malattie%20infettive

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PRINCIPALI MALATTIE INFETTIVE

SCARLATTINA (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Streptococchi

β

-emolitici del gruppo A di Lancefield.

Infezioni da streptococchi di gruppo A (Streptococcus pyogenes):
portatore sano: sino al 10% dei bambini e dei giovani
infezioni non invasive: mucose (tonsillite, faringite, otite media, sinusite) e cutanee

(impetigine)

febbre puerperale
infezioni invasive: ad es. infezione di ferite (chirurgiche), fascite necrotizzante
da invasione del torrente ematico: sepsi, meningite, shock tossico.

Epidemiologia

Picco di frequenza: 3º-10º anno di età.
Comparsa di episodi endemici nelle comunità; picco stagionale: ottobre-marzo.

Trasmissione

Prevalentemente contagio mediante goccioline di Flügge; raramente da pus, latte infet-
to, oggetti contaminati, ecc.

Incubazione: 2-4 giorni.

Infettività: termina di regola 24 ore dopo l’inizio della terapia antibiotica.

Patogenesi

Le infezioni da streptococchi portano primariamente ad una infezione locale e non la-
sciano perciò nessuna immunità antibatterica, bensì una immunità antitossinica verso la
tossina eritrogenica, di cui esistono 3 diversi varianti antigeniche (A, B, C). Se in caso
di infezione da streptococchi non esiste nessuna immunizzazione verso la relativa tos-
sina eritrogenica, insorge la scarlattina (nel caso opposto insorge soltanto una angina da
streptococchi). La presenza di diverse tossine eritrogeniche (diversi streptococchi) spie-
ga anche la possibilità di ripetere la scarlattina (1-4% dei casi).

Clinica

esordio improvviso e dirompente con angina, vomito, tosse, febbre alta, tachicardia,

emicrania e dolori diffusi in tutto il corpo

• faringite, angina tonsillare con enantema (anche all’ugola), ingrossamento dei linfo-

nodi sottomandibolari

la lingua all’inizio si presenta patinosa, a partire dal quarto giorno è di color lam-

pone

• il 2° o 3° giorno comparsa dell’esantema: di dimensioni a capocchia di spillo, si ma-

nifesta inizialmente alle ascelle, all’inguine, espandendosi in alto verso il collo, in-
tenso arrossamento delle guance, non colpisce il triangolo bucco-mentoniero; dopo 2-
4 settimane desquamazione furfuracea al tronco e più grossolana a livello del palmo
delle mani e della pianta dei piedi

segno di Rumpel-Leede positivo (comparsa di petecchie sull’avambraccio dopo insuf-

flazione per 5 minuti del bracciale per la misurazione pressoria appena sopra il valo-
re della diastolica).

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Complicanze

decorso di tipo tossico: vomito, diarrea, insufficienza circolatoria (miocardite), con-

vulsioni, sonnolenza

• tonsillite ulcerativa, sinusite purulenta, otite media
decorso di tipo settico: trombosi dei seni venosi cerebrali, meningite
complicanze tardive da ipersensibilità agli streptoccchi: febbre reumatica, cardite reu-

matica, chorea minor, glomerulonefrite acuta.

Diagnosi differenziale

Verso rosolia/morbillo: vedi schema nel cap. Rosolia.
Scarlattina da stafilococchi, sindrome da shock tossico, sindrome di Kawasaki (rara sin-
drome vasculitica), ecc.

Diagnosi

1. clinica
2. laboratorio:

— leucociti con striature basofile, eosinofilia, VES aumentata
— aumento del titolo anti-streptolisina O (TASLO) e anti-DNAsi B (ADB).

Regola: titolo ASLO preferenzialmente aumentato nelle infezioni faringee; tito-
lo ADB preferenzialmente aumentato nelle infezioni cutanee e nella glomerulo-
nefrite

— tampone nasale e faringeo positivo per streptococchi

β

-emolitici di gruppo A

(valutare per 2 volte).

Terapia

Il mezzo di scelta è la penicillina orale (penicillina V o propicillina) per 10 giorni (nel-
l’adulto: 1.000.000 UI

×

3/die). In caso di allergia alla penicillina: eritromicina. In ca-

so di fallimento della terapia (germi produttori di

β

-lattamasi oppure rari streptococchi

resistenti alla penicillina), passare alle cefalosporine.
2 settimane dopo l’esordio della malattia controllo delle urine per ematuria!
La microematuria intrainfettiva (nefrite interstiziale precoce) non è pericolosa, la mi-
croematura postinfettiva rivela una glomerulonefrite acuta che deve essere affrontata se-
riamente!

Prognosi

La migliore prevenzione contro la cardite reumatica è rappresentata dal trattamento an-
tibiotico tempestivo e sufficientemente protratto (10 giorni). Peraltro, esso non sempre
consente di evitare la glomerulonefrite post-streptococcica.

Profilassi

Profilassi dei soggetti esposti, a stretto contatto con i malati. Il rientro in comunità può
avvenire dopo 48 ore dall’inizio del trattamento antibiotico e in assenza di segni di ma-
lattia.

ROSOLIA (Obbligo di notifica)

Agente eziologico: virus rubeolico: virus a RNA del gruppo dei togavirus.

Epidemiologia: contagiosità < 50%, picco di frequenza nei bambini in età scolare; l’80-

90% degli adulti di età > 20 anni è immunizzato.

Trasmissione: infezione mediante goccioline di Flügge.

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Incubazione: 2-3 settimane.

Contagiosità

Da 4 giorni prima a 2 settimane dopo l’eruzione dell’esantema.

Clinica

embriopatia rubeolica (Gregg): il rischio maggiore è presente nel primo trimestre di

gravidanza (1

a

-6

a

settimana: 55%; 7ª-12ª settimana: 25%; 13ª-17ª settimana: 10-

15%; oltre la 17ª settimana: di regola nessun danno fetale). Incidenza delle lesioni
d’organo: occhio: 70% (retinopatia, cataratta, raramente glaucoma); orecchio: 60%
(sordità); cuore: 50% (pervietà del dotto di Botallo, difetto del setto, stenosi pol-
monare); lesioni cerebrali e ritardo mentale: 45%; disturbi della crescita, peso alla
nascita ridotto: 75%

infezione rubeolica post-natale:

nei bambini, decorso asintomatico nel 50% dei casi
«esordio in sordina» (al contrario della scarlattina!), spesso decorso inapparente,

senza febbre ed esantema;

esantema a macchie di media grandezza tra quelle del morbillo (macchie grandi)

e quelle della scarlattina (macchie piccole come una capocchia di spillo), non
confluenti; inizio in sede retroauricolare; durata circa 3 giorni;

generalmente è presente linfoadenogemalia, soprattutto nell’area del collo e del-

la testa (retroauricolare): «diagnosi possibile al buio»; splenomegalia nel 50% dei
casi

reinfezione rubeolica:

può manifestarsi molto tempo dopo l’infezione primaria o dopo la vaccinazione.
Decorre generalmente in modo asintomatico.

Complicanze

• encefalite rubeolica (frequenza 1:6.000)
• porpora rubeolica a causa della piastrinopenia transitoria (prognosi favorevole)
• artrite rubeolica (negli adulti, prognosi favorevole).

Diagnosi differenziale

Scarlattina

Morbillo

Rosolia

Inizio

febbre elevata

febbre elevata

febbre moderata

angina (angina

forte tosse

nessun quadro clinico

tonsillare)

evtl. angina

grave

Esantema

eruzione a piccole

eruzione a grandi

solo lieve esantema

macchie dal basso

macchie confluenti

non confluente su

verso l’alto (triangolo

dall’alto verso il basso

collo/petto

bocca-mento risparmiato)

(esordio retroauricolare)

Segni

lingua color lampone

macchie di Koplik

marcata linfoadeno-

particolari

all’interno delle guance

megalia nucale

Diagnosi

— leucopenia, linfocitosi, spesso plasmacellule in circolo
— dimostrazione di anticorpi:

infezione recente: sieroconversione o aumento di 8 volte del titolo degli anticorpi

IgG, aumento degli anticorpi IgM; gli anticorpi IgM possono persistere da soli
anche per oltre un anno (a basso titolo);

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reinfezione rubeolica: aumento del titolo degli anticorpi IgG (le IgM sono gene-

ralmente negative)

diagnostica pre-natale della rosolia (a partire dall’11

a

settimana di gravidanza): di-

mostrazione dell’RNA virale (ad es. mediante PCR) nel liquido amniotico o su ma-
teriale bioptico dei villi coriali; evtl. dimostrazione di anticorpi IgM nel sangue fe-
tale alla 22ª settimana di gravidanza

diagnostica della rosolia nel neonato: in genere dimostrazione di anticorpi IgM,

completata dalla dimostrazione del virus.

Terapia

Immunizzazione passiva pre- e post-esposizione: la somministrazione di gammaglobuli-
ne
tra l’esposizione al virus e la viremia può evitare l’embriopatia; dopo l’insorgenza
dell’esantema non ha più successo!

Profilassi

attiva: somministrazione di 2 dosi di vaccino ad agente vivo attenuato: ad es. vacci-

no trivalente MMR (Measles, Mumps, Rubella), a 12-15 mesi e 6 anni d’età. Vacci-
nare tutti i soggetti di sesso femminile tra gli 11 e i 15 anni. La protezione indotta
dal vaccino dura probabilmente per tutta la vita. Controllare sierologicamente lo sta-
to di protezione delle donne fertili

 in caso di mancata protezione anticorpale, vac-

cinare solo in assenza di gravidanza ed evitare il concepimento nei 3 mesi successi-
vi. Peraltro, non sono noti casi di embriopatia provocati dal virus utilizzato per la
vaccinazione. Controllare sierologicamente il successo della vaccinazione. Vaccinare
i soggetti sieronegativi che lavorano nei reparti ostetrici, pediatrici e negli asili;

passiva: immunoglobuline iperimmuni della rosolia;

indicazioni: donne gravide con situazione immunitaria specifica negativa o ignota,
che siano venute a contatto con pazienti affetti da rosolia.

MEGALOERITEMA INFETTIVO

Sinonimo

Quinta malattia.

Agente eziologico

Parvovirus B19.
Il bersaglio dell’infezione da parvovirus B19 sono le cellule eritropoietiche nel midollo
osseo. Il recettore per il virus è rappresentato dall’antigene P dei gruppi sanguigni.

Epidemiologia

Il picco di frequenza si ha in età scolare, in primavera; talvolta epidemie in comunità.
Sino al 50% dei ventenni e l’85% dei settantenni presenta anticorpi diretti contro il Par-
vovirus B19.

Trasmissione

Infezione mediante goccioline di Flügge e per via parenterale.

Incubazione

6-18 giorni.

Contagiosità

Circa il 50% nei contatti in ambiente domestico.

Clinica

Quasi la metà delle infezioni ha un decorso subclinico;

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esantema maculopapuloso a festone, con esordio al volto (colorazione livida delle

guance, evtl. disegno a farfalla) che periodicamente svanisce e ricompare; durata di
circa 10 giorni (raramente di più)

evtl. artralgie, tumefazione linfonodale, sintomi influenzali
laboratorio: evtl. eosinofilia (25% dei casi), raramente lieve leuco-, linfo- o piastri-

nopenia.

Complicanze

crisi aplastiche nei pazienti con anemia emolitica cronica
— «pure red cell aplasia» nei pazienti affetti da AIDS con infezione da parvovirus B19
infezione in corso di gravidanza: nel primo trimestre: spesso aborto spontaneo; nel

secondo trimestre: anemia aplastica, idrope e morte fetale; nel terzo trimestre: fasi
aplastiche transitorie senza danni al bambino

— evtl. infezione persistente in caso di immunodeficienza.

Diagnosi

diagnostica dell’infezione post-natale:

clinica e dimostrazione di anticorpi IgM

diagnostica dell’infezione pre-natale:

in caso di infezione durante la gravidanza, monitoraggio ecografico della gravidan-
za stessa. Nel sospetto di infezione fetale: analisi di liquido amniotico, liquido asci-
tico e sangue fetale per la ricerca degli anticorpi IgM, del DNA virale e del livello
di emoglobina del feto.

Terapia

— in caso di infezione pre-natale con pericolo di idrope fetale: emotrasfusione in utero
— in caso di infezione post-natale: terapia sintomatica
— in caso di crisi aplastica conseguente a infezione con parvovirus B19: terapia sosti-

tuiva con emocomponenti e somministrazione di immunoglobuline 7S.

Prognosi: nei soggetti sani il decorso è solitamente benigno; complicanze nei gruppi a ri-

schio (vedi sopra).

Profilassi

Evitare il contatto dei soggetti immunodepressi, degli anemici cronici e delle gravide
con i pazienti.

MORBILLO (Obbligo di notifica)

Agente eziologico: Paramyxovirus (virus a RNA).

Epidemiologia

In tutto il mondo, in particolare nei paesi poveri, oltre un milione di bambini muore
ogni anno di morbillo. Elevata contagiosità, elevata frequenza di manifestazioni, eleva-
to grado di immunità

 tipica malattia infantile (i neonati sino a 8 mesi non si amma-

lano grazie alla protezione degli anticorpi ereditati dalla madre, nel caso questa abbia
già avuto il morbillo). Dopo l’infezione, l’immunità perdura per tutta la vita.

Infettività

Inizia con lo stadio prodromico e termina alla
scomparsa dell’esantema.

Incubazione

10 ± 1 giorno; trasmissione aerogena.

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37°C

10°

12° giorno

periodo prodromico

esantema

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Clinica

prodromi: rinite, congiuntivite, tracheobronchite, tosse stizzosa, fotofobia, edema al

volto, enantema al palato + macchie biancastre di Koplik sulla mucosa delle guance
vicino ai molari, febbre;

esantema (causato da immunocomplessi): maculo-papuloso, confluente, con inizio re-

troauricolare, diffusione cranio-caudale e successiva desquamazione furfuracea; alla
comparsa dell’esantema nuovo aumento della febbre;

• linfoadenomegalia;
diminuzione di leucociti, linfociti, eosinofili

 riduzione delle resistenze. Un test al-

la tubercolina precedentemente positivo può temporaneamente negativizzarsi;

• talvolta lievi disturbi addominali.

Complicanze

Nei Paesi industrializzati, nel 15% circa dei casi di osservano:
1. otite media, da superinfezione batterica (è la più frequente)
2. polmonite morbillosa: 3 forme:

— polmonite virale con cellule giganti di Hecht
— sovrainfezione batterica (

 antibiotici)

— polmonite a cellule giganti nei soggetti immunodepressi, con prognosi sfavorevole

3. talvolta laringo-tracheite (con croup

 pericolo di soffocamento  ricovero in

ospedale)

4. encefalite morbillosa: 3 forme:

encefalite morbillosa acuta post-infettiva: da 2 giorni sino a 2 settimane dopo il

morbillo (1:2.000 malati di morbillo di età > 1 anno), con una mortalità del 20%
circa. Guarigione con esiti permanenti (ad es. disturbi dell’intelligenza e della
concentrazione, epilessia, ecc.) sino nel 20% dei casi. Alterazioni transitorie del-
l’EEG nel 50% dei casi, permanenti nel 3%;

encefalite morbillosa subacuta, negli immunodepressi, da 5 settimane sino a 6

mesi dopo il morbillo;

panencefalite sclerosante subacuta (SSPE), da 10 a 15 anni dopo il morbillo =

«slow virus infection» da mutanti virali con l’antigene M contro il quale i pa-
zienti non producono anticorpi (anticorpi vengono però prodotti verso altre pro-
teine strutturali);
epidemiologia: 1:200.000; malattia demielinizzante a esito mortale

5. molto raramente, decorso «fulminante»: esantema poco evidente, insufficienza cir-

colatoria; in soggetti con difese ridotte.

Diagnosi differenziale

Verso rosolia/scarlattina: vedi cap. Rosolia.

Diagnosi

Clinica + sierologia: reazione di fissazione del complemento (il titolo aumenta di 4 vol-
te), dimostrazione di anticorpi IgM nell’infezione recente. In caso di encefalite morbil-
losa dimostrazione del virus nel liquor (mediante PCR). In caso di SSPE titolo elevato
di anticorpi nel liquor (ricerca del virus solitamente negativa).

Terapia

Sintomatica, isolamento del paziente fino a quando è presente l’esantema. Antibiotici in
caso di complicanze batteriche.

Profilassi

immunizzazione attiva (mediante vaccinazione con vaccino ad agente vivo attenuato)

nei bambini a partire dal 12° mese di vita (ad es. nell’ambito di una vaccinazione

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MMR contro morbillo, parotite epidemica e rosolia, con un richiamo a 6 anni)

 è

un obiettivo dell’OMS l’eradicazione del morbillo mediante un programma di vacci-
nazione su scala mondiale.
Effetti collaterali: nel 15% dei casi morbillo da vaccino 8 giorni dopo la vaccinazio-
ne, encefalite estremamente rara; fare attenzione alle controindicazioni

immunizzazione passiva con immunoglobuline G i.m.: va attuata entro 3 giorni dal-

l’esposizione; se praticata tra il 4° e il 7° giorno, evtl. decorso più lieve.

HERPESVIRUS

Dei circa 100 componenti della famiglia degli herpes virus, 7 sono herpes virus umani, e
l’uomo ne è l’ospite naturale:

— virus della varicella-zoster (VZV)
— virus dell’herpes simplex (HSV)
— virus di Epstein-Barr (EBV)
— cytomegalovirus = CMV (= HHV-S)
— herpesvirus umano 6 (HHV 6) = agente eziologico dell’exanthema subitum (febbre

dei tre giorni)

— herpesvirus umano 7 (HHV 7) non associato ad alcuna malattia
— herpesvirus del sarcoma di Kaposi (KSHV = HHV 8) causa del sarcoma di Kaposi.

Tipica degli herpesvirus è la capacità di persistere per tutta la vita nelle cellule bersaglio
dell’ospite. In caso di alterazioni dello stato immunitario si possono osservare riattivazioni
tardive.

INFEZIONI DA VIRUS DELLA VARICELLA-ZOSTER
(Per la varicella: obbligo di notifica)

Agente eziologico

Virus della varicella-zoster (VZV).

Epidemiologia

In età infantile, il VZV provoca la varicella, malattia ad alto indice di contagiosità
(90% dei casi); il 90% dei quattordicenni ha anticorpi contro il virus. Sino al 20% de-
gli adulti parzialmente immunodepressi si ammala (spesso in età avanzata) di una se-
conda manifestazione localizzata, l’Herpes zoster.

Trasmissione

La varicella è un’infezione molto contagiosa, trasmessa per via aerogena attraverso le
goccioline di Flügge. L’infettività è presente dal giorno prima sino alla settimana dopo
la comparsa delle vescicole. La contagiosità delle vescicole da zoster è meno marcata.

Incubazione della varicella

10-21 giorni; picco di frequenza tra i 2 e i 6 anni; il 90% di tutti i casi si verifica pri-
ma del ventesimo anno di età.

Clinica

1. della varicella: infezione primaria da VZV, con esantema vescicolare generalizzato.

Evtl. rash (pre-esantema fugace), febbre. Dal decorso a gittate successive (macule,
papule, vescicole, pustole, croste) deriva un quadro polimorfo «a cielo stellato»: le-
sioni in più stadi, vescicole ben delimitate a pareti sottili, abitualmente assenza di

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cicatrici; le lesioni sono riscontrabili anche sulla mucosa orale. Esantema più fitto al
tronco, condizioni generali di salute poco compromesse, spesso prurito

2. dello zoster: in caso di riduzione della immunità cellulo-mediata, si può giungere

alla riattivazione di VZV persistente nei gangli spinali dopo una infezione primaria
(fase di latenza). Compare più frequentemente nei soggetti più anziani, cui fanno
seguito i pazienti con deficit immunitari (tumori maligni, leucemie, malattia di
Hodgkin, AIDS, pazienti in terapia con citostatici o immunosoppressori); anche
l’effetto del sole, i traumi e lo stress possono favorire uno zoster.
Generalmente l’infezione si limita ad uno o più dermatomeri di un lato; evtl. feb-
bre, forti dolori a carico delle aree di innervazione dei nervi spinali colpiti (spesso
nervi toracici, generalmente in modo monolaterale); i dolori possono manifestarsi
prima, durante e dopo l’eruzione delle vescicole. Le vescicole possono sanguinare
(zoster emorragico), di solito con formazione di cicatrici.

Complicanze: decorsi gravi o complicanze si osservano nei pazienti a rischio: soggetti con

deficit immunitari o in terapia immunosoppressiva, neonati, anziani e donne gravide.

Complicanze della varicella
— embriopatia in caso di infezione della madre entro la 20ª settimana di gravidanza

(rischio 2% dei casi)

— varicella connatale in caso di infezione dalla madre da 5 giorni prima sino a 2 gior-

ni dopo il parto; esantema emorragico; mortalità sino al 30%

— otite media
— meningismo, a prognosi favorevole
— cerebellite con atassia (rischio 1:4.000), raramente encefalite (1:40.000)
— polmonite varicellosa (virale ed evtl. da sovrainfezione batterica); mortalità sino al 30%
— in caso di riduzione delle difese o di immunodepressione decorso grave con coin-

volgimento di organi interni.

Complicanze dello zoster
— nevralgia post-erpetica (sino al 70% dei pazienti anziani)
— zoster oftalmico con pericolo di lesioni alla cornea
— molto raramente, complicanze intraoculari da VZV (ad es. nei pazienti affetti da

AIDS) con pericolo di cecità

— zoster oculare, evtl. con paresi facciale (sindrome di Ramsay-Hunt)
— meningoencefalite
— in caso di riduzione delle difese o di immunodepressione, decorso grave sottoforma

di zoster generalizzato con coinvolgimento di organi interni (polmonite, epatite, ecc.).

Diagnosi differenziale

— in caso di varicella: infezioni da Orthopoxvirus, che nei pazienti immunodepressi

hanno un decorso simile al vaiolo!

— in caso di zoster, prima della comparsa delle vescicole: nevralgie da altra causa
— «eczema herpeticum», da infezione da HSV in soggetti con preesistente eczema ato-

pico

— «strophulus infantum» (malattia a eziologia sconosciuta).

Diagnosi

— clinica
— evtl. dimostrazione del virus

a) dimostrazione di antigeni virali
b) isolamento del virus o ricerca del virus al microscopio elettronico su materiale

ottenuto dalle vescicole

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— a causa dell’elevata infettività, la dimostrazone sierologica degli anticorpi ha valore

solo nell’infezione primaria (varicella) (dimostrazione di IgM e sieroconversione).

Terapia

Solo sintomatica in caso di decorso non complicato:
varicella: evtl. sedativi e antiistaminici (per prevenire la comparsa di cicatrici evitare

il grattamento

 tagliare le unghie);

zoster:

— terapia antivirale

Indicazioni: pazienti immunodepressi, età > 50 anni, zoster a carico della testa o
interessamento di più di un segmento nervoso al tronco; vescicole emorragiche o
complicate.
Preparati: aciclovir, famciclovir, valaciclovir, brivudin.
Dosaggio: ad es. brivudin 125 mg/die due volte al giorno per 1 settimana

— in caso di decorso grave, evtl. aggiunta di immunoglobuline iperimmuni e inter-

ferone-

β

.

Attenzione ai glucocorticoidi! Ricercare la malattia possibile causa della riduzio-
ne di resistenza/deficit immunitario;

nevralgia postzosteriana: ad es. somministrazione di carbamazepina o di amitriptilina

(aumentare gradualmente il dosaggio; fare attenzione agli effetti collaterali e con-
troindicazioni); in caso di necessità aggiungere gli analgesici.

Prognosi

— nei soggetti immunocompetenti che non appartengono a gruppi a rischio (vedi so-

pra) la prognosi della varicella e dell’herpes zoster è favorevole. Un problema tera-
peutico è però rappresentato dalle nevralgie post-zosteriane persistenti

— in caso di pazienti a rischio, il decorso è grave, con alta mortalità. La terapia anti-

virale precoce migliora la prognosi.

Profilassi

Prevenzione dall’esposizione: i bambini affetti da varicella non possono vivere in

comunità sino a 2 settimane dopo l’esordio dell’esantema.

Immunizzazione passiva con immunoglobuline iperimmuni anti varicella-zoster in

caso di esposizione di soggetti non immuni a rischio (ad es. neonati da madri che
hanno contratto la varicella in periodo perinatale oppure gravide in contatto con
persone malate).
Le immunoglobuline iperimmuni proteggono dalla malattia solo se somministrate
entro i primi 3 giorni dall’esposizione.

Immunizzazione attiva con vaccino VZV vivo attenuato.

Indicazione: soggetti sieronegativi a rischio: ad es. donne con il desiderio di figli,
bambini con tumori maligni, neurodermite oppure prima di una terapia immunosop-
pressiva; pazienti leucemici solo se in remissione clinica (> 1 anno), con conta
linfocitaria normale e con interruzione della terapia di mantenimento con citostatici
da 1 settimana prima a 1 settimana dopo la vaccinazione.
Controindicazioni: terapia immunosoppressiva (vaccinare negli intervalli liberi da
terapia), gravidanza.

INFEZIONI DA HERPES SIMPLEX

Agente eziologico

Virus dell’herpes simplex, tipo 1 e 2 (HSV-1 e HSV-2), un herpesvirus a DNA.

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Epidemiologia

HSV-1: l’infezione esordisce in età infantile; in età adulta è infetto più del 95% della
popolazione.
HSV-2: l’infezione esordisce dopo la pubertà; in età adulta è infetto il 10-30% della po-
polazione.

