D’Angelo, Mutatus est in alium virum il battesimo

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SMSR 81 (2/2015) 480-490

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«Mutatus est in alium virum»

Il battesimo di Óláfr Haraldsson nelle saghe e nelle fonti

latine

Óláfr Haraldsson inn helgi (“il Santo”) è certamente uno dei personag-

gi più noti e studiati del medioevo scandinavo: re di Norvegia dal 1015, il

29 luglio del 1030 morì in battaglia a Stiklarstaðir e l’anno seguente, il 3

agosto 1031, il vescovo Grímkell ne proclamò la santità

1

. Da allora, in un

arco di tempo di circa duecento anni, la biografia di questo re si è arricchita

di eventi, date e dettagli grazie a cronache latine, leggende agiografiche,

poemi scaldici e saghe. Eppure, nonostante l’abbondanza di fonti, esse

sono solo in minima parte contemporanee e non di rado si rivelano in

disaccordo sia tra loro sia con quelle più tarde. La conseguenza di questa

efflorescenza testuale è l’insorgere di tradizioni molteplici e difformi, tra

le quali è complicato, per lo storico, districarsi. Ciò è particolarmente vero

per il periodo (c. 1007-1015) che Óláfr trascorse all’estero come vichingo

prima di tornare in patria e conquistare il trono: così, ad esempio, secondo

alcuni autori egli combatté in Inghilterra come alleato di Canuto il Grande

(Knútr inn ríki), mentre, secondo altri, non solo i due furono avversari ma

fu proprio lì che nacque quell’inimicizia che, quasi quindici anni dopo,

sarebbe costata a Óláfr dapprima la corona e, poi, la vita

2

.

Una sorte analoga toccò al battesimo del re norvegese e, più in ge-

nerale, alle modalità con le quali egli abbracciò il cristianesimo. Su

questo punto le fonti possono essere divise in due gruppi: da una par-

te, le konungasǫgur (“saghe dei re”) sostengono che Óláfr fu battezza-

to quando era ancora bambino; dall’altra, le opere storiografiche latine,

non solo norvegesi, e la leggenda agiografica dedicata al santo, afferma-

no che questi conobbe la nuova fede a Rouen, in Francia, in età adulta.

Le konungasǫgur, nello specifico la Óláfr saga Tryggvasonar (“Saga di

Óláfr Tryggvason”, c. 1200) di Oddr Snorrason

3

e la Óláfr saga helga

1

Per un sintetico profilo biografico di Óláfr Haraldsson si veda R. Astås, Óláfr, St., in P.

Pulsiano (ed.), Medieval Scandinavia: an encyclopedia, Garland, New York - London 1993,

pp. 445-446.

2

Sulle diverse tradizioni riguardanti Óláfr e Canuto si veda F. D’Angelo, Il conflitto tra

Olaf il Santo e Canuto il Grande nelle cronache e negli annali danesi dei secoli

xii

-

xiv

, in

«Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo» 117 (2015), pp. 289-316.

3

Si tratta in realtà di una versione anonima della vita composta in latino da Oddr Snorra-

son e a noi non pervenuta.

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utatus

est

in

aliuM

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» 481

(“Saga di Óláfr il Santo”, c. 1230) di Snorri Sturluson, collocano il batte-

simo al tempo del re Óláfr Tryggvason (995-999/1000), che avrebbe fatto

da padrino al suo omonimo ancora bambino

4

. In verità si tratta di una

tradizione, probabilmente di origine norvegese, che mirava ad esaltare –

se non addirittura a santificare – la figura di Óláfr Tryggvason, da Oddr

Snorrason paragonato a san Giovanni Battista:

«Ok á enu fimmta ári hans ríkis helt Óláfr konungr nafna sínum undir skírn ok

tók hann af þeim helga brunni, í þá líking sem Jóan baptisti gerði við Dróttin.

Ok svá sem hann var hans fyrirrennari, svá var ok Óláfr konungr Tryggvason

fyrirrennari ens helga Óláfs konungs»

5

;

«e nel quinto anno del suo regno re Óláfr tenne a battesimo il suo omonimo, e

lo elevò dal fonte battesimale come fece Giovanni il Battista con il Signore. E

come Giovanni fu il Suo precursore, così Óláfr Tryggvason fu il precursore del

santo re Óláfr»

6

.

L’altro gruppo di fonti, quello delle cronache latine, si basa sostan-

zialmente su quanto affermato dal normanno Guglielmo di Jumièges nei

Gesta Normannorum ducum (c. 1060-1070):

«Rex etiam Olavus super Christiana religione oblectatus, spreto idolorum cultu,

cum nonnullis suorum, ortante archiepiscopo Rodberto, ad Christi fidem est con-

versus, atque ab eo baptismate lotus sacroque chrismate delibutus, de precepta

gratia gaudens, ad suum regnum est regressus»

7

.

