Donare la vita, Elaborati


DONARE LA VITA...

Marta Wiecka

Figlia della Carità”

L'autore: Sr Anna Brzęk FdC

L'introduzione

Nell'agosto del 1993, insieme con il gruppo delle Figlie della Carità sono stata per la prima volta sulla tomba di suor Marta Wiecka a Sniatyn. Le tracce di grande venerazione privata per questa suora hanno provocato in noi tutti non soltanto l'immensa emozione ma diventavano incoraggiamento a far conoscere il contenuto degli autentici materiali parlanti sulla vita di questa eccezionale Figlia della Carità.

Nelle successive conversazioni con gli adoratori di suor Marta, sempre si ripeteva la richiesta: “Vorremmo meglio conoscere la vita e l'attività di nostra Mammina, specialmente nel periodo davanti al soggiorno a Sniatyn”.

Il presente libro, intitolato “Donare la vita …” è una prova modesta d'adempiere queste attese. Essa si basa sulla documentazione accumulata per molti anni dal sacerdote Jan Wiecki, il fratello di suor Marta e poi collezionata, ordinata ed elaborata dal padre Izydor Borkiewicz OFM Conv. La sua elaborazione s'intitola: “Nella preoccupazione per il corpo e le anime dei sofferenti”. Desidero esprimere la grande gratitudine al padre Izydor per il permesso di sfruttamento del suo elaborato originale.

Attualmente, prendendo in considerazione la venerazione privata di suor Marta Wiecka che dura nonostante più di novant'anni e rispondendo sulle numerose suppliche dei adoratori, è cominciato il processo di beatificazione.

La vita di suor Marta Wiecka era davvero straordinaria. Aveva un carisma particolare per convertire le persone a Dio. Nessun malato della sua sezione ospedaliera non fu morto senza riconciliazione con Dio. In età di trent'anni ha donato la sua vita per un giovane padre della famiglia. Lui era l'infermiere nello stesso ospedale e la sorella Marta ha sostituitolo per la disinfezione della stanza dopo la morte di una persona malata di tifo. Infettandosi di questa malattia mori qualche giorni dopo.

D'ora in avanti gli uomini non finiscono pregare sul suo sepolcro e ottenere le grazie per la sua intercessione.

Cordialmente chiediamo, per ogni informazione sul tema di grazie ricevute per l'intercessione di sorella Marta Wiecka, avviandole sull'indirizzo:

Figlie della Carità

Ul. Warszawska 8

31-155 Cracovia - Polonia

www.szarytki.pl

www.martawiecka.pl

1. La Mammina

Sniatyn, piccola cittadina, oggi sul terreno di Ucraina, collocata fra Kolomyja e Czerniowce. Che cosa può essere là cosi interessante che in questa serena mattina di primavera del'1990 piccolo gruppo dei Polacchi si ferma e guarda attorno con grande curiosità e veemenza? Stanno cercando una tomba fatta nell'anno 1904. Gli utopisti. Tutto qua è stato distrutto dai comunisti, anche la chiesa parrocchiale che era cambiata in autofficina. Riparavano dentro le macchine e i trattori di colcos. Sono restati soltanto i muri esterni, ma dietro non è rimasto niente dopo il tempio cattolico. I volenterosi e cordiali abitanti di Sniatyn dirigono però i curiosi turisti verso il cimitero. Forse là si trova la tomba della quale cercano.

Sulle facce dei sconosciti si dipinge la strana tensione. Entrano nel primo viale del cimitero e d'impulso si mettono a sinistra perché lì c'è alta croce. Affrettano il passo … sì, c'è qua. C'è, veramente c'è … “Figlia della Carità - Marta Anna Maria Szrama de Wiecka dal Wietca della Prussia occidentale …. Sulla croce sono fissati tanti ricamati fazzoletti ucraini, sotto si bruciano le candele, la gialla cera si gocciola sulla tomba, ci sono tanti fiori. Ricordano dunque su di lei. Sconosciuti si mettono in ginocchio. Il silenzio interrompe soltanto il leggero fruscio di mosso delle foglie col vento e anche le parole della preghiera enunciate a mezza voce: Ave o Maria , O Maria senza il peccato originale concepita …, Requiem eterno …

- Potevate subito dire che cercate nostra Mammina, cioè la monaca (“monaca” ma nel modo diminutivo, non so come si può declinare questa parola in italiano), ognuno direbbe a voi, dove lei si trova. Noi non conoscevano che vi cercate lei.

La donna nel fazzoletto sulla testa, parlando con l'accento dell'est, una volta con la stroncata lingua polacca e altra volta in ucraino, teneva nella mano le tre mature pere: mangiate, ”per la salute” e pregate per mio figliolo. E' morto qualche settimane fa. Si trova di là. Vicino è il suo sepolcro.

Sul cimitero, accanto alle tombe, vediamo i piccole tavolini, fitti di semplici assi. In ogni luogo predomina il colore azzurro.

- Noi non dimentichiamo sui nostri morti - dice la donna.

Mettiamo il vitto sulle tavole o sulle tombe. Chi mangerà tale “pasto” certamente pregerà per l'anima del morto …

Quando vedo questi costumi, mi viene in mente la grande l'opera della letteratura polacca “Mendicanti” di Adamo Mickiewicz, che proprio tratta su queste usanze. Ehi, la terra feconda e piena di humus. Proprio qua erano cresciuti magnifici uomini di cui il cuore sempre sentiva nostalgia da Dio …

- Io non sono la cattolica - dice la donna - sono ortodossa, però conosco la Mammina. Tutti la conoscono qui: cattolici, ortodossi e bizantino-ucraini. Lei aiuta a noi tutti.

Sì, la sorella Marta aiuta a tutti. Intorno agli sconosciuti si raduna poco a poco il crocchio delle persone, in maggioranza le donne anziane, con i tipici fazzoletti sulla testa. Da tanto tempo che non avevano un'occasione di parlare con qualcuno chi è arrivato da così lontano.

- Mio figlio - dice una di loro - essendo innocente era condannato. Quattro chilometri sono andata in ginocchio qui, da Mammina, affinché salvi mio figlio e l'ha salvato.

- Là non lontano è l'ospedale, in quale lavorava nostra Mammina. Ogni giorno i medici e le infermiere quando vanno al'ospedale prima vengono qua, sulla tomba, pregando e raccontando circa i problemi più difficili.

- Noi non conoscevamo personalmente la Mammina ma i genitori sempre raccontavano su di lei e ci hanno insegnato pregare sulla sua tomba.

- Invece di chi è questa cappellina? - Chiede uno dei sconosciuti indicando con la mano sinistra la statua di un santo.

- Questo è Padre Giovanni. Lui e Mammina hanno sempre tantissime candele perché tutti e due aiutano a noi di più.

Il gruppetto s'avvicina alla cappellina del Santo, alcuni guardano dentro. Lì ci sono i quadri religiosi ornati coi fazzoletti ucraini e le candele che si bruciano. Le donne fanno tre volte il segno della croce … San Giovanni Nepomuceno, ecco è santo il quale le donne anziane chiamano “Padre Giovanni”. La sorella Marta sempre voleva essere sepolta vicino alla sua cappellina. Cosi è divenuto.

Sconosciuti poco a poco si salutano con le cordiali donne. Andando via distribuiscono le Medaglie Miracolose con l'immagine della Madonna Immacolata. Si stendono le mani aggravate dei lavori. Da tanto tempo nessuno qui ha distribuito i santi oggetti. Le donne vorrebbero ancora i rosari e i libretti di preghiera, perché alcune di loro parlano e leggono in polacco. Più anziana tira dalla borsa il libretto di preghiera copiato a mano e mostralo per i sconosciuti. - Mia mamma mi ha regalato questo libretto - dice - quando era tornata dalla Siberia. Lei era inviata in Siberia dai sovietici soltanto per questo che in casa nostra loro hanno trovato il quadro della Madonna e anche per questo che noi siamo Polacchi. Proprio in Siberia lei ha scritto da memoria tutte queste preghiere. - Mostra le cartoline molto distrutte e coperte del goffo scritto. Quante sofferenze, quanta fede e quale fiducia si nasconde in queste scritte pagine … Le donne salutano dei sconosciuti colle parole: “Dio sarà con voi” ed altre con la corretta lingua polacca aggiungono: “Rimanete con Dio”.

2. La memorabile giornata

A casa di Wiecki c'è il straordinario movimento. Questa gelida giornata, il 12 gennaio 1874, per sempre s'iscriverà nella memoria di Paolina Wiecka. Ecco lei ha partorito la terza figlia. Questo avvenimento fa la grande gioia e festività in tutta la famiglia. Subito si discute sul tema del battesimo. Non si può permettere che per caso la bimba si ammala e morrà con l'anima pagana. Il battesimo si svolge dunque in sei giorni dopo, nella chiesa figliale a Szczodrow. Alla ragazzina hanno dato i nomi Marta Anna. Come padrini erano scelti i suoi nonni: Francesco Kamrowski, il proprietario fondiario (agrario) da Gontowo e Barbara

Nelkow Kamrowska.

La mamma di Marta, Paolina, era molto giovane quando si sposava nel 1869 con Marcello Wiecki. Aveva appena raggiunto 19 anni di vita. Subito dopo le nozze era incaricata dei tantissimi doveri. Uno di questi, forse di più oneroso, era l'amministrazione del patrimonio fondiario poiché suo marito Marcello aveva grande proprietà, circa 200 ettari del campo. Di solito gli sposi lavoravano insieme, pero spesso accadeva che Marcello la lasciava da sola perché tranne proprio patrimonio si occupava come presidente di governare il patrimonio nobile (non so come spiegare questo? Si tratta di un agrario di qualche persona ricca, non lo so: la fattoria, la masseria) a Nowy Wiec. Oltre ciò Marcello era un famoso attivista sociale. Era anche fortemente impegnato nella cura della chiesa figliale a Skarszewo. Il parroco, grato per cosi tanta benevolenza dalla famiglia Wiecki, ha riservato loro le prime banchine nelle chiese parrocchiale e figliale. Bensì Paolina Wiecka non si preoccupava per gli onori, pero nel profondo dell'anima era molto soddisfatta del suo marito, anche se ogni tanto il peso delle mansioni domestici erano per lei veramente opprimente.

Molto di più che l'amministrazione era preoccupata di buona educazione dei propri bambini. Come molto devota e brava cattolica e insieme una polacca dal cuore e dallo spirito incontra in questo aspetto le numerose difficoltà. I periodi in quali viveva non erano facili per la Polonia. In questo tempo la Polonia ha perso l'indipendenza e non si trovava sulle mappe politiche di Europa. Gli occupanti - Austria, Russia e Prussia - non soltanto che arraffano le terre polacche, non soltanto che spogliano i terreni polacchi dei beni materiali, ma anche s'adoperano soffocare ogni genere delle azioni e i sentimenti patriottici. Per sfortuna, il paesino Nowy Wiec si trova sotto l'occupazione prussiana e proprio qui, sul Pomerania del mare Baltico, i cattolici polacchi soffrono tante persecuzioni. Gli occupanti, sapendo che la Chiesa è il baluardo dello spirito polacco, combattono questa fede. Il governo prussiano tendeva a snazionalizzare i polacchi. Negli uffici statali era obbligata la lingua tedesca. Anche il culto nelle chiese si doveva svolgere in questa lingua. Fra tante famiglie germanizzate e protestante che sono trasferite su questi terreni da Prussia, la famiglia Wiecki e anche altre famiglie polacche sono come se fosse le isole sul oceano. Paolina si rende conto di tutte queste cose e sa bene che soltanto la profonda fede e lo spirito polacco riservato nelle famiglie possono diventare un fermento della efficace resistenza contro l'invasione germanica. Con grande gioia dunque assume gli informazioni dai giornali che in una città, non molto lontano, a Pelplin nonostante esiste il ginnasio vescovile polacco - Collegium Marianum. Con l'impazienza aspetta sui successivi numeri del “Pellegrino”, la rivista pubblicata dal prete Szczepan Keller nella lingua polacca, dalla quale conosce anche i suoi diritti e i doveri rispetto alla Chiesa, alla Polonia, alla propria cultura e in particolare rispetto alla propria lingua. In questi tempi difficili Paolina sempre si rivolge alla provvidenza Divina, a Lui affidando le sorte della patria e dei suoi bambini. Spesso prega in chiesa a Nowa Cerkiew oppure a Piaseczno, fissando lo sguardo sul volto della Madonna. Decide che con il suo aiuto educherà i figli affinché diventeranno i bravi cattolici e sapienti polacchi. Questo non era soltanto qualche buono desiderio, ma lei riusciva metterlo in pratica. Per primo, destina una stanza a casa per la comune preghiera dei famigliari. Lì costruisce un piccolo altare per la Madonna e ogni giorno quando l'orologio suona le otto di sera, Paolina raduna tutta la famiglia e spesso anche i suoi vicini per recitare il rosario.

Come buona madre si cura dei bambini e parla con loro soltanto in polacco, volendo bene educarle in questa lingua. Fa conoscere a loro la ricchezza della cultura polacca, tutti costumi e le tradizioni. Ci sono i momenti che si sente forte e piena di fede nel favorevole futuro della patria e i suoi bambini, però qualche volta anche si spaventa. In questi momenti più lungo sta inginocchiata davanti al volto della Madre Divina e prega con più grande zelo.

3. Incontro con Gesù e con San Giovanni Nepomuceno.

Salve scuola!

Risoluta Marta ha ritornato proprio dalla scuola. Da una parte e molto orgogliosa che ecco da un pezzo di tempo è una vera alunna, ma da altra parte è irritata della lingua tedesca a scuola. Come può sapere questa lingua quando a casa sempre si parla in polacco? A scuola le esigenze su questo aspetto sono molto drastiche. E prima di tutto non si può opporsi su questo perché i genitori ripetono a lei che si deve onorare gli insegnanti e poi che il pezzettino della scienza non fa male a nessuno. Per fortuna a scuola lei ha tante amiche e tra di loro più grande amica Anna Grochowska. Durante intervalli le ragazze sempre circondano Marta perché è sempre allegra ed ha sempre le nuove idee. Nonostante si può affidarsi di lei; sa condividere coi colleghi il pane che porta dalla casa, spiega più difficili compiti ovvero racconta molto interessante storie. Marta conosca tante storie, qualcosa rimprovera da sola

ma più spesso racconta questo che aveva imparato durante incontri domenicali in famiglia. A nessuno è segreto che durante le sere domenicali la famiglia Wiecki si riunisce in una stanza più grande. A Marta molto piacciono questi incontri. Prima di tutto che sono sempre presenti tutti e due genitori. La camera è accogliente e calda, e la mamma inizia come di solito con la domanda: di che cosa parlava oggi il parroco durante l'omelia? I bambini rispondono meglio o meno ma poi s'avvicina il momento sul quale Marta aspetta con grande impazienza. La mamma tira fuori Sacra Scrittura, le biografie dei santi oppure altro interessante libro e tutti ascoltano con grande attenzione. Quante curiosità viene a sapere Marta durante questi incontri! In primo luogo che tutto il mondo ha creato enorme ma ottimo e amante Signore Dio e che Egli è presente in ogni luogo, intravede il bene e il male commesso dai uomini; per il bene ricompensa e per il male punisce con inferno. Marta conosce anche che Dio ha dato a ogni uomo l'Angelo Custode affinché tutti si comportarono bene. Questa notizia sembra a lei particolarmente importante per condividerla con sua amica Anna Grochowska e che quella sentendo questo certamente finirà avere paura. Marta viene a sapere durante questi incontri che ha due mamme, una sulla terra ed altra, Maria, in cielo. Questo deve essere la verità, perché mamma raccontava a lei una volta che, quando aveva due anni era pesantemente ammalata. Marta era talmente dimagrita e i medici hanno perso la speranza della sua guarigione. Lei era quasi morta però sua mamma pregava la Madonna di Piaseczno e questa subito ha guarito la Marta. Dunque Maria è la vera Madre - Marta riflette su questo profondamente. Ritornando da scuola già da qualche giorni osserva sua mamma. Ha l'impressione che lei è stanca, con il volto cambiato e triste. Niente strano perché ha tanti problemi. Deve alzarsi durante la notte per accudire i bimbi. Marta decide aiutarla. Con altre due sorelle, Francesca e Barbara, cerca di sostituire la mamma in più pesanti impegni, specialmente in cura dei più piccoli fratelli. Ma dopo qualche tempo risulta che solo Marta ha esattamente tanta pazienza e il tallente pedagogico. I bimbi cominciano nominarla “la seconda mamma”. Barbara e Francesca non sono degne di questo titolo.