Trasmissione

HSV-1: per via orale (infezione da goccioline di Flügge).
HSV-2: per via sessuale o perinatale.

Incubazione

Infezione primaria da HSV-1: da 2 a 12 giorni.

Clinica

1) Infezione primaria:

— decorso asintomatico (> 90% dei casi)
— decorso sintomatico (< 10% dei casi).

HSV-1:
gengivo-stomatite erpetica
(stomatitis aphtosa): generalmente in bambini piccoli, di
1-4 anni: febbre, vescicole dolorose che possono ulcerare, localizzate nel cavo ora-
le e/o faringeo; linfoadenite locale; circa il 20% delle infezioni genitali erpetiche so-
no provocate da HSV-1.

HSV-2:
• nei neonati:

infezione connatale da HSV-2: sepsi erpetica del neonato con febbre, vescico-

le generalizzate, ittero, epato-splenomegalia, emorragie cutanee, encefalite; se
non trattata l’infezione risulta sempre letale;

infezione del neonato alla nascita: presenta un quadro clinico grave con mor-

talità del 30 % circa;

herpes genitalis nei giovani e negli adulti: solo il 30% dei casi decorre con ma-

nifestazioni cliniche tipiche; il 20% presenta sintomi aspecifici (ad es. turbe della
minzione); il 50% delle infezioni decorre asintomatica. I sintomi sono:
— nelle donne: vulvovaginite erpetica dolorosa e con bruciori, evtl. con disuria e

febbre, linfoadenite regionale;

— negli uomini: herpes genitale: vescicole di preferenza al glande; evtl. anche

infezione anale da HSV-2 (in caso di corrispondente contatto sessuale).

2) Riattivazione endogena

Dopo l’infezione primaria, l’HSV rimane nei gangli nervosi regionali (ganglio tri-
geminale di Gasser in caso di HSV-1, gangli lombosacrali in caso di HSV-2) senza
sintomi di malattia (infezione latente). 1/3 della popolazione soffre di lesioni orali
recidivanti da HSV.
Cause scatenanti una riattivazione endogena: infezioni, febbre («vescicole da feb-
bre»), raggi del sole (herpes solaris), ferite, alterazioni ormonali (ad es. ciclo me-
struale, gravidanza), turbe psichiche, deficit immunitario, ecc.
— eliminazione asintomatica del virus
— eliminazione sintomatica del virus = recidiva:

HSV-1: herpes labialis: formazione di vescicole periorali che formano un’escara
e guariscono senza cicatrice.
HSV-2: herpes genitalis: formazione di vescicole e ulcerazioni perigenitali e pe-
rianali, accompagnate evtl. da malessere generale e lieve febbre. Le recidive so-
no più frequenti nell’HSV-2 rispetto all’HSV-1.

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Complicanze

— cheratocongiuntivite erpetica con evtl. danni corneali
— complicanze neurologiche in caso di herpes anogenitale (ritenzione urinaria ecc.)
— eczema herpeticum: grave forma d’infezione erpetica nei neonati, su cute preceden-

temente alterata da lesioni eczematose

— meningite benigna
— encefalite erpetica: è la forma più frequente di encefalite virale; colpisce di preferen-

za il sistema limbico e i lobi temporali; è causata generalmente da HSV-1. Una tem-
pestiva diagnosi (RMN) e terapia sono decisive per la prognosi (mortalità > 80%)

— la paresi idiopatica del facciale è causata probabilmente dall’HSV di tipo 1
— nei pazienti con difese ridotte, immunodepressi e con AIDS: solitamente decorso

grave e polmonite da HSV

— in caso di AIDS: manifestazioni necrotizzanti della cute e/o delle mucose, a diffici-

le guarigione; cheratocongiuntivite, retinite, uveite, meningoencefalite.

Diagnosi differenziale

— in caso di gengivostomatite erpetica: herpangina da virus coxsachie A
— in caso di herpes genitalis: affezioni veneree (TPHA, diagnostica della gonorrea, test

per HIV)

— in caso di herpes genitalis con turbe della minzione, si pone talvolta diagnosi erra-

ta di cistite/uretrite

— in caso di lesioni corneali: cheratocongiuntivite da adenovirus.

Diagnosi

Clinica ed evtl. dimostrazione del virus dal contenuto delle vescicole e delle ulcerazioni:
• dimostrazione degli antigeni dell’HSV oppure del DNA virale
isolamento del virus (la coltura cellulare è più affidabile della microscopia elettronica)
• a causa dell’alto tasso di infezione della popolazione, la dimostrazione di anticorpi

anti-HSV ha significato solo in caso di infezione primaria (anticorpi IgM e sierocon-
versione).

Terapia

1. terapia di un evtl. deficit immunitario
2. chemioterapia antivirale:

sistemica: l’aciclovir è il farmaco di prima scelta: è attivo contro l’HSV in re-

plicazione, ma non in caso di infezione latente. Il famciclovir e il valaciclovir
rappresentano possibili alternative terapeutiche in caso di trattamento orale.
Dosaggio: aciclovir 200 mg

×

5/die per 10 giorni; valaciclovir 500 mg

×

2/die

per 10 giorni; famciclovir 250 mg

×

3/die per 5 giorni.

Indicazioni: decorso grave, complicanze, infezione genitale primaria, gengivo-
stomatite, cheratite, ecc.

locale: aciclovir in pomata (in pomata oftalmica in caso di cheratite erpetica)
— in caso di infezione attiva in corso di gravidanza: parto cesareo prima della rot-

tura spontanea delle membrane

— nel sospetto di infezione da HSV del neonato: trattamento immediato con aci-

clovir.

Prognosi: è favorevole in caso di infezione localizzata. In caso di infezione erpetica gene-

ralizzata, di encefalite e di soggetti immunodepressi, il decorso può porre il paziente in
pericolo di vita (elevata mortalità).

Profilassi: in caso di herpes genitale florido nella donna gravida: parto cesareo.

In caso di soggetti immunodepressi: profilassi con aciclovir o famciclovir.

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INFEZIONE DA VIRUS DI EPSTEIN-BARR (EBV)

Agente eziologico

Il virus di Epstein-Barr (EBV), di tipo 1 e 2, è un virus a DNA del gruppo dei virus
erpetici. Le cellule bersaglio dell’EBV sono l’epitelio naso-orofaringeo e i linfociti B
che recano l’antigene CD21, che funge da recettore per il virus. In caso di sistema im-
munitario normale, la maggior parte dei linfociti B infettati dall’EBV viene rapidamen-
te eliminata. La piccola popolazione residua di linfociti B infettati può peraltro causare
una persistenza del virus per tutta la vita.

Epidemiologia

Nell’Europa occidentale oltre il 95% dei soggetti sotto i 30 anni di età è stato infettato
dall’EBV

 picco di malattia in età giovanile. Nell’Africa centrale quasi tutti i bambi-

ni, già a 3 anni d’età, risultano infettati.

Trasmissione

Tramite la saliva (diffusione negli asili con i baci: «kissing disease»).

Incubazione

10-14-50 giorni.

Clinica

In età infantile l’infezione è generalmente asintomatica, in età più avanzata si manife-
sta invece con un quadro clinico tipico: mononucleosi infettiva (o febbre ghiandolare di
Pfeiffer), caratterizzata dalla triade angina tonsillare/faringite febbrile + linfoadenome-
galia + alterazioni ematologiche tipiche con presenza di virociti.

Decorso

forma ghiandolare: linfoadenomegalia generalizzata (50% dei casi), spesso anche

splenomegalia (solitamente > 500 g, con pericolo di rottura di milza) e tonsillite;

forma esantematica (3% dei casi): esantema petecchiale a livello del palato duro.

Nota: è frequente la comparsa di un esantema da farmaci nei pazienti trattati con am-
picillina (che è pertanto controindicata);

forma epatica (5% dei casi): quadro di epatite (occasionalmente itterica) a prognosi

favorevole.

Complicanze

• lieve granulocitopenia e piastrinopenia
• raramente, sindrome emofagocitica para-infettiva con pancitopenia ed evtl. emorragie,

secondarie all’aumento patologico dell’emofagocitosi

• raramente, rottura di milza
• meningoencefalite, miocardite
sindrome TINU = nefrite tubulo-interstiziale + uveite, nei bambini e nei giovani
mononucleosi cronica: variante di decorso molto rara, caratterizzata da replicazione

virale persistente. Febbre, calo ponderale, linfoadenopatia, epatosplenomegalia, evtl.
piastrino- e granulocitopenia, anemia emolitica, diminuzione del rapporto T

4

/T

8

, ecc.

infezione da EBV nel paziente immunodepresso:

— la proliferazione incontrollata di linfociti B immortalizzati a seguito dell’infezio-

ne da EBV provoca affezioni linfoproliferative policlonali dei linfociti B stessi;

— nella assai rara sindrome linfoproliferativa ereditaria recessiva legata al cromo-

soma X (XLP, malattia di Duncan, sindrome di Purtilo), il sistema immunitario
non è in grado di controllare l’infezione da EBV

 ne deriva un’autodistruzione

del sistema immunitario, solitamente ad esito mortale

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neoplasie associate all’EBV:

— linfomi B-linfocitari associati all’EBV vengono osservati nei pazienti con AIDS e

nei soggetti trapiantati in trattamento immunosoppressivo

— l’EBV è sempre presente nelle cellule tumorali del carcinoma naso-faringeo (en-

demico nella Cina meridionale e in Alaska) e nel linfoma di Burkitt (endemico
nell’Africa equatoriale). L’EBV sembra in questi casi agire da cofattore

leucoplachia ad aspetto rugoso («hairy leukoplaky») della mucosa orale: prolifera-

zione epiteliale benigna nei pazienti con AIDS, causata dall’EBV.

Diagnosi differenziale

— angina streptococcica classica
— malattia da HIV acuta
— angina di Plaut-Vincenti
— difterite
— infezione da CMV
— agranulocitosi
— leucemia acuta (quadro ematologico monomorfo; febbre ghiandolare di Pfeiffer:

quadro ematologico polimorfo, eritrociti e piastrine normali).

Diagnosi

clinica e laboratorio: quadro ematologico: leucocitosi con 40-90% di cellule mono-

nucleate e linfociti di aspetto attivato: virociti o cellule di Pfeiffer (= linfociti T atti-
vati)

dimostrazione sierologica degli anticorpi specifici:

1. infezione recente da EBV (mononucleosi infettiva):

— anticorpi anti-VCA («viral capsid antigen») di classe IgG + IgM
— anticorpi anti-EA-D («early antigen diffuse») nell’80% dei casi
— anticorpi eterofili IgM agglutinanti gli eritrociti di montone (reazione di Paul-

Bunnel) nell’80% degli adulti, nel 50% dei bambini.

2. infezione pregressa da EBV:

— anticorpi anti-VCA di classe IgG
— anticorpi anti-EBNA («EBV nuclear antigen») di classe IgG.

Terapia

Trattamento sintomatico.

Prognosi

È favorevole nei pazienti immunocompetenti; negli immunodepressi il decorso è grave.

INFEZIONE DA CYTOMEGALOVIRUS (CMV)

Agente eziologico

Il cytomegalovirus (CMV) è un virus a DNA che appartiene al gruppo degli herpesvi-
rus e, in quanto tale, sospettato di essere oncogeno. Dopo l’infezione primaria persiste
in forma latente nell’organismo e può riattivarsi quando i sistemi di difesa si indeboli-
scono.

Epidemiologia

Nei paesi in via di sviluppo è infetto più del 90% della popolazione, in Europa circa il
50%. Nei gruppi a rischio (AIDS, prostitute, omosessuali), il 90% dei soggetti risulta
positivo per la presenza di anticorpi specifici.
L’infezione da CMV connatale è l’infezione virale congenita più diffusa. Il fattore di ri-

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schio principale è rappresentato dall’infezione primaria in gravidanza (che compare
nel 3% circa delle donne sieronegative): in questo caso si verifica nel 15% dei casi una
malattia connatale da CMV solitamente grave. Nel 10% circa delle donne sieropositive
si verifica una riattivazione dell’infezione da CMV durante la gravidanza: in questo ca-
so il feto viene infettato più raramente e solo l’1% dei neonati presenta lievi sintomi.
In caso di infezione post-natale, la malattia si manifesta prevalentemente nelle seguen-
ti situazioni a rischio: riduzione delle difese legata ad affezioni maligne (ad es. leuce-
mie, malattia di Hodgkin, linfomi non-Hodgkin), immunodeficienze acquisite (AIDS) o
congenite (ad es. SCID), immunosoppressione in caso di trapianto d’organo. Ai fini
dell’incidenza e della gravità della malattia è rilevante il quadro anticorpale specifico
anti-CMV nel donatore e nel ricevente del trapianto: un ricevente sieronegativo da do-
natore sieropositivo presenta il rischio più elevato di decorso grave della malattia.

Trasmissione

— transplacentare nelle forme connatali
— tramite goccioline di Flügge e secreti organici nelle forme post-natali; anche me-

diante trasfusioni di sangue, trapianto d’organo e contagio sessuale.

Incubazione

Non è nota con certezza (3-6 settimane?).

Anatomia patologica

Infiammazione linfo-plasmocellulare interstiziale con presenza di cellule giganti e corpi
inclusi virali intranucleari (cellule a «occhio di civetta»).

Clinica

La malattia può coinvolgere vari organi:
• nel neonato (infezione connatale): nascita prematura, idrocefalo, calcificazioni cere-

brali, corioretinite, microcefalia, coinvolgimento viscerale con ittero, epatosplenome-
galia, anemia, piastrinopenia; nel 25% dei casi compaiono danni tardivi durante l’in-
fanzia (ipoacusia, ritardo mentale, lievi danni neurologici)

• nell’adulto (infezione post-natale):

a) nel paziente immunocompetente l’infezione decorre in oltre il 90% dei casi in

modo asintomatico, evtl. può comparire un quadro clinico simil-mononucleosico
con linfoadenopatia o epatite lieve; evtl. astenia per alcune settimane/mesi

b) nel paziente immunodepresso la malattia decorre in modo più grave:

— febbre, quadro clinico simil-mononucleosico
— mialgie, artralgie
— leucopenia, piastrinopenia
retinite (è la manifestazione da CMV più frequente in corso di AIDS): essu-

dato a fiocchi di cotone ed emorragie

— encefalite
polmonite interstiziale con elevata mortalità, intorno al 50% dei casi (è la se-

conda per frequenza in corso di AIDS, ed è la causa principale di polmonite
dopo trapianto di midollo osseo allogenico)

— esofagite, gastrite
— colite con ulcerazioni (frequente in corso di AIDS)
— epatite
— ripresa tardiva dell’ematopoiesi (con pancitopenia) dopo trapianto di midollo

osseo allogenico.

Laboratorio

Spesso leucopenia con linfocitosi relativa e linfociti atipici; evtl. piastrinopenia.

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Diagnosi differenziale: epatite e polmonite da altra causa, infezione da HIV.

Diagnosi

1. clinica, valutazione oculistica (esame del fundus)
2. diagnostica prenatale dell’interessamento fetale in caso di infezione durante la gra-

vidanza:
— ecografia fetale
— evtl. valutazione del liquido amniotico e del sangue del cordone ombelicale per

la ricerca di anticorpi IgM e del DNA virale

3. diagnostica neonatale: dimostrazione degli anticorpi IgM e del virus nelle urine e

nel secreto faringeo

4. diagnostica dell’infezione post-natale:

dimostrazione del virus, dell’antigene pp65 e del DNA virale in urine, sangue,

liquido di lavaggio broncoalveolare, materiale bioptico: dimostrazione dell’infe-
zione attiva da CMV nel paziente immunodepresso

— dimostrazione degli anticorpi specifici:

infezione primaria: sieroconversione (comparsa di anticorpi IgG anti-CMV) e

dimostrazione di anticorpi IgM anti-CMV

infezione persistente: gli anticorpi IgG anti-CMV sono i marcatori della diffu-

sione dell’infezione nella popolazione

riattivazione: nei soggetti immunocompetenti si osserva spesso un aumento

del titolo degli anticorpi IgG ed evtl. la ricomparsa di anticorpi IgM; in caso
di immunodepressione conclamata l’incremento degli anticorpi può mancare,
e pertanto la diagnosi non può essere posta mediante tecniche sierologiche.

Istologia: su materiale bioptico: inclusioni virali nelle cellule giganti infettate.

Terapia

• nei pazienti immunocompetenti, anche se sintomatici, non è abitualmente necessario

alcun trattamento

• nelle donne gravide sieronegative somministrazione post-esposizione di immunoglo-

buline anti-CMV

• nei pazienti immunodepressi con malattia: ganciclovir (mielotossico) e immunoglobu-

line anti-CMV. Nei pazienti con AIDS è indicato anche il foscarnet, per il suo effet-
to antiretrovirale; farmaco di seconda scelta: cidofovir (nefrotossico). Nei pazienti
con AIDS, profilassi delle recidive con ganciclovir.

Profilassi

La profilassi dell’infezione da CMV viene attuata nei soggetti immunodepressi e CMV-
sieronegativi, destinati a ricevere un trapianto e/o trasfusioni:
1. trasfusione e trapianto da donatori CMV-sieronegativi; la trasmissione di CMV da

concentrati eritrocitari privi di leucociti (filtri per leucociti) dovrebbe essere rara

2. somministrazione di immunoglobuline anti-CMV
3. controllo dei pazienti con trapianto d’organo mediante PCR o ricerca degli antigeni

virali. In caso di infezione o riattivazione di CMV, trattamento tempestivo con gan-
ciclovir.

DIARREA INFETTIVA (Obbligo di notifica)

Agenti eziologici

1. Batteri e tossine

Salmonelle (causa più frequente)

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Campylobacter jejuni
Escherichia coli (EC)

• EC enteropatogena: diarrea del neonato
• EC enterotossigena: la causa più frequente di diarrea del viaggiatore
• EC enteroinvasiva: diarrea tipo dissenteria con tenesmo e feci pastose, evtl.

ematiche

• EC enteroemorragica: EC producente verotossina (= tossina shigello-simile):

colite emorragica. L’EC enteroemorragica è trasmessa all’uomo da bovini in-
fetti, occasionalmente da pecore e capre, tramite latte non pastorizzato, carne
cruda (macinata); particolarmente a rischio sono i bambini e le persone an-
ziane.
Complicanze: sindrome emolitico-uremica da EC enteroemorragica di siero-
gruppo 0157:H7 (per i dettagli vedi cap. Sindrome emolitico-uremica)

Yersinia enterocolitica (raramente Y. pseudotuberculosis): dolori addominali si-

mili alle coliche (diagnosi differenziale: appendicite!), eventualmente artralgie
ed eritemia nodoso

Clostridium difficile: responsabile della colite pseudomembranosa associata al

trattamento con antibiotici.
Nota: tutti gli antibiotici possono causare diarrea; il 20% dei casi è provocato da
C. difficile produttore di tossina

Staphylococcus aureus, Bacillus cereus e Clostridium perfringens: in quanto

produttori di tossine, scatenano la cosiddetta tossinfezione alimentare: dopo una
breve incubazione di poche ore si ha vomito, diarrea e disidratazione

Shigella
Vibrio cholerae.

2. Virus

Rotavirus (soprattutto nei bambini), virus di Norwalk (diarrea del viaggiatore), ecc..

3. Protozoi

Giardia lamblia
Entamoeba histolytica (dissenteria amebica)

Nota: in caso di diarrea persistente dopo un viaggio in paesi tropicali o subtro-
picali, ricercare sempre la G. lamblia e la E. histolytica.

— Criptosporidi (in particolare nei pazienti immunodepressi).

4. Miceti (Candida, Aspergillus).

Epidemiologia

Le diarree infettive sono, per importanza, al secondo posto nel mondo dopo le polmo-
niti; sono, come frequenza, la seconda causa di morte tra le malattie infettive. I viag-
giatori nei paesi tropicali o subtropicali con carenti condizioni igieniche presentano, nel
30-50% dei casi, la cosiddetta diarrea del viaggiatore di origine infettiva; in oltre il
30% dei casi non è possibile documentare con certezza l’agente eziologico.

Fisiopatologia: esistono 2 forme:

1. diarrea secretoria da alterazioni del trasporto intestinale di ioni: ad es. da attiva-

zione dell’adenilciclasi di membrana da parte di enterotossine (ad es. prodotte da
Vibrio cholerae) oppure virus

2. diarrea infiammatoria essudativa da lesione della mucosa, ad es. da Shigella, Sal-

monella, ecc.

Clinica

I.

Diarree dissenteriche
Diarrea e dolori di tipo colico, commista a sangue/muco/pus.

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1. tipo amebiasi (Entamoeba histolytica):

la sintomatologia si manifesta in un lungo lasso di tempo; decorso con coliche
intervallate da periodi con minori disturbi;

2. tipo dissenteria batterica (shigelle):

sintomatologia con esordio acuto o iperacuto.

II. Diarree non dissenteriche

Sintomatologia più lieve con esordio acuto; talvolta eliminazione di residui alimen-
tari non digeriti o di muco.
1. tipo forma enterotossica:

sintomatologia con esordio acuto, eventualmente con vomito;
agenti patogeni: Vibrio cholerae, salmonelle, enterovirus, agenti di «intossica-
zione alimentare»

2. tipo disturbi di assorbimento:

le feci sono schiumose e voluminose con eventuale presenza di grassi e di ali-
menti non digeriti;
agente patogeno: Giardia lamblia.

Complicanze

Disidratazione, perdita di elettroliti, turbe circolatorie ortostatiche, evtl. collasso, trom-
boembolie, complicanze settiche, insufficienza renale acuta, artrite reattiva, ecc.

Decorso

a. diarrea acuta: si risolve nell’arco di 2-10 giorni
b. diarrea cronica: durata > 10-20 giorni (la definizione non è tassativa):

— in caso di viaggio in un paese tropicale o subtropicale, considerare la possibi-

lità di ameba e lamblia

— nei pazienti affetti da AIDS, lo spettro dei possibili agenti eziologici è vasto; i

più frequenti sono criptosporidio, microsporidio, CMV, micobatteri (MAI).
Spesso l’eziologia è polimicrobica. Diagnosi differenziale:
• effetti collaterali di farmaci impiegati nell’AIDS
• diarrea idiopatica.

Diagnosi differenziale

• cause non infettive della diarrea, in particolare in caso di diarrea cronica (vedi cap.

Diarrea)

• in caso di diarrea del viaggiatore con febbre e recente viaggio in paesi tropicali:

escludere la malaria.

Diagnosi

1. anamnesi (viaggio all’estero) e clinica, ad es.:

— diarrea e vomito dopo assunzione di alimenti: tossinfezione alimentare da tossi-

ne batteriche (breve incubazione di 2-3 ore in caso di tossine stafilococciche)

— diarrea acquosa del viaggiatore e recente viaggio in paesi tropicali: considerare

la possibilità del colera

— diarrea ematica con febbre: ad es. shigella, ameba, ecc.
— diarrea febbrile dopo assunzione di antibiotici ad ampio spettro: sospetto di co-

lite pseudomembranosa associata ad antibiotici da Clostridium difficile

 dia-

gnosi: colonscopia e dimostrazione delle tossine A e B del clostridio nelle feci

2. dimostrazione dell’agente eziologico, ad es.:

— batteri: coprocoltura (eccezione: il vibrione colerico è rilevabile all’indagine con

microscopia ottica). Dimostrazione con microscopia elettronica di microsporidi
in caso di AIDS

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— ameba e lamblia: dimostrazione microscopica della lamblia o sue cisti e dell’a-

meba in un campione di feci appena evacuate; dimostrazione degli antigeni nel-
le feci

— virus: dimostrazione dei rotavirus e del virus di Norwalk nelle feci (ELISA). I

test sierologici per la ricerca di anticorpi hanno significato solo retrospettivo
(aumento del titolo anticorpale dopo 2-3 settimane nei soggetti immunocompe-
tenti).

Terapia

a) causale:

— antibiotici: non sono necessari, dal punto di vista medico, nei casi lievi di diar-

rea del viaggiatore; abbreviano però la durata della malattia, cosa che può esse-
re importante durante un viaggio. Indicazione assoluta: diarrea ematica, decorso
grave della malattia, in particolare con presenza di febbre, diarrea del neonato e
dell’anziano. La terapia antibiotica va possibilmente mirata in base ai risultati
delle analisi sulle feci. In caso di decorso iperacuto, terapia immediata non mi-
rata: antibiotici di scelta sono i chinoloni (ad es. ciprofloxacina) che sono effi-
caci contro shigelle, salmonelle ed E. coli; in alternativa: cotrimossazolo. In ca-
so di diarrea del viaggiatore non complicata è spesso sufficiente un trattamento
antibiotico di 1-2 giorni

— metronidazolo in caso di amebiasi o lambliasi
— in caso di sospetto dismicrobismo intestinale indotto da antibiotici con ipercre-

scita di Clostridium difficile

 sospendere la terapia antibiotica scatenante; ev-

tl. somministrazione di metronidazolo (farmaco di seconda scelta: vancomicina).

b) sintomatica:

apporto di liquidi ed elettroliti: in caso di diarrea acuta rappresenta la misura

più importante, anche in grado di salvare la vita! Nei neonati e nei bambini pic-
coli il rischio di rapida disidratazione è assai elevato. A seconda della situazio-
ne l’apporto viene effettuato per via orale o parenterale. Si raccomanda la se-
guente prescrizione per via orale (raccomandazione OMS): NaCl 3,5 g - NaHCO

3

2,5 g - KCl 1,5 g - glucosio 20 g - acqua q.b. a 1.000 ml.

sostanze costipanti (ad es. loperamide): inibiscono la peristalsi ma ritardano l’e-

liminazione degli agenti infettivi; sono pertanto indicate solo per brevi periodi in
viaggio

— evtl. spasmolitici in caso di dolore addominali crampiformi, ad es. N-butilsco-

polamina.