4

Cfr. L. Lönnroth, The Baptist and the Saint: Odd Snorrason’s view of the two kings Olavs,

in M. Dallapiazza et al. (eds.), International Scandinavian and medieval studies in memory of

Gerd Wolfgang Weber, Parnaso, Trieste 2000, pp. 257-264. Si veda anche G. Røthe, Fortellinger

om Olav den helliges fødsel og dåp i sagalitteraturen, in I. Ekrem (ed.), Olavslegenden og

den latinske historieskrivning i 1100-tallets Norge, Museum Tusculanum Press, Kobenhavn

2000, pp. 170-185: pp. 172-179. Recentemente Egil Kraggerud ha sostenuto che la tradizione

norrena andrebbe riabilitata perché quello di Rouen non fu un battesimo bensì una confirmatio,

e dunque Óláfr Haraldsson potrebbe davvero esser stato battezzato da bambino in Norvegia:

E. Kraggerud, Hellig-Olavs dåp hos Theodoricus Monachus og i hans kilder, in «Collegium

medievale» 25 (2012), pp. 104-123. Cfr inoltre C. Del Zotto, Vom rex iustus zum Märtyrer.

Das Heldenparadigma der christlichen Könige zwischen Hagiographie und Geschichte in den

mittelalterlichen Quellen über die Bekehrung Skandinaviens, in R. Simek - J. Meurer (eds.),

Scandinavia and Christian Europe in The Middle Ages, Papers of The 12

th

International Saga

Conference, Bonn / Germany, 28

th

July-2

nd

August 2003, Hausdruckerei der Universität Bonn,

Bonn 2003, pp. 115-128: p. 121.

5

Oddr Snorrason, Óláfs saga Tryggvasonar, in Færeyinga saga; Óláfs saga Tryggvasonar

eptir Odd munk Snorrason (Íslenzk Fornrit

xxv

), ed. Ó. Halldórsson, Hið íslenzka fornritafélag,

Reykjavík 2006, prólógus, p. 125.

6

Traduzione mia.

7

The Gesta Normannorum Ducum of William of Jumièges, Orderic Vitalis, and Robert

of Torigni, ed. e tr. E.M.C. van Houts, 2 voll., Clarendon Press, Oxford 1992-1995: vol. 2, pp.

26-28.

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«Re Olav, deliziato dalla religione cristiana e disprezzando il culto degli idoli,

insieme ad alcuni dei suoi compagni si convertì alla fede di Cristo, su sollecita-

zione dell’arcivescovo Roberto, e da questi fu lavato con il battesimo e unto con

il sacro crisma, e gioendo della grazia ricevuta fece ritorno al suo regno»

8

.

Questa notizia sembra rimanere sconosciuta in Norvegia fino alla

metà del

xii

secolo; in questo periodo – che coincise con l’elevazione di

Nidaros (Trondheim) al rango di chiesa metropolitana (1152/1153) – il

culto di sant’Óláfr entrò in una nuova fase: il reliquiario del santo re, ora

custodito nella nuova cattedrale, divenne meta di pellegrinaggi da tutto

il nord Europa, e videro la luce una serie di documenti liturgici, musicali

e letterari a lui dedicati. In quegli anni fu composta anche la leggenda

agiografica latina a cui gli studiosi hanno attribuito il titolo di Passio et

miracula Beati Olavi; l’opera è costituita da una prima parte sulla vita e il

martirio di Óláfr (una vera e propria passio), e una seconda parte con un

elenco di miracoli compiuti dal santo. Tuttavia, mentre le prime raccolte

di miracoli sono molto più antiche, la gestazione della passio fu più lunga

ed entrò nella fase decisiva – e forse definitiva – attorno al 1175, al tempo

dell’arcivescovo Eysteinn Erlendsson (1157-1188), che in un manoscritto

inglese (Oxford, CCC 209, c. 1200) compare in prima persona come au-

tore di un’aggiunta ai miracoli. In realtà, più che di un’opera individuale

di Eysteinn, la Passio Olavi fu probabilmente il risultato di un lavoro col-

lettivo portato avanti dal clero più istruito della cattedrale, sotto la guida

dello stesso arcivescovo

9

. Di lì a pochi anni, infine, comparve anche una

versione in volgare della leggenda, inserita nel cosiddetto Gamal norsk

homiliebok (“Libro di omelie in antico norvegese”)

10

.

L’Óláfr della Passio Olavi ha perso tutti i connotati del pirata vichin-

go: la narrazione si apre con il battesimo del re a Rouen, e gli anni pre-

8

Traduzione mia.

9

La Passio Olavi è giunta fino a noi in cinque differenti versioni, in cui varia la lunghezza

della passio e dell’elenco di miracoli. La sezione della passio è tràdita in una serie di varianti,

principalmente una redazione lunga e una breve, più alcuni rimaneggiamenti tardomedievali.