La catechesi in polacco

La vita della famiglia Wiecki passa tranquillamente. Il risveglio in questa monotonia portano avvenimenti festivi come il battesimo, onomastici oppure quando i bambini riproveranno qualcosa di nuovo. Lo stesso si succede adesso, proprio oggi, quando la Mara cade a casa e già dalla parta grida con grande gioia:

- Mamma, oggi don Marian Dabrowski fa inscrizioni dei bambini per la catechesi. Insegnerà due volte la settimana, e anche in polacco. Io mi sono già inscritta!

- Va bene, mio tesoro. Ma dove vi insegnerà?

- In chiesa, a Skarszewy …

- Dio mio, questo è undici chilometri da qui, a meno che il papa ti accompagnerà.

- Ma no, mamma, riesco da sola.

Infatti due volte alla settimana, la Marta si sveglia alle 5.00 di mattina per arrivare alla messa alle 7.00 e poi ci sono queste stupende lezioni della catechesi.

Don Marian Dabrowski, affascinato di Cristo e del suo l'vangelo, con facilità allude i contati con i bambini. Marta assorbe ogni sua parola. Pero il prete ha pure un problema con questa piccola, appassionata alunna, poiché le sue domande non finiscono mai. Siccome nella classe non soltanto c'è Marta, fa con lei un patto, che resteranno dopo le lezioni e potrà fare le domande quanto vorrà. Don Marian riconosce presto che, Marta è una bambina straordinaria e non può lasciarla da sola. Diventa quindi il suo accompagnatore nella via della crescita spirituale.

Cavaliere di Cristo

Marta non sarebbe se stessa, se non avrebbe affascinato le sue college in queste interessante cose spirituali. Sino allora venivano soltanto per i lezioni della catechesi ed ancor assoniate, ma non partecipavano nella santa Messa.

Dentro delle ragazzine si sveglia la voglia di meritare il nome “forte”. Va bene, d'accordo. Parla dunque a noi di che cosa si tratta.

- Allora, queste che prenderanno parte del campionato, dovranno due volte in settimana alzarsi la mattina alle 5.00. In chiesa, durante la Messa non potranno dormire, sbadigliare né anche avere la faccia scontenta e precisamente ricorderanno di che cosa dirà il prete.

- Va bene, e la ricompensa?

- Designazione al cavaliere - insulta su due piedi Marta. Chi rimarrà oltranza, porterà la speciale medaglia del Cavaliere di Cristo.

- E chi ci designerà ai questi cavalieri? Chiedono ragazzine.

- Mio babbo o il prete, questo ancora si vedrà - risponde Marta.

- D'accordo … le ragazzine si sentono come se hanno acquistato l'importante missione da adempiere, come se hanno accesso alla combriccola.

L'importante scoperta

Dopo un certo tempo, durante una delle catechesi il prete Marian racconta ai suoi allievi e le sue allieve circa San Giovanni Nepomuceno. Lui è molto devoto di questo santo, che anche era un prete e a donato la sua vita come martire per non tradire il segreto della confessione. San Giovanni no temeva della severità del re ceco, Waclaw IV, il quale aveva comando di metterlo in prigione, torturare, e poi semi-vivo gettare in fiume Weltawa a Praga. La figura di San Giovanni Nepomuceno molto profondamente s'inscrive nella memoria e nei cuori dei bambini.

Fra poco proprio per questo, le partecipante “della combriccola”, sentendosi obbligate allo zelo più grande della religiosità, accorrono a Marta, gridando:

- Hai sentito? Da tuo cugino Dionisio c'è sulla soffitta la figura di San Giovanni Nepomuceno.

- Chi a voi ne ha detto?

- Personalmente là eravamo. Tuo cugino non ha cura di lui. Nepomuceno è tutto impolverato anzi un po' premuto di un sacco.

- Andiamo - ha deciso Marta.

Il cugino Dionisio Wiecki, sorpreso con l'improvvisa invasione delle zelanti cristiane, senza resistenza restituisce la figura. Infatti la statua è molto distrutta.

- Bambine, che cosa là portate di nuovo, suona un po' stanca la voce della signora Paolina Wiecka.

- Mammina, ti pregiamo spostasi dalla porta e fa' il luogo sulla panchina - chiama Marta.

La sorpresa signora Wiecka fa tutto questo che la hanno pregato. Affannate ragazzine colla grande sollecitudine mettono sulla panca la figura di San Giovanni Nepomuceno. Venga anche il signor Marceli Wiecki, incuriosito dell'improvviso tumulto. Cominciano i lunghi e febbrili negoziati in seguito ai quali, i genitori di Marta s'accordino del restauro della figura. Realizza questo il locale artista. Perché - come conformemente dicono tutte le ragazzine - San Giovanni era troppo lungo dimenticato e l'abbandono, e il cugino Dionisio l' ha premuto pure col sacco di frumento, adesso lo ci vuole collocare sul luogo visibile, perché l' adorino non soltanto persone di casa ma anche altri abitanti del Nowy Wiec. Tutti pure s'accordano sulla proposta di Marta che la figura di San Giovanni Nepomuceno si deve collocare vicino a strada principale del Nowy Wiec.

Da qui a poco, quando il restauro della figura stava per finire, le zelote adoratrice del santo invitano i numerosi ospiti anzi il parroco Otton Reiske. Egli benedice solennemente la statua. Diventerà ella situata sull'alto zoccolo vicino alla strada maestra e piccole adoratrice la vestiranno delle splendide corone dei fiori.

L'incontro con Gesù

Così, era passato un anno, durante il quale s'è dimostrato che maggioranza delle colleghe di Marta hanno forti caratteri e restano nelle sue “cavalleresche” decisioni: s'alzano alle 5.00 di mattino e seppure qualcuna non riesce trattenersi a sbadigliare durante la Messa, fa questo molto discretamente, tutte anche ricordano di che cosa diceva il prete. Insieme giungono alla conclusione che un premio massimo sarà il ricevimento del Signore Gesù nei loro cuori ed Egli già saprà quanto sforzo hanno messo affinché accoglierlo bene.

Si avvicina memorabile il 3 ottobre 1886 anno. Le allieve e gli allievi di don Mariano colla grande devozione - e pure col più grande timore, particolarmente questi che vanno al parroco - fare la prima confessione.

Il giorno della prima Comunione è per tutti una grande e veramente gioiosa festa. Per la prima volta i bambini ospitano nei suoi cuori l'amatissimo Gesù. Marta incomincia da questo momento il nuovo periodo della sua vita. Prega più che in qualsiasi momento. Succede perfino che la mamma, pensando che lei sta con le colleghe, la cerca, e nel frattempo Marta indipendente dal tempo, la pioggia o la neve, sta davanti alla figura di San Giovanni Nepomuceno e qualche cosa gli là dice. Sempre di più vive anche dell'Eucaristia, prendendo la Comunione in ogni domenica e tutte le feste. Gesù gradualmente inizia occupare di più in più il luogo nel suo cuore.

4. Gesù mi chiama

Per Marta si cominciano i laboriosi giorni anzi gli anni. La mamma sempre di più cade nella salute e dunque lei, “la seconda mamma” - come la chiamano i fratelli - ha tanto da fare. Niente però perde delle sua devozioni e l'allegrie. Successivamente per 6 anni si incontra spesso con don Mariano, qui dà per lei i concreti consigli e le indicazioni rispetto alla vita spirituale. Spesso, tra le più semplici lavori pensa di Gesù. Talora vuole liberarsi da questi pensieri pero sempre ritornano. Scrive dunque a don Mariano una lettera, dicendo che si sente chiamata da Gesù e che desidera diventare suora, e poiché ha soltanto 15 anni, chiede sinceramente, perché il prete l'intercedesse alle Figlie della Carità a Chelmno. Don Mariano pensa però che Marta è troppo giovane e consiglia lei aspettare un po'.

La partenza di Giovanni

E nel frattempo, completamente all'improvviso, fratello minore di Marta, Giovanni, annuncia in un giorno che desidera diventare un prete. A casa si incomincia la grande avvertimento. La signora Paola passa dalla gioia alle lacrime, perché si rende conto che deve restituire il suo amatissimo Giovanni all'Collegio Mariano a Pelplin. Questo è l'unica strada per arrivare poi all'seminario maggiore. La separazione sembra dunque inevitabile. Paola e Marcello non possono opporsi pure alla vocazione sacerdotale del proprio figlio. Questo è un grande onore e dono.

Velocemente s'avvicina il giorno, quando Giovanni si saluta con i suoi famigliari. Fratelli e sorelle lo abbracciano, gli danno ultimi consigli, asciugano le lacrime, e più giovane Melania piangendo gli consegna la sua più bella molletta per i capelli.

Poi Giovanni accompagnato dal padre e Marta va a Pelplin. Qui però incontrano l'inaspettato ostacolo. Il rettore del Collegio Giovanni Sieg annuncia loro che convitto è già pieno e che non c'è nessuna possibilità di prendere un nuovo ragazzo.

Giovanni ha impallidito e la congenita timidezza gli riprende la voce. Anche il padre non ha coraggio di protestare. Soltanto Marta, “cavaliere” riesce di lasciare così le cose. Malgrado il minaccioso aspetto del rettore, colla grande convinzione parla con lui argomentando che quando il Signore Dio ha dato a qualcuno la vocazione sacerdotale, nessun prete, anche il rettore può ostacolare questo. Sorpreso molto di tale franchezza della ragazza di sedici anni e insieme pieno di l'ammirazione alla sua determinazione, il rettore accoglie Giovanni al seminario.

La prova successiva

Il primo trionfo aveva incoraggiato Marta per assaggiare altri. Dopo il ritorno a casa, già senza aiuto del prete Dabrowski, da sola scrive una lettera alle Figlie della Carità a Chelmno, chiedendo il permesso di entrare nella Congregazione. Abbastanza lungo aspetta la risposta, però finalmente in uno giorno sente la voce:

- La lettera da Chelmno alla signorina Marta.

Meno male che a casa nel frattempo non sono presenti i genitori, e più giovani fratelli e sorelle sono troppo occupati di un gioco, affinché la lettera da Chelmno suscitasse in loro il più grande interesse. Marta, con le chiazze sulla faccia, cerca un calmo angolo e con l'impazienza apre la busta. Velocemente legge la lettera. La suor visitatrice di Chelmno ha scritto che se Marta desidera informarsi della Congregazione, può arrivare in periodo della festa di Natale e che sorelle cordialmente la invitano. Marta è molto rallegrata. Condivide questa notizia col parroco ma per ora non ha coraggio dire questo ai genitori e ai fratelli. Non si rende conto pure del fatto che la suor visitatrice ha invitando lei nel periodo di Natale, perche ha con questo uno particolare scopo. Vuole convincersi della genuinità della sua vocazione. Se Marta riesce lasciare i famigliari durante Natale e andare a non conosciuto monastero, questo sarebbe un forte segno dell'amore verso Cristo sopra tutte le cose.

Il Natale del 1890 si avvicina velocemente. Alla fine, in un giorno, Marta si incoraggia per informare i genitori e i fratelli del suo progetto. Quando ha finito del suo discorso, vedi che le mani del babbo iniziano a tremare e sente la voce della mamma:

S'è avvicinato il tempo della partenza. La signora Wiecka per lungo tempo sta alla porta della casa, asciuga le lacrime e guarda come scompaia la slitta aggiogata coi cavalli.

- Come sopravvivrà questo Marta? Sta pensando …

Nel frattempo il soggiorno di Marta a casa delle suore passa velocemente. Tutto l' interessa: le bianche cornette, la comune preghiera anzi mangiare nella società delle sorelle. Quanta la calma gioia vede sulle loro facce … Nel cuore sente la grande pace e la certezza che questo luogo ha scelto Dio per lei.

La suor visitatrice colla discreta attenzione osserva la futura candidata. Poco a poco si convince che lei è un buono “materiale” per diventare figlia della carità. Le norme della Congregazione non permettono però di accettare le persone cosi giovane. Subito dopo Natale dice dunque alla Marta, che deve aspettare ancora due anni, e dopo questo periodo le suore l' accetteranno colla massima gioia.

Con la grande tristezza ritorna Marta a casa. La sua faccia si schiarisce soltanto, quando infine, sulla ultima tappa del viaggio vedrà da lontano la figura di San Giovanni Nepomuceno e la casa famigliare.

- Mamma, Marta ritorna col cestino! La schiera dei bambini quasi ha fatto cadere la signora Wiecka, correndo sull'incontro con sua amata sorella. I saluti e i racconti non avevano fine.

Durante i giorni e i mesi successivi Marta non smette di pensare circa la vita nella Congregazione. Tra le giornaliere occupazioni domestiche, spesso parla nel suo cuore con Gesù, Gli offra tutte le sue attività, ancora più lungo prega e s'adopera di essere buona per tutti.

La definitiva decisione

Si avvicina la primavera del 1892. Sbocciano i primi fiori e dal giardino si sente il canto allegro di Turdus merula. Un giorno, a casa di Wiecki bussa Monica Gdaniec, una delle colleghe di Marta e “cavaliera” di Cristo.

- Sai, Marta - dice Monica - voglio diventare figlia della carità. Ho scritto alle suore a Chelmno, però mi hanno risposto con la lettera che non mi possono accettare, perché hanno poco posto e le troppe candidate.

Per lungo tempo siedono insieme sulla veranda e parlano con grande passione. Infine Marta decidere che meglio sarebbe per loro entrare insieme in monastero. Nel suo nome e di Manica scrive dunque un'altra lettera alle suore di provincia di Cracovia chiedendo l'accettazione di entrata. Siccome Cracovia è molto lontano, ma in due sarà per loro più coraggioso di andare.