Prognosi

Dipende dallo stato delle difese del paziente, dal tipo di agente eziologico, da una te-
rapia tempestiva ed efficace e da evtl. complicanze. Particolarmente in pericolo sono i
bambini piccoli, gli anziani, gli immunodepressi e i soggetti denutriti.

Profilassi della diarrea del viaggiatore

igiene personale, dell’acqua potabile e degli alimenti: profilassi più importante!

di norma non sono pericolosi:
acqua bollita e disinfettata (anche per la pulizia dei denti!): bevande solo in bottiglie
originali chiuse; cibi cotti o arrostiti

da evitare:

acqua non bollita; cubetti di ghiaccio, gelati; buffet freddo, cibi crudi o semicotti
(carne, pesce, frutti di mare); salse, insalate, maionese, frutti non sbucciati personal-
mente, meloni.
Memorandum per i Paesi tropicali: «cook it, peel it or leave it!».

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Immunizzazione attiva contro:

— tifo (vaccino vivo per via orale o ucciso per via parenterale)
— colera (vaccino vivo per via orale o ucciso per via parenterale); non è necessaria

in caso di turismo normale.

Nota: la profilassi antibiotica va evitata, perché facilita la selezione nella flora intesti-
nale di plasmidi vettori di antibiotico-resistenza.

INFEZIONI DA SALMONELLE (Obbligo di notifica)

Definizione

Agenti eziologici del gruppo tifo-paratifo-enterite.

Agenti eziologici

Le salmonelle sono batteri gram-negativi, asporigeni, mobili e flagellati; si distinguono
3 tipi di antigeni:
— somatici (antigene O)
— flagellari (antigene H)
— periferici, un tempo considerati il fattore di virulenza (antigene Vi).
In base agli antigeni O e H identificati con antisieri specifici è possibile distinguere ol-
tre 2.000 sierotipi, secondo la classificazione di Kauffmann-White.

1. Agente eziologico del tifo: Salmonella enterica sierotipo typhi = S. typhi.
2. Agenti eziologici del paratifo: Salmonella paratyphi B (A e C solo ai tropici).
3. Agenti eziologici dell’enterite: 2.000 sierotipi: il più frequente è la S. enteritidis (so-

prattutto il lisotipo 4 = LT4), al secondo posto S. typhimurium DT104.

• Gli agenti eziologici del tifo e paratifo sono patogeni esclusivamente umani (l’uomo

è l’unica riserva). Passano dall’intestino al sangue e provocano un’infezione sistemi-
ca ciclica con sepsi.

• Gli agenti eziologici dell’enterite sono patogeni sia per l’uomo che per l’animale (an-

tropozoonosi), rimangono nell’intestino (infezione localizzata all’intestino tenue, con
attacchi di vomito e diarrea dopo un breve periodo di incubazione) e non comporta-
no la formazione di anticorpi (reazione di agglutinazione di Widal priva di utilità dia-
gnostica).

Esistono 4 modalità di decorso:
a) forma sistemica ciclica
b) forma setticemica
c) gastroenterite
d) portatore sano.

TIFO ADDOMINALE (Obbligo di notifica)

Sinonimo

Febbre tifoide (tifo = stato stuporoso e adinamico

 stato febbrile con delirio).

Definizione e agenti eziologici

Malattia infettiva sistemica ciclica causata da Salmonella typhi.

Epidemiologia

È presente in tutto il mondo; > 30 milioni di casi all’anno. India e Nepal sono i paesi
a maggior rischio.

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Trasmissione

S. typhi è patogena esclusivamente per l’uomo:
infezione diretta dalle mani (ab ano ad os: dall’ano alla bocca); la principale fonte di

infezione sono i portatori cronici

infezione indiretta da acqua o alimenti contaminati.

Incubazione

1-2-3 settimane. Tanto maggiore è la carica infettante, tanto più breve è il tempo di in-
cubazione.

Clinica

esordio insidioso (al contrario dell’esordio improvviso della leptospirosi), con lento

aumento della temperatura (ogni febbre non chiara che dura più di 4 giorni è so-
spetta anche per tifo). Il tifo provoca una febbre continua settica, senza brividi (al
contrario di altre forme settiche batteriche)

splenomegalia, roseole cutanee addominali (= localizzazioni settiche)
• cefalea, tosse (diagnosi errata: influenza; al contrario della febbre da influenza, la

febbre da tifo non scende con l’acido acetilsaliciclico)

• lingua patinosa grigio-biancastra, a bordi arrossati («lingua a dardo»)
• obnubilamento del sensorio (effetto delle tossine; typhos = nebbia)
bradicardia relativa, nonostante la febbre
inizialmente stipsi, solamente nella seconda settimana diarrea pastosa (infiammazio-

ne necrotizzante delle placche di Peyer dell’intestino tenue)

leucopenia (al contrario della maggior parte delle infezioni batteriche) con sposta-

mento a sinistra della formula di Arneth e granulazioni tossiche, VES spesso norma-
le, eosinopenia assoluta (il paratifo presenta invece leucocitosi), evtl. lieve aumento
delle transaminasi.

Complicanze

Meningite, enterorragia, perforazione da ulcera intestinale con peritonite, miocardite,
insufficienza circolatoria e renale, trombosi, recidiva del tifo, sepsi da salmonelle (nei
pazienti con AIDS), ascessi metastatici ossei e articolari, artrite reattiva, convalescenza
prolungata, perdita dei capelli.

Portatore sano di salmonelle:
Definizione: a 10 settimane dall’esordio della malattia sono ancora presenti salmonelle
nelle feci.

Infezione

St. incrementi

St. fastigii

St. decrementi

Periodo di incubazione

1-3 settimane

Batteriemia

1.

2.

3.

4. settimane

primaria

diarrea

fase delle ulcere intestinali

pastosa

Salmonelle nel sangue

+

+

(+)

Salmonelle nelle feci
e nelle urine

(+)

+

+

Dimostrazione
degli anticorpi

1:100

1:400-800

(sierodiagnosi di Widal)

Febbre con

terapia antibiotica

senza terapia

antibiotica

batteriemia
secondaria

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Epidemiologia: 2-5% dei soggetti infettati da S. typhi.
Esistono 2 tipi di portatore sano:
— presenza di salmonelle a livello della colecisti (2/3 dei casi)
— presenza di salmonelle a livello dell’intestino tenue (1/3 dei casi).
I portatori sani di salmonelle presentano un elevato rischio di carcinoma della colecisti.

Diagnosi differenziale

febbre da altra causa:

– in caso di soggiorno all’estero: malaria e altre malattie tropicali
– influenza, polmonite, endocardite batterica, tubercolosi miliare, ecc.

paratifo, provocato da Salmonella paratyphi A, B o C: malattia simile al tifo (la va-

riante d-tartrato-positiva di S. java provoca solamente gastroenterite)

• altre infezioni intestinali
• colite ulcerosa.

Diagnosi

— anamnesi con particolare attenzione a eventuali viaggi; clinica (febbre, quadro ema-

tologico)

— dimostrazione dell’agente eziologico, sierologia con movimento dei titoli anticorpa-

li, evtl. lisotipizzazione a scopo di indagine epidemiologica.
Nota: per la dimostrazione dell’agente eziologico, nel sospetto di tifo analizzare pri-
ma il sangue e solo successivamente le feci; nel sospetto di enterite da salmonella,
analizzare le feci.

Terapia

Un problema di sempre maggiore rilevanza è costituito dai ceppi di S. typhi multiresi-
stenti
(che in Asia giungono al 50-80% degli isolati). Farmaco di prima scelta è la ci-
profloxacina; alternative terapeutiche: cotrimossazolo, amoxicillina o ampicillina; far-
maco di seconda scelta: cloramfenicolo (per la sua potenziale mielotossicità dosaggio
giornaliero non superiore a 2 g/die, dosaggio totale non superiore a 25 g). Durata del
trattamento: almeno 2 settimane.
Trattamento dei portatori cronici:
tentativo di bonifica, ad es. con cotrimossazolo per 2-4 mesi. Nei portatori a livello del-
l’intestino tenue somministrare anche lattulosio, nei portatori a livello della colecisti ef-
fettuare la colecistectomia.
Il portatore sano è guarito quando risultano negative 10 coprocolture o 3 colture di
campioni di succo duodenale.

Prognosi

La mortalità del tifo in assenza di trattamento è sino al 20%; delle forme trattate è in-
torno all’1%, e dipende dall’età e dallo stato nutrizionale e immunitario.

Profilassi

Igiene degli alimenti e delle bevande (in particolare dell’acqua), frequenti lavaggi delle
mani
(in ospedale ci si infetta con le proprie mani), individuare la fonte dell’infezione.
Controlli da parte del medico del lavoro negli addetti alla preparazione di alimenti.
I portatori sani di salmonelle devono essere controllati presso gli uffici di igiene, devo-
no rispettare le regole igieniche personali e non possono lavorare in ambito alimentare.
Immunizzazione attiva:
Indicazioni:
• viaggi in Paesi dove il tifo è endemico
• in caso di epidemie e catastrofi.
Vi sono 2 alternative:

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a) vaccino ad agente vivo per via orale: 1 compressa ai giorni 1, 3 e 5, un’ora prima

dei pasti (durante e nei 3 giorni successivi alla vaccinazione orale, non assumere
contemporaneamente antibiotici o antimalarici). La vaccinazione dovrebbe termina-
re, al più tardi, 10 giorni prima dell’inizio del viaggio.
Durata della protezione indotta dal vaccino: 1 anno.
Effetti collaterali: disturbi gastroenterici, evtl. lieve reazione sistemica.
Controindicazioni: infezioni acute, gravidanza, immunodeficienze.

b) vaccino ad agente ucciso per via parenterale: 1 dose di vaccino i.m. o s.c.

Durata della protezione indotta dal vaccino: circa 3 anni.
Effetti collaterali: occasionalmente reazione locale, lieve reazione generale.
Controindicazioni: allergia al vaccino, infezioni acute, gravidanza.

GASTROENTERITI DA SALMONELLE (Obbligo di notifica)

Agenti eziologici

La causa più frequente è la Salmonella enteritidis, lisotipo 4 (LT4), seguita dalla Sal-
monella typhimurium
DT104. Dal sierotipo DT104 si diffondono lisotipi multiresistenti
(in particolare negli USA). Le salmonelle possono sopravvivere per diversi mesi e non
vengono uccise dal congelamento (l’acqua derivante dallo scongelamento del pollame
contiene spesso salmonelle).

Epidemiologia

È la più frequente infezione intestinale con obbligo di notifica.
La malattia è soprattutto frequente nei bambini piccoli; massima incidenza in estate.

Trasmissione

a) abitualmente, tramite animali e loro derivati (ad es. uova, prodotti a base di uova,

pollame, cozze, carne di maiale cruda)

b) raramente, tramite portatori sani temporanei.

Clinica

Dopo 5-72 ore dall’ingestione di cibi contaminati (in particolare carne), compaiono, per
opera delle endotossine, vomito e diarrea violenti, crampi addominali, febbre, cefalea.

Complicanze

Disidratazione, collasso circolatorio, sepsi da salmonelle nei soggetti immunodepressi
(AIDS, ecc.), con localizzazione delle salmonelle a endocardio, pleura, meningi, ossa e
articolazioni; artrite reattiva; lo stato di portatore sano di salmonelle è molto raro
(1:1.000) e solo transitorio.

Diagnosi differenziale

Tossinfezioni alimentari da batteri produttori di enterotossine (vedi capitolo relativo).

Diagnosi

Dimostrazione dell’agente eziologico nei residui alimentari (in particolare minestre e
insalate preparate da giorni), nelle feci, nel vomito; in caso di decorso febbrile, emo-
colture. Con la lisotipizzazione è possibile chiarire le modalità dell’infezione.

Terapia

Correzione dell’equilibrio idro-elettrolitico mediante somministrazione per via orale di
soluzioni contenenti elettroliti e glucosio; nei neonati e nei bambini piccoli sommini-
strare le soluzioni per via parenterale (per l’elevato rischio di rapida disidratazione);
non assumere alimenti per bocca.

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Gli antibiotici non sono indicati nei casi lievi, in quanto non influiscono sul decorso
della malattia, e anzi protraggono l’escrezione fecale delle salmonelle; i portatori croni-
ci (> 6 mesi) sono molto rari.
Nei casi gravi, nei lattanti e nei bambini piccoli, nei soggetti anziani e negli immuno-
depressi (ad es. AIDS) somministrare antibiotici

 alternative: cotrimossazolo oppure

chinoloni oppure ampicillina e.v.

Profilassi

Igiene alimentare e personale, consumo immediato di cibi freschi, sufficiente cottura
del pollame e dei prodotti contenenti uova. Tenere nettamente separati gli alimenti po-
tenzialmente contaminati da salmonelle (ad es. pollame, uova) dagli altri cibi. In cuci-
na, tenere separate le preparazioni a rischio da quelle sicure. Prestare attenzione a pro-
cedure di refrigerazione inadeguate e alle date di scadenza.

ENTERITE DA CAMPYLOBACTER (Obbligo di notifica)

Agente eziologico: Campylobacter jejuni.

Epidemiologia

La riserva del campylobacter è rappresentata dagli animali; l’infezione può verificarsi
per contatto con animali e alimenti contaminati (pollame, latte non trattato). In Europa,
questa forma di enterocolite batterica da causa alimentare è la più frequente dopo le
salmonellosi. Picco di frequenza in estate.

Incubazione: 2-5 giorni.

Clinica

Dopo una breve fase prodronica con cefalea, artromialgie e febbre, compaiono improv-
visamente diarrea acquosa spesso emorragica e dolori addominali a tipo colica. I sinto-
mi durano sino a 1 settimana; recidive nel 10% dei casi.

Complicanze

Artrite reattiva; molto raramente sindrome di Guillain-Barré.

Diagnosi differenziale

• malattie intestinali infettive da altra causa
• colite ulcerosa.

Diagnosi

Dimostrazione dell’agente eziologico nelle feci (perdura per circa 2 settimane).

Terapia

Apporto orale di liquidi ed elettroliti. Non somministrare antibiotici, se non nei pazien-
ti a rischio e in caso di decorso grave (eritromicina o altri macrolidi).

Profilassi

Non bere latte non trattato, non mangiare cibi a base di pollame non sufficientemente
cotti; igiene in cucina (vedi cap. Infezioni da salmonelle).

TOSSINFEZIONI ALIMENTARI
DA BATTERI PRODUTTORI DI ENTEROTOSSINE (Obbligo di notifica)

Definizione

Non si tratta di un’infezione, ma di una tossinfezione alimentare da parte di batteri pro-

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duttori di enterotossine (Staphylococcus aureus, Bacillus cereus, Clostridum perfri-
gens
), presenti in alimenti avariati (ad es. prodotti a base di latte e uova, carne, insala-
ta di patate, ecc.).
Le 5 enterotossine indicate dalle lettere da A ad E dello S. aureus sono termostabili e
non vengono inattivate neppure da una cottura a 100°C per 30 minuti.

Epidemiologia

Malattia relativamente frequente, con numerosi casi che non vengono documentati. In
genere sono colpite due o più persone che hanno consumato insieme un determinato ci-
bo nelle ultime 16 ore.

Incubazione

1-6 ore nel caso di S. aureus o B. cereus produttori di enterotossine.
8-16 ore nel caso di C. perfrigens o B. cereus produttori di enterotossine.

Clinica

Dopo un breve periodo di incubazione di poche ore dal pasto, esordio acuto con nau-
sea, vomito, diarrea, evtl. crampi addominali
, spesso senza febbre.

Complicanze

Perdita di liquidi ed elettroliti, ipotensione ortostatica, collasso.

Diagnosi differenziale

• affezioni diarroiche infettive da salmonelle e altri agenti batterici (vedi sopra)
• in caso di sintomi gastroenterici associati a sintomi neurologici (in particolare diplo-

pia, turbe della deglutizione) considerare la possibilità di intossicazione botulinica

• intossicazione da funghi o metalli pesanti.

Diagnosi

clinica e anamnesi: gastroenterite acuta che colpisce due o più persone che hanno

consumato lo stesso pasto nelle ultime 16 ore

— eventuale dimostrazione delle enterotossine nei residui alimentari.

Terapia

Trattamento sintomatico: apporto di liquidi ed elettroliti.

Prognosi

La durata della malattia è solitamente breve, di 1-2 giorni.

Profilassi

Igiene alimentare (vedi cap. Gastroenteriti da salmonelle); consumo immediato di cibi
freschi.

BOTULISMO (Obbligo di notifica)

Definizione

Intossicazione alimentare da neurotossine (principalmente di tipo A, B oppure E) pro-
dotte dal Clostridium botulinum.

Epidemiologia

Malattia rara.

Agente eziologico

Il Clostridium botulinum è un bacillo anaerobio, produttore di gas, sporigeno. Le spore
sono termoresistenti e sono molto diffuse; possono germinare in assenza d’aria. Ciò av-

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viene, ad esempio, nei vasi da conserva non adeguatamente puliti, nei contenitori di ali-
menti o nei prodotti affumicati (botulismo alimentare); raramente nell’intestino dei lat-
tanti (botulismo del lattante) o nelle ferite (botulismo da ferita). Le tossine possono es-
sere inattivate tramite la cottura a 100°C per 15 minuti. Le lattine rigonfie sono sempre
sospette. L’alimento contaminato non si presenta alterato.

Fisiopatologia

La tossina botulinica inibisce irreversibilmente la liberazione dell’acetilcolina dalle ter-
minazioni nervose colinergiche, sino alla formazione di nuove terminazioni nervose. Il
sistema nervoso centrale non è coinvolto.

Incubazione

• botulismo alimentare: da poche ore ad alcuni giorni
• botulismo da ferita: circa 10 giorni.

Clinica

Esordio con disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, ecc.); successivamente comparsa
di paralisi periferiche: dapprima ai nervi cranici, con paralisi pupillare (midriasi), di-
plopia
, ptosi, disartria e/o disfagia. Nell’arco di ore o giorni le paresi si estendono in
direzione caudale e possono provocare una paralisi respiratoria. Sono inoltre presenti
secchezza delle fauci, stipsi, evtl. ileo paralitico, ritenzione urinaria. È tipica l’assenza
di disturbi della sensibilità, di alterazioni dello stato di coscienza e di febbre.

Diagnosi differenziale

Miastenia grave, difterite, poliomielite, intossicazione da atropina, ecc.

Diagnosi

— sintomatologia neurologica tipica (evtl. in più persone), dopo il consumo di alimen-

ti preparati o affumicati artigianalmente

— dimostrazione della tossina nei residui alimentari, vomito, succo gastrico, feci o sie-

ro. La dimostrazione della tossina tramite inoculazione nell’animale richiede più
giorni e può dare risultati falsamente negativi

— in caso di botulismo da ferita, isolamento del clostridio da coltura di materiale pro-

veniente dalla ferita.

Terapia

a) causale: eliminazione della tossina dal tratto gastroenterico (lavaggio gastrico e in-

testinale). Al semplice sospetto di botulismo alimentare, si dovrebbe somministrare
al più presto possibile, una volta eseguiti i prelievi per il laboratorio, l’antitossina
equina
, che lega la tossina libera ancora circolante. Eseguire preliminarmente, per
escludere una evtl. reazione allergica, una prova di sensibilità congiuntivale.
In caso di botulismo da ferita, pulizia chirurgica e trattamento con penicillina

b) sintomatica, ad es. ventilazione meccanica in caso di paralisi dei muscoli respira-

tori.

Prognosi

La mortalità, in caso di botulismo alimentare con trattamento in terapia intensiva, è <
10%; in assenza di trattamento, sino al 70%.

Profilassi

Osservare le date di scadenza dei cibi, eliminare le conserve rigonfie; per distruggere la
tossina cuocere per 15 minuti a 100°C.
Nota: la tossina botulinica di tipo A è il veleno batterico più potente e viene utilizzata
nel trattamento degli spasmi muscolari.

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SHIGELLOSI (Obbligo di notifica)

Sinonimo

Dissenteria bacillare.

Agenti eziologici

Shigella dysenteriae (aree tropicali/subtropicali) con endotossina (

 ulcere dell’inte-

stino crasso) e esotossina (

 disturbi circolatori, mortalità sino al 60%)

Shigella boydii (India, Africa settentrionale)
Shigella flexneri (meno frequente, non così pericolosa, paesi dell’Est e USA)
Shigella sonnei (relativamente poco pericolosa, Europa occidentale).

Epidemiologia

La dissenteria bacillare è una malattia tipica dei periodi di guerra e di carestia (dimi-
nuzione delle resistenze), con andamento epidemico nelle situazioni caratterizzate da
scarsa igiene. I casi che si verificano ancor oggi compaiono per lo più nei quartieri po-
veri e soltanto nelle stagioni più calde. L’uomo è la riserva dell’agente eziologico.

Trasmissione

Feco-orale, in particolare tramite acqua infetta e alimenti.

Incubazione

2-7 giorni.

Clinica

I sintomi tipici sono: diarrea muco-purulenta ematica, crampi intestinali, defecazione
dolorosa (= tenesmo), febbre.

Complicanze

Emorragia e perforazione intestinale, perdita di acqua ed elettroliti, artrite reattiva.

Diagnosi

Tampone rettale a secco o con terreno di coltura particolare (le shigelle si conservano
bene in ambiente asciutto, mentre nelle feci umide muoiono in poche ore, al contrario
di quanto avviene nel caso del vibrione colerico).

Terapia

Miglioramento delle difese, correzione delle alterazioni idro-elettrolitiche, chinoloni op-
pure ampicillina e.v. Poiché talvolta le shigelle sono multiresistenti per la presenza del
plasmide R, modificare eventualmente il trattamento antibiotico secondo le indicazioni
dell’antibiogramma.

Profilassi

Misure igieniche (preparazione adeguata di acqua potabile e alimenti, disinfezione del-
le mani; smaltimento dei liquami).

DISSENTERIA AMEBICA E ASCESSO AMEBICO (Obbligo di notifica)

Sinonimo: amebiasi.

Agente eziologico

Entamoeba histolytica: ne sono oggi riconosciute 2 specie:
E. dispar (90%): saprofita innocuo, privo di significato patogeno
E. histolytica sensu stricto (10%): agente della dissenteria amebica e dell’ascesso

amebico.

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Le due specie non sono differenziabili all’indagine microscopica, ma solamente con
metodi basati su anticorpi monoclonali o PCR.
Il ciclo biologico comprende due fasi di sviluppo:
fase cistica: le cisti possono rimanere infettive nell’ambiente esterno per mesi e so-

no resistenti al succo gastrico acido. I soggetti infetti espellono le cisti con le feci

fase vegetativa: dalle cisti si formano nel colon i trofozoiti (= forma minuta).

I trofozoiti che hanno fagocitato gli eritrociti vengono denominati forma magna.
I trofozoiti vengono depositati con le feci solo in caso di accelerato transito intesti-
nale.

Epidemiologia

È una parassitosi frequente nei paesi tropicali e subtropicali: 50 milioni di malati al-
l’anno. Al di fuori delle aree endemiche, è la conseguenza di un’infezione contratta du-
rante un viaggio.

Trasmissione

Feco-orale, da assunzione diretta o indiretta di cisti da alimenti o acqua contaminati.
Il personale addetto alla cucina infetto e i commercianti di alimenti sono un’ulteriore
fonte di infezione.

Incubazione

dissenteria amebica: 1-4 settimane
ascesso amebico: mesi o anni

Anatomia patologica

colite amebica: ulcere della mucosa del colon a bordi sottominati (ulcere «a botto-

ne di camicia»); raramente, reazione infiammatoria granulomatosa che simula la
presenza di una neoplasia (ameboma)

ascesso epatico: singolo o multiplo, prevalentemente a carico del lobo epatico de-

stro.

Clinica

a) forma intestinale:

dissenteria amebica acuta: diarrea a tipo «gelatina di lampone» (diarrea pastosa

con tracce di sangue e filamenti di muco), accompagnata da dolori addominali e
tenesmo

dissenteria amebica cronica: colite recidivante

b) forma extra-intestinale: ascesso epatico con senso di pressione ed evtl. dolori in

ipocondrio destro, temperatura subfebbrile; intervallo di mesi o anni tra la prima in-
fezione con diarrea e la comparsa dell’ascesso. Valutare questo fenomeno in caso di
viaggi all’estero con disturbi addominali poco chiari.

Nota: in caso di diarrea protratta successiva a un viaggio ai tropici, sospettare sempre
la possibilità di una dissenteria amebica (prendere in considerazione anche la Giardia
lamblia). L’assenza di dissenteria amebica in anamnesi non esclude un ascesso amebico.

Complicanze

dissenteria amebica: decorso fulminante con megacolon tossico, perforazione del

colon e peritonite

ascesso epatico amebico: rottura in cavità addominale, nello spazio pleurico oppu-

re, raramente, nel pericardio.

Laboratorio

— indici infiammatori aspecifici: aumento di VES, proteina C reattiva, leucociti
— in caso di ascesso epatico: evtl. aumento di transaminasi ed enzimi colestatici.

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Diagnosi differenziale

— in caso di dissenteria amebica: shigellosi ed altre diarree infettive; colite ulcerosa,

ecc.