La redazione breve sembra essere una versione ridotta di quella lunga, e fu pensata

probabilmente per l’uso liturgico dal momento che figura nei breviaria di numerose chiese

nordeuropee: cfr. L.B. Mortensen, Recent Research in the Legend of Saint Olaf, in D. Walz

(ed.), Scripturus vitam: Lateinische Biographie von der Antike bis in die Gegenwart. Scripturus

vitam. Festgabe für Walter Berschin zum 65. Geburtstag, Mattes, Heidelberg 2002, pp. 1011-

1018: pp. 1013-1016; L.B. Mortensen - E. Mundal, Erkebispesetet i Nidaros - arnestad og

verkstad for Olavslitteraturen, in S. Imsen (ed.), Ecclesia Nidrosiensis 1153-1537. Søkelys

på Nidaroskirkens og Nidarosprovinsens historie, Tapir Academic Press, Trondheim 2003,

pp. 353-84: pp. 359-367. La complessa storia testuale della Passio Olavi è ricostruita da L.

Jiroušková, Textual evidence for the transmission of the Passio Olavi prior to 1200 and its later

literary transformations, in H. Antonsson - I. Garipzanov (eds.), Saints and their lives on the

periphery: veneration of saints in Scandinavia and eastern Europe (c. 1000-1200), Brepols,

Turnhout 2010, pp. 219-239.

10

Il manoscritto è datato al 1200 circa: Gamal norsk homiliebok. Cod. AM. 619, 4to, ed.

G. Indrebø, Dybwag forlag, Oslo 1931, pp. 108-129.

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est

in

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cedenti trascorsi a razziare le coste inglesi e francesi sono passati sotto

silenzio. Óláfr è descritto come il perfetto sovrano, il rex iustus che dif-

fonde la parola di Dio, abbatte il paganesimo e custodisce la giustizia; la

reazione pagana lo costringe a fuggire in esilio in Russia, ma dopo due

anni ritorna: i suoi nemici si riuniscono allora per combatterlo, e Óláfr

fronteggia coraggiosamente la morte e viene ucciso a Stiklarstaðir il 29

luglio 1028 [sic]

11

. Descrivendo il battesimo di Óláfr, l’autore aggiunge

questo commento: «mutatus est in alium virum»

12

, richiamando così la

descrizione dell’unzione di Saul da parte di Samuele (

i

Reg 10, 6): «mu-

taberis in virum alium». Il riferimento concettuale è alla drastica trasfor-

mazione che il battesimo provoca nel catecumeno secondo la dottrina

cattolica risalente a san Paolo, e ciò è sottolineato subito dopo dal ricorso

proprio a una citazione paolina: Óláfr è «consepultus Christo per bapti-

smum in mortem»

13

. Meno chiaro è il senso di quello letterale, che riman-

da all’unzione del re d’Israele. Un indizio è fornito dalla stessa Passio

Olavi quando, arrivato al punto del martirio di Óláfr, l’autore scrive che i

nemici del santo si unirono adversus Dominum et adversus christum eius,

una citazione letterale del salmo 2, 2 (ripreso anche da At 4, 26)

14

. A Óláfr

– già sacro chrismate delibutus secondo Guglielmo di Jumièges – è ora

attribuito l’appellativo di christus Domini, “unto del Signore”, che fino a

quel momento l’Occidente medievale aveva riservato a due categorie di

persone consacrate: i vescovi e i sovrani (re e imperatori)

15

.

La conversione di Óláfr il Santo è narrata anche nella Historia de an-

tiquitate regum Norwagiensium del monaco Teodorico, scritta tra 1177 e

1188; nonostante sia conosciuto con l’appellativo di monachus, Teodo-

rico era probabilmente un canonico agostiniano vicino all’arcivescovo

Eysteinn, al quale è dedicata la Historia. Questa cronaca e la leggenda

agiografica sono le uniche due fonti norvegesi a testimoniare del battesimo

di Óláfr a Rouen, in opposizione a quanto sostenuto dalle saghe dei re. La

11

Passio et miracula Beati Olavi, ed. F. Metcalfe, Clarendon Press, Oxford 1881, pp.

67-73.

12

Ibi, p. 68. La versione in volgare traduce quasi letteralmente dal latino: «þa gerðisk hann

allr annar maðr»: Gamal norsk homiliebok, cit., p. 109.

13

Rm 6, 4: «Consepulti enim sumus cum illo per baptismum in mortem».

14

Passio Olavi, p. 72. Nella versione in volgare la citazione biblica è stata modificata

sensibilmente, ed è scomparso il riferimento al christus Domini (norr. kristr Drottins): «Þa

samnaðosk þeir aller saman í mote honum» (“Allora si radunarono tutti insieme contro di lui”):

Gamal norsk homiliebok, cit., p. 111.

15

Wilhelm Berges ha citato alcuni esempi in cui ci si è riferiti a un re come un christus

Domini anche se questi non era stato unto: cfr. W. Berges, Die Fürstenspiegel des hohen und

späten Mittelalters, K.W. Hiersemann, Leipzig 1938, p. 317; si tratta, però, di casi risalenti

all’alto medioevo (

vii

-

viii

secolo), troppo distanti cronologicamente dalla Passio Olavi

per essere rilevanti. Similmente, nella Bibbia, Ciro, il re dei Persiani, è chiamato “unto del

Signore” (Is 45,1) pur essendo pagano, tuttavia dal

x

e soprattutto dall’

xi

secolo, quando ormai

il rito dell’unzione era praticato nelle monarchie europee più importanti (Francia, Inghilterra,

Germania, Ungheria), tale appellativo fu riservato ai re consacrati.