Di nuovo s'è avvicinato il tempo d'aspettare. Quando infine ricevono la positiva risposta, pensano soltanto d' uno: al più presto fare le valigie e subito partire.

Sta volta il commiato è ancora più solenne che quando Marta partiva per la prima volta. I genitori rendono conto che probabilmente non vedranno sua figlia mai più. In bellissima mattinata, 23 aprile, il parroco Otto Reiske celebra la Messa in chiesa parrocchiale per l'intenzione di Marta, perché Dio la benedicesse sulla nuova via della vita e che potrà perseverare nella vocazione fino alla morte. Nella Messa partecipa tutta la famiglia e i parenti che sono arrivati a Nowy Wiec per salutare la Marta. Dopo la Comunione, Marta con un atto speciale si dedica alla protezione della Madonna.

Il lunedì, 24 aprile, Marta per lungo tempo sta davanti alla figura di San Giovanni Nepomuceno. Ha detto ai famigliari che proprio per la sua intercessione aveva ottenuto la grazia vocazionale. Guarda ancora un po' sulla casa sua e poi parte per la stazione, accompagnata dal babbo, sorella Barbara e il cugino Giuseppe Wiecki. La mamma come di solito sta alla porta di casa sventolando col fazzoletto bianco saluta gli uscenti. Soltanto Dio sa, che cosa si succede nel suo cuore. Quanti figli ha salutato già per sempre? Da tredici figli, i tre sono già morti (andati a Dio) … poi Giovanni è stato entrato nel seminario ed adesso Marta, la sua amatissima figlia … Ogni addio ha in sé qualcosa di morire. Però nel profondo dell'anima, tra tanto esperienze, mai non dubita nel infinito l'amore di Dio. Quando Marta e Monica salgono sul treno, Giuseppe vedendo la pace e la felicità sulle face delle ragazze, dice alla Marta:

- Se tu diventerai suora, io sarò un prete. Il treno parte precisamente alle 16.00. Negli occhi di Monica e Marta a lungo tempo si consoliderà nella memoria il quadro delle persone che stavano sul binario con le lacrime.

I desideri si compiono

Il 26 aprile 1892, Marta Wiecka e Monica Gdaniec bussano alla porta della casa provinciale della figlie della carità a Cracovia, via Varsaviese nr 8. Passano la prima porta e poi sentono la voce:

- Le signorine da chi? Nello sportello appare la faccia di una suor anziana, leggermente coperta colle ali della pittoresca cornetta.

Dopo il corto momento di cercare nel cestino traggono la lettera, nella quale suora visitatrice scriveva che possono presentarsi alla casa provinciale.

- Mie care, entrate per un momento alla cappella e io nel frattempo cercherò una sorella che s'occupa delle candidate. La valigia e il cestino lasciate sul portineria. E forse avete fame? Fra un momento vi porterò anche qualcosa da mangiare.

Ragazzine, e convenientemente già adulte, perché le diciottenne signorine, entrano alla cappella. Che cosa diverrà nella loro memoria di questo primo incontro? Il discreto silenzio, la veduta della bella figura della Madre Divina quale come se traeva la mano per far saluto, la strana ferrea scala conducente colla sinuosa spirale non si sa dove insù, oppure forse improvviso sprazzo di luce cadente nel “corridoio di vetro”? Sanno bene che proprio Gesù ha scelto per loro questo luogo, dunque sono calme.

5. L'inizio della nuova strada

Per Marta e Monici cominciano gli insolitamente intensivi giorni. Tutto è nuovo e strano ma nello stesso tempo misterioso e bello. Guardano le sue vestiti blu e mantelli ruote sulle braccia. Non si può guardare allo specchio anzi al vetro della finestra, perché le candidate devono sbarazzarsi da ogni vanità. Del resto per Marta aspetto esterno non era mai importante, non ha dunque con questo grande difficoltà.

- Lo spirito di San Vincenzo, è lo spirito di umiltà, della semplicità e dell'amore - ripete la suora responsabile della formazione.

Per aiutare ai candidate di acquistare questo spirito, conformemente coi costumi della Congregazione, la responsabile vi raccomanda accusarsi pubblicamente d'ogni falli e negligenze. Tale umiliazione s'unisce di solito con baciare la terra. Grazie a questa pratica le postulatrice predominano egoismo ed imparino l'umiltà.

Il loro amore deve esprimersi in fedele compimento della Divina volontà. Le postulatrice insistentemente lavorano dunque attorno all'obbedienza, capitata come la incondizionata adozione della volontà di Dio. Quanta gioia interna sopravvive allora Marta. Alzandosi alle 4.00 di mattina, realizzando durante la giornata tanti piccoli lavori in comunità, pregando insieme colle suore sente questo strana, interna tranquillità e la gioia quale sono un vero dono di Cristo per le persone che si dedicano a Lui. Malgrado il rigore della vita, niente sembra a lei difficile, perfino il servizio.

- Poveri sono nostri signori e maestri. Facendo il servizio al un altro uomo, fate proprio il servizio a Gesù stesso - istruisce la responsabile suora per la formazione, citando le parole del fondatore, san Vincenzo de Paoli.

Anche e con questo Marta non ha più grandi difficoltà inconvenienti. Già a casa familiare era abituata ai pesanti lavori. Curava più giovani fratelli e sorelle, a scuola aiutava ai colleghi. Nella semplicità del suo cuore sempre pensava che fare servizio ai altri è per lei una gioia e non soltanto compito. Grazie a don Mariano aveva imparato affidare tutte le sue attività a Dio. Sapeva cosi prendono esse un grande valore per conquistare le anime a Dio. Durante il postulato non aveva dunque nessun difficoltà inconveniente per far i servizi bassi, per servire gli altri, per giudicare se stessa ed il suo lavoro. Si sente un strumento nella mano di Dio, e per Lui risultano tutti i successi del suo lavoro.

- Tu hai una forza dello spirito - dice a lei Monica. Mai hai meritato sull'ammonizione della suora responsabile, e tu non devi correggere dello stesso lavoro per tante le volte. Io non riesco di essere precisa e sempre devo umiliarsi: la polvere pulita con poca precisione, il silenzio non rispettato. Amo Dio ma ogni tanto difficilmente capisco che tutte queste particolarità hanno così grande significato. Vorrei avere il tuo spirito di fede. Tutti dicono che sei quasi tale come noi, eppure un po' altra, più Divina e forse hanno ragione. Non pensa che ti invidio, semplicemente dico questo a te.

C'è però una cosa di cui Marta non sa capire. Sempre si ripete non soltanto per lei ma anche per altre postulatrice, cioè la necessità di staccarsi dalla famiglia, per più fortemente aderirsi a Dio. Sempre sente che la famiglia fa un ostacolo per possedere l'amore soprannaturale.

- Pure proprio Dio versa il bene sul mondo - sta pensando. Il segno del Suo amore ci sono buoni, nobili e profondamente credenti genitori. Perché dunque avrei rompere con questi i rapporti, il quando loro sempre mi ricordano la bontà di Dio e il pensiero su di loro inclina me al più grande gratitudine?

Per questo, quando arrivano le lettere da Nowy Wiec, cerca la Monica Gdaniec e insieme si rallegrano con tutte le notizie.

Il noviziato

Quattro mesi del postulato passano molto velocemente. Il nuovo grado della formazione, il cosiddetto seminario, comincia il 12 agosto 1892.

- Siamo adesso simile alle rondini - dice la suor Monica Gdaniec tenendo presente loro nuovo abito di nero, il bianco fazzoletto sulle braccia e il bianco cornetto.

- Davvero - ride la suor Marta quale non ha perso niente della sua vecchia allegria.

Ogni giorno, le sorelle seminariste avendo gli occhi modestamente abbassate e congiungendo le mani nelle larghe maniche, seguono le lezioni della suor direttrice. Toccano esse le spiritualità e la storia della Congregazione. La suor direttrice non ha col corso di nessuno problema, perché suore di carità, come nessuna altra Assemblea, sono riccamente dotate nella determinativa letteratura del carisma di San Vincenzo. Approfitta dunque principalmente delle Conferenze di S. Vincenzo raccolte in tre volumi. La loro originalità consiste in questo che S. Vincenzo annunciava il tema della conferenza sul dato giorno. Le sorelle, per l'adatta lettura, una meditazione e una preghiera avevano accingersi alla discussione sul tema addetto. Durante la conferenza S. Vincenzo chiedeva le singole sorelle perché si pronunziassero. Poi riepilogava queste enunciazioni e se avveniva tale bisogno li raddrizzava, perché siano esse concordante con insegnamento della Chiesa. Dava anche le indicazioni per il futuro. L'addetta sorella appuntava le domande e le risposte e i commenti di S. Vincenzo o di Santa Ludovica.

Una di queste vecchie conferenze nel modo speciale colpisce la sorella Marta. Influirà su tutto la sua vita. Questa è la conferenza circa la vita della sorella Joanne Dalmagne, una delle prime figlie della carità. La sorella Marta col rinnegata respiro ascolta la conferenza della sorella direttrice. Viene a sapere, tra l' altro, che sorella Joanne viveva negli anni 1611-1644 e che era una francese. Mori avendo appena raggiunto 33 anni, ma a lungo rimenerà nella mente delle suore. Nella Congregazione stava soltanto per 5 anni. Caratterista del grande amore di Dio e il prossimo. Era modesta, sempre ricordava la Divina presenza, sollevava altri sullo spirito. Nei momenti in cui altre sorelle perdevano fiducia, la sorella Joanne li incoraggiava: coraggio sorella mia, lavoriamo per Dio. Molto fedelmente riempiva le norme della Congregazione. Amava parlare colle sorelle della vita dei santi, delle loro nobili opere, del bene, che gli uomini realizzano nel mondo. Con la particolare preoccupazione curava gli ammalati. Li assisteva colla tale delicatezza, come se serviva al Cristo stesso. Si contattava con le persone erudite e con semplici, ricchi e poveri, tutti s'adoperava avvicinarsi a Dio. Era sempre concentrata, viveva soltanto per Dio. Durante l'ultima malattia dimostrava la grande pazienza. Non desiderava né la morte né il ritorno alla salute: sarà, che cosa Dio vorrà. Dopo la conferenza, quando la sorella direttrice già è uscita, la sorella Marta riflette profondamente. È incantato della figura di sorella Joanne.

- Questa è vera figlia della carità. Morire giovane … al più presto incontrarsi con Gesù. Così vivere, perche non stare davanti a Lui colle mani vuote … il magnifico affare …

Tranne la Conferenza, la sorella Marta molto ama Libro di preghiere della Congregazione. Grazie a questo libro lei impara che quando l'orologio batterà la data ora, bisogna recitare il corto atto della venerazione di Dio. Alle 15.00, insieme con altre sorelle recita l'atto speciale dell'adorazione, unendo i suoi sentimenti col Cristo sulla Croce. Grazie al libro di preghiere approfondisce anche la sua devozione al Santissimo Sacramento e alla Passione di Cristo. Nel seminario vede anche la particolare devozione alla Madonna. Sa che non molto tempo fa, perché nel 1830, Maria si è apparsa al una delle figlie della carità, sorella Caterina Laboure, nella cappella in rue du Bac 140 a Parigi. Da qui proprio viene la Medaglietta, chiamata dagli uomini miracolosa. Viene a sapere anche che Maria ha detto alla suor Caterina:

- Amo questa Congregazione. Sono istituita sua Guardiere.

Con più grande venerazione e gratitudine la Marta si allega alle solennità mariane. Come seminarista prende parte dell'assistenza dei infermi. Più d'una volta è un testimone della loro agonia e della morta. Per questo anche sempre di più s'afferma in convinzione che la preghiera per la morte felice e molto importante, le preghiere per i morenti e per le anime nel purgatorio. Bene memorizza anche le istruzioni di un suora anziana che spesso ripeteva che S. Vincenzo faceva attenzione a questo, perché le sorelle facessero servizio al malato quanto all'anima e quanto al corpo, cioè, perché restituendo ogni servizio infermiere non dimenticava che malato ha un'immortale anima quale anche ha bisogno dell'aiuto.

Il soggiorno nel seminario passa altrettanto velocemente come il tempo del Postulato. Si avvicina finalmente questo sognato momento, in cui le seminariste ricevono l'abito delle figlie della carità e vestono la bianca cornetta. Divengono mandate al servizio a Cristo nei poveri. Per la sorella Marta e la sorella Monici questo è il 21 aprile 1893. Sì comincia la tappa successiva della loro vita.

6. Nel comunale ospedale a Leopoli.

Un povero è Cristo

- Sorella Marta, svegliati. Di nuovo hanno portato un gravemente malato. La sorella Marta apre le pesanti palpebre ma per il momento non sa, dove si trova. Poco fa s'è addormentata dopo il turno di notte. Non ha passato perfino un'ora. C'è ancora buio. Queste invernali, gelide mattinate non incoraggiano ad alzarsi ma pure Povero è Cristo. Piano rinviene, si veste e con l'energia muove avanti.

- Chi l'hanno portato? - sta pensando - un polacco, un russino, un austriaco, un tedesco o un ebreo. Tutte queste nazionalità si mescolavano sul terreno di Leopoli. Non ha paura dei contatti con malati indipendentemente da questo chi sono quale è la loro confessione. Ogni giorno vede pure i cattolici del rito romano, armeno, ortodosso,i protestanti anzi gli ebrei. Perché regolamento delle Figlie della Carità raccomanda la precauzione e non mescolio agli affari spirituali d'altre confessioni, s'adopera essere per loro semplicemente buona, ufficioso, cordiale e protettiva. E il risultato? Continue le chiamare ai malati. Questa volta questo è un russo. Guarda sulla sua stecchita faccia non rasata e gli occhi lucidi dalla febbre. Non bisogna avere la grande conoscenza medica, per sapere che quest'uomo ha pochi giorni di vita e forse perfino un po' meno?

- I padri Piaristi chiedono, affinché la sorella lo preparasse alla morte - dice discretamente la inserviente, perché il malato non sentisse … lui è miscredente.

La sorella Marta era già abituata a queste strane idee dei padri Piaristi. Spesso “trabalzano” a lei gli malati del altra confessione o miscredenti, sì come se lei poteva aiutare più efficacemente che gli altri. Come figlia della carità, forse può fare soprattutto questo … trae il rosario, s'inginocchia vicino all'letto e incomincia a pregare. Malato sembra addormentarsi dopo la ricevuta medicina. Quando per un momento apre gli occhi, gli mette in mano la Medaglia Miracolosa. Sempre porta con se le medaglie con immagine d'Immacolata. Profondamente crede alle parole di Maria enunciata alla sorella Caterina: Le persone quali lo porteranno, riceveranno tante grazie. Non senza la visibile resistenza, malato accoglie la medaglia.

