Amsterdam e NewYork, attivo nella progettazione
dei sistemi di segnaletica dei principali aeroporti di
tutto il mondo, oltre che di musei, spazi pubblici, in-
door e outdoor. Mijksenaar, che ha un certo feeling
con l’Italia, non si risparmia e accompagna tutta la
giornata di avvio dei lavori con due interventi: una
lecture pubblica al mattino e una seduta più tecnica
nel pomeriggio con gli studenti partecipanti al con-
corso. Il titolo Show complexity but make it naviga-
ble
rivela l’origine della lecture mattutina, pensata
dapprima come momento di confronto tra Mijksenaar
e gli studenti del laboratorio Density: comunicazio-
ne e complessità, e agganciata poi opportunamente al
concorso con il risultato di una migliore focalizza-
zione del tema e un ampliamento della platea.

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1757

Come si realizza un ‘inventario’ per la progettazione della segnaletica

di

PAUL MIJKSENAAR

e

HARM ZWAGA

FASE1. INVENTARIO



Elencate, localizzandole su ogni piano, tutte le:

A. Destinazioni

(compresi servizi e strutture);

B. Percorsi principali

. Come possono essere raggiunti da tutti i possibili punti di partenza (per esempio le entrate), e i

percorsi tra le destinazioni principali (per esempio tra il ristorante e l’atrio). Non dimenticate i percorsi di uscita!

C. Punti di decisione e di transizione

. Un punto di decisione è quello in cui si ha la scelta tra diverse direzioni; un punto

di transizione è quello in cui parti diverse dell’edificio sono connesse tra loro, per esempio nel passaggio tra l’atrio e le
sale espositive;

D. Istruzioni e informazioni

. Per ridurre, semplificare o raggruppare. Se necessario, annotate le caratteristiche specifiche,

i requisiti e le limitazioni derivate dall’edificio, come altezza dei soffitti, finestre, condizioni di illuminazione, eccetera.
Visualizzate destinazioni, percorsi e caratteristiche specifiche su piante, alzati, eccettera, compresi tutti i mezzi di
circolazione verticale (scale, ascensori, scale mobili).

FASE 2. CONCETTUALIZZARE

In questa fase verranno poste le basi per un concetto di segnaletica, seguendo le regole e le linee guida
stabilite o già esistenti. Per facilitare ciò, alcuni aspetti vanno esaminati prima di tutto. Il punto di vista
dell’utente è sempre centrale.

A. Classificazione

È utile per l’utente classificare le informazioni. Quindi cercate di organizzare le destinazioni:



per funzione (sala esposizioni, bagni, ristorante, atrio);



per gerarchia (informazioni operative o istruttive);



per frequenza d’uso;



per localizzazione/area;



dal generale allo specifico (ala, piano, stanza);



passo per passo (prima a, poi b, poi c, eccetera);



per tipo di utente (visitatori, personale, manutenzione);



secondo il flusso di circolazione (percorsi identificati);



per categoria.

Esempio applicato nell’aeroporto di New York, sostenuto da un codice colore:



informazioni sui voli (giallo);



servizi (nero);



informazioni dopo l’atterraggio (verde);



istruzioni e informazioni generali (grigio).

Ma è anche probabile che una combinazione di queste classificazioni debba essere usata, per esempio
biblioteca e numeri delle stanze.

B. Navigazione



Descrivete il modo in cui le persone trovano la loro strada – navigano – attraverso un dato edificio, e

il modo in cui possono essere orientate (dove sono e dove posso andare).



Valutate i risultati dei passi precedenti e cominciate a cercare idee per un sistema di orientamento.

Aspettate a visualizzarle finché non le avrete confrontate con l’inventario della fase 1.



Evitate la sovrabbondanza di segni. Le persone sono in grado di fare ogni tipo di inferenza (cioè, trarre conclusioni)

da sole. Non si aspettano di trovare segnali per i taxi all’interno degli edifici, o segnali per gli ascensori dove questi
ultimi non sono necessari.



Infine, fate un riassunto dei tipi di segnali necessari, ognuno con una breve descrizione della funzione e delle

caratteristiche, aggiungendo anche il sistema di installazione dei segni (autoportanti, montati a muro, appesi al soffitto,
eccetera).

FASE 3. PROGETTO



Iniziate a visualizzare le idee della fase 2 sviluppando ogni tipo di segnale. Riepilogate la collocazione di tutti i segnali,

per tipo e quantità, riferendoli a una lista di contenuti.
Fate delle visualizzazioni che mostrino i segnali inseriti in contesti tipici dell’edificio.

FASE 4. IMPLEMENTAZIONE



Realizzate tutti i disegni esecutivi con le istruzioni per la produzione.

FASE 5. VERIFICA E VALUTAZIONE



Verificate il più possibile le soluzioni prima dell’installazione. Valutate la segnaletica per un certo periodo dopo

l’implementazione e correggete tutti i problemi che emergono.

FASE 6. MANUALE

Fate un manuale per i successivi sviluppi e per la manutenzione.

per il Politecnico di Milano, facoltà del Design, novembre 2006

Traduzione di Silvia Sfligiotti

Giuria
Adriana Baglioni,
prorettore del
Politecnico;
Bob Noorda, designer;
Giovanni Baule,
presidente corso
di laurea in Design
della Comunicazione;
Alberto Seassaro,
preside facoltà
del Design;
Luisa Collina,
dipartimento
di Industrial design
delle Arti della
comunicazione
e della moda;
Chiara Pesenti,
dirigente Area
comunicazione
e Relazioni esterne;
Antonella Piccarreta,
Servizio progettazione
e Sviluppo edilizio
dell’Area tecnico
edilizia.
La locandina
per il concorso
è stata realizzata
da Paola Slongo.

nella progettazione degli spazi aperti, del merchandi-
sing, e – primo tra i temi aperti – nella ridefinizione del-
la segnaletica dei campus. Anzi, del sistema di way-
finding, come dicono gli esperti del settore.

Un tema complesso, al confine tra urbanistica, archi-
tettura e progetto grafico, e che proprio per questo tro-
va nel bacino studentesco politecnico il terreno creati-
vo ideale: molti dei gruppi di lavoro formati dagli stu-
denti per l’occasione sono trasversali alle facoltà, e ri-
mescolano finalmente designer e architetti (meno gli
ingegneri) in un ritrovato idillio progettuale.

Il bando definisce l’iniziativa come “concorso di i-
dee”, avente per oggetto la “realizzazione della nuo-

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