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notizia, come detto in precedenza, è riportata per la prima volta nei Gesta

Normannorum ducum, e non ci sono dubbi che Teodorico abbia trovato lì

l’informazione poiché è lo stesso canonico a scriverlo. Benché al corrente

della tradizione autoctona sui due Óláfr, egli afferma di preferire quanto

da lui rinvenuto altrove: «Sed et ego legi in Historia Normannorum, quod

a Roberto in Normandia Rothomagensi metropolitano baptizatus fuerit»

16

.

Teodorico fa qui uso di una proposizione avversativa («sed et ego») sia

per rimarcare l’importanza della sua scoperta, sia, probabilmente, per con-

trapporre l’affidabilità della scrittura all’aleatorietà della tradizione orale:

«secundum quosdam... alii contendunt... sed et ego legi...»

17

. Per spiegare

questa divergenza di tradizioni, il canonico ricorre all’esempio dell’impe-

ratore Costantino, che secondo alcuni fu battezzato a Roma da papa Sil-

vestro

i

, secondo altri in Bitinia, secondo altri ancora a Costantinopoli:

«Nec mirum de Olavo hoc contigisse in illa terra, ubi nullus antiquitatum

unquam scriptor fuerit»

18

. Come la leggenda agiografica, Teodorico usa il

Salmo 2, 2 per descrivere l’adunata dei norvegesi contro Óláfr: «Thron-

denses [...] convenerunt in Nidrosiensem civitatem quasi vir unus adversus

Dominum et adversum christum eius»

19

. L’epiteto non sembra dovuto in

maniera particolare alla santità del re, visto che sia Teodorico sia la Passio

Olavi lo impiegano in una sola occasione, quando egli è ancora in vita e

non ha compiuto alcun miracolo. La figura di Óláfr “unto del Signore” con-

trasta però con la realtà dei fatti, dal momento che egli non ricevette mai

l’unzione regia: difatti tale rito fu introdotto in Norvegia nel 1163/1164,

all’incirca negli stessi anni in cui la Passio Olavi prendeva forma.

La formula adottata dalla Passio Olavi e dalla Historia di Teodorico

per unire insieme la regalità e la santità di Óláfr è certamente originale,

16

«Ma io ho letto nella “Storia dei Normanni”, che [Óláfr] fu battezzato in Normandia

da Roberto, metropolita di Rouen»: Theodoricus monachus, Historia de antiquitate regum

Norwagiensium (d’ora in poi HRN), in G. Storm (ed.), Monumenta historica Norvegiae,

Brøgger, Kristiania (Oslo) 1880, cap.

xiii

, p. 22.

17

Secondo Lars B. Mortensen potrebbe essere stato proprio Teodorico a scoprire la notizia

nei Gesta di Guglielmo di Jumièges e a causarne l’inserimento nella Passio Olavi, alla cui

stesura potrebbe aver partecipato in qualità di stretto collaboratore dell’arcivescovo Eysteinn:

L.B. Mortensen, The Anchin Manuscript of Passio Olaui (Douai 295), William of Jumièges, and

Theodoricus Monachus. New Evidence for Intellectual Relations between Norway and France

in the 12th Century, in «Symbolae Osloenses» 75 (2000), pp. 165-189: pp. 186-187.

18

«Non è sorprendente che sia accaduto ciò a proposito di Óláfr, in quella terra [i.e. la

Norvegia] dove non c’è mai stato alcun cronista degli eventi passati»: HRN, cap.

xiii

, p. 23.

Quella di indulgere a paralleli e digressioni su grandi eventi storici del passato è una tecnica

narrativa utilizzata frequentemente da Teodorico, con l’obiettivo di mostrare come la storia

della Norvegia, terra posta agli estremi confini della christianitas, in realtà si inserisse

perfettamente nel quadro più ampio della storia universale: cfr. S. Bagge, Teodorico Monachus

e la storiografia agostiniana nella Norvegia del

xii

secolo, in Santità e società civile nel

Medioevo: esperienze storiche della santità agostiniana, a cura della Biblioteca Egidiana,

Tolentino 2005, pp. 191-197.

19

HRN, cap.

xix

, p. 39.

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utatus

est

in

aliuM

viruM

» 485

ma si fonda su alcuni precedenti provenienti dall’agiografia e, in misura

minore, dalla storiografia latina.