- Questo è un buon segno pensa la sorella Marta. Non ha scambiato con lui ancora né una parola ma sempre prega costantemente e di tanto in tanto dà un po' l'acqua o corregge il cuscino. Resta vicino a lui …

Lei è un'altra

- Questo strano - dice a sé a mezza voce la sorella Irene lavorando alla sala vicina. Da dove lei prende queste forze? Lei è pure dopo il successivo turno di notte. La sorella Irene già da un tempo pensa, perché l'attività di questa giovane e recentemente arrivata alla loro casa la sorella di nome Marta, è così efficace. In verità osservandola intravede che sorella Marta ha una facilità nei contatti con i malati che colla sua personalità fa nelle sue anime la grande influenza, così che loro non soltanto riescono a conciliarsi con la propria infermità ma anche ma perfino col fatto della sua morte, che Marta è paziente e cordiale, ma pure tante altre sorelle sono caratteristiche nel modo simile. Nessuna di loro i malati non apprezzano così come la sorella Marta quale chiamano sua benefattrice. Forse il segreto di efficacia del suo apostolato era ficcato in abbastanza straordinario, come per così giovane sorella, lo spirito della mortificazione e della preghiera? Tutti pure intravedono che malgrado le svariate occupazioni è molto pregata che perfino dopo turno di notte si alza presto di mattino per partecipare nelle comuni preghiere, anche se secondo i costumi della Congregazione non sia a rigore di obbligarla a questo. Mai anche non rifiuterà i servizi per i malati, perfino nella tale situazione come oggi, quando all'improvviso era riempito il suo sogno. C'è in lei qualche cosa intrigante e strano. E vicino a questo, malgrado la sua diversità, in genere non sveglia le gelosie né anche le avversioni. È tale naturale.

Passando presso alla porta aperta, la sorella Irene ancora una volta guarda all'interno della sala di numero 11. Vede che sorella Marta ancora s'affaccenda vicino a malato, tenendo nella mano il suo inseparabile rosario …

Passano i giorni simili, colme delle incessanti occupazioni e la preghiera. Si avvicina finalmente il giugno caldo del 1895. La sorella superiora chiama la sorella Marta al suo ufficio.

- Cara sorella, a noi le sorelle molto mancherà la sua assenza. Dio però vuole, perché la sorella facesse servizio ai malati a Podhajce - annuncia.

La sorella Marta s'inginocchia e conformemente col costume della Congregazione bacia la crocetta del suo rosario come segno della docilità.

7. L'ospedale a Podhajce

Già dopo alcuni giorni del lavoro nel nuovo posto la sorella Marta si convince che sua vita sarà qui più pesante come a Leopoli. Il servizio per i malato insolitamente rende difficile il fatto che l'ospedale non è ancora sfinito. Funziona la soltanto una parte. Ogni giorno, ugualmente lei come e le sue consorelle, si vedono non soltanto con i malati ma anche coi lavoratori della costruzione, con i poveri che cercano lavoro, cogli uomini quali vengono all'ospedale chiedendo il materiale appoggio. Le sorelle s'adoperano del loro aiuto ma talora varca questo le loro modeste possibilità. Però la sorella Marta è felice. Testimoniano ne le sue lettere scritte ai genitori e ai fratelli e sorelle. Assicura in loro che massima una sua gioia e felicità è il fare di questo, che cosa Gesù faceva sulla terra, cioè fare servizio ad un altro uomo.

Un giorno viene la lettera dalla casa, in quale è una cattiva notizia. Risulta che sua sorella maggiore Barbara chiedeva di entrare nella Congregazione delle Figlie della Carità a Cracovia, però malgrado la positiva risposta non s'è presentata al postulato.

Avendo trovato un libero momento, la sorella Marta si siede e scrive una lettera. Velocemente si sposta la penna sui bianchi foglietti della carta. Non ha esitazioni, quanto al contenuto della lettera:

“… Così mi sono rallegrata quando mi sono venuta ha sapere, che sei stara ammessa alla Congregazione, e tu nel frattempo sei esitante. Credi mi che come mi sono rallegrato, così adesso mi sono spiacevole, perché mi pare come se volevi scherzare nel così importante cosa … hai genitori, fratelli e sorelle di cui tu non riesci abbandonare e di cui tu ami soprattutto, ma se amavi Dio, non faresti caso della madre o della malata sorella ma abbandoneresti tutti e andresti dove Dio ti ha nominato, non dico, affinché avevi non amare genitori, ma se può la madre augurare al bambino più grande felicità che tale, che io ho sperimentato?

Dopo alcuni mesi, la sorella Marta viene a sapere che Barbara vuole visitarla che c'era entrata alla Congregazione ma purtroppo, le continue emorragie e lo stato cattivo della salute hanno causato che doveva abbandonare. La sorella Marta saluta Barbara molto cordialmente. Questa volta s'adopera fortificarla:

- Probabilmente la volontà Divina era un'altra - assicura. Non debbi affannarsi per ciò. Da sua parte hai fatto tutto, per esibire l'obbedienza a Dio.

Dopo le tre settimane del soggiorno a Podhajce, Barbara parte fortificata.

Gli ebrei chiedo il battesimo

Come a Leopoli, la sorella Marta insieme con le sue giornaliere occupazioni, distende la particolare assistenza agli ebrei malati. Così parla con loro, dimostra tanta pazienza e la stima che sotto la sua influenza chiedono la concessione del battesimo. Rendersi conto che per il ricevimento del battesimo e il cambiamento della Confessione rischiano della rottura con l'ambiente ebreo che non potranno contare in soccorso materiale da parte dei connazionali che da qui saranno trattati male ugualmente dagli ebrei come e dai cattolici, perché ugualmente uni come i altri sono negativamente versati agli ebrei che hanno cambianti la fede. La sorella Marta da sola si convince su questo. Un giorno, sotto la sua influenza, qualche ebreo chiede il ricevimento del battesimo. Dopo certo periodo lo stato del suo salute un po' migliora, la sua moglie lo prende a casa. Quando viene a sapere che marito ha tradito la fede dei padri ed è stato diventava cattolico, cosi lo tratta male che poverino deve ritornare nel ospedale e qui, dopo il corto tempo muore. Anno preparato per lui il funerale cristiano, il locale parroco ha condurre funebre corteo. Gli ebrei però decisamente protestano e domandano il funerale colla partecipazione del rabbino. Il parroco cede. Dopo il funerale, gli ebrei restituiscono al'ospedale la crocetta quale morto aveva sul petto, un vestito e una bara. La sorella Marta non avvilisce questo. Fra poco prepara una gravemente ammalata ebrea di nome Zyta al battesimo.

- Questa volta non saranno i problemi da parte degl'ebrei - sta pensando - perché Zyta è così malata che probabilmente morrà.

Zyta accoglie il battesimo e poi la sorella Marta parte sugli esercizi spirituali. Lo stato della salute di malata migliora. Le sorelle temono il dispiacere da parte della famiglia di Zyta. Dopo alcuni giorni la sorella Marta ritorna dal esercizi spirituali. Zyta, sapendo del suo ritorno chiede la di venire a sé e dice:

- Non potevo morire, non avendo ringraziato alla sorella per la grazia del battesimo.

Muore fra poco poi.

Gli affari famigliari

Viene la successiva lettera dal Nowy Wiec. La sorella Marta viene a sapere che suo fratello Paolo era andato alla Congregazione di San Michele Arcangelo (Micaeliti) a Miejsce Piastowe, ma come Barbara, per lo stato cattivo della salute, li doveva abbandonare. La sorella Marta quale soprattutto valuta la grazia della santa vocazione, s'adopera salvarlo come in caso di Barbara. Propone ai genitori, perché mandino Paolo al seminario a Pelplin, perché là sono le condizioni più vantaggioso per la salute, invece altro suo fratello Marceli che ha intenzione di entrare al seminario a Pelplin, meglio che entrerà secondo i desideri di Marta alla Congregazione dei Vincenziani. Se gli interessati sono d'accordo con questo, lei è pronto intervenire in tutti questi affari. In tutte le difficili situazioni la sorella Marta s'adopera rafforzare sua famiglia, trovare qualche uscita. Molto bene si rende conto di questo che vita d'ogni uomo è una gita incessante. E sopratutto la vita della figlia della carità. Non si meraviglia dunque né non s'oppone, quando nella prima metà del 1899 la sorella superiora annuncia a lei che diverrà trasferita a Bochnia, dove ancora lavorerà nell'ospedale.

8. Nell'ospedale a Bochnia

La carisma del convertire

La nuova superiora della sorella Marta è adesso la sorella Maria Chablo. Dal principio si capiscono bene. La sorella Marta si confida a lei perfino di suoi interni sopravvivere con in convincimento che così otterrà l'aiuto efficace al di più per più fedele imitazione di Cristo. Da sua parte la superiora si convince che questa nuova, giovane sorella, è il vero tesoro ugualmente per malati come e per consorelle. È sempre serena, ufficiosa, del tutto si divide, si occupa di più difficili lavori, ha anche la strana influenza sui malati. Senza inconveniente difficoltà si riferisce con loro nel contatto, tocca suoi molto difficili affari ed essi stessi non sapendo quando, non soltanto che si decidono di confessare i peccati ma iniziano trattare la sua sofferenza come soddisfazione a Dio per i peccati commessi. A Bochnia, come a Leopoli e a Podhajce, la sorella Marta dimostra la grande preoccupazione per la conversione degl'ebrei. Uno di loro, occupando molto importante posto nella società di Bochnia, sempre osserva il suo sacrificato lavoro, la preoccupazione dei malati, indipendente dalla confessione e il posto sociale. Si convince che deve più profondemente conoscere la fede cattolica quale nel così magnifico modo forma gli uomini. Medesimo chiede la concessione del battesimo. Accoglie anche la Comunione e il sacramento dei malati. Presto poi, conciliato con Dio muore. Quando la sua famiglia e gli amici vengono a saperne, non vogliono prendere la partecipazione nel funerale cattolico. Questo fatto molto sopravvive il sacerdote che gli ha concesso il sacramento del battesimo.

La croce - il preavviso delle sofferenze

Un giorno la sorella Marta prega come di solito. All'improvviso davanti ai suoi occhi appare la croce, di quale escono i raggi. Sente la voce dalla croce:

“Sopporta la figlia mia pazientemente tutte le calunnie e le imputazioni. Lavora per i suoi. Presto ti prendo da me. Tuo fratello Francesco è salvato”.

Fin da questo momento nel suo cuore appare la grande nostalgia del cielo. È profondamente convinta che fra poco morrà. A nessuno non dice niente alla vista. Lavora ancora con questo più grande entusiasmo.

E la croce annunciata? S'avvicina molto velocemente. Un giorno, gli infermieri portano alla sala del pesantemente malato studente chiamato Giovanni Nosal. Lui non è chiunque - il parente del locale parroco, del prelato Lipinski. Per motivo della salute dello studente, i medici raccomandano la particolare infermiere assistenza. La sorella Marta viene a lui molto spesso, dà le medicine, misura la temperatura. Un giorno aspettando sul termometro, si siede vicino al letto di malato.

- Sorella Marta, è la sorella molto imprudente! Sedersi vicino al letto del malato non è l'usanza della nostra Congregazione - istruisce più tardi la sorella superiora. Ed hveva ragione. Sula stesa sala c'era ancora uno uomo, bacato, malato venereo. Osserva la sorella Marta e nel suo cuore è nata la gelosia. Perché questa giovane sorella non s'occupa di lui colla tale cura come dello studente? (La sorelle avevano proibito dal S. Vincenzo curare i malati venero). Dopo l'uscita dall'ospedale decide vendicarsi. Va diritto al prelato Lipinski e annuncia che la suora Marta Wiecka che lavora nel ospedale si comporta immoralmente che è gravida, e che il padre del concepito bambino è non un altro, come lo giovane studente Giovanni Nosal. Il prelato accoglie questa accusa come un fatto. Non può fermare la sua indignazione. Prossimamente rifiuta prestare orecchi della confessione della superiora come questa quale non sapeva badare sua dipendente. Avvisa anche il fatto ai superi a Cracovia. Sulla chiamata della visitatrice Carolina Juhel, la superiora va a Cracovia. Diviene trattata con tutto rigore non soltanto da parte della sorella visitatrice ma anche da parte del padre direttore per questo che ha permesso di tale scandalo. I Superiori annunciano che sorella Marta deve immediatamente essere trasferita ad un'altra casa e punita colle espiatorie. La superiora di Bochnia non permette però intimorirsi. È totalmente convinta di innocenza della sorella Marta. La conosce pure benissimo, perché la giovane sorella a lei affida perfino i suoi affari spirituali. Con grande determinazione prende dunque la sua difesa. Prega, perché la sorella Marta potesse rimanere a Bochnia e allora tutti si convinceranno che questa accusa era calunnia. Lei invece come superiora, è pronta di subire tutte le punizioni. Questa sua decisa posizione causa che sorella visitatrice inizia avere i dubbi quanto alla genuinità di accusa e decide lasciare la sorella Marta a Bochnia. La superiora rientra a casa. Nel frattempo il diffamatore ancora divulga tra gli uomini sua falsa accusa. Un giorno a casa delle sorelle bussano due dame portando la culla:

- Questo è per la vostra suora quale ha partorire il bambino - dicono con sogghigno.

La superiora e la sorella Marta soffrono solidale e colla grande pace. Eccitato la curiosità del loro silenzio il diffamatore sempre viene a sapere, che cosa succede nell'ospedale. È arrabbiato quando gli dicono che sorella Marta ancora con grande cura si occupa dello studente, è bendisposta per tutti, sorridente e non risponde sulle obiezioni. Decide esercitare quindi la sua vendetta sulla superiora. Due volte dà addosso a lei col coltello, invece sul'onomastico manda a lei come regalo le sanguisughe e annette il foglietto coll'adatto maligno commento. La superiora è una donna coraggiosa, non ha paura, non si lamenta anche davanti a nessuno e poche persone rendono conto del suo soffrire. Sa ne soltanto la sorella Marta. Quante volte s'incontrano, la vista penetrante della giovane sorella dice la superiora che conosce il suo segreto, legge nel suo cuore e molto le compatisce perché c'è ella, la sorella Marta, a causa di tutto questo mescolare e i mali. Si avvicina finalmente il tempo, quando l'affare si schiarisce. Il diffamatore, essendo in punto di morte, destituisce tutte le false accuse.

- O Dio, che cosa io ho fatto! - pensa il fracassato prelato. Come potevo essere così credulo? La coscienza gli butta via la grande ingiustizia che ha commesso in rapporto alla superiora e alla sorella Marta.

Si veste dunque nei violi e va a casa delle suore. Solennemente chiede scusa a tutte e due suore. Nel profondo dell'anima li ammira. Soltanto adesso vede, quanto hanno patito.

La tempesta si ammutolisce, insistono i giorni migliori. A Bochnia arriva il fratello della sorella Marta, adesso già il diacono, Giovanni Wiecki. Si convince che sua sorella ha un strano carisma di leggere nel cuore umano. Gli ha detto poiché che conosce il suo interno, intravede i suoi nobili desideri ma anche e i vizi, con quali deve combattere. Gli ha annunciato anche che un suo desiderio è, per al più presto morire e unirsi con dilettissimo Dio.