— in caso di ascesso epatico: ascesso epatico batterico, ciste da echinococco, ciste epa-

tica congenita.

Diagnosi

a) Forma intestinale: dimostrazione microscopica dell’agente eziologico su un fram-

mento muco-ematico di feci fresche o su materiale ottenuto per via endoscopica.
Solamente la forma magna, con eritrociti fagocitati, consente la diagnosi di dissen-
teria amebica. Negli altri casi, la distinzione tra le 2 specie viene effettuata tramite
caratterizzazione antigenica o PCR: E. dispar non è patogena, solamente la E. hi-
stolytica sensu stricto
è agente di malattia.

b) Forma extra-intestinale: ecografia, TC o RMN del fegato e sierologia: associazione

di almeno 2 diverse tecniche per la ricerca degli anticorpi specifici (ELISA, IFAT,
IHA).

Terapia

Forma intestinale: 5-nitro-imidazolici, ad es. metronidazolo per 10 giorni; associare

sempre anche amebicidi di contatto attivi nel lume intestinale per eliminare le cisti,
ad es. diloxanide per 10 giorni.

Forma extra-intestinale: come nella forma intestinale. Oltre il 90% dei casi mostra,

col metronidazolo, un pronto miglioramento entro 72 ore. Nei casi gravi sommini-
strare anche clorochina. Il drenaggio dell’ascesso (sotto controllo ecografico) è in-
dicato solo in caso di minaccia di perforazione o di dubbio diagnostico.

Soggetti asintomatici nelle cui feci si riscontrino cisti o forme minute vanno tratta-

ti (diloxanide per 10 giorni) solo quando si tratti di E. histolytica sensu stricto.

Profilassi

Igiene degli alimenti e dell’acqua.

COLERA (Obbligo di notifica)

Epidemiologia

Zona endemica: delta del Gange. Nella storia vi sono state 7 grandi epidemie; nel 1883
epidemia di Alessandria: R. Koch identifica l’agente eziologico; nel 1892 epidemia ad
Amburgo con 8.600 morti. L’attuale pandemia da El Tor è iniziata nel 1961 a Celebes,
ha raggiunto l’Africa nel 1970 e il Sud America nel 1991. Il nuovo sierotipo O139
«Bengala» ha le sue origini nel Bangladesh e in India (1992), è limitato a quelle re-
gioni e, secondo i dati disponibili, è ora in regressione. Premessa necessaria alla diffu-
sione del colera è l’esistenza di cattive condizioni igieniche. L’uomo rappresenta la ri-
serva dell’agente eziologico.
Per i turisti nelle zone endemiche il rischio di infezione è molto basso, in quanto il co-
lera compare preferenzialmente nei soggetti denutriti e già malati (malattia della po-
vertà).

Agente eziologico

Vibrio cholerae di sierotipo 01; 3 sottotipi: Ogawa, Inaba e Hikojima; 2 biotipi: «cole-
rico» (vibrione colerico classico) e «El Tor». Una nuova variante è il Vibrio cholerae
sierotipo O139 «Bengala». Il nuovo ceppo EPVC (enteropathogenic Vibrio cholerae)
non produce tossina, ma può provocare diarrea.

Trasmissione: tramite acqua contaminata, frutti di mare, alimenti.

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Patogenesi

L’enterotossina attiva l’adenilciclasi

 aumento dell’AMP

c

 ipersecrezione e iper-

motilità dell’intestino tenue.
Nota: l’informazione genetica dei vibrioni che regola la produzione di tossina è tra-
smessa da virus (batteriofagi), analogamente a quanto avviene per la difterite.

Incubazione

Ore o giorni.

Clinica

1. molti soggetti infetti sono portatori asintomatici. Solamente il 15% circa delle infe-

zioni decorre in modo sintomatico

2. forma lieve: nel 90% dei casi l’infezione da El Tor ha un decorso lieve ed è indi-

stinguibile da altre forme di diarrea

3. forma grave: 20-30 scariche al giorno di diarrea «ad acqua di riso»

 disidratazio-

ne

 anuria; calo della temperatura corporea sino a 20°C. Crampi ai polpacci e

afonia

4. forma gravissima: intossicazione da enterotossina con morte nel giro di alcune ore.

Diagnosi

In caso di sospetto di malattia, contattare personalmente i batteriologi in quanto già il
solo sospetto deve essere comunicato all’OMS.
Eseguire un tampone rettale o fecale e trasportarlo al laboratorio in soluzione peptona-
ta all’1% (la diagnosi viene posta in 6 ore). Se non è disponibile una soluzione pepto-
nata, il tampone rettale deve essere congelato e trasportato al laboratorio entro 1 ora (i
vibrioni muoiono velocemente in ambiente asciutto).

Terapia

In caso di sospetto di colera, immediato isolamento e inizio della terapia!
correzione dei disturbi idro-elettrolitici (sodio, potassio): è la misura più importan-

te! Già la somministrazione orale di una soluzione di elettroliti e glucosio può mi-
gliorare nettamente il decorso e la prognosi

— aggiungere il trattamento antibiotico: chinoloni o macrolidi.

Prognosi

Mortalità media: 1-5% (mortalità in assenza di terapia: sino al 40%), soprattutto in sog-
getti in precarie condizioni di salute e di alimentazione e trattati tardivamente.

Profilassi

1. igiene personale, degli alimenti e dell’acqua (vedi cap. Diarrea infettiva). Approv-

vigionamento con acqua sicuramente non infetta; in caso ciò sia impossibile, utiliz-
zare filtri per l’acqua. Adeguato smaltimento delle acque di scolo

2. immunizzazione attiva: tutti i vaccini offrono solo una protezione parziale (il meno

efficace è il vaccino parenterale):
vaccino ad agente ucciso, per via parenterale

Effetti collaterali: frequenti reazioni locali e lieve reazione sistemica, ecc.
Dosaggio: 0,5 ml s.c., una seconda dose non è richiesta. In caso di vaccinazio-
ne obbligatoria è sufficiente una dose di 0,1 ml intracutanea

vaccino ad agente vivo per via orale

Effetti collaterali: talvolta lieve diarrea
Interazioni: sino a 1 settimana dopo la vaccinazione orale, l’agente infettivo vie-
ne eliminato per via fecale

 non assumere antibiotici o antimalarici

Dosaggio: 1 dose orale

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vaccino ad agente ucciso per via orale

Effetti collaterali: talvolta disturbi digestivi
Dosaggio: 1 dose orale da ripetere a distanza di 2 settimane.

Indicazioni: la vaccinazione è obbligatoria quando prescritta dal paese meta del
viaggio. Non è indicata nel turismo normale.
Controindicazioni: affezioni acute e croniche, malattie infettive, allergia al vaccino,
lattanti < 6 mesi; col vaccino ad agente vivo, anche immunodeficienze e gravidanza.
Durata della protezione offerta dalla vaccinazione: da 6 giorni a 6 mesi dopo la
vaccinazione.
Nota: nessuno dei tre vaccini protegge dal colera tipo O139 «Bengala».

YERSINIOSI (Obbligo di notifica)

Epidemiologia

È diffusa in tutto il mondo; la riserva dell’agente eziologico è rappresentata dagli ani-
mali, le fonti di infezione sono i contatti con animali e gli alimenti di origine animale
contaminati (latticini e carne di maiale cruda). Le yersinie possono ancora moltiplicar-
si su carni e insaccati conservati in frigorifero a +4°C. Si riscontrano in circa l’1% dei
casi di diarrea (picco in gennaio). La Yersinia enterocolitica può essere trasmessa an-
che tramite trasfusioni di sangue.

Agente eziologico

Yersinia enterocolitica: in Europa i sierotipi più frequenti sono O:3 e O:9; più rara-
mente O:5,27. Yersinia pseudotuberculosis di sierotipo O:1, O:2 e O:3.

Incubazione: 10 giorni.

Clinica

• gastroenterite (bambini piccoli)
decorso pseudo-appendicitico (bambini più grandi, ragazzi): linfoadenite mesenterica

acuta (diagnosi differenziale: appendicite)

decorso enterocolitico: diarrea per 1-2 settimane, spesso con dolori di tipo colico al-

l’addome inferiore, occasionalmente diarrea cronica (diagnosi differenziale: malattia
di Crohn).

Complicanze

artrite reattiva e/o eritema nodoso, prevalentemente in pazienti HLA-B27 positivi
• raramente sepsi (in caso di affezioni di base che riducono le difese).

Diagnosi

dimostrazione dell’agente eziologico su feci, linfonodi mesenterici (dopo intervento

chirurgico), biopsia intestinale, sangue (in caso di sepsi), evtl. anche dimostrazione
di DNA della yersinia

sierologia: valutazione su due campioni del titolo degli anticorpi specifici diretti

contro la Y. enterocolitica O:3 e O:9 e la Y. pseudotuberculosis.

Nota: se in un soggetto con campione di feci negativo si riscontrano anticorpi diretti con-
tro la Y. enterocolitica O:9 si deve escludere, nella diagnosi differenziale, una brucello-
si; esiste infatti una reattività antigenica crociata tra la brucella e la Y. enterocolitica O:9.

Terapia

— apporto per via orale di liquidi ed elettroliti
— non somministrare antibiotici tranne che nei pazienti a rischio o in caso di compli-

canze

 alternative: cotrimossazolo, tetracicline, cefalosporine di 3ª generazione.

Parte17 20-07-2001 17:06 Pagina 900

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901

CRIPTOSPORIDIOSI (Obbligo di notifica)

Epidemiologia

Causa relativamente rara di diarrea acuta. È frequente (5%) in caso di immunodefi-
cienza cellulare (ad es. AIDS).

Agente eziologico

I criptosporidi sono protozoi.

Trasmissione

Da vitelli e agnelli infetti e per contagio interumano.

Incubazione

2-14 giorni (?).

Clinica

Diarrea acquosa, disturbi addominali, febbre lieve.

Decorso

— nei pazienti immunocompetenti: decorso autolimitantesi nell’arco di 10 giorni
— nei pazienti immunodepressi: decorso più grave e protratto.

Complicanze

Perdita di liquidi ed elettroliti, sindrome da malassorbimento, coinvolgimento delle vie
biliari con aumento della

γ

-GT e della fosfatasi alcalina

Diagnosi differenziale

• affezioni intestinali infettive da altra causa
• in caso di AIDS, considerare anche la possibilità di un’infezione da microsporidi, mi-

cobatteri (MAI), CMV, ecc.

Diagnosi

Dimostrazione di oocisti nelle feci.

Terapia

Apporto di liquidi ed elettroliti.

Profilassi

I pazienti con AIDS trattati con chemioprofilassi contro una micobatteriosi atipica (ri-
fabutina + claritromicina) si ammalano più raramente di criptosporidiosi dei pazienti
senza chemioprofilassi.

PARASSITOSI INTESTINALI NELL’EUROPA CENTRALE

Diverse parassitosi intestinali sono endemiche nell’Europa centrale:
Lavoratori immigrati, esuli e profughi provenienti da paesi ad alto rischio infettivo nonché
il crescente turismo in regioni extra-europee rappresentano altrettanti elementi di rischio
per infezioni sporadiche o piccoli focolai epidemici nelle regioni ad elevato livello di civi-
lizzazione. Nel caso dei lavoratori immigrati, si rendono quindi necessari adeguati control-
li di gruppo. Ai turisti che si recano in paesi tropicali o subtropicali si raccomanda la più
accurata igiene, in particolare di evitare verdure crude, frutta e acqua.
In presenza di dolori addominali si deve sempre indagare su eventuali precedenti viaggi al-
l’estero e ricercare i parassiti intestinali.

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902

Malattia /
Agente eziologico

Modalità
di trasmissione

Sintomi tipici

Diagnosi

Terapia

ASCARIDIASI
Ascaris lumbricoides

Orale, uova, alimen-
ti contaminati, pos-
sibile autoinfestazio-
ne

Infezione simil-in-
fluenzale, dolori ad-
dominali, talvolta ileo,
manifestazioni cuta-
nee allergiche, eosi-
nofilia, evtl. colestasi

Feci: uova, vermi
Escreato: larve
Radiologia: evtl. infil-
trati polmonari
Parassiti nell’inte-
stino

Mebendazolo
Pirantel pamoato

TRICURIASI
Trichuris trichiura

Orale, uova, alimen-
ti contaminati

Dolori addominali,
eosinofilia

Feci: uova, vermi

Mebendazolo

OSSIURIASI
Enterobius vermicula-
ris

Orale, uova, autoin-
festazione, contagio
indiretto dall’ambien-
te

Prurito anale, talvol-
ta vulvo-vaginite, ra-
ramente appendicite

Ispezione anale,
«scotch-test»

Mebendazolo
Pirvinio pamoato
Pirantel pamoato
(trattamento della
famiglia)

ANCHILOSTOMIASI
Ancylostoma
duodenale,
Necator americanus

Invasione percuta-
nea di larve

Dermatite, dolori ad-
dominali, anemia da
emorragia

Feci: uova native
Larve in agar

Mebendazolo
Tiabendazolo

STRONGILOIDOSI
Strongyloides sterco-
ralis

Invasione percuta-
nea di larve, autoin-
festazione

Dermatite, bronchite,
enterocolite, manife-
stazioni allergiche
cutanee, eosinofilia

Succo duodenale e
feci: larve su piastre
di agar; prove cuta-
nee, dimostrazione di
precipitine

Mebendazolo

TENIASI
a) Taenia saginata

a)

(tenia del bue)

b) Taenia solium

b)

(tenia del maiale)

c) Diphyllobothrium

c)

latum

c)

(tenia del pesce)

Orale, cisticerchi
nella carne cruda:
a) bovina
b) suina (l’autoin-

b)

festazione porta

b)

a cisticercosi)

c) di pesce

Spesso nessun di-
sturbo, assenza di
eosinofilia; cisticer-
cosi da cisticerchi
della T. solium (mu-
scoli, cervello, oc-
chi);
anemia da carenza
di vitamina B12 in c)

Proglottidi nelle feci,
uova

Niclosamide
Praziquantel

ECHINOCOCCOSI
a) CISTICA

a)

Echinococcus

a)

granulosus

a)

(tenia del cane)

b) ALVEOLARE

b)

Echinococcus

b)

multilocularis

b)

(tenia della volpe)

a) direttamente o

a)

indirettamente

a)

da cani e

a)

lupi (escrementi)

b) direttamente o

b)

indirettamenti

b)

da volpi

b)

(frutti di bosco

b)

crudi, funghi)

b)

e gatti

In caso di interessa-
mento epatico: sen-
so di pressione e
dolore all’ipocondrio
destro, evtl. ittero
In caso di interessa-
mento polmonare:
tosse, ecc.
Talvolta manifesta-
zioni allergiche, solo
raramente eosinofilia

Per immagini: eco-
grafia, TC, RMN
Dimostrazione di anti-
corpi: nella echinoc-
cosi alveolare (Em2)

a) cistectomia,

a)

drenaggio

a)

con aspirazione

a)

della ciste +

a)

chemioterapia

a)

con albendazolo

b) resezione cura-

b)

tiva (1/4 dei

b)

casi) + terapia

b)

protratta con

b)

albendazolo

TRICHINOSI
Trichinella spiralis

Orale: carne di
maiale cruda, carne
d’orso cruda

Dolori muscolari a
partire dal 10° gior-
no dopo l’infestazio-
ne, evtl. febbre, ede-
mi periorbitari, eosi-
nofilia, aumento di
CPK
Complicanze: mio-
cardite, meningoen-
cefalite

Dimostrazione degli
anticorpi 3-4 settima-
ne dopo l’infestazio-
ne, biopsia muscolare

Mebendazolo
Albendazolo

AMEBIASI
Entamoeba histolytica

Orale, cisti, alimenti
contaminati (mo-
sche), talvolta ac-
qua

Forma intestinale:
diarrea a gelatina di
lampone, tenesmo
Forma extra-intesti-
nale: ascesso epati-
co

Dimostrazione di E.
histolytica
(feci fre-
sche, biopsia intesti-
nale)
Ascesso epatico:
ecografia, TC, dimo-
strazione di anticorpi

Metronidazolo +
paromomicina

LAMBLIASI
Giardia lamblia

Orale, cisti, contagio
indiretto dall’ambien-
te, alimenti (talvolta
acqua)

Spesso asintomati-
ca; diarrea senza
sangue o muco,
evtl. dolori
addominali, borbo-
rigmi, flatulenza,
evtl. malassorbi-
mento

Succo duodenale:
forma vegetativa; fe-
ci: cisti e antigeni
specifici

Metronidazolo
Tinidazolo

Parte17 20-07-2001 17:06 Pagina 902

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903

INFLUENZA (Obbligo di notifica con isolamento virale)

Agente eziologico

Il Mixovirus influenzae, un virus a RNA, viene classificato nei 3 sottotipi A, B e C, in
base a due glicoproteine dell’involucro virale, la emoagglutinina (H) a forma di ba-
stoncello e la neuraminidasi (N) a forma di fungo. Considerando questi due antigeni di
superficie, i virus influenzali A patogeni per l’uomo vengono distinti in 3 sottogruppi
in base alla emoagglutinina (H1, H2, H3) e in 2 sottogruppi in base alla neuraminidasi
(N1, N2). Poiché esistono 15 sottotipi H e 9 sottotipi N vi è la possibilità che, in futu-
ro, compaiano nuovi sottotipi di virus influenzale A (ad es. virus H5N1 dell’epidemia
locale di Hong Kong del 1997).

Epidemiologia

Il virus influenzale A è la causa più frequente di epidemie e pandemie. A carico di

questo virus si osservano variazioni antigeniche minori («antigenic drift»), con epide-
mie a intervalli di 2-3 anni
legate a mutazioni puntiformi con sostituzione di singoli
aminoacidi nella emoagglutinina e/o nella neuraminidasi. In seguito allo scambio di
frammenti genici («reassortment») tra virus influenzali umani e animali (uccelli) si
verificano ogni 10-40 anni variazioni antigeniche maggiori («antigenic shift») con
nuove pandemie e milioni di morti in tutto il mondo. Nel 20º secolo vi sono state 4
pandemie. La pandemia H1N1 «spagnola» del 1918-19 ha provocato, ad esempio, ol-
tre 20 milioni di vittime (più della prima Guerra mondiale!). Nel 1957-58 si è verifi-
cata la pandemia H2N2 asiatica e nel 1968-69 la pandemia H3N2 Hong Kong. Dal
1977 sono presenti due sottotipi di virus influenzale A: H1N1 («pandemia russa») e
H3N2. I periodi di drift sono caratterizzati dalla comparsa di nuove varianti, gli shift
dalla comparsa di nuovi sottotipi del virus influenzale A. I sottotipi e le varianti ven-
gono contrassegnati in base al luogo dell’isolamento, a un numero progressivo, al-
l’anno dell’isolamento e alla formula antigenica, basata sugli antigeni H e N, ad es.
virus influenzale A/Singapore/6/86(H1N1).

Il virus influenzale B colpisce soprattutto bambini e giovani. Il decorso è lieve. Non

è noto uno shift antigenico, ma si osservano comunque variazioni antigeniche di tipo
drift.

Il virus influenzale C non ha in pratica alcun ruolo.
L’influenza di tipo A e di tipo B è diffusa in tutto il mondo e compare prevalentemen-
te durante l’inverno sotto forma di epidemia, provocando un aumento di mortalità so-
prattutto tra i soggetti anziani e gli immunodepressi. Poiché l’immunità è specifica sia
per il sottotipo sia per la variante virale, è possibile ammalarsi più volte di influenza
nel corso della vita.

Patogenesi

L’ancoraggio del virus influenzale alla cellula bersaglio è mediato dall’emoagglutinina;
il virus penetra poi nella cellula per pinocitosi e successivo rilascio in una vescicola en-
dosomale. Prima che il materiale genetico possa replicarsi, propagando l’infezione, è
necessaria la rimozione dell’involucro virale; perché ciò avvenga l’emoagglutinina del
capside virale deve essere scissa enzimaticamente, in sede intra- o extra-cellulare. De-
terminati batteri, in particolare stafilococchi e streptococchi, producono proteasi che so-
no in grado di operare questa scissione dell’emoagglutinina. Pertanto, un’infezione bat-
terica delle vie respiratorie può aprire la strada ad una polmonite influenzale.
D’altro canto, il danno epiteliale a carico delle vie respiratorie provocato dal virus in-
fluenzale agisce da fattore favorente la superinfezione batterica, ad es. ad opera degli
stafilococchi.

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904

Trasmissione

Mediante goccioline di Flügge (elevato titolo virale nel secreto rino-faringeo).

Incubazione

1-3 giorni.

Clinica

Nell’80% dei casi l’infezione decorre in modo asintomatico oppure come lieve malattia
da raffreddamento:
esordio improvviso con brividi, febbre, grave malessere generale, laringo-tracheo-

bronchite con tosse secca, rinite, evtl. epistassi, faringite, congiuntivite, fotofobia,
prostrazione, cefalea e artromialgie

• occasionalmente disturbi gastrointestinali
• la curva termica presenta di norma un solo picco della durata di 2-3 giorni; un se-

condo picco febbrile denota di solito la presenza di una infezione secondaria

escreato scarso, leggermente mucoso, talvolta modicamente striato di sangue.

Laboratorio

In caso di decorso non complicato: PCR, VES e leucociti generalmente normali.
In caso di sovrainfezione batterica: aumento di PCR e VES, leucocitosi.

Complicanze

Particolarmente a rischio sono i bambini, i soggetti anziani con altre affezioni di base,
e i pazienti immunodepressi.
Tre forme di polmonite: polmonite influenzale emorragica primitiva (spesso letale),
polmonite influenzale interstiziale e polmonite influenzale batterica secondaria (la più
frequente, causata da streptococchi di gruppo A, Staphylococcus aureus, pneumococco,
Haemophilus influenzae); sinusite, otite media, pseudo-croup nei bambini piccoli, mio-
pericardite (evtl. con morte improvvisa), meningoencefalite, ipotensione ortostatica,
bronchite spastica, esacerbazione di asma bronchiale.
È tipica una convalescenza lenta, talvolta con astenia persistente per settimane; evtl. di-
sturbi da ipotensione.

Diagnosi differenziale

• «Common cold» = malattia da raffreddamento generalmente provocata da rhinovirus

(ca. 40% dei casi), coronavirus, adenovirus, virus respiratorio sinciziale (RSV),
myxo- e paramyxovirus
.

Nota: l’influenza decorre con febbre elevata (> 38,5°C) e dolori articolari; le malat-
tie da raffreddamento sono solitamente caratterizzate da una temperatura subfebbrile
o normale.

• polmoniti da altra causa (vedi cap. Polmoniti).

Diagnosi

test rapido (ad es. dimostrazione di RNP del virus influenzale A o B)
— dimostrazione del virus su materiale ottenuto con tampone/lavaggio rinofaringeo
— dimostrazione degli antigeni o degli acidi nucleici specifici (PCR)
— dimostrazione degli anticorpi specifici (ad es. anti-emoagglutinina): aumento del ti-

tolo di almeno 4 volte nell’arco di 1-2 settimane.

Terapia

Trattamento antivirale:

inibitori della neuraminidasi: attivi sul virus influenzale sia A che B, sono però

efficaci solo se assunti entro le prime 24-48 ore:

Parte17 20-07-2001 17:06 Pagina 904

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905

zanamivir: dosaggio 1 inalazione

×

2/die per 5 giorni; effetti collaterali: rara-

mente broncospasmo

oseltamivir: dosaggio 75 mg

×

2/die per 5 giorni; effetti collaterali: nausea

amantadina e rimantadina: interferiscono con l’attività della proteina virale M2

del virus influenzale A. Non hanno alcuna efficacia sul virus influenzale B, che è
privo della proteina M2.

Trattamento sintomatico:

• in caso di febbre: adeguato apporto di liquidi, trattamenti antipiretici (spugnature,

paracetamolo)

in caso di sospetta sovrainfezione batterica: antibiotici (ad es. macrolidi)
• in caso di decorso grave e di riduzione delle difese: evtl. immunoglobuline e.v.
• nei pazienti allettati: prevenzione del tromboembolismo.

Profilassi

Immunizzazione attiva con vaccino ad agente ucciso. La produzione del vaccino tiene
conto delle successive indicazioni dell’OMS, affinchè la composizione antigenica del
vaccino rispecchi quella dei ceppi epidemici attuali.
Effetti collaterali: occasionalmente leggera reazione sistemica, evtl. dolore in sede di
inoculo, raramente allergia alle proteine dell’uovo; molto raramente (1:1

×

10

6

vaccina-

ti) sindrome di Guillain-Barré (polineuropatia demielinizzante acuta pericolosa per la vi-
ta, a patogenesi autoimmune

 terapia: immunoglobuline ad alta dose e plasmaferesi).

Indicazioni: soggetti anziani > 60 anni, pazienti con affezioni del sistema cardio-pol-
monare o con riduzione delle difese, soggetti ad elevato rischio di contagio.
Controindicazioni: allergia alle proteine dell’uovo, pazienti con malattie febbrili acute.
L’immunizzazione degli adulti deve essere eseguita all’inizio della stagione fredda. Oc-
corrono richiami annuali della vaccinazione, controllando la composizione antigenica
attuale del vaccino.
Nota: nelle prime 3 settimane dopo la vaccinazione anti-influenzale, il test per HIV può
risultare falsamente positivo.

PAROTITE EPIDEMICA (Obbligo di notifica)

Sinonimo

Orecchioni.