Innanzitutto, nella Passio sancti Kanuti regis et martiris (1095-1101),

opera anonima dedicata al re danese Canuto Sveinsson il Santo (Knútr

inn helgi, †1086), leggiamo della cospirazione dei nemici del re «contra

Dominum et christum eius», con un evidente richiamo al salmo 2

20

; il

testo, tuttavia, non presenta altre citazioni bibliche di questo tipo. In se-

condo luogo, il tema della “trasformazione in un uomo nuovo” – e quindi

la citazione di

i

Reg 10, 6 – è presente nella Vita S. Thomae Cantuariensis

composta da Guglielmo di Canterbury (c. 1173), nella quale ricorre in

corrispondenza della consacrazione di Thomas Becket (1162-1170) come

arcivescovo di Canterbury e indica la radicale trasformazione che quel

sacramento provocò in lui

21

. A differenza di Thomas, però, Óláfr era un

re e a questo proposito già Marc Bloch aveva osservato che, costituendo

l’unzione di Saul la prefigurazione dell’unzione dei re cristiani, tale passo

biblico era usato di frequente per caratterizzare gli effetti della consacra-

zione, come appare nel caso del sermone pronunciato dall’arcivescovo di

Magonza nel giorno dell’incoronazione dell’imperatore Corrado

ii

22

. È

possibile, allora, che nelle intenzioni degli agiografi norvegesi l’unzione

con il crisma battesimale avesse agito su Óláfr anche alla stregua di una

unzione regia, provocando in lui una trasformazione di questo tipo? Na-

turalmente il potere del battesimo, di per sé, è sufficiente a spiegare un

cambiamento radicale come quello che avveniva in chi dal paganesimo

20

Passio sancti Kanuti regis et martiris, in Knud den Helliges martyrhistorie. Særlig

efter de tre ældste kilder, ed. M.C. Gertz, Universitetsbogtrykkeriet, Kobenhavn 1907, cap.

vi

, p. 16. Neanche Canuto ricevette l’unzione, introdotta in Danimarca nel 1170: E. Hoffmann,

Coronation and coronation ordines in medieval Scandinavia, in J.M. Bak (ed.), Coronations.

Medieval and early modern monarchic ritual, University of California Press, Berkeley - Los

Angeles - Oxford 1990, p. 131. La Passio Kanuti fu usata in maniera selettiva da Ælnoth di

Canterbury, autore della più importante agiografia su Canuto, i Gesta Swenomagni Regis et

filiorum eius et passio gloriosissimi Canuti Regis et martyris (c. 1120); il brano in questione,

però, non vi figura. Secondo alcuni studiosi, questa seconda passio potrebbe aver influenzato la

Passio Olavi: cfr. l’introduzione di Carl Phelpstead in C. Phelpstead (ed.), A History of Norway

and the Passion and miracles of the Blessed Óláfr, tr. D. Kunin, Viking Society for Northern

Research - University College London, London 2001, p.

xliv

e relativa bibliografia.

21

Un altro parallelo con il corpus agiografico su Thomas Becket è costituito dal tema

dell’esilio giustificato, cioè un esilio che non getta disonore sui protagonisti poiché esso non

è una fuga dalle loro responsabilità ma, al contrario, serve a preparare il terreno al loro rientro

in patria e al loro martirio, che deve avvenire al tempo stabilito da Dio. Queste e altre analogie

hanno spinto Haki Antonsson a indicare l’anno 1173 come terminus post quem per la redazione

finale della Passio Olavi: cfr. H. Antonsson, Exile, Sanctity, and Some Scandinavian Rulers

of the Late Viking Age, in L. Napran - E. v. Houts (eds.), Exile in the Middle Ages. Selected

proceedings from the International Medieval Congress, University of Leeds, 8-11 July 2002,

Brepols, Turnhout 2004, pp. 95-108: pp. 103-104.

22

M. Bloch, I re taumaturghi, Einaudi, Torino, 1989

2

, p. 150 [ed. or. 1924]. Le parole

dell’arcivescovo sono riportate da Vipone, Gesta Chuonradi imperatoris, ed. H. Bresslau,

MGH SS rer. Germ. in usum scholarum

lxi

, cap.

iii

, p. 23.

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486

F

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si convertiva al cristianesimo. Anche l’unzione regale, però, era da molti

considerata un sacramento, poiché la dottrina sacramentale assunse con-

torni più definiti solo nel

xiii

secolo, e solo allora tale rito ne fu escluso

23

.

Inoltre, benché modellato sull’unzione dei re biblici

24

, esso poteva essere

facilmente paragonato a un battesimo, perché inaugurava la vita regia di

un sovrano cristiano e anche perché i re, come i catecumeni, erano unti

sul capo con il crisma, olio misto a balsamo profumato. A chiudere il

cerchio, avvicinando la consacrazione regia al rito battesimale, fu l’arci-

vescovo Incmaro di Reims, che nella seconda metà del

ix

secolo fornì una

nuova versione della storia del battesimo di Clodoveo.

Clodoveo fu il primo re franco che si convertì al cristianesimo, e fu

battezzato nel 496 da Remigio, arcivescovo di Reims. Nella Vita Remigii,

composta nell’877 o 878, Incmaro inserì un elemento inedito nella storia:

al momento del battesimo, una colomba sarebbe scesa dal cielo portan-

do nel becco una ampolla contenente il sacro crisma, che san Remigio

poi utilizzò per celebrare il sacramento. Secondo Incmaro quella unzione

sovrannaturale fu, oltre che un atto battesimale, la prima consacrazione

regia cristiana e da allora quel balsamo miracoloso sarebbe servito per

tutte le consacrazioni dei re di Francia

25

. Nell’

xi

secolo questa versione

del battesimo di Clodoveo fu inserita da Aimoino di Fleury nella sua Hi-

storia Francorum e da allora la leggenda della Santa Ampolla divenne

parte della storia nazionale francese

26

.