Sembra dunque che per la sorella Mart veniva il tempo calmo, libero da più bassi tensioni e sopravvivenze. Non è però così. La successiva lettera da casa porta ancora una, sta volta molto triste notizia. All'età di 24 anni è morto all'improvviso suo fratello Francesco.

- Che dolore per il padre che vedeva in lui il suo successore - pensa la sorella Marta. Lei anche è toccata con questo un grande dolore del cuore. Francesco, suo fratello maggiore, buono, amante dei genitori, sollecito. Chi s'occuperà loro sulla vecchiaia? La sorella Marta s'adopera però dominare il proprio dolore. Prende la penna. Soltanto con la preghiera e la cordiale parola può adesso aiutare loro:

“… Ogni uomo deve deporre davanti a Dio nell'offerta questo, che cosa ha più prezioso. Che cosa può essere più preziosa sacrificio se non la vita del proprio figlio? In questo sacrificio è ficcato la profonda speranza che dopo certo tempo la madre incontrerà suo amato figlio …”

Ai fratelli e sorella ricorda:

“… Bisogna avere cura del tale stato di anima, che in ogni momento posiamo essere pronto stare davanti a Dio …“

La sorella Marta s'adopera consolare la famiglia, fortificare in loro la fede nel dogma del comunicatio dei santi, indicare il senso profondo delle sofferenze.

Dopo il certo tempo la sorella superiora riceve la notizia che la sorella Marta quale così valuta, deve essere trasferita in un nuovo posto al'Universale Ospedale a Sniatyn. Malgrado il spirito profondo di fede, questo è per la superiora la successiva, difficile esperienza.

9. Nell'ospedale a Sniatyn

La difficile suora

In Sniatyn le suore sopravvivono un po' gli altri problemi che le suore a Bochnia. Hanno iniziato il suo lavoro qua nel dicembre del 1899. Una delle suore è però molto difficile. Fa suda non soltanto per consorelle ma anche ai medici, all'autorità dell'ospedale e particolarmente per staff più basso, sopra quale si sforza detenere il potere assoluto. La locale superiora è perduta. Non aiutano nessuna attenzioni né ammonizione. Questa suora prima lavorava in un carcere ed è convinta che se tutti, insieme coi medici applicheranno le sue raccomandazioni, allora nell'ospedale verrà il vero ordine. Non vedendo altra uscita, i lavoratori dell'ospedale iniziano le speciali preghiere perché venga la nuova sorella quale sarebbe indulgente, buona e giusta. Dio presta orecchio alle invocazioni, perché ecco insopportabile sorella diviene tolta, e sul suo luogo - come vengono a sapere - viene la giovane sorella che si chiama Marta Wiecka. Sarà buona e giusta? Tutti con l'ansia aspettano sul suo arrivo.

Le lettera alla “santa” suora Marta

Presto arriva la giovane sorella. Quasi subito accredita le sorelle, i medici e i malati. Lo staff più basso ha in lei un vero appoggio, perché la sorella Marta prende nella difesa particolarmente queste persone quali adempiono più semplici e più difficili impegni. Che differenza in confronto con la precedente suora! È quasi medesima come altre sorelle: s'alza la mattina alle 4.00, partecipa nelle preghiere comuni, resta per tutti i giorni nelle sale ospedaliere, nel tanfo della malattia e dei mezzi disinfettante , in atmosfera dei postoperatori gemiti, tra i sofferenti uomini, per cui fuori il proprio disturbo tutto altro finisce di essere importante, è quasi tale come altre sorelle eppure altra. Irradia colla strana gioia interna, è „infinitamente” paziente, pronta al sacrificio, lavorando con certo raccoglimento di preghiera. Ha l'eccezionale dono di ritirare i peccatori.

Un giorno, all'ospedale di Sniatyn era venuto un ebreo, il rabbino con una gamba rotta. Per sfortuna sul turno non c'è nessun medico. La sorella Marta si avvicina a lui.

- Prego non muovermi - grida indignato. La donna ed ancora di un'altra confessione non mi può toccare.

- Non sono una donna semplice risponde la sorella Marta ma una persona santificata a Dio.

- È lo stesso ma questo è sempre qualche cosa dalla donna - accerta sospettoso il rabbino. Non ha però altra uscita, deve dedicarsi nelle mani della sorella Marta. Il giorno successivo il rabbino si rivolger al medico perché verifichi, se la gamba è bene composta.

- Se la fatta la sorella Marta, non c'è bisogno verificare - risponde il medico.

Il rabbino eccitato della curiosità osserva il lavoro della giovane sorella. Vede con che stima tratta lei tutti malati, come molto prega. Dopo l'uscita dall'ospedale non dimentica della sua bontà e manda un ringraziamento ed auguri natalizie così indirizzate: “Alla santa suora Marta di Sniatyn”. Davvero, nessun malato, nessun ebreo del suo reparto non va via all'eternità senza riconciliazione con Dio.

La sorella Marta ha anche un dono di leggere nei cuori umani. Conosce questo il locale parroco, don Fischer, per questo anche spesso manda d'a lei cioè “i casi difficili ”, con quali non può arrangiarsi. Loro appartengono gli uomini delle complicati coscienze, gli intellettuali, gli studenti e ogni tanto i poveri uomini, moralmente trasandati. Il parroco è convinto che soltanto lei sa ristabilire per loro la pace della coscienza, insegnare la strada a Dio.

Questa è la mia ultima vigilia

Si avvicina il bellissimo giorno di Natale del 1903. Nella luce delle candele dei alberi di Natale, vicino a festivo sbarrata tavola, le sorelle fanno gli auguri.

- Prossimo anno celebrerò il Natale con Gesù lassù - dice la sorella Marta. Stranamente suonano queste parole nella bocca della giovane persona, piena della energia e le gioie di vivere. Niente indica su questo, perché abbia morire. Forse questo è soltanto tale “devota” esagerazione?

Durante i prossimi giorni la sorella più attentamente la osservano. Sembra come se raddoppiava le forze. Sostituisce altri nelle più difficili mansioni, lavora come l'uomo quale sa che gli ha divenuto già pochino del tempo.

In una certa domenica la sorella Marta accompagnata dalla sorella Binki va sul locale cimitero. Sempre amava pregare per i morti. Per incidenza si fermano davanti alla cappellina, nella quale c'è la figura di san Giovanni Nepomuceno. La sorella Marta prega lui ad alta voce:

- Vorrei essere sepolto vicino a te. Anche se c'è qua così poco spazio credo che a me questo implorerai. La sorella Binka si meraviglia a questa intima conversazione della sorella Marta con san Giovanni Nepomuceno ancora di più la sbalordisce il contenuto della richiesta.

Tra pochi giorni da questo avvenimento, le sorelle si riuniscono sulla ricreazione nel locale essente accanto alla scala di cucina. In qualche momento la sorella Marta dice:

- Molto pesantemente con queste scale sopporteranno la mia bara. - Ma no, sorella Marta, pure i morti si porta soltanto con la scala di frontale - protestano le sorelle.

- Ma me di qua sopporteranno - risponde la sorella Marta.

In tutte le lettere alla famiglia, nelle tutte enunciazioni, sempre appare questa sua grande nostalgia del cielo, dell'incontro con Gesù.

Donare la vita

Nel frattempo nel reparto d'isolamento si riprende la donna dopo il passaggio del tifo. Dopo certo periodo diviene ritirato dall'ospedale e reparto d'isolamento si chiude. Dopo alcuni giorni si presentano i lavoratori aventi fare la disinfezione. Chiedono che tutte le cose essenti in reparto d'isolamento e soggette della disinfezione saranno portate via fuori la sfera dell'ospedale. Deve fare questo un lavoratore del servizio dell'ospedale. La sorella Marta sa che questo giovane molto ama la sua moglie e il piccolo bambino. Nell'ansia, perché non si contagiasse, lo sostituisce. Da sola prepara alla disinfezione la biancheria da letto e altri oggetti, con quali vedeva la donna malata. Presto i batteri del tifo iniziano attaccare l'organismo della sorella Marta. Già indomani si sente indebolita e infocata colla febbre. Oltranza realizza però le sue mansioni vicino a malati. Per la ultima volta va in chiesa parrocchiale, per ancora una volta pregare davanti il quadro della amata Madre Divina. Dopo il ritorno, rendersi conto con

il suo stato, prega una delle sorelle, perché lei sostituisse nel lavoro. Malati, avendo veduto sulla sala altra sorella subito incominciano il lamento e dicono che la loro benefattrice s'è ammalata e che la bisogna immediatamente salvare. Solo allora consorelle cominciano disturbare collo stato della salute della sorella Marta. Il giorno dopo, lei ha ancora così forza, per ordinare tutte le sue cose, bruciare le lettere e gli appunti. Mostra alla sua consorella Bianca, dove ha il vestito alla bara quale ha preparato a sé già prima, mostra anche cero benedetto e altre cose necessarie per i morenti, per poi, quando morrà, le sorelle non sono cadute nel panico e non cercavano tutto. Va a letto ma è convinta che non più guarirà. Nonostante questo, le sorelle e i medici fanno tutto, per salvarla , avvisano anche la famiglia del suo stato pesante. Viene il prete Fischer affinché lei potrà confessarsi, le accorda anche il sacramento dei malati. In queste cerimonie partecipano non soltanto le sorelle ma anche i malati quali possono camminare, perché la sorella Marta gradisce, perché tutti pregassero per la morte felice per lei. Perché dire rumoroso la tormentare prega, perché nel suo nome il prete Fischer scusasse tutti raccolti per i danni, che poteva a qualcuno fare. Tra malati echeggia il pianto rumoroso. Uno di loro dice:

- Se la sorella Marta poteva fare a qualcuno del male o offendere?

Il 27 maggio del 1904 arriva a Sniatyn il prete Giovanni Wiecki. La sorella Marta molto piano e colla grande fatica dice che desidera di morire e unirsi con Gesù. Non fa la minima speranza sulla guarigione. Prega, perché si non addolorasse per causa della sua morte, ha pure ancora altre sorelle e fratelli che rimangono con lui. Assicura che pregerà per tutta la famiglia. Il commosso fratello distribuisce a lei la Santa Comunione. Dopo accettare il Signore Gesù la sorella Marta prega col tale raccoglimento che ugualmente il prete Wiecki come e la sorella superiora sono convinti che questo è la preghiera nell'estasi. Poi rinnova ancora i santi voti che per la prima volta ha fatto il 15 agosto del 1897. Prega anche il prete Giovanni, perché vada alla chiesa figliale, perché una cosa più importante è dire la Messa per i fedeli come sorveglianza vicino a lei. Vive ancora due giorni. Soffre però molto. Si vede questo con le labbra abbronzate quali rendono difficile parlare al lei. Il legato dolore col corso del tifo e con l'infiammazione dei polmoni quasi impedisce a lei comunicazione con l'ambiente, ma è cosciente.

Nel frattempo davanti all'ospedale, aderiti allo steccato, stanno gli abitanti di Sniatyn, quali approfittavano di suo servizio e anche le loro famiglie. Sono tra loro i polacchi, Rossini, gli ebrei. Con l'ansia aspettano su ogni, il minimo perfino informazione dello stato di salute della loro benefattrice.

Gli ebrei, avendo saputo della sua malattia, pregavano nella sua sinagoga, supplicando Dio per la sua salute. Uno dell'ebree compra un chilogrammo delle candele e le brucia nella sinagoga per l'intenzione della sorella Marta. Però nessuna buona notizia non arriverà.

Il 30 maggio, la sorella Marta sentendo che indebolisce, chiama la sorella Bianca. Accorrono tutti e iniziano le preghiere per i morenti. La sorella Marta tenendo nella mano cero benedetto ripete le parole della litania, poi con leggero gesto della mano saluta tutti e dopo il corto momento d'agonizzare muore. La notizia della sua morte col volo del lampo circola tutta la città. Il dolore dopo la sua perdita abbraccia i tutti cuori. Indipendente dalla nazionalità e la confessione, gli abitanti di Sniatyn si coprono col lutto. Non mai più vedranno la sua benefattrice.

Durante il culto mariano di maggio, il vicario forense Fischer, avendo sentito la notizia della morte della sorella Marta, tutta la predica dedica alla sua vita e alle sue virtù, confermando fedeli in convinzione che questa era la sorella eccezionale, unita con Dio, vissuta in santità.

Avvisato della morte, arriva anche don Wiecki e s'occupa di organizzare il funerale. Si adopera per la bara di metallo e anche costruire la tomba nel luogo consigliato dai fedeli, accanto alla cappella di san Giovanni Nepomuceno, non sapendo che sorella Marta desiderava riposare proprio qui.

Per due giorni, sul provvisorio feretro, con riccamente ornato dei fiori, riposerà nella bara il corpo della sorella Marta. Pregano vicino a lui le consorelle, il servizio dell'ospedale e di più il suo fratello sacerdote. Perché la famiglia e i parenti non possono per caso della grande distanza, lui è un unico membro della famiglia pregante vicino alla bara.

Il 1 giugno 1904 , in chiesa parrocchiale a Sniatyn, don Giovanni celebra la solenne Messa funebre. L'organo suona don Borowy, il confessore della sorella Marta. Per ragioni sanitari e per evitare i nuovi sacrifici della malattia, la bare non si portò in chiesa.

Nel frattempo davanti all'ospedale si riuniscono le folle. I Fedeli dei vari riti, delle varie confessioni, le nazionalità, desiderano dare ultimo servizio alla sua benefattrice. Comincia formare corteo funebre. La bara - così come ha profetizzato la sorella Marta - portano via colla laterale scala di cucina e collocano in carro funebre con i cavalli bianchi, la proprietà di don Fischer. Il corteo funebre conduce il prete Giovanni Wiecki nella società di don Borowy, il vicario forense e i pastori dell'anime dei riti: armeno e bizantino - ucraino. Il funerale si trasforma nella grande gratitudine della società per il bene compiuto da suor Marta in questa città.

In una solenne orazione, don Borowy, sottolinea che efficacia della sua attività apostolica era un frutto di perfetto sopravvivere della sua vocazione, la permanente unione con Dio e il conseguente lavoro sul sé stessa.

Gli abitanti di Sniatyn decifrano la morte della sorella Marta come l'atto eroico dell'amore per un prossimo. Ha donato la sua vita per salvare la vita di un altro uomo, il giovane padre della famiglia. Non dimenticheranno mai la sua benefattrice. La memoria su di lei trasmetteranno ai suoi bambini e i nipoti. Questa memoria non distrugge il tempo né i tristi storici avvenimenti. Ancora una volta si conferma la verità che l'amore è più forte come la morte.