Agente eziologico

Paramyxovirus parotiditis, un virus a RNA.

Epidemiologia

A livello mondiale, elevato indice di contagiosità; frequente comparsa nelle stagioni
fredde dell’anno; diffusione epidemica tra i 4 ed i 15 anni di età, dopodiché il 90% del-
la popolazione risulta immunizzato per tutta la vita.

Trasmissione

Mediante goccioline di Flügge.

Incubazione

2-4 settimane.

Clinica

Nel 30% circa di soggetti infettati, l’infezione decorre in modo subclinico o asintoma-
tico. Negli altri casi:

Parte17 20-07-2001 17:06 Pagina 905

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906

— sintomi prodromici: temperatura subfebbrile, spossatezza, evtl. cefalea, otalgie, mal

di gola

tumefazione dolente delle parotidi (nel 75% dei casi bilaterale), con lobi delle orec-

chie sporgenti e dolore durante la masticazione

— evtl. coinvolgimento delle ghiandole salivari.

Laboratorio

Amilasi totale aumentata

 esclusione di una pancreatite: elastasi-1 e lipasi normali,

addome normale.

Complicanze

pancreatite
orchite (25% degli uomini) evtl. con sterilità, ooforite (5% delle donne), mastite
coinvolgimento relativamente frequente del SNC: per lo più meningite (10%) con pro-

gnosi favorevole, raramente meningoencefalite (1‰) con prognosi grave. Il 50% dei
casi di meningite decorre senza segni di parotite

• raramente, complicanze a carico di altri organi (ad es. tiroidite, labirintite, ecc.)
• ipoacusia (eseguire audiogramma dopo la guarigione della parotite).

Diagnosi differenziale

— litiasi dei dotti parotidei, parotite purulenta, tumore parotideo (ecografia, valutazio-

ne ORL)

— sindrome di Sjögren (clinica, anticorpi anti-SSA/SSB)
— in caso di orchite, altre cause di dolore testicolare (ad es. torsione del funicolo



ecografia doppler, valutazione urologica).

Diagnosi

clinica
sierologica:

a) reazione di fissazione del complemento (aumento del titolo anticorpale di alme-

no 4 volte);

b) ELISA (l’aumento degli anticorpi IgM significa infezione recente!)

— possibile dimostrazione del virus.

Terapia

sintomatica, bende imbevute di olio tiepido sulle parotidi, dieta semiliquida, accura-

ta igiene orale

— nei pazienti a rischio o con decorso grave gammaglobuline specifiche
in caso di pancreatite: digiuno (vedi cap. Pancreatite)
in caso di orchite: uso di un sospensorio per i testicoli, antiflogistici e corticoste-

roidi

— astenersi dal frequentare i luoghi pubblici per almeno 1 settimana dalla remissione

completa della tumefazione delle ghiandole.

Profilassi

attiva: vaccinazione con vaccino ad agente vivo attenuato (vaccinazione combinata

MMR dal 15° mese di vita e al 6° anno)

passiva: immunoglobuline specifiche, ad es. in caso di neonato da madre infetta.

DIFTERITE (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Il Corynebacterium diphteriae è un bacillo gram-positivo a forma di clava con corpu-

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907

scolo polare; l’uomo ne rappresenta la riserva naturale. La causa della malattia è la tos-
sina difterica
, con i suoi frammenti A (= componente tossica attiva) e B (= componen-
te che lega la tossina ai recettori cellulari). Non tutti i ceppi di C. diphteriae produco-
no la tossina: la capacità di produrla è trasmessa dai batteriofagi. La tossina difterica
danneggia la muscolatura cardiaca, i nervi, il fegato e i reni.

Epidemiologia

Le epidemie compaiono distanziate da periodi di circa 30 anni. Nel 1990 si è osservata
un’epidemia in alcuni stati dell’ex-Unione Sovietica che ha causato circa 10.000 morti.
L’indice di contagiosità è del 10-20%, i portatori sani (fonte di contagio) raggiungono
il 7% nei periodi epidemici.

Trasmissione

Mediante goccioline di Flügge.

Incubazione

1-7 giorni.

Clinica

• generalmente faringite difterica: angina con pseudomembrane biancastre adese, che

si estendono sino alla zona nasofaringea e che sanguinano quando vengono rimosse

• sapore dolciastro di mele fermentate
• rinite con secrezione ematica (rinite difterica del neonato)
• altre forme: laringite difterica (con pericolo di soffocamento), più raramente difterite

da ferita.

Forme di decorso:
1. infezione locale: faringe/tonsille, naso (difterite nasale con rinite emorragica), occhi,

e laringe (

 croup con stridore inspiratorio); ombelico nei neonati, ferite;

2. forma tossica sistemica: esordio 4-5 giorni dopo l’infezione locale, con febbre alta,

vomito, croup: tosse abbaiante con stridore inspiratorio.

Complicanze

collasso circolatorio tossico, tumefazione edematosa del collo («aspetto proconsolare»)
miocardite (spesso complicata da blocco A-V): miocardite precoce dopo 8-10 giorni

dall’inizio della malattia; miocardite tardiva dopo 4-8 settimane (evtl. morte tardiva
da difterite per insufficienza cardiaca)

polineuropatia con paresi dei nervi cranici motori, paralisi del velopendulo, paresi

dell’accomodazione, sensazione di «peli in bocca»

• danno renale difterico con insufficienza renale acuta.

Diagnosi differenziale

mononucleosi infettiva (quadro ematologico, monotest)
angina di Plaut-Vincenti (discrepanza tra sensazione soggettiva di benessere e angi-

na ulcerativa generalmente monolaterale, alitosi fetida; tampone faringeo: Trepone-
ma vincentii
+ flora mista anaerobia)

— nei neonati: pseudocroup = laringite subglottica (soprattutto da infezione parain-

fluenzale)

tonsillite streptococcica (tampone

 dimostrazione di streptococchi emolitici di

gruppo A

 terapia con penicillina V 1.000.000 U

×

3/die per 10 giorni; in caso di

ipersensibilità alla penicillina: macrolidi)

infezioni trasmesse per via sessuale: faringite gonococcica, faringite erpetica, infe-

zione luetica primaria

agranulocitosi (quadro ematologico).

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908

Diagnosi

Anamnesi, clinica e dimostrazione colturale: tampone naso-faringeo prima dell’inizio
del trattamento (raccogliere il materiale sotto le pseudomembrane). La dimostrazione
microscopica diretta di bacilli a forma di clava non consente la certezza diagnostica.

Terapia

Isolamento dei casi sospetti e di quelli conclamati!

1. In caso di sospetto di difterite: dopo aver effettuato le indagini diagnostiche (tam-

pone naso-faringeo) iniziare immediatamente il trattamento, somministrando antitos-
sina
che neutralizza la tossina circolante ma non quella legata alle cellule:
antitossina difterica umana: dosaggio sino a 20.000 UI i.m. oppure
antitossina eterologa equina (nel caso che l’antitossina umana non sia disponi-

bile): prima della somministrazione effettuare un test intracutaneo o congiunti-
vale per escludere reazioni allergiche o anafilattiche; dosaggio 500-2.000 UI/kg
di peso corporeo i.m.

penicillina (in caso di allergia alla penicillina: eritromicina).

2. In caso di contatti clinicamente sani: eseguire tamponi naso-faringei, poi terapia an-

tibiotica a scopo profilattico (vedi sopra). Se non esiste protezione da vaccinazione,
immunizzazione attiva.

Prognosi

Dipende dalle condizioni dell’ospite, dalla tempestività della terapia e dalle eventuali
complicanze; mortalità dell’epidemia in Russia < 5%.

Profilassi

Immunizzazione attiva mediante tossoide adsorbito su alluminio-formalina.
Indicazioni: vaccinazione generale di tutti gli individui, in particolare in caso di viaggi
in paesi a rischio per difterite.
La vaccinazione viene eseguita di regola come vaccinazione associata:
— nei neonati e nei bambini piccoli con vaccino D ad agente ucciso (con 30 UI di tos-

soide), ad es. vaccinazione DPT contro difterite, pertosse e tetano

— dopo il 6° anno di vita con vaccino d (con sole 4 UI di tossoide), ad es. vaccina-

zione Td contro tetano e difterite.

Dopo l’immunizzazione di base, costituita da 3 somministrazioni, richiami ogni 10 an-
ni. Non sono abitualmente richiesti controlli del titolo anticorpale dopo la vaccinazione.
Un titolo di antitossina sierica

0,1 UI/ml protegge dalla difterite, un titolo > 1,0

UI/ml assicura una protezione a lungo termine.
Effetti collaterali: talvolta reazione locale, raramente reazione sistemica; in rarissimi ca-
si isolati si sono osservate affezioni a carico del SNC e/o dei nervi periferici.
Controindicazioni: vedi Tabella delle vaccinazioni.

LEPTOSPIROSI (Obbligo di notifica)

Sinonimo: malattia di Weil.

Agente eziologico

Leptospira interrogans: 20 sierogruppi, 180 sierotipi, ad es. L. australis, L. autumnalis,
L. canicola, L. grippotyphosa, L. hebdomadis, L. pomona, L. icterohaemorrhagiae. Do-
po l’infezione, compare un’immunità limitata al sierotipo agente dell’infezione.

Epidemiologia

Zoonosi diffusa in tutto il mondo; la riserva naturale è rappresentata in particolare da

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ratti, topi e altri roditori; particolari sierotipi vengono trasmessi anche dal cane e dal
maiale, che diffondono l’agente mediante l’urina infetta su terreni umidi e acqua.

Trasmissione

La trasmissione all’uomo avviene tramite lesioni di cute e mucose, congiuntive e aero-
sol contaminati. Particolarmente esposti al rischio d’infezione sono i pescatori, coloro
che praticano sport acquatici e alcune categorie a rischio lavorativo (addetti ai canali,
lavoratori nei campi, addetti agli impianti di depurazione, ecc.).

Patogenesi

La leptospirosi è una antropozoonosi che provoca sepsi con conseguente localizzazione
a fegato, rene, SNC. La nefrite da leptospirosi porta all’escrezione di urine infette.

Incubazione

2-20 giorni.

Clinica

Il decorso della malattia dipende dal sierotipo e dallo stato delle difese dell’ospite, e
può variare da lieve e breve (giorni) a grave e protratto (circa 3 settimane); spesso il
decorso è bifasico:
1. fase iniziale (batteriemia):

esordio brusco con febbre subito elevata
congiuntivite, esantema
dolori ai polpacci, cefalea (in particolare retroorbitaria)

2. manifestazioni d’organo:

epatite (spesso itterica); al contrario dell’epatite virale, il paziente si sente peg-

gio alla comparsa dell’ittero

nefrite da leptospirosi
meningite, miocardite, iridociclite, ecc.

1. Fase batteriemica

emocoltura positiva

2. Interessamento d’organo

sintesi di anticorpi

febbre: 3-8 giorni

caduta della febbre: spesso andamento bifasico

Dolori: mialgie

nevralgie
artralgie

meningismo
congiuntivite
bradicardia relativa
ipotensione
esantema

Meningi:
meningite

Fegato:
epatite

Rene:
nefrite interstiziale

Tempo

Temp.

37°C

Complicanze

Insufficienza renale, insufficienza epatica, piastrinopenia e diatesi emorragica.

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Diagnosi differenziale

• in caso di decorso lieve: influenza virale, malaria, ecc.
• in caso di decorso grave: infezione da hantavirus, affezioni renali, epatite, meningite

da altra causa, sepsi, tifo, ecc.

Diagnosi

1. anamnesi lavorativa e del tempo libero
2. dimostrazione dell’agente eziologico nel sangue e nel liquor (solo nella 1ª settima-

na) e nelle urine (a partire dalla 2ª settimana)

3. dimostrazione degli anticorpi a partire dalla 2ª settimana (aumento di 4 volte del ti-

tolo nell’arco di 2 settimane; dimostrazione di anticorpi IgM).

Terapia

Alte dosi di penicillina G (in caso di allergia: doxiciclina) per 10 giorni: iniziare il trat-
tamento già al semplice sospetto, in quanto solo la somministrazione precoce di anti-
biotici influenza il decorso.

Prognosi

La mortalità delle forme a decorso grave può essere > 20%.

Profilassi

Prevenire l’esposizione, individuare e chiarire le possibili fonti di infezione, immuniz-
zazione attiva di animali domestici e bestiame.

BRUCELLOSI (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Le brucelle sono batteri gram-negativi a forma di bastoncello, immobili, che si molti-
plicano in sede intracellulare:
1. Brucella melitensis (la più frequente): febbre maltese; fonte d’infezione: latticini di

pecora e capra

2. Brucella abortus: malattia di Bang; fonte d’infezione: latticini vaccini, esposizione

ai vitelli per motivi professionali

3. Brucella suis (brucellosi suina) e Brucella canis (brucellosi canina): sono forme

rare.

Epidemiologia

È una antropozoonosi diffusa in tutto il mondo; la riserva naturale è rappresentata da-
gli animali domestici; l’uomo è l’ultimo anello della catena infettiva (nessun contagio).
La brucellosi colpisce preferenzialmente determinate categorie: agricoltori, pastori, ma-
cellai, mungitori, veterinari. A causa del turismo, si verificano casi di malattia d’im-
portazione:
B. melitensis: allevamento di pecore e capre: paesi del Mediterraneo (Spagna, Por-

togallo), America meridionale e centrale, Africa

B. abortus: allevamento dei vitelli: aree temperate e tropicali
B. suis: America settentrionale.

Trasmissione

1. infezione da contatto in agricoltura. Porta d’ingresso: mucose, (micro)ferite della cute
2. infezione per via orale da latte o da latticini crudi / non pastorizzati, provenienti da

animali malati (le brucelle sopravvivono sino a 6 mesi nel formaggio di pecora o
capra).

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Incubazione

B. melitensis 1-3 settimane.
B. abortus e B. suis da 2 settimane ad alcuni mesi.

Anatomia patologica

Granulomatosi con cellule epitelioidi nei linfonodi, milza, fegato (SRE), e nelle pareti
vasali.

Clinica

1. stadio prodromico: manca nell’infezione da B. melitensis: manifestazioni sistemiche

aspecifiche

2. stadio sistemico (batteriemia):

febbre (decorso febbrile solitamente irregolare, raramente febbre ondulante), con

bradicardia relativa, crisi di sudorazione

epatosplenomegalia, linfoadenomegalia, evtl. sintomi gastrointestinali, evtl. coin-

volgimento della pleura e pericardio, cefalea, dolori muscolari e articolari, emor-
ragia da naso e gengive, talvolta esantema

3. manifestazioni d’organo: granulomi a livello di fegato, milza, ossa (artrite brucella-

re), altri organi.

Complicanze

Endocardite, osteomielite, meningoencefalite, ascesso splenico, orchite, ecc.

Decorso

1. Brucellosi inattiva (forma latente primaria)
2. Brucellosi attiva:

— acuta (< 3 mesi)
— subacuta (3-12 mesi)
— cronica (> 12 mesi).

Diagnosi differenziale

Tifo, sepsi, malaria, infezioni febbrili da altra causa, epatosplenomegalia da altra causa,
linfomi maligni, ecc.

Diagnosi

1. anamnesi lavorativa e per viaggi all’estero; clinica
2. dimostrazione dell’agente eziologico (coltura, DNA) nel sangue e altri liquidi biolo-

gici, biopsia del midollo osseo e dei linfonodi

3. dimostrazione degli anticorpi agglutinanti (titolo > 1:80 oppure incremento del tito-

lo) mediante reazione di fissazione del complemento, ELISA; distinzione di anti-
corpi IgG e IgM (malattia acuta).
Nota: in seguito a cross-reattività antigenica, si possono riscontrare reazioni falsa-
mente positive nelle forme da Yersinia enterocolitica, nell’infezione colerica, e do-
po vaccinazione anticolerica. In caso di presenza di anticorpi incompleti, la diagno-
stica sierologica può non essere affidabile (dimostrazione mediante test di Coombs
positivo).

4. esame istologico di biopsie d’organo.

Terapia

Di provata efficacia è l’associazione di doxiciclina (per 6 settimane) con streptomicina
(per 3 settimane).

Prognosi

Poiché le brucelle si localizzano a livello del SRE, compare spesso, invece della guari-

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gione, un equilibrio tra microorganismo e ospite; pertanto, a seconda dello stato delle
difese, la malattia può sempre riattivarsi (anche dopo anni)

 decorsi cronici sino a 20

anni.
La mortalità media è intorno al 2%.

Profilassi

Identificazione degli animali malati, immunizzazione attiva degli animali sani, igiene
dell’ambiente di lavoro, uso di indumenti protettivi in caso di rischio lavorativo; evita-
re carni crude o latte fresco non pastorizzato provenienti da zone endemiche.

TOXOPLASMOSI (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Il Toxoplasma gondii è un protozoo che cresce in sede intracellulare. Presenta un ciclo
di sviluppo che prevede ospiti intermedi e un ospite definitivo: ospiti intermedi sono il
topo, il maiale, la pecora, il vitello e l’uomo, con formazione di cisti nei muscoli e in
altri organi; ospite definitivo è il gatto, con escrezione fecale di oocisti infettanti.

Epidemiologia

Nel corso della vita, la maggior parte dei soggetti contrae l’infezione. All’età di 40 an-
ni il 50% della popolazione presenta anticorpi specifici per il T. gondii. Si calcola che
nell’Europa centrale la frequenza di infezione primaria in gravidanza sia intorno allo
0,7%.

Trasmissione

Trasmissione all’uomo:
consumo di carne cruda contenente cisti, proveniente da animali infetti (ad es. carne

macinata; la carne di maiale è infettata da cisti sino nel 25% dei casi)

contatto con escrementi di gatto contenenti oocisti; consumo di insalata e verdure

non lavate

infezione transplacentare: il rischio esiste solo per il bambino la cui madre si sia in-

fettata in gravidanza. Tanto più la gravidanza è in fase avanzata, tanto più è fre-
quente il passaggio transplacentare del protozoo, che tende però a procurare al feto
danni più contenuti; al contrario, quanto più precoce è l’infezione, tanto più gravi so-
no i danni fetali. Rischio d’infezione del feto e sue conseguenze:
— 1º trimestre: 17%; generalmente aborto, più raramente gravi danni al neonato
— 2º trimestre: 24%; generalmente danni medio-gravi al neonato
— 3º trimestre: 64%; solo danni lievi o tardivi al neonato.

Incubazione

Da giorni a settimane.

Clinica

A) Toxoplasmosi post-natale:

1. nei soggetti immunocompetenti l’infezione ha un decorso generalmente innocuo:

toxoplasmosi cronica latente asintomatica (forma più comune), aumenta di

frequenza con l’età: 20% dei ventenni, 60% dei sessantenni

toxoplasmosi sintomatica (1% degli infetti): toxoplasmosi linfonodale con

linfoadenomegalia (spesso nucale, cervicale), evtl. cefalea e dolori muscola-
ri, febbre, raramente sintomi oculari (ad es. uveite);

2. nei pazienti immunodepressi e in caso di AIDS il decorso è grave, con toxopla-

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smosi cerebrale (tronco encefalico e gangli della base) ed evtl. disseminazione
settica (cuore, fegato, milza).
Nota: la toxoplasmosi è responsabile della maggior parte delle infezioni del
SNC nei malati di AIDS.

B) Toxoplasmosi connatale:

1. in caso di infezione fetale precoce (relativamente rara), decorso grave:

infezione generalizzata con epatosplenomegalia, ittero, miocardite, polmonite

interstiziale, aborto, morte in utero

encefalite con la triade: idrocefalo, corioretinite, calcificazioni intracerebrali;

2. in caso di infezione fetale tardiva (forma più frequente), decorso più lieve in cui

si possono però osservare danni tardivi post-encefalitici (deficit intellettivo).

Diagnosi differenziale

Linfoadenomegalia da altra causa.

Diagnosi

1. Diagnosi della toxoplasmosi connatale e post-natale:

dimostrazione sierologica degli anticorpi:

• dimostrazione di anticorpi IgG: test di Sabin-Feldmann, immunofluorescenza

indiretta, test immunoenzimatici: la positività compare 2 settimane dopo l’in-
fezione; il titolo anticorpale raggiunge il picco (> 1:1.000) dopo 6-8 settima-
ne, poi decresce; gli anticorpi permangono solitamente a basso titolo (sino a
1:64) per tutta la vita. Solamente un aumento significativo del titolo docu-
menta un’infezione recente

• dimostrazione di anticorpi IgM in caso di infezione recente e di toxoplasmosi

connatale

• reazione di fissazione del complemento: si positivizza più tardivamente rispet-

to al test di Sabin-Feldmann e si negativizza successivamente, alla risoluzione
della toxoplasmosi acuta.

Nota: in caso di pazienti immunodepressi (ad es. AIDS) e di corioretinite isola-
ta, gli anticorpi IgM e l’aumento significativo del titolo IgG sono solitamente
assenti. Decisive per la diagnosi sono la dimostrazione dell’agente infettivo e la
risposta favorevole al trattamento

dimostrazione dell’agente eziologico (ad es. nel liquor o nel sangue): in caso di

toxoplasmosi connatale ed encefalite da toxoplasma. La dimostrazione del DNA
del toxoplasma nel sangue documenta l’infezione recente

esame istologico dei linfonodi: in caso di toxoplasmosi linfonodale: linfoadenite

di Piringer-Kuchinka con focolai di cellule epitelioidi
Nota: questo quadro istologico non è specifico della toxoplasmosi e viene occa-
sionalmente osservato anche nella mononucleosi infettiva e nella brucellosi

in caso di sospetta toxoplasmosi cerebrale: TC, RMN: immagini cercinate.

2. Diagnostica prenatale:

— controlli ecografici del feto
— dimostrazione del DNA del toxoplasma nel liquido amniotico e nel sangue feta-

le. La dimostrazione di anticorpi IgM risulta positiva solo nel 20% dei casi.

Terapia

I portatori cronici di toxoplasma non vengono trattati.
Nei soggetti immunocompetenti, la toxoplasmosi linfonodale guarisce di solito sponta-
neamente senza necessità di terapia.
Indicazioni alla terapia antibiotica:
• toxoplasmosi con sintomi clinici (ad es. febbre, dolori muscolari, ecc.)

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infezione primaria in gravidanza
• pazienti immunodepressi e con AIDS affetti da toxoplasmosi acuta
• toxoplasmosi connatale.
Farmaci di prima scelta: pirimetamina (+ acido folico) + sulfadiazina o clindamicina.
Questa terapia è controindicata prima della 20ª settimana di gravidanza

 in questi ca-

si è indicata la spiramicina.

Profilassi

• screening per il toxoplasma nelle donne gravide
• in caso di sieroconversione in gravidanza, il trattamento può ridurre del 75% il ri-

schio fetale

• donne gravide, pazienti immunodeficienti o con AIDS: non consumare carne cruda o

poco cotta, evitare contatti con gatti

nei pazienti con AIDS:

— profilassi primaria in caso di conta dei linfociti CD4

+

< 100-200/

µ

l: ad es. cotri-

mossazolo (che protegge anche dalla polmonite da Pneumocystis carinii)

— profilassi secondaria dopo l’infezione da toxoplasma con i farmaci sopra riportati

per la terapia.

LISTERIOSI (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Esistono 7 specie di Listeria, di cui solo la L. monocytogenes è significativamente pa-
togena per l’uomo. In tutto il mondo sono stati descritti 13 sierotipi di Listeria. Circa il
10% degli uomini e degli animali è portatore intestinale di L. monocytogenes. Le liste-
rie possono crescere anche a bassa temperatura (+4°C).

Epidemiologia

Malattia relativamente rara. Nei soggetti immunocompetenti il decorso dell’infezione è
di regola asintomatico. La malattia compare nei gruppi a rischio: soggetti con ridotte
difese immunitarie, neonati, anziani, donne gravide (la listeria è un patogeno facoltati-
vo = patogeno opportunista).

Trasmissione

Consumo di alimenti di origine animale o vegetale contaminati (ad es. latte, formaggio,
insalate crude); i casi di malattia compaiono in forma sporadica oppure in piccole epi-
demie. L’infezione del neonato avviene per via transplacentare, oppure alla nascita, op-
pure da contagio post-natale.

Incubazione: 3-90 giorni.

Clinica

Listeriosi post-natale:

ha un decorso simil-influenzale: febbre, mialgie; evtl. vomito e diarrea.
Complicanze: sepsi, meningite purulenta, molto raramente encefalite; talvolta asces-
si locali.

Listeriosi neonatale:

infezione precoce: evtl. parto prematuro o di feto morto; comparsa dei sintomi

nella prima settimana di vita: sepsi, sindrome dispnoica, lesioni cutanee (granulo-
matosis infanti septica)

infezione tardiva: comparsa di sintomi a partire dalla seconda settimana di vita,

spesso con quadro clinico di meningite.

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Diagnosi

Clinica, dimostrazione dell’agente eziologico (coltura, PCR) nel sangue, liquor, pus, se-
creto vaginale, lochi, feci, meconio, o materiale prelevato in corso d’autopsia.

Terapia

Amoxicillina + aminoglicoside per almeno 2 settimane.
Antibiotici alternativi: cotrimossazolo, macrolidi, ecc.

Prognosi: il 30% delle meningiti da Listeria ha decorso mortale.

Profilassi

Misure igieniche nella produzione e manipolazione degli alimenti. Per eliminare le

listerie, gli alimenti vanno cotti, arrostiti o sterilizzati.

— Igiene in cucina: lavare le mani prima di preparare i cibi; piani di lavoro separati

per la preparazione di carni e verdure crude.