La riscrittura del battesimo di Óláfr inn helgi da parte dei suoi agio-

grafi potrebbe aver seguito un percorso simile. Le analogie con Clodoveo

sono notevoli: entrambi i re sono battezzati in età adulta, abbandonando

il paganesimo, ed entrambi, seppure in tempi e modi diversi, sono gli

artefici della conversione dei loro rispettivi popoli. Oltre ad alcune corri-

spondenze letterali – Clodoveo «procedit ad lavacrum salutiferum

27

come

Óláfr fu «purificatus igitur lavacro salutari

28

– per i due re si evoca anche

il prestigioso paragone con il battesimo di Costantino celebrato da papa

23

M. Bloch, I re taumaturghi, cit., p. 149.

24

I re biblici costituirono il modello dell’unzione regia sin dal momento della sua

comparsa, nel

vii

secolo, nel regno visigoto di Spagna: ibi, pp. 47-48; si veda anche J. Nelson,

The Lord’s anointed and the people’s choice: Carolingian royal ritual, in D. Cannadine - S.

Price, Rituals of royalty. Power and ceremonial in traditional societies Cambridge University

Press, Cambridge 1987, pp. 137-180: pp. 149-152.

25

Vita Remigii episcopi Remensis auctore Hincmaro, in MGH, Scriptores rerum

Merovingicarum,

iii

, ed. B. Krusch, Hannoverae 1896, p. 297; cfr. anche M. Bloch, I re

taumaturghi, cit., p. 173.

26

Su Aimoino si veda A. Dumas, L’Église de Reims au temps des luttes entre Carolingiens

et Robertiens (888-1027), in «Revue d’histoire de l’Église de France» 117 (1944), pp. 5-38: pp.

37-38; J.-F. Lemarignier, Autour de la royauté française du

ix

e

au

xiii

e

siècle, in «Bibliothèque

de l’école des chartes» 113 (1955), pp. 5-36: pp. 10-11.

27

Vita Remigii, p. 297.

28

Passio Olavi, p. 68.

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«M

utatus

est

in

aliuM

viruM

» 487

Silvestro

i

29

. Insomma, la storia della conversione del re franco potrebbe

aver ispirato Eysteinn Erlendsson e gli altri redattori della Passio Olavi,

portandoli a descrivere la conversione del loro patrono come qualcosa di

più di un semplice battesimo. Del resto le relazioni culturali tra la Francia

e la Norvegia nella seconda metà del

xii

secolo andarono molto oltre una

semplice corrispondenza tra due testi letterari: sappiamo infatti che, in

quegli anni, almeno quattro ecclesiastici norvegesi – tra cui Teodorico –

studiarono nell’abbazia agostiniana di San Vittore a Parigi prima di ritor-

nare in patria e assumere i loro incarichi. Lo stesso Eysteinn Erlendsson

vi si recò nel 1161 durante il suo viaggio per ricevere il pallio a Roma,

e probabilmente aveva studiato lì in precedenza

30

. Lo stretto legame tra

l’abbazia vittorina e la chiesa di Nidaros è visibile anche nella liturgia,

poiché la sequenza per la messa di sant’Óláfr, conosciuta come Lux il-

luxit, fu composta ispirandosi, tra le altre, alle poesie di Adamo di San

Vittore (1112-1192)

31

; similmente, il nuovo ufficio divino per la festa di

sant’Óláfr, In regali fastigio, composto dopo la creazione dell’arcidiocesi

di Nidaros (1152/1153), mostra l’influenza del movimento agostiniano

32

.

Insomma, non è difficile immaginare che, durante il loro soggiorno a San

Vittore, gli ecclesiastici norvegesi trovassero e consultassero opere come

la Vita Remigii e la Vita Silvestri, di cui l’abbazia conservava alcuni ma-

noscritti

33

; in questo modo, il modello francese poté essere trasferito in

Norvegia e qui rielaborato e adattato alla figura di Óláfr inn helgi.

29

Incmaro chiama Clodoveo novus Constantinus, mentre Remigio viene paragonato a

Silvestro

i

: Vita Remigii, p. 297. Per quanto riguarda Óláfr e Costantino, oltre a quanto scritto

da Teodorico monaco sappiamo che a Nidaros attorno al 1170 era vivo l’interesse verso il

battesimo dell’imperatore: nella decretale Vestre discretionis (c. 1169) Alessandro

iii

risponde

all’arcivescovo Eysteinn che «baptismum autem Constantini non ab Eusebio, set a beato Silve-

stro credimus celebratum»: W. Holtzmann, Krone und Kirche in Norwegen im 12. Jahrhundert,

in «Deutsches Archiv für Geschichte des Mittelalters» 2 (1938), pp. 341-400: p. 386. Inoltre,

nella cattedrale di Nidaros è presente una iscrizione datata al 1161 e relativa a un altare che

Eysteinn dedicò proprio a Silvestro

i

; infine una biografia di Silvestro

i

fu inclusa anche nel

Breviarium Nidarosiense, il libro liturgico dell’arcidiocesi norvegese: cfr. E. Vandvik, Donatio

Constantini and early norwegian church policy, in «Symbolae Osloenses» 31 (1955), pp. 131-

137: pp. 132-134.