ALLEGATI

Sr. Marta Anna Wiecka sarà beatificata
il 24 Maggio 2008 a Leopoli (Ucraina)

la messa celebrerà

il Segretario dello Stato Città del Vaticano

Card. Tarcisio Bertone

Alle ore 11:00
in parco di B. Chmielnicki

FAMA DELLE GRAZIE E DEI MIRACOLI

S. Józefa Wątroba FdC

"Quando, nel 1929, si cominciò a diffondere la notizia che una Figlia della Carità che abitava nella regione della Małopolska vi era morta, e che per sua intercessione otteneva numerose grazie alle persone ed ascoltava le loro preghiere, l'autrice di questi appunti, conoscendo tutte le suore della Provincia, pensò seriamente chi poteva essere questa suora, infatti non si nominava per il momento il suo cognome. Allora, alla mia memoria, apparve all'improvviso l'immagine di suor Wiecka - sempre gioiosa e serena. Ella poteva essere quella suora che ascoltava le preghiere e intercedeva presso Dio"1

La supposizione di suor Maria Popiel, superiora di Rohatyn, nella Małopolska (oggi Ucraina), si dimostrò giusta. Non si poteva essere indifferenti di fronte al fatto che, dopo circa vent'anni dalla morte della serva di Dio, la gente continuava a ricordarla e a venire al suo sepolcro a chiedere la sua intercessione nelle molteplici necessità oppure a ringraziare per le grazie ricevute.

Nonostante che, dalla morte di suor Marta, la fama della sua santità continuasse ad esser viva a Śniatyn e nei dintorni, non vi era nessuno che si impegnasse a mettere per iscritto le grazie ricevute da Dio per sua intercessione. Influì il periodo tempestoso della storia di quelle terre (la I guerra mondiale 1914-1918, e poi il governo delle autorità dell' Ucraina, la guerra tra la Polonia e l'Unione Sovietica nel 1920).

Finalmente nel 1930 don Jan Wiecki, fratello della Serva di Dio, sacerdote che lavorò per lungo tempo con la gioventù nell'arcidiocesi di Leopoli e fu prefetto delle scuole locali, osservando il crescere del culto e, nello stesso tempo, essendo lui stesso profondamente convinto della santità di sua sorella, cominciò a raccogliere le testimonianze di varie persone intorno alle grazie ricevute. Lo fece in accordo con il metropolita di Leopoli, l'arcivescovo Bolesław Twardowski, e con i superiori della provincia di Cracovia delle Figlie della Carità.2

Negli anni 1930-1939 e 1946-1970 raccolse circa 200 ringraziamenti per le grazie ricevute. Il numero non è completo perché durante la II guerra mondiale (1939-1945) don Wiecki non ebbe la possibilità di mettere le testimonianze per iscritto.

Durante la stessa guerra suor Kazimiera Hurysz, Benedettina del SS. Sacramento, che attribuiva alla Serva di Dio la grazia della sua vocazione, teneva con sé la copia delle preghiere che suor Marta recitava con i malati nell'ospedale di Śniatyn. Nella raccolta di quelle preghiere suor Kazimiera andava scrivendo le grazie che i fedeli ricevevano pregando presso il sepolcro della Serva di Dio. Ne veniva a conoscenza, innanzitutto, tramite sua madre - Aniela Hurysz che abitava a Śniatyn. Prima della morte (1.X.1945) consegnò i suoi appunti alla madre, però questa non continuò a scrivere, per di più li smarrì durante l'espatrio.3

Finita la II guerra mondiale, dopo la costituzione delle frontiere, Śniatyn e dintorni vennero a trovarsi nella Repubblica d'Ucraina che apparteneva all'Unione Sovietica. A causa delle severe repressioni da parte delle autorità amministrative ci si frenò a scrivere appunti (in particolare su temi religiosi) per paura di finire in prigione, di esser deportati in Siberia oppure condannati a morte.

Qualche volta (specie negli anni sessanta) arrivavano notizie in Polonia da parte di alcuni polacchi rimasti in quelle terre nonostante la repressione, la sovietizzazione e l'ateismo programmati. Sempre si trovavano persone che pregavano al sepolcro della Serva di Dio e ricevevano grazie, però non le scrivevano per paura del pericolo di morte. Nel 1970 morì don Jan Wiecki e per vent'anni (1970-1990) nessuno annotò le grazie ricevute, nemmeno in Polonia. Anche nella Compagnia delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, alla quale apparteneva la Serva di Dio, nonostante fosse ricordata e si fosse a conoscenza delle numerose grazie ottenute per sua intercessione, non si teneva l'elenco.

La situazione cominciò a cambiare con i mutamenti politici avvenuti in Polonia ed in Ucraina negli anni novanta. In quel tempo cadde il sistema comunista. Nel 1990 l'Ucraina acquistò l'indipendenza4. Nella nuova realtà creatasi dopo l'apertura della ‶cortina di ferro”, la Compagnia poté impegnarsi maggiormente a riconoscere il culto privato, le grazie, le notizie nuove sul culto che continuamente arrivavano. Per questo nel 1990 si recò a Śniatyn una commissione speciale composta da due Figlie della Carità e da due sacerdoti della Congregazione della Missione 5. Nel verbale di detta commissione leggiamo tra l'altro:

La gente viene a rivolgere alla defunta suppliche di ogni tipo: chiede la salute, l'aiuto nello studio, l'armonia in famiglia, prega di mantenere in vita il figlio - soldato durante la guerra dell'Unione Sovietica con l'Afganistan [...]. Molte suppliche e tutte sono ascoltate. Esiste la comune convinzione che la suora morta in età giovanile (aveva 30 anni) aiuti in particolare i giovani. Tutti vengono al suo sepolcro, cattolici, ortodossi, anziani e giovani.6

Dopo un simile riconoscimento, su invito della Visitatrice Janina Stachowiak, l'allora segretaria della Provincia di Cracovia, suor Stanisława Motyka, ordinò con precision e tutto il materiale raccolto fino allora sulla Serva di Dio, comprese le grazie. Dopo il 1990 agli atti vennero aggiunti nuovi ringraziamenti per grazie ottenute. Con l'inizio del processo di beatificazione di suor Marta Wiecka a livello diocesano (1997) e con la costituzione della Commissione Storica, una delle suore appartenenti alla Commissione si è impegnata a mettere per iscritto le grazie ottenute. Negli ultimi anni, come all'inizio quando si cominciò a raccoglierle, si nota un continuo afflusso.

Come risulta dalle informazioni sopracitate, per tutto il secolo varie persone hanno dato testimonianza delle grazie ricevute per intercessione della Serva di Dio.

Ventisette testimoni ascoltati durante la ricerca a livello diocesano, tra i quali undici ucraini e sedici polacchi, hanno confermato d'aver ricevuto grazie.

La maggioranza dei testimoni parla di più grazie. Tra le loro testimonianze vi sono anche i ricordi di grazie ottenute durante la II guerra mondiale.

Cominciamo col riportare esempi di quel periodo, perché, come abbiamo accennato, non si raccoglieva allora nessuna documentazione.

Bronisława Markowska, residente a Potoczek, Ucraina, località situata a quattro chilometri da Śniatyn ricorda:

Presso di noi, a Potoczek, vi è un piccolo bosco. Qui scavarono le fosse. A Śniatyn vi era un ghetto di ebrei. [I tedeschi] dicevano loro che andavano a lavorare, li portavano nel bosco dove erano state scavate le fosse e li fucilavano con altre persone. Ne uccisero circa 5000.

Ricordo che mia madre raccontava che una volta condussero gli ebrei lungo la strada nei pressi del cimitero per fucilarli. Camminavano per la strada e ai loro fianchi i poliziotti. Giunti vicino al cimitero una donna con una bambina piccola saltò dalla fila e, attraverso la siepe, si avvicinò al sepolcro della Serva di Dio e vi si adagiò con la bambina. I poliziotti correvano loro dietro però non riuscirono a vederle.

Dieci anni fa forse, quella donna venne a Śniatyn, al sepolcro della Serva di Dio per ringraziarla d'averla salvata. Mia madre parlò con lei. Di quel gruppo si salvò solo lei e la bambina, gli altri furono uccisi tutti.7

Il testimone polacco, Bronisław Wiecki abitante a Szczodrowo nella Pomerania, nipote di Teofil Wiecki, fratello del padre della Serva di Dio, da' testimonianza della grazia ricevuta allora nella loro famiglia:

Quando scoppiò la guerra venne qui la Gestapo, prese con sé nove uomini del nostro paese, tra loro anche mio padre e mio fratello. Mio padre era sindaco del paese, il fratello, amministratore locale. Tutti e due furono fucilati. Da qui vennero prese anche altre persone. Pure gli insegnanti; li fecero entrare in macchina. Qui si trovava anche la sorella della Serva di Dio, Melania che, essendo insegnante, doveva morire. Però sua sorella Barbara si inginocchiò sulla strada e chiese di salvarla per intercessione della Serva di Dio. Melania fu liberata. Sopravvisse alla guerra e abitò a Starogard.8

Nella famiglia della Serva di Dio la ritenevano loro patrona presso Dio e perciò spesso i familiari si rivolgevano a lei per chiedere aiuto nei vari bisogni, credendo nell'efficacia della sua intercessione. Don Bronisław Kupper, parroco della parrocchia romano-cattolica di Bielany Wrocławskie, nipote di Łucja Kupper, cugina della Serva di Dio alla quale ella aveva predetto che avrebbe avuto 20 figli nel matrimonio,9 testimonia:

Parlando delle grazie speciali ricevute per intercessione della Serva di Dio, riporto come molto valido un fatto che io stesso ho sperimentato:

Prima di tutto ciò che riguarda il mio sacerdozio. Finii la filosofia nella Congregazione dei Verbisti (Societas Verbi Divini). A causa della salute, consigliato dal medico, interruppi gli studi e tornai in famiglia. Pensai che cosa dovevo fare in quella situazione. Mia nonna, Łucja Wiecka (figlia del fratello della Serva di Dio), mi consigliò di pregare per intercessione della Serva di Dio. Mi misi in contatto con il fratello della Serva di Dio, don Jan Wiecki e cominciai a pregarla. Fin da piccolo avevo sentito parlare di lei essendo della stessa famiglia, ma solo allora cominciai a pregarla. Infatti, non mi persi d'animo. Sentivo la sua protezione. Finii gli studi e diventai sacerdote.10

Lo stesso testimone ricorda che nonostante la salute fragile, grazie all'intercessione di suor Marta trovava la forza di compiere tutti i suoi impegni sacerdotali. E anche quando ebbe un infarto e venne ricoverato alla clinica cardiologica di Zabrze, ne sperimentò la speciale protezione. Doveva esser sottoposto all'operazione al cuore. Pregava continuamente la Serva di Dio secondo e l'intervento non fu necessario. Il professore (primario), Stanisław Patyka, cambiò idea e mandò don Bronislao al sanatorio. Ciò gli salvò la vita, perché quelli che erano stati operati allora in quell'ospedale morirono a causa dello stafilococco che allora circolava. Conclude la sua testimonianza con queste parole:

Per tutto il tempo ho sentito una particolare protezione della Serva di Dio su di me. La prego di aiutarmi e di continuare a proteggermi. Ho sentito che aiuta anche gli altri.11

Stefania Stefuryn, di confessione romano-cattolica, testimone ucraina, residente a Śniatyn afferma:

Al sepolcro della Serva di Dio la gente viene indipendentemente dalla confessione: vengono i cattolici e i greco-cattolici, gli ortodossi, `ella aiuta tutti'. Mia cugina, Pogarecka Włodzisława, si recò al sepolcro della Serva di Dio per pregare per sua sorella che soffriva d'epilessia, ne chiese la guarigione e la malattia scomparve. Oggi questa persona è sana. La gente va al sepolcro della Serva di Dio anche per presentarle difficoltà o sofferenze fisiche.12

Irena Radewicz di confessione greco-cattolica essa pure abitante di Śniatyn ricorda:

Mia madre era di confessione greco-cattolica. Mio padre era stato deportato in Siberia. Dopo il ritorno lo sorvegliava la NKWD (Commissariato del popolo per gli affari interni - polizia segreta russa). Fu arrestato di nuovo e per futili motivi fu aperta un'inchiesta (1953). Dovevo essere sottoposta ad interrogatorio anch'io. Mi annunciarono che se le mie deposizioni concordavano con quelle di mio padre, egli sarebbe stato liberato.

Prima dell'interrogatorio corsi al sepolcro della ‶mammina” e pregai. Al tempo stabilito mi recai all'interrogatorio. Le mie deposizioni concordarono con quelle di mio padre. E quello fu un miracolo. Alla fine mio padre fu condannato ad un anno di prigione e non a cinque. Sono convinta che ciò successe per intercessione della ‶mammina.”13

Le testimonianze dei testimoni dell'Ucraina sono particolarmente preziose a causa delle circostanze politiche citate, che resero impossibile il contatto con la gente di là. Esse confermano che continuamente, per quanto ricordino i testimoni, al sepolcro della serva di Dio si imploravano grazie e la fede nella sua intercessione dura fino ad oggi.

Nell' Archivio delle Figlie della Carità di Cracovia, fino alla fine del 2000, sono state raccolte relazioni di 241 grazie. Esse vengono da varie zone della Polonia e dall'estero. Le testimonianze delle grazie provenienti dalla Polonia sono il 78%, dall'Ucraina il 20% e dagli altri paesi il 2% (Lituania, Canada, Germania). La percentuale più alta di grazie ottenute in Polonia può in realtà non rispondere al numero di grazie ricevute dalla gente per esempio in Ucraina, perché là, dopo l'espatrio dei polacchi, nessuno si prese la briga di mettere per iscritto le grazie ricevute, a causa delle ragioni politiche summenzionate.

Le grazie ricevute erano di natura diversa. Eccone l'elenco secondo il contenuto:14

1. Il ricupero della salute (oppure il miglioramento)

132

2. L'aiuto nello studio

15

3. L'esito favorevole del processo giudiziario

15

4. L'aiuto in situazioni difficili

13

5. Un salvataggio miracoloso

12

6. La protezione della Serva di Dio (varie grazie)

12

7. Un parto fortunato

10

8. La conversione (rompere con il peccato)

6

9. Il trovare lavoro

5

10. L'aiuto e la protezione nel lavoro pastorale

5

11. La conservazione degli averi o il ricupero di essi

4

12. La protezione durante la guerra

4

13. L'aiuto nella vita spirituale

4

14. La concordia e il miglioramento dei rapporti con l'intorno

4

Nelle testimonianze e nei ringraziamenti è evidente l'incessante fede nell'aiuto della Serva di Dio. Nella Copia Pubblica doc. nelle pagine 207-342 sono state prese in considerazione 206 grazie. Quasi tutte hanno conferma dell'ufficio parrocchiale, alcune hanno anche la documentazione medica. A mo' d'esempio ben vengano alcune grazie scritte come delle prime. Eccone la sintesi:

1. Helena Dubiel Ambroziak abitava a Kołomyja. Dal 22 novembre alla fine di maggio del 1930, era in cura dal dottore Włodzimierz Biłozor. Helena soffriva d'infiammazione delle pelvi renali, dei reni e dell'endocardio. La malattia causò anche un'infiammazione generale del sangue. Durante la malattia si manifestò alcune volte insufficienza cardiaca. E tutto questo in concomitanza con una gravidanza che complicava la situazione della paziente. Secondo l'opinione del medico, il suo stato era disperato.

Nel mese di maggio la signora Helena e la sua famiglia chiesero a Dio la salute per intercessione di suor Marta. Avvenne un rapido miglioramento e poi la guarigione.