Le persone a rischio (vedi sopra) non dovrebbero assumere alimenti e bevande a

base di latte non pastorizzato; in caso di formaggi con la crosta, questa va tolta
prima del consumo; non mangiare formaggi molli.

MALATTIE TRASMESSE DA ZECCHE

1. Borreliosi di Lyme (vedi tabella).
2. Encefalite russa primaverile-estiva (vedi tabella).
3. Ehrlichiosi granulocitaria umana (vedi più avanti).

915

Borreliosi di Lyme (BL)

Encefalite russa

primaverile-estiva (ERPE)

Agente eziologico

Borrelia burgdorferi, 3 specie in Europa:
B. afzelii, B. sensu stricto, B. garinii

Flavivirus

Sino a un’altitudine di

1.000 m

800 m

sino al 5% nelle aree endemiche
riserva naturale: topo

Vettore

zecche (Ixodes ricinus = zecca del cane)

Frequenza delle zecche vettrici

5-35% nelle aree endemiche

aree endemiche: Russia, Paesi
Baltici (in particolare Lettonia),
Europa orientale, Baviera, Carinzia,
Baden-Württemberg, Paesi Balcanici

Epidemiologia
ERPE:BL = 1:100-300 ca.

ubiquitaria nell’Europa centrale,
settentrionale e orientale, America
settentrionale, Australia
incidenza: 50-100/100.000/anno

da marzo a novembre con picco
in luglio-settembre

Comparsa stagionale

eritema migrans: da marzo a novembre
con picco in luglio-agosto; manifestazioni
tardive: tutto l’anno

2-28 giorni

Periodo di incubazione

1º stadio: 1-6 settimane
2º stadio: mesi
3º stadio: anni

• decorso asintomatico (70-90%)
• decorso sintomatico in due fasi:
1. febbre con manifestazioni

1.

simil-influenzali (10-30%).

1.

Dopo un intervallo di circa 1

1.

settimana senza febbre,

1.

nel 10% dei casi si passa a

2. febbre con meningite o

1.

meningo-encefalite, raramente

1.

meningo-mielite

Clinica

Nota: la malattia può non
presentare tutti gli stadi,
ma esordire in qualsiasi stadio

1° stadio: eritema migrans, in particolare
da B. sensu stricto
2° stadio: meningo-radicolite linfocitaria
di Bannwarth, evtl. con paresi del
facciale, meningite/encefalite; miocardite
(evtl. blocco A-V), artrite di Lyme
(prevalentemente a ginocchio e caviglia);
raramente linfocitoma da borrelia
3° stadio: acrodermatite cronica
atrofica (da B. afzelii),
polineuropatia, encefalomielite

continua a pag. 916

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916

EHRLICHIOSI GRANULOCITARIA UMANA (HGE)

Agente eziologico

Ehrlichia granulocitaria umana, un batterio trasmesso dalle zecche.

Epidemiologia

Presente in USA, Slovenia, e forse in Europa centrale.

Incubazione: 2-7 giorni.

Clinica: evtl. febbre e sintomi simil-influenzali.

Complicanze

In corso di HGE può manifestarsi uno stato di immunodepressione in soggetti con di-
fese già ridotte.

Laboratorio

Aumento di VES e PCR, evtl. leuco- e piastrinopenia, aumento delle transaminasi.

Diagnosi

— dimostrazione dell’agente eziologico (PCR), dimostrazione degli anticorpi specifici

(anticorpi IgM e aumento del titolo)

— striscio del sangue periferico: presenza di corpi inclusi intracitoplasmatici leucocita-

ri, nel 20% dei casi.

Nota: spesso falsa positività sierologica per borrelia, da reattività crociata.

meningite/encefalite da altra causa

Diagnosi differenziale

polineuropatia, meningite, sclerosi
multipla, miocardite, artrite da altra
causa

Diagnosi

anamnesi (morso di zecca, soggiorno in aree con zecche)
clinica + sierologia (aumento di anticorpi IgM), dimostrazione dell’agente
eziologico (PCR)
in caso di borreliosi reazione crociata con Treponema pallidum (TPHA), evtl.
reazione falsamente positiva in corso di HGE, AR, LES
dimostrazione del DNA della borrelia nell’urina, sinovia, biopsia cutanea (può
essere incerta nel liquor)

Terapia

1° stadio: doxiciclina (100 mg

×

2/die)

a partire dal 2° stadio: ad es.
ceftriaxone e.v.
durata: 3-4 settimane

trattamento solo sintomatico

Mortalità

1% dei casi con meningoencefalite

Profilassi

• protezione dai morsi di zecca: indumenti idonei (molto coprenti), evitare la

sosta vicino ai cespugli e nell’erba alta, ispezionare il proprio corpo dopo una
passeggiata

• dopo il morso di zecca: rimuovere la zecca dalla cute senza schiacciarla. Non

applicare olio o sostanze collanti. Disinfettare la sede del morso

Immunizzazione

attiva nei soggetti a rischio:
– negli USA: vaccino monovalente

contro B. sensustricto

– in Europa: vaccino trivalente.
(controllare l’efficacia della terapia
antibiotica mediante la ricerca di
antigeni nell’urina)

attiva nei soggetti a rischio
(vaccinazione in 3 tempi), richiamo
dopo circa 3 anni
attenzione agli effetti collaterali
e alle controindicazioni
post-esposizione: immunoglobuline
anti-ERPE, sino a 2 giorni dopo il
morso. Controindicazione: bambini
sino ai 14 anni; l’efficacia protettiva
non è assoluta, evtl. effetti collaterali

continua da pag. 915

Borreliosi di Lyme (BL)

Encefalite russa

primaverile-estiva (ERPE)

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Terapia: doxiciclina, per 10 giorni.

Prognosi: di regola guarigione spontanea dopo 1 settimana.

Profilassi: protezione dalle zecche.

MENINGITE BATTERICA (Obbligo di notifica)

Definizione

Infiammazione delle meningi cerebrali e/o spinali provocata da un’infezione batterica.

Eziologia: lo spettro dei possibili agenti eziologici dipende dal tipo di contatti e dall’età

del soggetto:
lattanti < 1 mese: E. coli, streptococchi, listerie
bambini: Haemophilus influenzae (circa 50% dei casi)
giovani: meningococchi (*) (circa 50%), pneumococchi (circa 20%)
adulti: pneumococchi (circa 50%), meningococchi (*) (circa 30%), listerie (in parti-

colare nei soggetti anziani e negli immunodepressi), stafilococchi, Pseudomonas ae-
ruginosa, borrelie.

(*) meningococco = Neisseria meningitidis; ne esistono 12 sierogruppi, il più diffuso è
il B; nel mondo si sta diffondendo anche un nuovo tipo del sierogruppo C [ET15], che
provoca un grave decorso settico. Il 5-10% dei soggetti sani è portatore di meningo-
cocchi a livello rino-faringeo.

Trasmissione

mediante goccioline di Flügge, in caso di meningite da meningococco, con evtl. dif-

fusione dell’epidemia

per via ematogena: ad es. in caso di polmonite pneumococcica
per continuità, in caso di otite, sinusite
infezione diretta: ad es. in caso di trauma cranio-encefalico aperto.

Incubazione: nelle forme da meningococco: 1-10 giorni, solitamente 2-4 giorni.

Epidemiologia

Incidenza: 3-10/100.000/anno (nei bambini è più frequente). La meningite meningococ-
cica è diffusa in tutto il mondo (in particolare nella fascia dell’Africa centrale, Asia e
America meridionale).

Clinica

Dolori alla testa e alla nuca, irritabilità e accentuata sensibilità (soprattutto alla luce e
agli stimoli dolorosi), febbre (attenzione! può non essere presente), vomito, disorienta-
mento, evtl. convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza. In caso di meningite me-
ningococcica: tumefazioni articolari, esantema, emorragie petecchiali. Nei soggetti an-
ziani e negli alcoolisti il decorso è spesso oligosintomatico.
Segni di meningismo (possono mancare nei soggetti anziani, nei lattanti e nei pazienti
in coma):
• rigidità nucale alla flessione passiva del capo
• nel movimento passivo verso l’alto dell’arto inferiore esteso, flessione attiva dell’ar-

ticolazione del ginocchio (segno di Kernig)

• oppure comparsa di dolori all’arto inferiore, al gluteo e alla regione lombo-sacrale

(segno di Lasègue)

• alla flessione passiva del capo, comparsa di flessione involontaria delle ginocchia (se-

gno di Brundzinski).

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Complicanze

Edema cerebrale, idrocefalo, ascesso cerebrale, trombosi settica dei seni venosi, danni
all’udito; in caso di sepsi da meningococco: sindrome di Waterhouse-Friedrichsen (pe-
tecchie ed altre emorragie cutanee, DIC con insufficienza multi-organo, shock e insuf-
ficienza surrenalica).

Laboratorio

Alterazioni infiammatorie sistemiche: leucocitosi, aumento della VES e PCR.
Esame del liquor: nel sospetto di meningite, la rachicentesi è obbligatoria, ma solo

dopo aver escluso la presenza di ipertensione endocranica (valutazione del fondo
dell’occhio, evtl. TC), nel qual caso esiste il pericolo di incuneamento del tronco
encefalico. Del liquor si deve anzitutto valutare l’aspetto, e poi approntare almeno
2 provette: la prima per le indagini di chimica-clinica (glucosio, proteine, lattato) e
per l’esame microscopico (conta cellulare, tipo di cellule, colorazione di Gram e al
blu di metilene); la seconda per la determinazione dell’agente eziologico (esame col-
turale, ricerca degli antigeni, PCR). Una terza provetta va conservata a freddo per
possibili ulteriori indagini.

Meningite batterica

Meningite virale

Meningite tubercolare

Aspetto

torbido

limpido

a ragnatela

Numero di cellule/µl

migliaia

centinaia

centinaia

Tipo di cellule

granulociti

linfociti

linfociti, monociti

Glucosio



(< 30 mg/dl)

normale



(< 30 mg/dl)

Proteine



(> 120 mg/dl)

normali



(> 120 mg/dl)

Lattato

> 3,5 mmol/l

< 3,5 mmol/l

> 3,5 mmol/l

Nella meningite batterica, al contrario di quanto avviene nelle forme virali, il latta-
to nel liquor è aumentato, la glicorrachia è diminuita (< 40% della glicemia), e il li-
quor ha un aspetto torbido.

Diagnosi differenziale

meningoencefaliti virali (Coxsackie, Echo, parotite, encefalite russa primaverile-esti-

va, HIV, morbillo, CMV, VZV, HSV)

— meningite tubercolare (vedi il relativo capitolo)
— neoplasia cerebrale, accidente vascolare cerebrale, emicrania.

Diagnosi

— anamnesi/clinica/esame del liquor
— TC/RMN
— dimostrazione dell’agente eziologico nel liquor e nel sangue (colture, dimostrazione

degli antigeni o del DNA virali)

— dimostrazione sierologica degli anticorpi (incremento del titolo, anticorpi di classe

IgM)

— ricerca dell’evtl. focolaio infettivo di partenza (polmonite, otite, sinusite, trauma

cranio-encefalico, tampone faringeo).

Dal punto di vista terapeutico, è importante l’immediato riconoscimento di una menin-
goencefalite erpetica
(sindrome del lobo temporale con afasia di Wernicke, disorienta-
mento, epilessia del lobo temporale; alterazioni precocemente visibili alla RMN) e del-
le forme da meningococco: in entrambi i casi la prognosi dipende infatti dalla tempe-
stività diagnostica e dal trattamento (per iniziarlo è sufficiente il semplice sospetto!).

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Terapia

A) Trattamento antibiotico: va iniziato subito dopo la rachicentesi e il prelievo per

emocolture!
pazienti senza malattie di base: ceftriaxone 2 g

×

2/die + ampicillina 2 g

×

4/die,

per 2 settimane

pazienti con infezioni otorinofaringee o con traumi cranioencefalici: ceftriaxone 2

g

×

2/die + fosfomicina 5 g

×

3/die

• in caso di sospetta infezione nosocomiale: come nelle infezioni ORL + gentami-

cina 80 mg

×

3/die

• in caso di immunodeficienza: come nelle infezioni ORL + ampicillina 2 g

×

4/die.

B) Terapia sintomatica: ad es. trattamento dell’ipertensione endocranica (vedi cap. Pa-

tologia occlusiva delle arterie cerebrali), correzione degli squilibri idro-elettrolitici,
prevenzione del tromboembolismo, ecc.

I pazienti con sospetta meningite meningococcica vanno posti in isolamento. Si devono
adottare le misure igieniche necessarie!

Nota: trattamento dell’encefalite da HSV o VZV: aciclovir 10 mg/kg e.v. ogni 8 ore.

Prognosi

Mortalità: 10-30%; in caso di sindrome di Waterhouse-Friedrichsen con insufficienza
multi-organo la mortalità giunge al 95%. Guarigioni con postumi nel 20% dei casi.

Profilassi

In caso di meningite meningococcica, profilassi dei contatti con rifampicina (600 mx

×

2/die) oppure ciprofloxacina (500 mg

×

2/die); è anche necessario l’isolamento dei sog-

getti malati per vari giorni (l’infettività perdura finché persistono germi in faringe).
In caso di epidemia meningococcica, ricerca degli evtl. portatori asintomatici (tampone
faringeo).
Immunizzazione attiva:
• il vaccino tetravalente protegge dai sierotipi A, C, W135 e Y (ma non dal tipo B,

prevalente in Europa centrale). La vaccinazione è indicata in caso di viaggi nella «fa-
scia meningococcica tropicale» (Sahara meridionale, India, Nepal, Paesi del Golfo,
fascia tropicale dell’America meridionale, ecc.).
Dosaggio: vaccino tetravalente 0,5 ml s.c. (durata della protezione: 3 anni).
A Cuba è stato messo a punto un vaccino attivo anche contro il tipo B

• il vaccino contro l’Haemophilus influenzae B protegge largamente neonati e bambini

piccoli

• vaccino contro l’encefalite russa primaverile-estiva (vedi il relativo capitolo).

FEBBRE GIALLA (Obbligo di notifica)

Agente eziologico

Il virus della febbre gialla è un flavivirus a RNA, trasmesso principalmente da diversi
tipi di zanzara, e probabilmente anche dalle zecche.
La riserva naturale principale è rappresentata dai cercopitechi, in particolare le scimmie
delle foreste tropicali dell’America centrale e meridionale e dell’Africa.

Epidemiologia

Fascia geografica della febbre gialla: Africa tropicale (latitudine 17°S - 17°N), Ameri-
ca meridionale e centrale tropicale (latitudine 20°S - 10°N); in Africa l’incidenza della
malattia è in aumento. Considerare il rapporto aggiornato dell’OMS. Non si sono se-
gnalati casi in Asia.

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Esistono 2 forme:
febbre gialla silvestre (foreste, giungla, macchia tropicale): il virus circola tra le zan-

zare e i primati; l’uomo viene infettato sporadicamente

febbre gialla urbana: il virus circola tra le zanzare e la popolazione non immune



comparsa di epidemie.

Trasmissione

I vettori della febbre gialla sud-americana sono le zanzare della specie Haemagogus,
della febbre gialla africana Aedes aegypti, A. africanus e A. simpsoni.

Incubazione

3-6 giorni.

Clinica

Sono presenti 3 stadi:
1. stadio iniziale (stadio viremico: 3 giorni): febbre improvvisa sino a 40°C con brivi-

do, cefalea intensa, forti dolori dorsali e articolari, congiuntivite, nausea, vomito,
evtl. bradicardia relativa

2. stadio di remissione: la febbre diminuisce al 3°-4° giorno e si può giungere a gua-

rigione. In caso di decorso grave, a un nuovo innalzamento della temperatura (cur-
va a tipo «dromedario») fa seguito lo stadio del danno d’organo

3. stadio del danno epato-renale:

epatite con ittero e vomito
nefrite con proteinuria
diatesi emorragica con sanguinamento delle mucose, epistassi, evtl. emorragie

gastrointestinali (vomito caffeano).

Complicanze

Insufficienza epatica e/o renale, meningoencefalite, insufficienza circolatoria, coma.

Decorso

Ampia variabilità di decorso, da disturbi lievi (simil-influenzali) sino a un decorso gra-
ve con elevata mortalità.

Diagnosi differenziale

Epatite, malaria, rickettsiosi, malattia di Weil, dengue, febbre emorragica (da virus
Marburg, virus Ebola), ecc.

Diagnosi

anamnesi + clinica (febbre, ittero, emorragie): anamnesi di viaggio ai tropici nei sog-

getti non vaccinati, che si ammalano improvvisamente con febbre, cefalea, mialgie,
vomito e proteinuria

laboratorio:

— lieve leucopenia, evtl. anemia, piastrinopenia
— transaminasi e bilirubina aumentate, tempo di Quick diminuito, proteinuria
dimostrazione del virus, di antigeni virali o dell’RNA virale nel sangue
— dimostrazione degli anticorpi di tipo IgM

reperto autoptico: istologia epatica tipica, con necrosi coagulativa delle zone inter-

medie dei lobuli epatici e corpi inclusi nei nuclei degli epatociti.

Terapia

Stretto isolamento (quarantena) in locali protetti dalle zanzare dei casi sospetti, degli
ammalati e dei contatti non vaccinati (per il periodo dell’incubazione = 6 giorni).
— terapia sintomatica: misure di terapia intensiva
— tentativo di chemioterapia antivirale (ad es. con ribavirina).

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Prognosi

Sino al 14° anno d’età, la febbre gialla ha una mortalità limitata (decorso simil-in-
fluenzale); negli adulti la mortalità è elevata, sino all’85%.
Una infezione superata instaura un’immunità duratura (anche per tutta la vita).

Profilassi

Protezione dalle zanzare; vaccinazione con vaccino ad agente vivo attenuato 17D, da
praticarsi solo nelle sedi di vaccinazione autorizzate dall’OMS (il vaccino è molto ter-
molabile).
Indicazioni: su richiesta dei paesi meta del viaggio o di transito (informazione OMS).
Considerare controindicazioni ed effetti collaterali (vedi Tabella delle vaccinazioni). Se
esistono controindicazioni, vi è la possibilità di venire esentati. Peraltro i paesi che ri-
chiedono la vaccinazione non sono tenuti a riconoscere questo «certificato d’esenzione».
Dosaggio: adulti 0,5 ml s.c.
Attenzione: l’efficacia della vaccinazione compare solo dopo 10 giorni. Vaccinarsi
quindi al più tardi 10 giorni prima del viaggio. L’efficacia viene meno dopo 10 anni.
Rispettare l’intervallo nei confronti di altre vaccinazioni (vedi Tabella delle vaccina-
zioni).

DENGUE

Agente eziologico

Arbovirus del genere Flavivirus; ne esistono 4 sierotipi; viene trasmesso dal morso del-
le zanzare; il serbatoio naturale è costituito dall’uomo e dalla scimmia.

Epidemiologia

Presente in tutto il mondo (30°N - 40°S); sino a 80 milioni di malati all’anno nel mon-
do. È la malattia virale più frequentemente importata dai turisti di ritorno dai tropici.
Vi è un significativo aumento dei casi di malattia in Asia e in America meridionale. È
presente anche nella parte meridionale degli USA e nei Caraibi (ad es. Cuba).

Trasmissione

Avviene tramite le zanzare della specie Aedes aegyptii: il virus viene trasmesso alle
zanzare dall’uomo o dalla scimmia infetti in occasione di un «pasto di sangue», si mol-
tiplica poi nell’organismo della zanzara femmina e viene nuovamente trasmesso me-
diante una nuova puntura. Le zanzare pungono sia durante il giorno che al tramonto.

Incubazione: 2-7 giorni.

Clinica

La maggior parte dei pazienti (> 95%) presenta una forma lieve con febbre, artralgie,
sintomi similinfluenzali. Particolari sottotipi possono provocare un decorso grave con
emorragie: febbre emorragica dengue.
1º stadio:
— esordio improvviso con febbre elevata (si abbassa dopo 1-2 giorni) e forti dolori

articolari al rachide, braccia e gambe («breakbone fever»); il polso è debole

— brividi scuotenti
— cefalea (soprattutto retroorbitaria)
— spesso i pazienti lamentano un sapore metallico o amaro in bocca
2º stadio (dopo 4-5 gionri):
— dopo il calo della febbre nuova puntata febbrile (curva termica «a sella»)
— esantema morbilliforme (eruzioni a macchie grossolane confluenti)
— linfoadenomegalia

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3º stadio:
— graduale risoluzione di questi sintomi dopo 5-6 giorni, con una fase di recupero che

può durare diverse settimane.

Complicanze

Soprattutto nei bambini la malattia assume spesso un decorso grave: nel 2% dei casi si
può manifestare una tendenza emorragica da trombocitopenia: febbre emorragica den-
gue, causata dalla sovrainfezione sequenziale da parte di sierotipi diversi; si manifesta
con 4 livelli di gravità (4º livello: shock emorragico da dengue, con mortalità del 50%).
Evtl. meningoencefalite.

Diagnosi differenziale

— malaria, febbre gialla
— altre malattie virali tropicali con febbre ed artralgie (ad es. Chikunguya nell’Asia

sud-orientale, virus Ross-River in Australia, virus West-Nile in Israele/Egitto, virus
Rift-Valley in Africa)

— febbre emorragica: malattie virali potenzialmente mortali in Africa (Ebola, Marburg,

Lassa, Crim-Congo) e febbre emorragica del Sud America.

Diagnosi

Anamnesi + clinica: anamnesi di recente viaggio ai tropici in soggetti che improv-

visamente presentano febbre, cefalea, dolori articolari (nonostante il breve periodo
d’incubazione, l’esordio può avvenire dopo il rientro!)

Laboratorio:

• lieve leucopenia, con linfocitosi relativa, trombocitopenia, evtl. aumento delle

transaminasi

• dimostrazione del virus, di antigeni virali o di RNA virale nel sangue (nelle pri-

me 24-48 ore dall’esordio)

• dimostrazione di anticorpi specifici: la presenza di anticorpi IgM depone per

un’infezione recente; possono però mancare in caso di seconda infezione. Dopo la
vaccinazione contro la febbre gialla o contro l’encefalite russa primaverile-estiva,
possono comparire anticorpi cross-reagenti con il virus dengue.

Terapia

Trattamento solo sintomatico con correzione degli squilibri idro-elettrolitici, evtl. misu-
re di terapia intensiva.
Attenzione: la somministrazione di ASA (a scopo antipiretico o antidolorifico) aumenta
la tendenza alle emorragie (usare in alternativa il paracetamolo).
In caso di shock somministrare glucocorticosteroidi e concentrati piastrinici.

Prognosi

In caso di prima infezione in soggetti adulti, la prognosi è solitamente favorevole. Il su-
peramento dell’infezione lascia un breve periodo di immunità, della durata di settimane
o mesi. È poi possibile contrarre nuovamente la febbre dengue provocata da un altro
sierotipo. Il decorso della seconda infezione è solitamente più grave rispetto alla prima.
La malattia ha un decorso grave nei bambini piccoli, con elevata mortalità nell’Asia
sud-orientale.

Profilassi

Prevenzione dell’esposizione: proteggersi dalle punture delle zanzare

 spalmare la cute

con sostanze zanzare-repellenti, anche di giorno (le zanzare pungono anche di giorno!).
Dormire in locali con aria condizionata (vedi anche le misure per la profilassi della ma-
laria).

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MALARIA (Obbligo di notifica)

Epidemiologia

Dopo la tubercolosi, è la seconda malattia infettiva nel mondo; prevalenza: sino a 500
milioni di cui il 90% in Africa. Solamente in Africa, ne muoiono ogni anno circa 2 mi-
lioni di bambini. In Europa, i 2/3 dei casi importati sono di malaria tropicale (di cui
l’80% dall’Africa, più frequentemente dal Kenia). Il 40% della popolazione mondiale è
esposto alla malaria.
È endemica nelle aree tropicali e subtropicali.

Agente eziologico

Esistono 4 tipi di plasmodi (vedi tabella a pag. seguente).
Trasmissione dei parassiti malarici:
— con la puntura di zanzara anofele femmina nelle aree endemiche
— vie di trasmissione più rare: «aircraft-, airport-, baggage-malaria», trasfusione di

sangue.