30

A.O. Johnsen, Om St. Victorklosteret og nordmennene, in «Historisk Tidsskrift (Oslo)»

33 (1943-1946), pp. 405-432. Nel

xii

secolo il fenomeno interessò il clero di tutti i paesi

nordici, compresa l’Islanda: cfr. S. Bagge, Nordic students at foreign universities until 1660, in

«Scandinavian Journal of History» 9 (1984), pp. 1-29: pp. 3-4. La stessa Historia de antiquitate

regum Norwagiensium mostra chiaramente l’influenza della storiografia agostiniana: S. Bagge,

Teodorico monachus e la storiografia agostiniana, cit., p. 191.

31

E. Vandvik, Lux illuxit letabunda, in «Symbolae Osloenses» 21 (1941), pp. 117-122.

32

Å. Ommundsen, A saint and his sequence: singing the Legend of St Olaf, in «Viking and

medieval Scandinavia» 5 (2009), pp. 151-176: pp. 158, 160-161.

33

Tra questi, i BN lat. 14363 e 14364, manoscritti miscellanei compositi (

xii

-

xiii

sec.)

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488

F

rancesco

D’a

ngelo

Conclusione

Nella seconda metà del

xii

secolo Óláfr Haraldsson fu posto al centro

di un revival propagandistico – di cui la Passio Olavi fu solo una delle

tante manifestazioni – che doveva celebrare il nuovo arcivescovato di

Nidaros e, più in generale, rafforzare la chiesa norvegese e i principî del-

la riforma gregoriana da essa sostenuti; proprio in questo periodo, inol-

tre, è attestato l’uso dell’espressione Olavus rex perpetuus Norvegiae

34

,

e videro la luce una serie di documenti in cui il santo giocò un ruolo

fondamentale per la definizione, o ridefinizione, dei rapporti tra regnum

e sacerdotium. Uno di questi documenti è la cosiddetta Lettera di Privi-

legio (Privilegiebrev in norvegese), concessa da re Magnús Erlingsson

(1161-1184) alla chiesa di Nidaros nella persona del metropolita Eysteinn

Erlendsson

35

. Si tratta di un diploma, datato tra il 1163/1164 – quando

Magnús fu incoronato e consacrato – e il 1170, in cui il re si dichiara

vicario di Óláfr, e così facendo istituisce una relazione verticale, di subor-

dinazione, nei confronti del re eterno, mentre l’arcivescovo di Nidaros

contenenti, rispettivamente, la Vita Silvestri e la Vita Remigii: cfr. F. Gasparri, Bibliothèque et

archives de l’abbaye de Saint-Victor de Paris au

xii

e

siècle, in «Scriptorium» 55 (2001), pp. 275-

283: pp. 276-277 e nota 4; L. Delisle, Inventaire des manuscrits latins de Saint-Victor conservés

à la Bibliothèque impériale sous les numéros 14232-15175, in «Bibliothèque de l’école des

chartes» 30 (1869), pp. 1-79: pp. 8-9. Il BN lat. 15047, infine, contiene i Gesta di Guglielmo di

Jumièges ed è datato tra il

xii

e l’inizio del

xiii

secolo da G. Ouy, mentre per F. Gasparri potrebbe

essere del

xii

secolo: cfr. G. Ouy, Les manuscrits de l’abbaye de Saint-Victor. Catalogue établi

sur la base du répertoire de Claude de Grandrue (1514), Brepols, Turnhout 1999, pp. 445-446;

F. Gasparri, Bibliothèque et archives, cit., pp. 277-278 e nota 5. La Vita Silvestri potrebbe aver

raggiunto i paesi nordici anche grazie alla mediazione degli ecclesiastici norvegesi; di essa esiste

una traduzione in norreno, la Silvesters saga, i cui manoscritti più antichi, islandesi, risalgono

al primo quarto del

xiii

secolo: K. Wolf, The legends of the saints in Old Norse-Icelandic prose,

University of Toronto Press, Toronto - Buffalo - London 2013, p. 330.

34

L’espressione Olavus rex perpetuus Norvegiae è utilizzata dall’anonima Historia

Norwegie, opera norvegese di datazione incerta ma risalente probabilmente alla seconda metà

del

xii

secolo: I. Ekrem - L.B. Mortensen (eds.), Historia Norwegie, tr. P. Fisher, Museum Tu-

sculanum Press, Copenhagen, 2003, cap.

xv

, p. 86. Peraltro l’idea che Óláfr fosse il re eterno

della Norvegia, sulla quale veglia dall’alto, era espressa già nel Glælognskviða («Poema del

mare calmo»), un poema scaldico degli anni ’30 dell’

xi

secolo, e ancora in un altro poema,

Geisli («Raggio di sole»), composto in occasione della creazione dell’arcidiocesi di Nidaros

(1152-1153): cfr. L.B. Mortensen - E. Mundal, Erkebispesetet i Nidaros, cit., pp. 354-357.