Fu una guarigione miracolosa, come affermano la signora guarita e suo marito. Lo conferma due volte con la sua dichiarazione anche il dottore che l'aveva in cura. Persino i farmacisti asserirono che il marito aveva comprato da loro medicine per la somma di 700 zł, però esse non avevano portato un miglioramento. Secondo i farmacisti era successa una guarigione miracolosa. 15

2. Il 19 ottobre 1930 Rudolf Thiel fu colpito con una pallottola di fucile nella regione dell'orecchio. Il Dott. Guschelbauer dichiarò che lo stato del ferito era molto grave e non dava speranza che la pallottola si potesse togliere senza la radiografia. Ma nell'ospedale mancava l'apparecchio radiografico. I genitori e i vicini pregarono Dio per intercessione di suor Marta.

Su richiesta delle suore francescane della Famiglia di Maria, che allora lavoravano nell'ospedale di Śniatyn, il dott. Tadeusz Guschelbauer decise di procedere all'operazione. Allorché dopo un lungo intervento riuscì a togliere la pallottola, le suore che assistettero mostrarono la loro gioia e il dottore disse: ‶Non è merito mio, questo è un miracolo. Un caso simile è l'un per cento.”16

Siccome questo fatto fu diffuso pubblicamente come miracoloso, don Marceli Zawadowski, parroco di Waszkowce ascoltò Rudolf Thiel e sua sorella Rozalia e affermò che queste persone erano veraci e che non solo l'operazione era riuscita ma il paziente era guarito molto presto. Le testimonianze sulla guarigione miracolosa sono state confermate dal parroco della parrocchia romano-cattolica di Śniatyn, da don L. Kaściński, da sacerdoti di rito ormiano -da don Kajetan Amirowicz e dal catechista del ginnasio don Karol Czubryj, da Michał e Paulina Wiszniowski (nella casa dei quali avvenne quell'incidente), da Ludwik Wiszniowski, da Marcin Wiszniowski, da suor Rodolfa, da Rozalia Thiel e da suor Marta Zgórska - superiora delle Suore Francescane che lavoravano in ospedale.17

3. Tadeusz Jakiełła, 19 anni, operaio di Lubatowa, il 9. 10. 1930 ebbe un incidente durante il lavoro. Nel bosco gli cadde addosso un grande albero che gli spezzò alcune costole, ebbe serie contusioni al bacino ed agli arti inferiori. Il dott. Zygmunt Wallach che gli portò i primi soccorsi, sostenne che lo stato della sua salute era così grave e serio da non far pensare a niente di buono. Anzi era sicuro che l'incidente si sarebbe concluso con la morte. Però i genitori e i conoscenti pregarono per la salute del figlio per intercessione della Serva di Dio.

Di fronte al risultato di quella preghiera lo stesso dottore afferma: Prendendo in considerazione lo stato disperato del ferito, mi sono convinto che l'intercessione di suor Marta presso Dio è stata la causa della guarigione miracolosa di Jakiełła Tadeusz, che al presente è completamente sano e capace di lavorare.18

Il fatto venne confermato anche dai genitori Jan e Katarzyna Jakiełła, dal vicino Grzegorz Zając e dai testimoni casuali che si trovavano a Iwonicz in quel tempo, il barone Ludwik Puget e Zofia dei conti Załuski, Dobiesława Kwilecka.19

4. Nel 1939 Machuta Klara, madre di sei figli, era in attesa del settimo. Durante la gravidanza sopravvennero problemi di salute accompagnati da frequenti emorragie. Il medico consigliò di interrompere chirurgicamente la gravidanza avanzata, affermando che quello avrebbe migliorato lo stato della sua salute. La malata era costretta a letto e non poteva fare nessun lavoro domestico. Non voleva però perdere il bambino, per il quale aveva sofferto tanto.

In quell'angustia ella si rivolse a Dio chiedendo aiuto per intercessione di suor Marta. Nel giorno in cui fu celebrata la messa con questa intenzione ella si sentì molto meglio e poté alzarsi. Nei giorni seguenti non ebbe più necessità di rimanere a letto e poté fare i lavori domestici. A suo tempo partorì un bambino sano, senza problemi di salute.

Klara depose la sua testimonianza davanti al parroco della parrocchia di Szczecin il 1.02.1961.20

Dai quattro esempi riportati sopra, due provengono dall'attuale Ucraina e due dalla Polonia.

All'intercessione della Serva di Dio ricorrevano anche i sacerdoti. Il parroco della parrocchia romano-cattolica di Topolno (distretto Świecie, Polonia) don Karol Romańczuk scrive:

Sono convinto che suor Marta è in cielo perché spesso invoco la sua intercessione e sono ascoltato. Ultimamente, nel 1965 prima di Natale, cominciarono a farmi molto male i denti e i due ultimi molari uscivano dalle gengive. A causa degli impegni pastorali non si parlava di andare dal dentista.

Spaventato da quella prospettiva invocai: Suor Marta, salvami! Il dolore m'impedisce di lavorare e ci sono tante confessioni, prediche, la messa di mezzanotte. Come potrò parlare e masticare se mi cadono gli ultimi denti. Con queste parole mi misi l'immaginetta di suor Marta sul viso. In quel momento i miei denti si rinsaldarono al loro posto e il dolore spariva, come se qualcuno me lo togliesse con la mano, così mi sembrava. Natale passò, finirono le visite pastorali e i lavori festivi e il mal di denti non si ripeté. Fino al momento presente non ho avuto bisogno del dentista.21

Padre Aleksander Zonn della Congregazione della Missione di San Vincenzo dè Paoli di Monasterzyska (attuale Ucraina) scrive:

Nel mese d'ottobre del 1944 allorché nel paese Monasterzyska, presso Human a Podole, tentavo con insistenza di rivendicare la chiesa cambiata in chiesa ortodossa nel 1942, ottenni una grande grazia per intercessione di suor Marta Wiecka.

Nell'arco di tre giorni, durante i quali intensificai le mie domande, successe un decisivo cambiamento nell'atteggiamento dell'impiegato - un ateo, il quale con tutta fermezza e sotto minaccia di profanare le cose sacre, chiese al sacerdote ortodosso di togliere dalla chiesa gli arredi ortodossi e le cose liturgiche e di riconsegnare la chiesa ai cattolici sotto la mia direzione.22

Un altro sacerdote, padre Józef Januś, Oblato di Maria Immacolata, missionario, riporta un avvenimento che sperimentò durante la missione a Kłodawa (Pomerania, Polonia):

Arrivai nella parrocchia di Kłodawa il 2 maggio 1957 per preparare i voti di Jasna Góra. La freddezza dei parrocchiani era insolita. Il giorno dopo, durante la messa, raccomandai tutto ciò alla Madonna per intercessione della venerabile suor Marta Wiecka, se questa era in grazia presso Dio. Quale fu il mio stupore quando la sera entrai in chiesa e vidi che era gremita di fedeli. Vidi in ciò chiaramente il dito di Dio, che la soprannominata suora era in grazia presso Dio.23

Suor Marta Binka, con la quale la Serva di Dio visse nella comunità di Śniatyn, testimoniò ripetutamente sulla sua vita e sulla sua morte. Nella lettera a don Jan Wiecki, 28 dicembre 1952, ella scrive che dopo la morte della Serva di Dio molte persone chiedevano la sua intercessione nelle loro diverse necessità e avvenivano molti miracoli.24 Ella stessa descrive la grazia che aveva ottenuto durante il suo soggiorno a Bursztyn (paese situato in territorio dell'attuale Ucraina). Suor Binka non riporta la data precisa, però poté accadere probabilmente tra gli anni 1931 e 1943.

Mi trovavo allora a Bursztyn, il grano era molto bagnato tanto che la gente non poteva raccogliere niente dai campi. Poi vi furono 2-3 giorni di sole. Noi avevamo già raccolto il nostro grano e l'avevamo già messo nell'orto vicino al fienile. All'improvviso si fece buio e vennero terribili nuvole. Il nostro operaio andò nuovamente nel campo per riportare il resto del grano. Vedendo quei nuvoloni, elevai un sospiro alla nostra cara e amata suor Marta Wiecka, chiedendole di intercedere per noi presso Dio perché quel grano era il nostro mantenimento per tutto l'anno. E, miracolo, non cadde nessuna goccia di pioggia su di noi e il ragazzo tornò con il grano asciutto anche se il cavallo camminò con l'acqua fino alle ginocchia. Poi tutta la città venne a vedere e si stupirono poiché non avevano mai visto un miracolo simile. Tutto ciò lo testimonio come vero.25

Un'altra Figlia della Carità, suor Janina Kroczka, ringraziando la Serva di Dio per una grazia ricevuta scrisse:

Il 10 agosto 1997 la suora che stava nella portineria della nostra casa prima delle sette di mattina ricevette una telefonata da mia sorella che abitava a Rajsko e mi chiedeva di pregare per sua nuora - Barbara, che era ricoverata in ospedale e aveva difficoltà per partorire.

Pregai molto durante la giornata e alle 16 telefonai alla sorella. Ricevetti la notizia che Barbara continuava a soffrire tanto e le stavano dando una flebo. Mia sorella con angustia e con pianto chiese di continuare a pregare.

Dopo le 20 ebbi un'altra telefonata da mia sorella: lo stato della malata era molto grave e i medici suggerivano un'operazione. Allora, incoraggiata dalle consorelle, mi rivolsi con preghiere alla Serva di Dio, chiedendole di implorare da Gesù e da Maria Immacolata la grazia di un felice parto affinché il bambino potesse lodare Dio. Promisi anche che se Barbara avesse partorito senza intervento chirurgico io avrei scritto un ringraziamento.

Fino alle 24 non chiusi occhio e non riuscii ad addormentarmi. Tutto il tempo pregavo chiedendo a suor Marta di aiutarci. Prima delle ore 9, l'11 agosto, ricevetti la notizia che alle ore 2.05 della notte, Barbara aveva partorito un bambino. Adempio la mia promessa, ringrazio Dio a suor Marta per aver interceduto un parto felice a Barbara fu e senza l'operazione.26

L'intercessione della Serva di Dio la cercavano non solo le comunità delle Figlie della Carità, ma anche i loro ex - collaboratori. La signora Krystyna Śliwińska, impiegata dell'ospedale di Sniatyn, porta la testimonianza di due grazie che suor Marta le aveva implorato ancora durante la sua vita terrena.27

Del periodo posteriore cita anche una grazia ricevuta nel 1932 e osserva:

Con l'aiuto di suor Marta vinsi a Leopoli un processo che non era affatto da vincere.28

Un'altra impiegata dell'ospedale di Śniatyn, la signora Maria Szymonowicz scrive:

Da suor Marta Wiecka ricevetti due volte la grazia di una miracolosa guarigione: una volta da una grave insufficienza di cuore e l'altra da una paralisi alle gambe, per cui non mi potevo muovere. La deposizione sopra citata della vita santa di quella persona a me molto cara, tanto stimata e che morì tra le mie braccia e quella della mia guarigione miracolosa mossa da gratitudine le pongo davanti alle autorità ecclesiali sotto giuramento.29

Un'amica degli anni scolastici, Anna Grochowska, confessa:

Quando, nelle più svariate sofferenze e nei problemi della vita, mi rivolgevo con piena fiducia all'intercessione di suor Marta Wiecka, Figlia della Carità, ho sempre sperimentato sollievo e consolazione.30

Con maggior precisione descrive la grazia ricevuta per suo marito:

Allorché il 1 aprile 1932 mio marito Franciszek Grochowski ebbe un incidente sfortunato e il dottore affermò che stava molto male, io presa dall'angustia mi rivolsi alla mia amica d'infanzia che godeva di fama di santità, la Figlia della Carità, suor Marta Wiecka, chiedendole aiuto: O, Marta Maria, eri la mia amica carissima e adesso sei in cielo; implora presso il Cuore Divino di Gesù la grazia di lasciare in vita mio marito e il padre dei miei figli. Dopo breve tempo, nonostante l'operazione gravissima e il pericolo di morte, mio marito guarì e il dottore affermò che era una particolare fortuna. Allora fu un miracolo evidente come si pronunciò la superiora della casa di Starogard, suor Imelda e pure suor Fortunata, cui era affidato il reparto dei malati.31

In alcune descrizioni delle grazie, coloro che le hanno esperimentate ricordano anche di aver sentito la presenza della Serva di Dio oppure d'averla visto. In una delle testimonianze A. Szklarska afferma:

Testimonio che devo alla venerabile suor Marta Wiecka, Figlia della Carità, la guarigione dell'occhio. E' successo così: Un giorno del mese di maggio 1933, tra le 8 e le 9 di mattina, prendendo dalla stufa l'acqua bollente, senza volerlo, feci cadere il pentolone e l'acqua schizzò così che mi bruciò l'occhio sinistro. L'occhio cominciò a gonfiarsi e a bruciare, come se dentro ci fossero carboni ardenti. Da chi dovevo andare, io non potevo guarirmi l'occhio da sola, non avevo i soldi per il dottore, il farmacista rifiutò di aiutarmi, perché non poteva far niente senza il medico.

Nella mia angustia e nella mia paura mi rivolsi al Cuore di Gesù e alla Madonna per intercessione di suor Marta Wiecka, alla cui intercessione la gente deve a Dio tante grazie e guarigioni miracolose. Mentre pregavo, mi apparve suor Marta Wiecka che teneva nella mano un fazzoletto bagnato e stropicciava con esso il suo occhio. Mi alzai subito e dopo aver bagnato un fazzoletto, stropicciai l'occhio tre volte e, con mia sorpresa, il gonfiore passò e l'occhio guarì. Oltre questa grazia ne ho ricevute tante altre in questa vita per sua intercessione; tra queste che mio figlio Andrzej Szklarski abbia ricevuto un impiego statale.

Per la grazia della guarigione del mio occhio ringrazio con umiltà il Cuore Dolcissimo di Gesù, la Madonna e la venerabile suor Marta Wiecka FdC per intercessione della quale l'occhio fu miracolosamente guarito.32

Testimonianze simili non sono molte.

Sembra che la Serva di Dio sia particolarmente sensibile ai bisogni delle persone sofferenti. In casa aiutò la madre nella sua malattia, prendendosi cura dei fratelli e delle sorelle più piccoli. Durante i dodici anni vissuti nella Compagnia si curò dei malati presso l'ospedale di Leopoli, Podhajce, Bochnia e Śniatyn. Dopo la morte continuò ad intercedere per i sofferenti, chiedendo per loro la salute del corpo e spesso dell'anima. Lo sottolineò suor Maria Popiel con le parole: Sono convinta che suor Marta si è presa cura di questa vicenda, perché si trattava di qualcosa riguardante i malati e la salvezza delle anime.33

Le Figlie della Carità che ora (agosto 2000) stanno aprendo una casa a Śniatyn, dopo aver osservato per alcuni mesi, affermano che gente di varie confessioni continuamente viene a pregare al sepolcro della Serva di Dio. Alcuni condividono con le suore la gioia delle grazie ottenute.