Clinica e complicanze

Sintomi e forme di decorso della malaria

Diagnosi differenziale

Manifestazioni cliniche

— febbre, evtl. con brivido e defervescenza febbrile

per crisi; però nella malaria tropicale evtl. soltan-
to lieve temperatura subfebbrile

cefalea e dolori articolari, evtl. tosse

dolori in ipocondrio destro
epatosplenomegalia
malaria biliare: ittero

malattie del fegato e delle vie biliari

— malaria gastrointestinale: nausea, vomito, diarrea

gastroenterite

anemia emolitica (LDH aumentata, aptoglobina

diminuita), evtl. crisi emolitiche

— leuco- e piastrinopenia

Nota: tanto più grave è la malattia, tanto più
marcata è la piastrinopenia

— ipoglicemia

affezioni ematologiche

nella malaria tropicale, a seguito della citoaderenza
degli eritrociti parassitati, si giunge a disturbi del mi-
crocircolo
con ischemia di organi importanti:
malaria cerebrale: disturbi della coscienza, con-

fusione, coma

psicosi, meningite

cuore e polmone: edema polmonare, shock cir-

colatorio

cardiopatie, polmonite

rene: insufficienza renale acuta

nefropatie

Complicanze

infezione influenzale
sepsi

Diagnosi

1. Considerare la possibilità che si tratti di malaria (viaggio all’estero in un paziente

con febbre).
Nota:
pensare alla malaria ed eseguire immediatamente le indagini diagnostiche
specifiche in ogni affezione febbrile comparsa durante o sino a 2 anni dopo un
viaggio ai tropici. La diagnosi deve essere posta nello stesso giorno. Una profilassi

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Merozoiti

Uomo: riproduzione
asessuata

Fase eritrocitaria
(schizogonia)

Eritrociti

Fase esoeritrocitaria =
il ciclo epatico determina
la durata del periodo di
incubazione sino al
1° attacco febbrile

Zanzara femmina:
riproduzione sessuata nello stomaco
con produzione di sporocisti (oocisti)

1. morula
2. merozoiti (sono liberati dalla

rottura dell’eritrocita e provocano
la febbre)

3. macro- (F)/micro- (M) gametociti

Sporozoiti nella
ghiandola salivare
della zanzara

È necessario il caldo



nei climi freddi non c’è malaria

Zanzara culex:
non è portatrice di malaria

Zanzara anofele:
portatrice di malaria

Tipo di malaria /
Agente eziologico

Tempo di incubazione
(è possibile anche
più lungo)

Andamento
della febbre

Prognosi

A) Forma benigna

(1/3 dei casi)

Malaria quartana:
Plasmodium
malariae

Malaria terzana:
Plasmodium vivax
Plamodium ovale

B) Forma maligna

(2/3 dei casi) che
può portare a
morte in pochi
giorni

Malaria tropicale:
Plasmodium
falciparum

16-50 giorni
(talvolta di più)

da 12 giorni a
oltre 1 anno

7-30 giorni
(90% dei casi)*
10% dei casi oltre
1 anno

2 giorni senza
febbre

1 giorno senza
febbre **

irregolare da
mancata
sincronizzazione
della moltiplicazione
dei parassiti

non c’è guarigione
spontanea definitiva

guarigione spontanea
entro 5 anni

è la più pericolosa;
mortale, altrimenti
autolimitantesi dopo
un periodo massimo
di 18 mesi

* Una affezione febbrile che compare entro 7 giorni dall’arrivo in un’area malarica non è probabil-
mente malaria.
** Se nella malaria terzana due generazioni di parassiti si sviluppano sfasate di 24 ore, si hanno
attacchi febbrili quotidiani (= terzana doppia con ritmo quotidiano). Nella forma benigna della ma-
laria, la sincronizzazione della moltiplicazione dei parassiti comporta attacchi febbrili regolari, il cui
intervallo di tempo è determinato dalla durata della schizogonia. Prima che il tipico ritmo febbrile
si sia stabilizzato, passano alcuni giorni con febbre irregolare. Nella malaria tropicale maligna la
febbre è generalmente irregolare.

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antimalarica eseguita correttamente non esclude la malaria. Il 90% di tutti i casi di
malaria importati compare entro il primo mese dal rientro dai tropici.

2. Dimostrazione microscopica del parassita

Allo scopo di escludere la malaria è necessario allestire ogni 6 ore per almeno 24
ore strisci ematici a goccia spessa che vanno esaminati immediatamente. In caso di
reperto negativo, accurata e protratta ricerca al microscopio (30 minuti). Un singo-
lo striscio negativo non esclude la malaria. La distinzione dei diversi tipi di paras-
siti riesce meglio nello striscio normale che in quello a goccia spessa, il quale co-
stituisce solo una procedura di arricchimento.
Con la cosiddetta tecnica a goccia spessa è possibile ottenere un arricchimento dei
rari plasmodi presenti: una goccia di sangue capillare viene strisciata a lungo su un
vetrino portaoggetti mediante l’angolo di un altro vetrino, con un movimento circo-
lare della durata di mezzo minuto, sino a diventare una macchia del diametro di 1
cm; lo spessore del sangue deve essere tale da permettere la lettura delle lettere di
un giornale posto al di sotto del vetrino portaoggetti. Asciugare all’aria per 30 mi-
nuti e colorare con tecnica di Giemsa; infine asciugare ed esaminare al microscopio.
Esistono in commercio anche alcuni metodi di colorazione veloce.
Nota: la tecnica QBC (quantitative buffy coat) in microscopia a fluorescenza è trop-
po costosa e non adatta all’impiego routinario.

Plasmodium
vivax

parassiti
giovani
(forme
ad anello)

punteggiatura di Schüffner
nell’eritrocita
(ingrandito)

Plasmodium
malariae

eventuale anello
scuro nell’eritrocita

Plasmodium
falciparum

negli
eritrociti

macrogametocita a
forma di mezza luna

Nella malaria terzana e quartana il numero degli eritrociti colpiti (parassitemia) è
limitato ad un massimo del 2%; nella malaria tropicale si può giungere, in casi
estremi, al coinvolgimento di tutti gli eritrociti da parte del P. falciparum.
Malaria grave: numero degli eritrociti parassitati > 5%.

3. Diagnostica con tecniche di biologia molecolare:

— dimostrazione della proteina-2 ricca di istidina del P. falciparum (PfHRP-2) per

la diagnosi di malaria tropicale. Sono possibili risultati falsamente negativi an-
che in caso di elevata parassitemia. Il test non è pertanto adatto alla diagnostica
d’urgenza nei viaggiatori e non sostituisce l’indagine microscopica. Il test risul-
ta positivo sino a 24 giorni dopo la scomparsa del parassita dal sangue (non è
quindi adatto per verificare l’efficacia della terapia). L’esecuzione del test da
parte di personale non specializzato è spesso scorretta.

— dimostrazione del DNA del plasmodio tramite PCR (non è un test di routine, ri-

chiede 24 ore per avere il risultato, ed è costoso).

4. Dimostrazione di anticorpi contro il plasmodio, mediante tecnica di immunofluore-

scenza indiretta (IFAT): non è utilizzabile per la diagnosi del caso acuto, poiché gli
anticorpi compaiono solo 6-10 giorni dopo l’inizio della malattia (il titolo più ele-
vato viene raggiunto dopo 2-4 settimane). È utile per dimostrare retrospettivamente

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una infezione inapparente oppure per valutare il grado di infezione di una popola-
zione.

Terapia

Al solo sospetto di malaria (paziente con febbre e recente viaggio nei tropici) ricovero
immediato, tempestive indagini diagnostiche e trattamento terapeutico
. In caso di scar-
se conoscenze sulla malattia, rivolgersi anche telefonicamente ai centri specialistici.
Controllare l’efficacia della terapia tramite ripetute valutazioni della parassitemia.
Forma benigna da P. vivax o P. ovale (malaria terzana) e da P. malariae (malaria

quartana):
Clorochina:
è un agente schizontocida e non agisce sulle forme esoeritrocitarie epa-
tiche (= serbatoio). In caso di malaria terzana (P. vivax o P. ovale), per evitare reci-
dive tardive è necessario somministrare insieme alla clorochina la primachina che è
efficace contro le forme epatiche e i gametociti. È preliminarmente necessario esclu-
dere un deficit di G-6-PD (rischio di emolisi massiva).

Forma maligna da P. falciparum (malaria tropicale):

Il trattamento della malaria tropicale è reso più difficile dai crescenti problemi di re-
sistenza del P. falciparum. È pertanto consigliabile che la terapia sia decisa presso un
centro specialistico.

Grado di resistenza

Parassitemia e decorso clinico

Sensibilità

S

completa scomparsa del parassita dal sangue,
senza nuova parassitemia
clinica: guarigione

Resistenza R-I

transitoria eliminazione del parassita dal sangue,
seguita però da nuova parassitemia dopo settimane
o mesi
clinica: dapprima guarigione, poi nuovo attacco malarico

Resistenza R-II

significativa riduzione della parassitemia, ma senza
scomparsa del parassita
clinica: persistenza della malattia con miglioramento
transitorio

Resistenza R-III

nessuna reale variazione della parassitemia
clinica: la malattia resta invariata

L’OMS ha classificato le regioni di endemia malarica nel mondo in 3 zone, in base al
rischio di malattia e al livello di resistenza dei parassiti.
Nella profilassi della malattia si deve tener conto di questa classificazione:
zona A: regioni senza resistenza alla clorochina
zona B: regioni con ceppi di P. falciparum resistenti alla clorochina
zona C: regioni ad alto grado di resistenza alla clorochina o multiresistenza.

1. Terapia della malaria tropicale non complicata:

pazienti della zona A: clorochina
pazienti della zona B:

meflochina

pazienti della zona C:

}

trattamento di riserva: atovaquone + proguanile, alofan-
trina, evtl. composti d’associazione con artemisinina.

2. Terapia della malaria tropicale complicata:

(in presenza di obnubilamento, coma, shock circolatorio, edema polmonare, insuffi-
cienza renale, ittero, grave anemia, coagulazione intravascolare disseminata, iperpa-

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rassitemia (> 5% degli eritrociti totali è colpito dal plasmodio), piastrinopenia (<
50.000/µl); LDH > 400 U/l)
chinino: è il farmaco di scelta; inizialmente infusione e.v. di chinino cloridrato,

appena possibile passare al trattamento orale con chinino solfato. Durata del
trattamento 10 giorni, controllo giornaliero della parassitemia

nel sospetto di possibile resistenza associare al chinino la doxiciclina (in caso

di gravidanza: eritromicina)

terapia di supporto: correzione dell’equilibrio idro-elettrolitico (attenzione all’e-

dema polmonare da iperidratazione

 controlli della pressione venosa centra-

le), controlli della funzionalità renale e della glicemia (attenzione all’ipoglice-
mia
)

trattamento antipiretico (impacchi freddi, evtl. paracetamolo)
— evtl. anche exsanguinotrasfusioni in caso di malaria tropicale molto grave con

parassitemia elevata (> 20% degli eritrociti totali colpito dal plasmodio).

Prognosi

La mortalità della malaria tropicale è intorno al 2% (oltre al 20% nei casi non trattati).
Una diagnosi tempestiva e una adeguata terapia consentono di evitare la morte.

Profilassi

Non esiste una profilassi assolutamente sicura! Prima di un viaggio informarsi presso
un istituto di medicina tropicale sul grado di resistenza nel paese meta del viaggio e
su quali farmaci siano consigliati a scopo profilattico
.
La causa principale di morte è proprio una chemioprofilassi eseguita in modo non otti-
male.
I.

Profilassi dell’esposizione:
si basa sulla protezione dalle zanzare vettrici: un’accurata protezione dalle zanzare
riduce di 10 volte il rischio di infezione. Le zanzare anofele solitamente non pene-
trano all’interno di aree climatizzate e pungono soprattutto tra il tramonto e l’alba;
pertanto:
— applicare a porte e finestre i dispositivi anti-zanzara
— nei locali non climatizzati, spruzzare insetticidi a base di piretro
— dormire sotto le zanzariere
— indossare abiti protettivi chiari a maniche e pantaloni lunghi
— applicare sulle parti del corpo rimaste scoperte idonei preparati insetto-repellenti
— nelle aree rurali, non soggiornare all’aperto al tramonto e di notte.

II. Chemioprofilassi:

— in caso di lunga permanenza, è necessaria una valutazione individualizzata del

caso

— per soggiorni brevi, sino a 6 settimane, valgono i seguenti suggerimenti, in fun-

zione delle 3 zone OMS (attenzione all’aggiornamento delle notizie):
zona A: clorochina
zona B: clorochina + proguanile + avere con sé un farmaco di pronto impie-

go per i casi d’emergenza (atovaquone/proguanile oppure meflochina)

zona C: procedere come per la zona B, oppure profilassi con meflochina.

Trattamento di riserva: doxiciclina per le aree con resistenza alla meflochina
o quando esistano controindicazioni alla meflochina.

III. Terapia d’emergenza e autotrattamento:

in caso di viaggi in zone a bassissimo rischio di contagio (ad es. molte grandi città
in Asia e Sud America

 fare riferimento alle indicazioni OMS aggiornate) è con-

sigliabile in alternativa la seguente procedura: solo un’accurata profilassi dell’espo-

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sizione + portare con sé un adeguato farmaco di pronto impiego («stand-by drug»)
per i casi d’emergenza, che viene fornito unitamente alle necessarie indicazioni. In
caso di comparsa di febbre, rivolgersi immediatamente a un medico. Se ciò non fos-
se possibile, il paziente deve assumere come misura d’urgenza il farmaco e sotto-
porsi al più presto possibile all’indagine medica. Nelle aree con malaria tropicale
(P. falciparum) è possibile portare con sé, quale sussidio alla decisione terapeutica,
un test rapido per la diagnosi di questa forma di malaria (premesse indispensabili
sono l’accurata esecuzione del test e la corretta interpretazione del risultato).

Profilassi della malaria in gravidanza
Le donne gravide dovrebbero evitare le zone endemiche per malaria. A scopo profilat-
tico, solo la clorochina e il proguanile sono privi di pericoli.
Con la profilassi antimalarica sopra descritta vengono distrutti i ceppi sensibili di P.
falciparum
e di P. malariae; per contro, P. ovale e P. vivax possono, per la loro persi-
stenza extraeritrocitaria, ancora causare attacchi febbrili successivi.

Farmaci per la profilassi e la terapia della malaria
(i dosaggi sono riferiti al soggetto adulto)
Seguire scrupolosamente le indicazioni del produttore in caso di terapia pediatrica; nei
bambini si sono osservati effetti collaterali tossici da sovradosaggio, ad es. nel caso della
clorochina.

Clorochina

Meccanismo d’azione: la clorochina è un 4-aminochinolonico ad azione schizonto-
cida.
Effetti collaterali: talvolta disturbi gastrointestinali, raramente reazioni cutanee aller-
giche e fotosensibilizzazione, evtl. scatenamento di crisi emolitiche nei soggetti con
deficit di G-6-PD; ipotensione per somministrazione parenterale. In caso di impiego
protratto, raramente neuropatia, cardiomiopatia e danni oculari: depositi corneali re-
versibili, retinopatia irreversibile; il pericolo di retinopatia irreversibile compare se si
supera una dose totale di 100 g di clorochina base (corrispondente a 6,5 anni con 2
compresse alla settimana). In caso di assunzione protratta, eseguire un controllo ocu-
listico annuale.
Nota: il range terapeutico della clorochina è relativamente stretto; pertanto non si de-
ve superare la dose consigliata.
Controindicazioni: deficit di G-6-PD, retinopatia, insufficienza renale, miastenia gra-
ve. Controindicazioni relative: psoriasi, porfiria, epilessia.
Dosaggio:
a) a scopo terapeutico: 1 compressa di clorochina bifosfato da 250 mg contiene 150

mg di clorochina base terapeuticamente attiva:
— dose iniziale: 600 mg di clorochina base (= 4 compresse di clorochina bifo-

sfato)

— dopo 6 ore: 300 mg di clorochina base (= 2 compresse di clorochina bifosfato)
— al 2° e 3° giorno: 300 mg di clorochina base (= 2 compresse di clorochina

bifosfato)

b) a scopo profilattico:

— peso corporeo < 75 kg: 2 compresse (= 300 mg di clorochina base) 1 volta al-

la settimana

— peso corporeo > 80 kg: 3 compresse (= 450 mg di clorochina base) 1 volta al-

la settimana

Inizio del trattamento: 1 settimana prima del viaggio in zone endemiche.
Fine del trattamento: 4 settimane dopo la partenza dalle zone endemiche.

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Proguanile

Effetti collaterali: raramente disturbi gastrointestinali, afte orali, molto raramente per-
dita di capelli, leuco-piastrinopenia.
Indicazioni: solo per la profilassi della malaria, in associazione alla clorochina nelle
zone B e C.
Dosaggio: 100 mg

×

2/die; ridurre la dose in caso di insufficienza renale.

Primachina

Meccanismo d’azione: è un 8-aminochinolonico ad azione schizontocida e gametocida.
Effetti collaterali: emolisi in caso di deficit di G-6-PD, disturbi gastrointestinali, ra-
ramente granulocitopenia, ecc.
Indicazioni: solo come trattamento conclusivo della malaria terzana.
Controindicazioni: deficit di G-6-PD (va escluso prima del trattamento!), bambini (



metaemoglobinemia), ecc.
Dosaggio: 15 mg (= 1 compressa)/die per 2 settimane; in caso di recidiva, ripetere il
trattamento.

Alofantrina

Meccanismo d’azione: effetto schizontocida.
Effetti collaterali: talvolta disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigine, raramente au-
mento delle transaminasi, reazioni cutanee; è di riscontro abbastanza frequente un al-
lungamento del tempo Q-T, con possibile effetto proaritmico; in rari casi disturbi del
ritmo cardiaco pericolosi per la vita.
Indicazioni: terapia della malaria tropicale nelle zone B e C.
Controindicazioni: gravidanza e allattamento, deficit di tiamina, disturbi elettrolitici,
disturbi del ritmo cardiaco ventricolare, blocco A-V, allungamento del tempo Q-T;
non associare a farmaci che possono portare ad allungamento del tempo Q-T. Prima
del trattamento, documentare all’ECG che il tempo Q-T è normale. A causa della sua
possibile cardiotossicità, l’alofantrina non è adatta quale farmaco di pronto impiego
per autotrattamento.

Meflochina (emivita: 21 giorni!).

Effetti collaterali:
— gastrointestinali: nausea, vomito, diarrea, aumento delle transaminasi
— neurologici e psichici (circa 10%): vertigini, paura, irrequietezza, obnubilamento,

depressione, incubi, allucinazioni, attacchi convulsivi

— cardiaci: extrasistoli, blocco A-V, bradicardia
— dermatologici: eruzioni cutanee, perdita dei capelli
— ematologici: leucopenia, piastrinopenia.
Indicazioni: profilassi e terapia della malaria tropicale nelle regioni B e C.
Controindicazioni: gravidanza (1º trimestre; in caso di assunzione in età fertile, evi-
tare una gravidanza), allattamento, bambini piccoli, insufficienza renale, disturbi del-
la funzionalità epatica, epilessia, malattie psichiche, guida di autoveicoli, pilotaggio,
immersioni e attività che richiedono coordinazione e attenzione (riduzione della vigi-
lanza), cardiomiopatie, contemporanea assunzione di farmaci che possono allungare il
tempo Q-T; usare cautela in caso di turbe del ritmo

 prestare attenzione alle inte-

razioni farmacologiche.
Dosaggio:
a) a scopo terapeutico e di pronto impiego:

— prima dose: 750 mg (= 3 compresse)
— seconda dose: 500 mg (= 2 compresse) 8 ore dopo la prima dose
— terza dose: solo nei soggetti di peso > 60 kg: 250 mg (= 1 compressa) 8 ore

dopo la seconda dose.

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b) a scopo profilattico: 250 mg (= 1 compressa) 1 volta alla settimana (sempre allo

stesso giorno). È meglio sopportata l’assunzione serale.
Inizio del trattamento: possibilmente 2 settimane prima del viaggio in zone ende-
miche (per rilevare eventuali effetti collaterali).
Fine del trattamento: 4 settimane dopo il rientro.

Chinino

Meccanismo d’azione: il chinino è un derivato chinolonico ottenuto dalla corteccia
dell’albero della china, dotato di azione prevalentemente schizontocida.
Effetti collaterali: cefalea, nausea, disturbi visivi, danni all’udito, tinnito, reazioni al-
lergiche, alterazioni ematologiche, emolisi in caso di deficit di G-6-PD, molto rara-
mente emoglobinuria malarica («blackwater fever»), disturbi della conduzione cardia-
ca, ipotensione, ipoglicemia.
Controindicazioni: allergia al chinino, deficit di G-6-PD, tinnito, neuropatia ottica,
miastenia grave; prudenza in caso di disturbi del ritmo cardiaco.
Indicazioni: terapia della malaria tropicale complicata.
Dosaggio: in caso di malaria complicata iniziare con somministrazione e.v. e passare
poi, al più presto possibile, al trattamento orale: dose giornaliera 20-25 mg/kg suddi-
visi in 3 dosi; durata del trattamento 7-10 giorni (per un dosaggio preciso consultare
il foglietto illustrativo del farmaco).

Doxiciclina

Indicazioni: chemioprofilassi della malaria tropicale nelle regioni con resistenza alla
meflochina (ad es. Cambogia, Vietnam, Burma).
Considerare eventuali controindicazioni (ad es. gravidanza, allattamento, bambini al
di sotto di 8 anni d’età) ed effetti collaterali (ad es. fotosensibilizzazione): vedi cap.
Polmonite.
Dosaggio: 100 mg/die.

Atovaquone + proguanile

Effetti collaterali: nausea, vomito, dolori diffusi, diarrea, cefalea, vertigini, tinnito, ecc.
Controindicazioni: allergia, gravidanza, allattamento, ecc.
Indicazioni: solo per il trattamento della malaria tropicale non complicata (ad es. in
caso di intolleranza alla meflochina); l’utilizzo profilattico è consentito solo in alcu-
ni Paesi.
Dosaggio: 4 compresse in un’unica somministrazione per 3 giorni consecutivi.

Artemether + lumefantrina

Indicazioni: trattamento terapeutico e di pronto impiego in caso di infezione da P.
falciparum
resistente alla meflochina oppure in caso di intolleranza alla meflochina;
il suo impiego non è ancora consentito nella Comunità Europea; fare attenzione agli
effetti collaterali e alle controindicazioni (vedi le indicazioni del produttore).

MALATTIE A TRASMISSIONE SESSUALE

Numero di casi di infezioni a trasmissione sessuale nel mondo, secondo i dati OMS del 1990:

— tricomoniasi

120 milioni

— clamidia

50 milioni

— HIV (Human Immunodeficiency Virus)

40 milioni (2000)

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— HPV (Human Papilloma Virus)

30 milioni

— gonorrea

25 milioni

— HSV (Herpes Simplex Virus)

20 milioni

— sifilide

4 milioni (in aumento)

— HBV (Hepatitis B Virus)

2 milioni

— malattie a trasmissione sessuale presenti soprattutto nei Paesi tropicali/subtropicali:

• ulcera molle da Haemophilus ducreyi
• linfogranuloma venereo da Clamydia trachomatis
• granuloma inguinale da Calymato bacterium granulomatis.

SIFILIDE (Obbligo di notifica)

Sinonimo: lue.

Definizione

Malattia infettiva ciclica (3 stadi), la cui diffusione avviene per lo più tramite rapporti
sessuali diretti, ma che è possibile anche per via intrauterina al feto.

Epidemiologia

In Europa occidentale: 5/100.000/anno. In Russia: 100-300/100.000/anno.

Agente eziologico

È il Treponema pallidum, una spirocheta spiraliforme, labile, che dopo l’infezione, in
assenza di trattamento, persiste nell’organismo. Non è coltivabile a scopo diagnostico.

Incubazione: 8-21 giorni.

Clinica

1. Sifilide congenita (connatale).

Affezione multisistemica con alterazioni cutanee ed ossee, manifestazioni viscerali,
raramente triade di Hutchinson (incivisi superiori col bordo a semiluna, ipoacusia
da otolabirintite, cheratite parenchimatosa).

2. Sifilide acquisita (post-natale):

Stadio primario (L I)
Ulcera indolore, generalmente singola, di grandezza variabile, di consistenza dura, a
fondo rosaceo, umida, altamente infettiva, per lo più genitale (raramente extrageni-
tale). «Sifiloma primario» = reazione primaria con ingrossamento dei linfonodi re-
gionali inguinali
, scompare spontaneamente circa 5 settimane dopo l’infezione.

Stadio secondario (L II)
Inizia 2-3 mesi dopo l’infezione primaria e, a seconda delle condizioni, presenta una
sintomatologia multiforme, soprattutto a livello cutaneo, con esantemi solitamente
infettivi: roseole (maculose), sifilide papulo-crostosa, grossi condilomi, caduta dei
capelli, ecc.; mucosa orale: placche mucose, «angina specifica»; inoltre irite, epati-
te; eventuale linfoadenomegalia generalizzata. Il II stadio può durare con sintomato-
logia variabile o talvolta persino assente, per circa 5 anni; in circa il 30% dei casi
si ha la guarigione spontanea.

Stadio terziario (L III)
Da 5 fino a 50 anni dopo l’infezione, circa 1/3 dei pazienti non trattati sviluppa lo
stadio L III, caratterizzato dalla presenza di «gomme» (gomma luetica) con tenden-
za alla necrosi del tessuto colpito e successiva perdita di sostanza. Qualsiasi tessuto
può essere colpito; è frequente una diagnosi errata di tumore, tubercolosi, ecc.

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Cute: sifilodermi nodulari; lingua: glossite gommosa; «gomme» ossee, muscolari,
cardiache (endocardio), polmonari, gastrointestinali (stomaco, intestino, retto), epati-
che, cerebrali, ecc.; tipica è la mesoaortite luetica

 aneurisma dell’aorta e insuffi-

cienza aortica.
Midollo spinale: tabe dorsale

 demielinizzazione dei cordoni posteriori con dolo-

ri lancinanti all’addome e agli arti inferiori, atassia, perdita della sensibilità doloro-
sa (

 ulcera da pressione alla pianta del piede), fenomeno di Argyll-Robertson

(miosi permanente con abolizione del riflesso alla luce e conservazione del riflesso
all’accomodazione).
Cervello: neurosifilide meningo-vascolare con infarto cerebrale, ecc.; progressive
modificazioni psichiche ed intellettive sino alla demenza.

Diagnosi differenziale

Prendere in considerazione altre possibili infezioni: gonorrea, uretrite non gonococcica,
infezione da HIV, altre malattie a trasmissione sessuale.