35

Sul Privilegiebrev la produzione storiografica è quasi esclusivamente in lingua

norvegese. Si veda T. Tobiassen, Tronfølgelov og privilegiebrev. En studie i kongedømmets

ideologi under Magnus Erlingsson, in «Historisk Tidsskrift (Oslo)» 43 (1964), pp. 181-273;

G.A. Blom, St. Olaf in norwegischer Geschichte, Königsheiliger in vielen Gestalten, in G.

Svahnström (ed.), St. Olaf, seine Zeit und sein Kult, Museum Gotlands fornsal, Visby 1981, pp.

27-36. Anche in questa circostanza Eysteinn sembra essersi ispirato a un modello proveniente

dalla Francia, dove Sugero, abate di Saint-Denis (1122-1151), aveva trasformato san Dionigi

nel santo patrono della monarchia capetingia: cfr. A. Bugge, Kirke og stat i Norge 1152-1164, in

«Historisk Tidsskrift (Oslo)», Ser. 5, 3 (1916), pp. 169-212: pp. 210-211; J. Schreiner, Lovene

om tronfølgen i Norge 1163-1273, in E. Arup (ed.), Festskrift til Erik Arup den 22. november

1946, Gyldendal, København 1946, pp. 88-106: p. 93.

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utatus

est

in

aliuM

viruM

» 489

acquisisce il duplice, prestigioso ruolo di custode delle reliquie del santo

e delle corone dei sovrani defunti

36

. In questo modo la chiesa divenne

l’intermediaria tra Óláfr, vero detentore del potere regale, e il suo luogo-

tenente mortale. Contemporaneamente, la scoperta che il rex perpetuus

aveva abbracciato il cristianesimo in età adulta consentiva ora di equipa-

rare il suo battesimo a una unzione regia, di renderlo un re cristiano a tutti

gli effetti (con tutti i crismi, potremmo dire) e di attribuirgli senza indugio

il titolo di christus Domini, negato invece a Magnús Erlingsson; questi,

dal canto suo, nella Lettera di Privilegio aveva dovuto accettare il ben più

umile vicarius et tenens Olavi, che ne rimarcava la distanza dal santo ma,

soprattutto, eliminava sul nascere qualsiasi tentazione di sacralizzazione

della persona del re terreno, quand’anche unto. Rispetto al gloriosus rex

Olavus, dunque, Magnús era un rex humilior, che aveva precisi doveri

verso il patrono, la chiesa e il popolo tutto. Fu solo al tempo di Hákon

Hákonarson (1217-1263), il secondo re di Norvegia ad essere consacrato,

che il titolo di christus Domini venne associato a un monarca vivente; più

precisamente, nel Konungs skuggsjá (c. 1250), lo specchio dei principi

realizzato a corte, si afferma l’idea che, a prescindere dall’unzione, ogni

re è giustamente chiamato kristr dróttins, l’unto del Signore

37

.

ABSTRACT

Nella Passio Olavi, leggenda agiografica su Óláfr Haraldsson redat-

ta nella seconda metà del

xii

secolo, al santo vengono accostati termini

normalmente riferiti ai re consacrati. Attraverso il confronto con altre

fonti agiografiche e soprattutto con il battesimo di Clodoveo descritto

da Incmaro di Reims, l’articolo suggerisce che per l’autore della Passio

Olavi il battesimo agì su Óláfr come una sacra unzione, facendo di lui un

christus Domini. Il modello francese, inoltre, potrebbe aver influenzato

direttamente la Passio Olavi per via delle strette relazioni culturali che,

nel

xii

secolo, legarono la chiesa di Nidaros all’ambiente parigino e, in

particolare, all’abbazia di San Vittore.

In the Passio Olavi, an hagiographic legend about St. Óláfr from the

second half of the twelfth century, the saint is referred to as an anointed

king. Through comparison with other Saints’ Lives and with the baptism

of king Clovis

i

, this article suggests that for the authors of Passio Olavi

36

Assai significativamente, mentre nell’

xi

secolo i re di Norvegia trattarono le reliquie

di Óláfr come un loro possesso personale, nel

xii

secolo l’incarico di custodirle passò agli

arcivescovi di Nidaros: Ø. Ekroll, St. Olavs skrin i Nidaros, in S. Imsen (ed.), Ecclesia

Nidrosiensis, cit., pp. 325-350: pp. 325-329.

37

S. Bagge, The political thought of The King’s Mirror, Odense University Press, Odense

1987, pp. 43-49.

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490

F

rancesco

D’a

ngelo

the baptism of king Óláfr was like a royal unction, making him a christus

Domini. Moreover, the Norwegian hagiographers could have known the

French model directly thanks to the close relations that linked the Church

of Nidaros to the abbey of St. Victor, Paris, during the twelfth century.

KEYWORDS

Olafr, Norvegia, agiografia, Clodoveo, unzione regia
Olafr, Norway, Hagiography, Clovis, royal anointing


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