La Compagnia delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli ha pubblicato più volte, dal 1997, un opuscolo con una breve biografia della Serva di Dio e con la novena, dato che ci son sempre nuove richieste. Sembra che anche la gente contemporanea abbia bisogno della sua protezione e intercessione.

1 Somm. doc., n. 1, p. 147.

2 Introd., p. 14-15, (Storia della Causa).

3 CP doc., p. 379.

4 Darowski J., Ukraina (Ucraina), Warszawa 1993, p. 30.

5 CP doc., pp. 160-161; Il verbale degli esami della fama della santità della Figlia della Carità sr. Marta Wiecka a Śniatyn, Szerszewo 28.04.1990, I membri della commissione: don Henryk Chojnacki CM (Superiore della Casa dei Padri Missionari a Kleparz, Cracovia), don Tadeusz Wojtonis CM ( parroco a Szerszewo, Bielorussia) sr. Władysława Sarol FdC ( superiora della casa delle Figlie della Carità a Bystra), sr. Irena Wojtonis FdC (di Tarnów).

6 Ibid.

7 T. 10. p.46, § 73.

8 T. 20, p. 76, ad. 9.

9 Inf. vita, p. 190.

10 T. 23, p.100, ad. 44.

11 Ivi, p.101.

12 T. 1, p. 18, § 6.

13 T. 4, p. 27, § 28, § 29.

14 I numeri alla destra significano la quota delle grazie ricevute.

15 CP doc., pp. 213-215.

16 CP doc., p. 209.

17 CP doc., pp. 209-211.

18 CP doc., pp. 211-213.

19 Ibid.

20 CP doc., p. 261.

21 CP doc., pp. 265-266.

22 CP doc., pp. 263.

23 CP doc., p. 303.

24 CP doc., pp. 273-274.

25 CP doc., p. 273.

26 CP doc., p. 340.

27 Inf. vita, p. 175.

28 CP doc., p. 236.

29 CP doc., p. 236.

30 CP doc., p. 229.

31 Ibid.

32 CP doc., pp. 245-246.

33 CP doc., p. 225.

Bibliografia di Suor Marta Wiecka
Figlia della Carità

La sua vita in famiglia

L'autore: Sr Maddalena Castrica FdC

Marta Anna Wiecka nacque il 12 gennaio 1874 a Nowy Wiec, in territorio polacco, nella zona occupata allora dalla Prussia. Era la terza di 13 figli dei quali tre morirono in tenerissima età e cinque in età giovanile.
A Marta venivano affidati i fratellini che giungevano puntualmente a distanza di due o tre anni. Perciò imparò molto presto cosa volessero dire dedizione, pazienza, mediazioni nei piccoli litigi infantili, sonni interrotti, attenzione e senso di responsabilità, emergenze ecc. ecc.
Potremmo definire, la sua, una fanciullezza donata agli altri, ma non del tutto priva di quella spensieratezza che richiede l' età..

A 11 anni, secondo l'uso del tempo, iniziò la preparazione alla Prima Comunione. Le lezioni bisettimanali venivano fatte al mattino, prima della scuola, nella Parrocchia distante 12 chilometri. C'era di che scoraggiarsi, ma Marta fu la prima a reagire: alzata alle cinque del mattino, cammino attraverso scorciatoie, passo cadenzato e continuo, partecipazione alla Santa Messa, lezione di catechismo e poi ritorno a casa dove un'altra giornata di scuola e di lavoro era già spuntata.
Il catechista, Don Marian Dabrowski, avrà un ruolo molto importante nella vita di Marta. A lui affiderà la guida della sua anima, con lui inizierà a rendere più nitidi i contorni di una vocazione religiosa nascente. Don Marian, infatti, era il Cappellano delle Figlie della Carità nella loro Casa Provinciale a Chelmno. Non c'è quindi da meravigliarsi se la giovanissima Marta sentiva insorgere mille interrogativi da sottomettere a Don Marian per sapere sempre più notizie sulla vita delle Figlie della Carità.
Fu Don Marian che, dopo ripetute richieste, suggerì a Marta di scrivere alla Visitatrice di Chelmno per chiederle di essere accolta in comunità. La risposta non si fece attendere e fu positiva, ma c'era una clausola: se voleva conoscere le Suore ed essere a sua volta conosciuta, Marta avrebbe dovuto trascorrere il periodo natalizio a Chelmno.
Volitiva come era, Marta accettò e partì. Fu un'esperienza bella che la segnò per sempre. Al momento di congedarsi si sentì dire di tornare dopo due anni. La giovane Aspirante aveva infatti soltanto sedici anni.
Tornò in famiglia dove riprese il suo posto tra genitori e fratellini da accudire, contando i giorni che mancavano al suo diciottesimo compleanno.

Verso una nuova meta

In questo periodo si inserì un fatto nuovo. Monica Gdaniec, la sua amica del cuore, di due anni più grande, le comunicò un giorno che anche lei voleva diventare Figlia della Carità. Aveva già inoltrato la sua domanda alla Visitatrice di Chelmno, ma le era stato detto di aspettare un po' perché….non c'era posto! Una soluzione per accelerare i tempi c'era: le Figlie della Carità erano anche a Cracovia. Senza dir niente a nessuno, facendosi coraggio l'una con l'altra, le due ragazze scrissero alla Visitatrice di Cracovia. La risposta arrivò e fu positiva.
Era il 25 aprile 1892. Il giorno dopo iniziarono il loro Postulato. Monica aveva 20 anni e Marta 18. Dopo poco più di tre mesi, cominciarono la seconda tappa della loro formazione: il Seminario.
Tutto nella norma: vita di unione profonda con il Signore, conoscenza e approfondimento dello spirito e del carisma vincenziano, esperienze di servizio tra i poveri.

Nelle corsie degli ospedali

21 aprile 1893: Suor Wiecka, rivestita dell'abito delle Figlie della Carità riceve la sua prima destinazione: l'ospedale di Leopoli, il più grande ospedale diretto dalle Figlie della Carità della provincia di Cracovia. Poteva ricevere fino a 1000 malati e vi lavoravano 50 Suore.
Suor Marta vi imparò la professione di infermiera aiutata dalle Sorelle più anziane: il metodo, la precisione, l'attenzione e tutto quel piccolo-grande bagaglio che fa di un'infermiera una maestra in umanità e una messaggera di fede.
Dopo pochi mesi Suor Marta aveva superato gli esami: in molti avevano avuto modo di apprezzarla e di capire che in quella giovanissima Suora c'era stoffa buona.
La ritroveremo l'anno dopo nell'ospedale di Podhajce, una cittadina di circa 6.000 abitanti. Le Suore erano solo in sei e si dedicavano a una sessantina di malati. Le condizioni di lavoro non erano certo le più facili perché, oltre ai malati, le Suore avevano ogni giorno a che fare con gli operai, i disoccupati in cerca di lavoro, i poveri che chiedevano un po' di pane. Se a Leopoli Suor Marta aveva dovuto dimostrare le sue capacità di infermiera, qui le erano molto necessarie l'intraprendenza e l'iniziativa. Era stata mandata lì proprio per questo. Anche qui superò brillantemente l'esame: competenza, professionalità, capacità di relazione, dedizione, pazienza, disponibilità e poi quei momenti tutti intrisi di preghiera per chiedere a Dio una guarigione o una conversione. Nessuno dei suoi malati moriva senza riconciliarsi con Dio.

Spalle robuste per portare la croce

Leopoli, Podhajce: due trampolini di lancio per arrivare fino a Bochnia, una cittadina non lontana da Cracovia, di circa 8.000 abitanti. C'erano 5 Suore per circa 55 malati.
La Suor Servente, Suor Maria Chablo si rese subito conto che la giovane Suora di appena 25 anni era un vero tesoro sia per i malati che per le consorelle: sempre serena, sempre pronta ad aiutare, sempre disposta a prendere su di sé i lavori più pesanti. Non era difficile andare d'accordo con lei.
E invece proprio a Bochnia avvenne quello che nessuno mai avrebbe potuto prevedere: una calunnia odiosa che gettò sulla sua persona un fango pesante.
Un brutto giorno accadde il fattaccio. Nel reparto in cui prestava servizio Suor Marta venne ricoverato un giovane studente piuttosto grave. Fu affidato alle sue cure. Nella stessa camera c'era un uomo affetto da malattie veneree.
Un giorno, mentre aspettava il risultato del termometro, Suor Marta, in un gesto istintivo, si sedette sul letto del giovane. Un gesto innocente che pagò molto caro. L'uomo aveva trovato quello che cercava. Appena uscito dall'ospedale si recò dal Parroco al quale disse che Suor Marta era incinta; il padre del bambino era il giovane malato.
Anche qui nessun approfondimento, nessun confronto. Venne chiamata d'urgenza la Suor Servente alla quale, senza spiegare neppure il perché, fu servita una di quelle docce fredde che lasciano il segno per anni. Finalmente, dopo tante porte chiuse, Suor Maria riuscì a sapere dal suo Confessore di un tempo ciò che era successo. La sua reazione di sorpresa e l' assoluta fiducia nella sua giovane compagna non vennero prese neppure in considerazione.
Tornò a Bochnia col cuore spezzato, impedita di comunicare ad altri l'ingiusta accusa. Soprattutto non voleva che Suor Marta sapesse qualcosa. Ma la Suora sentiva che, all'improvviso, la terra le stava franando sotto i piedi, si vedeva circondata da sguardi sospetti e da voci appena sussurrate. Non sapeva che qualcuno aveva già bussato alla porta delle Suore per lasciare una culla per il nascituro, accompagnando il dono col più ironico sorriso. Non sapeva che per due volte il calunniatore aveva tentato di accoltellare la Suor Servente perché, diceva, proteggeva troppo Suor Marta.
Fu a questo punto che qualcuno cominciò a porsi degli interrogativi sulla personalità dell'incallito personaggio. Ne venne fuori un curriculum da far accapponare la pelle. Solo allora il Parroco capì in che specie di tranello era così ingenuamente caduto. Si recò in fretta in casa delle Suore e lì, davanti a tutte, pianse la sua colpa e chiese ripetutamente perdono.
L'incubo era finito, ma per Suor Marta le cose non cambiarono molto: durante la terribile calunnia era rimasta salda alla croce, in piedi, forte della sua innocenza. In un giorno imprecisato, durante la preghiera, le era apparsa una croce dalla quale uscivano raggi. Aveva sentito anche una voce: "Figlia, sopporta pazientemente tutte le calunnie e tutte le accuse. Fra poco ti prenderò con me"!
Da quel momento Suor Marta aveva sentito un grande desiderio del cielo. Aveva capito che le restava poco da vivere.

Dare la vita

Era il luglio 1902. Nell'ospedale di Sniatyn, una cittadina di circa 11.000 abitanti, c'erano alcuni problemi. Occorreva riportare tranquillità. I Superiori pensarono a Suor Wiecka che aveva già dato prove di serietà e di equilibrio. Suor Marta arrivò a Sniatyn disponibile come sempre. Infinitamente paziente, sempre servizievole e premurosa, lasciava trasparire dal volto una gioia interiore che aveva qualcosa di soprannaturale. Lavorava nel silenzio e nella preghiera. Lei sapeva cose che gli altri non potevano sapere. Ormai poteva contare i giorni che le rimanevano da vivere.

Il prossimo anno farò il Natale in cielo" aveva affermato con convinzione nel dicembre 1903. Le Suore l'avevano guardata sorprese: non c'era assolutamente nulla che facesse presagire una fine a breve scadenza. Anzi le sue forze sembravano aumentare un po' più ogni giorno, sempre disponibile a servire, sempre pronta ad aiutare chi si trovava in difficoltà.
A Sniatyn a Suor Marta era stato affidato il reparto infettivi. Le misure di igiene e le regole di prudenza non erano mai troppe. Il pericolo del contagio era sempre in agguato.
Nella stanza d'isolamento era stata ricoverata una donna colpita da tifo petecchiale, una malattia altamente contagiosa in quel tempo e sicuramente mortale. Invece quella donna ce l'aveva fatta a sopravvivere ed era tornata a casa sua, lasciando però nell'ospedale mille problemi: bisognava procedere ad una accurata disinfezione dell'ambiente e delle suppellettili. Il compito venne affidato al portiere dell'ospedale. Il poveretto si sentì distrutto. Sapeva benissimo che c'era una percentuale altissima di probabilità che contraesse a sua volta la terribile malattia. Pensò alla sua giovane sposa, al suo bambino di pochi anni. Pianse, si disperò, implorò.
Suor Marta lo vide e si commosse profondamente. Senza pensarci due volte propose la soluzione: "Vado io"! Nessun ripensamento, nessun tentennamento. Quella determinazione che l'aveva caratterizzata per tutta la vita, si rivelò in tutta la sua pienezza. Suor Marta andò, disinfettò.
Erano trascorsi solo pochi giorni. Il 23 maggio 1904 si sentì invasa da una grande debolezza. Si mise a letto. Le cure che le vennero somministrate non valsero a nulla.
Qualcuno pensò che le previsioni da lei fatte sulla sua fine contenevano qualcosa di vero.
Suo fratello Don Jan, Sacerdote da pochi anni, accorse al suo capezzale.
Il 30 maggio le condizioni fisiche di Suor Marta si erano ulteriormente aggravate. Quasi per scongiurare la sua fine prematura, una Suora le disse: "Maggio sta ormai per finire e tu sei ancora qui con noi"! Suor Marta abbozzò un sorriso e precisò che era solo questione di ore.
Morì quella sera stessa. La notizia della sua morte si diffuse in un baleno. Tutti volevano sapere, tutti volevano vederla. La gravità del male che l'aveva colpita non permetteva assembramenti. Molti piansero quella giovane vita stroncata; molti lodarono il gesto che aveva coronato la sua vita.
Per disposizione delle autorità sanitarie, la salma di Suor Marta fu portata attraverso quella scala secondaria di cui aveva parlato. Per misure di prudenza non fu permesso portarla in Parrocchia.
Il corteo funebre si diresse direttamente verso il cimitero di Sniatyn. A presiedere il tutto c'era suo fratello Don Jan.
La salma venne tumulata accanto alla tomba di San Giovanni Nepomuceno, il Sacerdote morto martire per non aver voluto infrangere il sigillo sacramentale e di cui Suor Marta era devotissima fin dalla fanciullezza.
Solo alcuni giorni dopo le Suore si resero conto che anche questo particolare era entrato nelle "profezie" di Suor Marta.

Dopo 100 anni…

Gli anni trascorsero più o meno rapidi, pieni di vicende politiche che parlavano di guerra, di spartizioni, di germanizzazione. La Polonia conobbe pagine durissime della sua storia.
Le Figlie della Carità dovettero lasciare molte delle loro attività a servizio dei Poveri, tra cui l'ospedale di Sniatyn (1920).
Inspiegabilmente la tomba di Suor Marta continuò ad essere sommersa di fiori. Pochissimi a Sniatyn sapevano ormai chi fosse colei il cui corpo riposava nel loro cimitero. La chiamavano la Madre, la Monaca, ma le conoscenze non andavano molto più lontano. Una cosa però la sapevano: la Madre aiutava tutti.



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