Una lettera scritta da un singolo è formale quando è indirizzata a organismi privati o pubblici, a uffici (ai quali ci si rivolge abitualmente con il “Voi”, vedi vocativo) o a destinatari che non conosciamo a fondo e ai quali comunque diamo del “Lei”.
Per una maggior semplicità e modernità, si può scegliere di abolire le maiuscole per pronomi personali e aggettivi possessivi (anche se in terza persona) e per titoli professionali. È una tendenza oggi sempre più diffusa.
L’impostazione standard e ottimale per una lettera formale segue queste norme:
In alto a sinistra il mittente, completo di indirizzo e numero di telefono.
In alto a destra la località e la data: nome della città (senza indicazione della provincia), virgola, giorno, mese e anno.
Più in basso di qualche riga dalla data, a destra, il destinatario: nome e cognome, preceduti dall’indicazione “Gentile Signore” o “Gentile Signora” (o eventuali titoli professionali), indirizzo. Se si tratta di società, aziende o uffici il nominativo deve essere preceduto dall’aggettivo “Spettabile”. Meglio in questo caso specificare anche, una riga più in basso, il nome e il titolo della persona all’attenzione della quale la indirizziamo, ad esempio “alla c.a. del Dottor Rossi”.
Qualche riga più in basso, con inizio a sinistra, la formula iniziale o d’esordio. Se si scrive a studi professionali o uffici si può anche omettere e iniziare direttamente il testo. Oppure esordire con un generico “Gentili Signori”, sempre al plurale. Non usare forme antiquate come “Illustre”, “Esimio”, “Stimatissimo”. Alcuni esempi di formule utilizzabili:
Gentile Signor Rossi;
Gentile Signora Rossi (anche se ancora signorina);
Gentile Professoressa Rossi;
Chiarissimo Professore (se ordinario all’università);
Amplissimo Preside (sempre all’università);
Magnifico Rettore;
Gentile Contessa,
Caro Avvocato;
Egregio Ragioniere;
Egregio Colonnello;
Signor Sindaco;
Signor Generale;
Sua Eminenza (a un cardinale);
Sua Eccellenza (a un vescovo);
Reverenda Madre Teresa (a una Superiora);
Reverenda Suor Agnese (a una suora);
Santo Padre (al Papa).
Nella riga successiva all’esordio, con la minuscola, inizia il vero e proprio testo della lettera. Nelle lettere formali occorre sempre:
che sia ben presente e chiaro il motivo principale per cui si scrive;
che i concetti siano espressi in modo logico e ordinato secondo il nesso causa-effetto;
che la forma non sia prolissa ma concisa e diretta.
Nell’ordine: si presenta il problema, riferendosi ad eventuali lettere o telefonate precedenti, si approfondiscono gli argomenti, e, dopo eventuali richieste o dichiarazioni, si conclude con ringraziamenti. “La ringrazio per la gentile attenzione …” o “grazie della collaborazione”.
L’ultima frase è la formula di chiusura: contiene i saluti che devono essere adatti al tono e al contenuto della lettera. Se nell’esordio si è usato un freddo “Egregio …” si possono porgere distinti saluti, se si è usato un “Gentile …” è meglio che i saluti siano cordiali. Di tono medio è la formula “con i migliori saluti”. Da evitare i “deferenti saluti”, gli “Ossequi” e i “Suo Devotissimo”. Alcune formule utilizzabili sono invece:
Voglia gradire i miei più cordiali / i miei migliori saluti;
Un cordiale saluto;
Cordialmente.
In basso a destra, la firma, sempre leggibile e a mano. Non deve essere ridotta a sigla o iniziali. Si firma sempre prima con il nome e poi con il cognome.