Diagnosi

Anamnesi, clinica.
La dimostrazione microscopica del treponema nel materiale proveniente dalla lesione
primaria non fornisce risultati di certezza; la coltura è impossibile; test PCR.

Diagnostica sierologica: 3 test.
1. TPHA = test di emoagglutinazione per il treponema pallido.
2. FTA = test di adsorbimento in immunofluorescenza degli anticorpi antitreponema.

Entrambi rilevano in maniera specifica e sensibile gli anticorpi diretti contro il tre-
ponema pallido; il test è positivo dopo 2-3 settimane dall’infezione e rimane tale
per anni anche dopo la guarigione, ev. anche tutta la vita.

3. VDRL = Venereal Disease Research Laboratory Test.

È un test di microflocculazione con cardiolipina che rappresenta l’evoluzione della
reazione di Wassermann (WaR); rivela gli anticorpi (reattivi con antigeni lipidici)
che compaiono nel siero nel corso dell’infezione da treponema; essi tuttavia non so-
no specifici per la lue. La VDRL diventa positiva 4-6 settimane dopo l’infezione e
di regola si negativizza dopo pochi mesi con una terapia efficace, molto raramente
persiste a titolo basso.

Schema fondamentale della moderna diagnostica della lue:
TPHA - reazione di ricerca
FTA

- reazione di conferma

specifici per il treponema pallido

VDRL - criterio di attività del processo, non specifico, osservare evtl. l’andamento del

titolo.

Il test VDRL non è adatto come unica indagine, quando si sospetta un’infezione lueti-
ca; il TPHA è invece specifico, si positivizza poco dopo il contagio ed è ancora più
sensibile!

Lue congenita: le IgM materne non attraversano la barriera placentare. Pertanto, quan-
do i test TPHA-IgM e FTA-IgM risultano positivi nel neonato, è necessario sottoporlo
a trattamento.

Terapia

Penicillina G: 1.000.000 U/die i.m. per 2-3 settimane; dose totale almeno 14.000.000
U; in alternativa penicillina ritardo alla stessa dose. In caso di neurosifilide sono neces-
sarie dosi più elevate (10-20

×

10

6

U/die per infusione e.v.).

La terapia orale e la profilassi con derivati penicillinici sono controindicate (effetto po-
co sicuro, decorso larvato).

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Nei pazienti anziani e/o con lue inveterata, iniziando la terapia sussiste il pericolo della
reazione di Herxheimer (febbre, mialgie, cefalea, ipotensione, secondarie alla massiva
presenza di prodotti di lisi del treponema). I pazienti devono essere avvisati della pos-
sibilità di questi sintomi. Il trattamento si basa su acido acetilsalicilico e riposo a letto.
In caso di allergia alla penicillina, come farmaco di seconda scelta: fluorochinoloni.
Controllare clinicamente e sierologicamente l’efficacia del trattamento.

Profilassi

Identificare e trattare i partner sessuali infetti, evitare la promiscuità, utilizzare il pre-
servativo; effettuare lo screening per la lue in tutte le donne gravide.

GONORREA (Obbligo di notifica)

Sinonimo

Blenorragia.

Epidemiologia

È la malattia batterica a trasmissione sessuale più frequente, con numerosi casi non se-
gnalati.

Agente eziologico

È la Neissera gonorrhoeae (= gonococco), un diplococco gram-negativo, spesso loca-
lizzato nei leucociti; in tutto il mondo si osserva un aumento dei ceppi di gonococco
produttori di penicillinasi.

Trasmissione

Per via sessuale: genitale, rettale, faringea.

Incubazione

2-8 giorni.

Clinica

Circa il 25% degli uomini infetti e il 50% delle donne infette è portatore asintomatico
del germe, e rappresenta la fonte sconosciuta d’infezione
nella donna: uretrite, cervicite, evtl. con secreto mucopurulento, bartolinite
nell’uomo: uretrite acuta con prurito o bruciore alla minzione e secreto purulento;

proctite in caso di infezione rettale.

Complicanze

nella donna: endometrite, annessite, peritonite, periepatite (sindrome di Fitz-Hugh-

Curtis)

nell’uomo: prostatite, epididimite
in entrambi i sessi: sterilità, artrite reattiva (spesso monoartrite del ginocchio), sepsi

gonococcica ed endocardite

nel neonato: congiuntivite purulenta

 terapia: antibiotici per via sistemica (la sola

terapia oculare locale non è sufficiente)

Diagnosi differenziale

Uretrite non gonoccica: solitamente da clamidie o da Ureaplasma urealyticum.

Diagnosi

— dimostrazione del gonococco mediante indagine microscopica ed esame colturale di

materiale fresco ottenuto da tampone uretrale o cervicale. Il campione va inviato al
laboratorio su terreni di trasporto specifici

— dimostrazione di antigeni gonococcici.

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Terapia

Cefalosporine di 2ª o 3ª generazione.
Fare attenzione alle controindicazioni e agli effetti collaterali.
Nota: nell’Asia sud-orientale la resistenza ai chinoloni è > 50%.
Avvertenze:
• controlli colturali dell’efficacia della terapia dopo una settimana
• prima e 6 settimane dopo la terapia eseguire le indagini sierologiche per la sifilide

(per escludere la doppia infezione)

• valutare anche la possibilità di altre infezioni a trasmissione sessuale: agenti di ure-

trite non gonococcica, sifilide, HIV, ecc.

• praticare sempre il trattamento contemporaneo del partner.

Profilassi: identificare e trattare il partner, evitare la promiscuità, utilizzare il preservativo.

INFEZIONE DA HIV E
SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA (AIDS) (Obbligo di notifica)

Epidemiologia

I primi casi di AIDS (diagnosticati retrospettivamente) risalgono agli anni ’60 e ’70 in
Zaire. Dal 1980 i casi di AIDS si diffondono dall’Africa centrale ai Caraibi (Haiti) e
negli USA; da qui la malattia passa in Europa e in altre regioni. Mentre nell’Africa
centrale gli uomini e le donne sono colpiti in uguale misura (le prostitute rappresenta-
no la fonte principale dell’infezione), negli USA e in Europa si ammalano per ora pre-
valentemente gli uomini omo- e bisessuali e i tossicodipendenti che fanno uso di dro-
ghe e.v.; la via di trasmissione eterosessuale è però in continuo aumento. Nell’anno
2000, in tutto il mondo si sono calcolati circa 50 milioni di infetti, di cui il 65% in
Africa (sino al 30% della popolazione nell’Africa meridionale) e il 25% nell’Asia sud-
orientale. In Europa, la Spagna è attualmente il paese a più alta prevalenza. Nei Paesi
dell’Europa orientale la diffusione dell’HIV ha un andamento esplosivo! In Africa
l’AIDS è la causa di morte più frequente.
L’AIDS è tra le 5 cause infettive di morte più frequenti nel mondo (diarrea infettiva,
polmoniti, TBC, AIDS, malaria).

Agente eziologico

Esistono 2 tipi di Human Immunodeficiency Virus (HIV):
1. HIV-1: è il tipo più diffuso in tutto il mondo; ne esistono due gruppi:

gruppo M (maior): è il più frequente, ed ha almeno 9 sottotipi (indicati dalla let-

tera A alla lettera I). Il tipo B è il sottotipo più frequente in Europa e in Ame-
rica; in Africa prevalgono i sottotipi A, C e D; in Asia i sottotipi B, C ed E (in
Tailandia soprattutto E).

gruppi N ed O: rari (presenti in Africa).

2. HIV-2: ne esistono 6 sottotipi (da A ad F); è originario dell’Africa occidentale, poi

ne sono stati descritti casi anche in Europa e in America.

Possono comparire doppie infezioni dai 2 diversi tipi. Nel corso dell’infezione da HIV
si sviluppano nell’organismo del paziente diverse mutazioni virali.
L’HIV è un virus a RNA appartenente alla famiglia dei Retrovirus, cosiddetta perchè
possiede l’enzima transcrittasi inversa (reverse transscriptase). L’HIV è caratterizzato
da linfocitotropismo e neurotropismo, cioè il virus danneggia direttamente il sistema
immunitario e il sistema nervoso; il soggetto infetto da HIV produce anticorpi contro il
virus, ma questi non portano all’eliminazione del virus.

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Trasmissione

1. per via sessuale (i dati percentuali si riferiscono ai casi totali di AIDS in Europa):

rischio elevato in caso di promiscuità e del cosiddetto «unsafe sex»:
— uomini omosessuali ca. 65%
— soggetti eterosessuali ca. 15%, con frequenza in aumento

2. per via parenterale:

uso di droghe e.v. (rischio molto elevato per lo scambio delle siringhe) ca. 15%
— trattamento con emoderivati: rischio molto basso dopo l’introduzione dei test per

la ricerca degli anticorpi anti-HIV nel sangue e negli emoderivati (alla fine del
1985); il rischio resta però elevato nei cosiddetti paesi poveri del Terzo Mondo

— ferite accidentali in ambito sanitario: rischio molto basso; il rischio di infezione

da HIV è minore di quello da epatite B

3. per trasmissione verticale al bambino dalla madre infetta da HIV: in assenza di te-

rapia, il rischio è del 15-20% (nei paesi in via di sviluppo è almeno doppio). In Eu-
ropa, meno dell’1% dei casi totali di AIDS interessa i bambini (in Africa la fre-
quenza è molto più alta).

Incubazione

1. in termini sierologici (= intervallo di tempo tra l’infezione e la comparsa di anti-

corpi anti-HIV nel siero) è di 1-3 - (raramente) 6 mesi

2. in termini clinici (= intervallo tra l’infezione e la comparsa dell’AIDS) dipende dal-

lo stato nutrizionale, dallo stato immunitario e dall’età del soggetto:
— adulti nei paesi ricchi industrializzati: 10 ± 2 anni (in caso di infezione perina-

tale solo 5 anni)

— adulti nei paesi poveri con condizioni di denutrizione: periodo più breve.

Patogenesi

• Il bersaglio dell’infezione da HIV sono le cellule che recano l’antigene di superficie

CD4: linfociti T

4

, macrofagi, monociti, cellule di Langerhans dell’epidermide. È inol-

tre indispensabile per la penetrazione dell’HIV-1 nelle cellule bersaglio la presenza di
co-recettori. Nel caso dei virus con tropismo per i macrofagi, la funzione di co-recet-
tore è svolta dai recettori delle

β

-chemochine CCR5 e CCR3; per i virus con tropi-

smo per i linfociti T, tale funzione è svolta dal recettore dell’

α

-chemochina CXCR4.

Danni al sistema immunitario: vengono distrutte le cellule T-helper, il cui numero

assoluto scende al di sotto del limite normale di 400/µl, con conseguente riduzione
del rapporto T helper/ T suppressor a valori < 1,2 (valore normale ~ 2)

 infezioni

opportunistiche.
Nota: in base ai loro antigeni di superficie, si definiscono:
– cellule T helper come linfociti T

4

(perché recano l’antigene CD4)

– cellule T suppressor come linfociti T

8

(perché recano l’antigene CD8).

Danni al sistema nervoso centrale: encefalopatia da HIV, con cellule tipiche multi-

nucleate, perdita di mielina, atrofia cerebrale. A livello del SNC, l’HIV si replica nei
macrofagi e nella microglia.

Clinica

Secondo la stadiazione proposta dai Centers for Disease Control (CDC) di Atlanta nel
1987, l’infezione da HIV viene classificata in 4 stadi in base ai reperti clinici. L’infe-
zione da HIV può avere un decorso variabile da stazionario a progressivo
, comunque
senza tendenza alla regressione da uno stadio ormai raggiunto.

Gruppo I - Infezione acuta
Si manifesta clinicamente nel 10-20% degli infettati, da 1 a 6 settimane dopo l’infezio-

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ne. Il quadro clinico è simile a quello della mononucleosi, con febbre, linfoadenopatia,
splenomegalia, angina tonsillare, talvolta esantema, raramente meningoencefalite. La
mononucleosi viene esclusa dalla negatività del test di Paul-Bunnell e dal riscontro di
linfopenia. Il test per gli anticorpi anti-HIV è in questa fase di solito ancora negativo.
Il periodo che intercorre tra l’infezione e la comparsa degli anticorpi specifici (siero-
conversione) è di 1-3 mesi. Se dopo 6 mesi dalla possibile esposizione gli anticorpi an-
ti-HIV sono ancora assenti, si può ragionevolmente escludere l’infezione.

Gruppo II - Infezione asintomatica (fase latente)
Moltiplicazione del virus nei tessuti linfatici; anticorpi anti-HIV positivi dopo 1-3-(6)
mesi dall’infezione. I portatori del virus sono clinicamente sani e possono trasmettere
l’infezione. La durata della fase latente è in media > 10 anni. Si distinguono 2 sotto-
gruppi: A) senza, B) con alterazioni dei parametri di laboratorio, ad es.:
• linfocitopenia, piastrinopenia, granulocitopenia
• rapporto T

H

/T

S

normale o diminuito (da aumento del numero dei T

S

con numero di

T

H

ancora normale).

Gruppo III - Linfoadenopatia generalizzata persistente (PGL) = Sindrome linfoa-
denopatica (LAS)
Circa il 40% dei pazienti con AIDS riferisce in anamnesi una LAS:
• anticorpi anti-HIV positivi
• linfoadenopatia generalizzata: tumefazione linfonodale persistente (> 3 mesi) in al-

meno 2 sedi extrainguinali

 diagnosi: biopsia con istologia

• assenza di sintomi sistemici
• il 30% dei pazienti sviluppa una dermatite seborroica
A) senza, B) con alterazioni dei parametri di laboratorio (vedi sopra).

Gruppo IV - Affezioni correlate ad HIV
Un paziente può appartenere contemporaneamente a diversi sottogruppi di IV; la pre-
senza di linfoadenopatia è irrilevante.
Gli anticorpi anti-HIV sono positivi.
Gruppo IV A

 ARC

Gruppi IV da B a E

 AIDS.

Gruppo IV A (AIDS-Related Complex = ARC)

Si definisce ARC la presenza di 2 sintomi clinici e di 2 reperti di laboratorio:
Sintomi clinici:

– sudorazioni notturne per più di un mese
– calo ponderale involontario oltre il 10%
– febbre per oltre un mese
– diarrea per oltre un mese.
Lo spettro dei possibili agenti eziologici è vasto: spesso sono coinvolti più pato-
geni; i più frequenti sono criptosporidi, microsporidi, CMV, micobatteri.

Reperti di laboratorio

– riduzione dei linfociti T helper < 400/µl
– riduzione del rapporto T

H

/T

S

(T

4

/T

8

) < 1

– evtl. granulocitopenia, piastrinopenia o anemia
– aumento delle gammaglobuline, in particolare delle IgG (= stimolazione poli-

clonale aspecifica dei linfociti B con iperproduzione di globuline «non sense»
prive di funzione)

– riduzione o scomparsa delle risposte cutanee di tipo ritardato dopo intradermo-

reazione con i cosiddetti «recall antigens».

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Nota: i seguenti parametri di laboratorio depongono per una progressione dell’in-
fezione da HIV:
– aumento della carica virale (vedi sotto)
– riduzione delle cellule T helper.

Gruppo IV B - Malattie neurologiche (70% di tutti i pazienti con AIDS)

a) manifestazioni neurologiche primitive:

encefalopatia associata ad HIV (30%): disturbi della concentrazione e della

memoria, rallentamento motorio, alterazioni psichiche, «dementia complex»;
RMN/TC: atrofia cerebrale fronto-temporale; diagnosi precoce mediante i test
psicometrici. Compare di solito con un numero di linfociti CD4 < 200/µl, ma
può manifestarsi già in fase precoce di malattia, con un numero di linfociti
CD4 ancora normale

b) manifestazioni neurologiche secondarie:

• infezioni opportunistiche del SNC: toxoplasmosi (la più frequente), criptococ-

cosi, JC virus (leucoencefalopatia multifocale progressiva), CMV, VZV, ecc.

• linfomi del SNC

c) manifestazioni che non concorrono alla definizione di AIDS:

• polineuropatia associata ad HIV, spesso simmetrica distale (ca. 50%)
• mielopatia vacuolare associata ad HIV, con astenia, parestesie agli arti infe-

riori, ecc.

• miopatia associata ad HIV
• accidenti cerebrali associati ad HIV.

Gruppo IV C1 - Infezioni opportunistiche che definiscono l’AIDS

Nell’80% dei casi l’AIDS si manifesta con infezioni opportunistiche! La diagnosi
risulta difficile perché nei pazienti con AIDS i test sierologici (dimostrazione di an-
ticorpi specifici) sono spesso inaffidabili; possono essere contemporaneamente pre-
senti più infezioni; e può risultare difficile la distinzione tra agenti privi di signifi-
cato clinico attuale e agenti responsabili dell’infezione clinicamente manifesta.
infezioni protozoarie:

polmonite da Pneumocystis carinii (PCP): è la forma di polmonite più fre-

quente (85% dei pazienti con AIDS; nel 50% dei casi è la prima manifestazio-
ne di malattia).
Sintomi: dispnea, tosse secca; febbre, ipossia, talvolta inizialmente senza modi-
ficazioni radiologiche.
Diagnosi: dimostrazione dell’agente patogeno in escreato, lavaggio broncoal-
veolare, biopsia polmonare transbronchiale.
Terapia: farmaco di prima scelta è il cotrimossazolo. Di seconda scelta è l’in-
fusione di pentamidina (effetti collaterali: nefro-, epato-, mielotossicità; atten-
zione all’ipoglicemia e all’ipotensione).
Profilassi primaria della PCP: va iniziata prima che i linfociti T helper scenda-
no a valori

200/µl.

Profilassi secondaria (= della recidiva): cotrimossazolo (protegge dalla pneumo-
cisti e dal toxoplasma). Farmaco di seconda scelta è la pentamidina per via ina-
latoria

toxoplasmosi

 la forma più frequente è la toxoplasmosi del SNC.

Diagnosi: TC: lesioni cercinate; RMN; PET.
Terapia: pirimetamina + sulfonamide o clindamicina.
Profilassi primaria: in caso di linfociti CD4 < 100-200/µl: ad es. cotrimossazo-
lo (protegge anche dalla PCP).

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938

Profilassi secondaria (dopo la malattia primaria): con gli stessi farmaci utilizza-
ti per la terapia

criptosporidiosi, microsporidiosi, infezione da Isospora belli

 diarrea acquo-

sa, tenesmo

infezioni micotiche:

infezioni da Candida: esofagite con pirosi retrosternale, disfagia (esofagoscopia

con biopsia), evtl. interessamento broncopolmonare e sepsi da candida.
Terapia: locale, ad es. amfotericina B per via orale; sistemica, ad es. flucona-
zolo; nell’infezione disseminata: amfotericina B + flucitosina

criptococcosi

Clinica: interessamento polmonare + meningoencefalite.
Terapia: amfotericina B + flucitosina; profilassi secondaria con fluconazolo

– altre infezioni micotiche: aspergillosi, istoplasmosi (vedi relativi capitoli)

infezioni batteriche:

micobatteriosi atipica (30% dei pazienti con AIDS), in particolare Mycobacte-

rium avium / intracellulare (ceppi MAI): in caso di numero di linfociti T hel-
per < 100/µl evtl. profilassi con rifabutina

TBC polmonare: rischio intorno al 10% all’anno (soprattutto a livello dei cam-

pi polmonari inferiori, senza formazione di caverne, spesso con disseminazione
miliare; il 30% delle morti da AIDS è provocato dalla TBC)

– sepsi da salmonelle

infezioni virali:

infezione da CMV, frequente; interessamento gastrointestinale e retinico, pol-

monite

infezione da HSV (soprattutto HSV-2)

 interessamento ano-rettale, orofaringeo

(lesioni ulcerate persistenti)

JC virus con leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML).

Gruppo IV C2 - Altre infezioni

• candidiasi orale e vulvovaginale
• «hairy leukoplaky» orale (lesioni biancastre fisse, di aspetto rugoso, localizzate al

bordo linguale) causata dal virus di Epstein-Barr

• herpes zoster (con pericolo di complicanze oculari sino alla cecità)
• nocardiosi
• infezioni da HPV-16 e 18, con displasia o carcinoma in situ della cervice uterina
• angiomatosi bacillare.
Nota: l’AIDS e la tubercolosi sono due partner potenzialmente mortali; se ad esse si
aggiungono il consumo di droghe o alcool e la povertà, la prognosi è ancora peggiore.

Gruppo IV D - Neoplasie maligne che definiscono l’AIDS

Nel 20% dei casi, la diagnosi di AIDS viene posta per la prima volta dal riscontro
di particolari neoplasie maligne.
sarcoma di Kaposi

di questo tumore esistono 4 forme:
1) sarcoma di Kaposi classico
2) sarcoma di Kaposi africano
3) sarcoma di Kaposi in corso di immunodepressione
4) sarcoma di Kaposi epidemico nell’AIDS.
Eziologia: HHV-8 + fattori concomitanti (1 caso di sarcoma di Kaposi ogni
17.000 infezioni da HHV-8).
Il sarcoma di Kaposi classico è una forma di sarcoma molto rara, che compare di
regola nei soggetti anziani e in forma localizzata. Il sarcoma di Kaposi in Africa

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e nel Peloponneso ha un decorso spesso aggressivo. Il sarcoma di Kaposi asso-
ciato all’HIV
si manifesta in forma generalizzata come tumore multicentrico e
colpisce soprattutto i maschi omosessuali.
Cute: macule lillacee o bruno-bluastre, placche, noduli tumorali localizzati preva-
lentemente alla pieghe cutanee e agli arti inferiori.
Mucosa orale: noduli rosso-bluastri al palato.
Tratto gastrointestinale: alterazioni polipoidi.
Possono essere coinvolti anche i linfonodi e altri organi (polmone).
Diagnosi differenziale: angiomatosi bacillare, caratterizzata dalla presenza di pa-
pule rosse della grandezza di una capocchia di spillo e di piccoli noduli; è pre-
sente nei pazienti affetti da infezione da HIV ed è causata dalla Bartonella hense-
lae o B. quintana; viene trattata con antibiotici (ad es. eritromicina o doxiciclina).

4 stadi del sarcoma di Kaposi (sec. Mitsuyasu, 1986):

Inoltre: A = senza sintomi sistemici

B = con sintomi sistemici (febbre e/o calo ponderale).

St.

Caratteristiche

Terapia

I

Cutaneo limitato (< 10 focolai / 1 regione
anatomica)

prevalentemente terapia locale:
ad es. escissione oppure laserterapia

terapia anti-angiogenetica (SU5416);
terapia antivirale combinata +
INF-

α

(i citostatici sono efficaci, ma

aumentano l’immunodepressione



elevato rischio di infezioni
opportunistiche)

II

Cutaneo disseminato (>10 focolai /

2 regioni anatomiche)

III

Viscerale (tratto gastrointestinale,
polmone, linfonodi)

IV

Cutaneo e viscerale

linfomi del SNC
linfomi non-Hodgkin a cellule B, solitamente ad alto grado di malignità; localiz-

zazioni: SNC (30%), extra-nodale (65%)

• carcinoma invasivo della cervice: è il tumore maligno più frequente nelle donne

e spesso è la prima malattia che concorre alla definizione di AIDS.

Gruppo IV E - Altre affezioni in caso di AIDS, ad es.

• polmonite interstiziale nei bambini
• «wasting syndrome»: calo ponderale > 10%, spesso con diarrea cronica, astenia,

ecc. (

 terapia con testosterone nei pazienti di sesso maschile).

Infezione pediatrica da HIV
Nel neonato, l’infezione da HIV può essere diagnosticata o esclusa solamente dopo 6
mesi dalla nascita, tramite PCR.
Manifestazioni cliniche dell’AIDS connatale:

• nascita prematura
• distrofia
• dismorfismo cranio-facciale
• danni al SNC: atrofia corticale + calcificazioni dei gangli della base con atassia

(andatura instabile, ecc.)

• infezioni opportunistiche (la più frequente è la PCP, seguita da quelle da Hae-

mophilus influenzae)

• polmonite interstiziale linfocitica (LIP) a decorso cronico (diagnosi: esclusione di

una polmonite infettiva, biopsia polmonare; terapia: corticosteroidi).

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Decorso dei bambini con infezione perinatale:

• rapida evoluzione all’AIDS già nel primo anno di vita (1/5 dei casi)
• evoluzione più lenta, con un periodo di incubazione medio di 4-5 anni.

Il decorso dell’infezione da HIV contratta in età infantile o giovanile è simile a

quello dell’adulto.

Classificazione in stadi dell’infezione da HIV e dei casi di AIDS (CDC, 1993)

Nella classificazione del singolo individuo, vale la categoria di maggiore gravità; non
esiste una classificazione retrospettiva. Purtroppo la classificazione non tiene conto del-
la carica virale.

Diagnosi differenziale

• immunodepressione da altra causa (vedi cap. Immunodeficienze)
• linfocitopenia CD4 idiopatica: sindrome di immunodeficienza molto rara, con linfoci-

ti T helper (CD4) < 300/µl, senza dimostrazione di infezione da HIV.

Diagnosi:

Anamnesi, clinica, dimostrazione del virus e/o degli anticorpi.

Laboratorio

Sierologia dell’infezione da HIV:
dimostrazione degli anticorpi diretti contro HIV-1 e HIV-2.

Per eseguire la ricerca degli anticorpi anti-HIV è richiesto il consenso esplicito del-
l’interessato.
In considerazione delle conseguenze di un risultato positivo del test per la ricerca
degli anticorpi anti-HIV, in caso di positività al test di screening (ELISA) si deve
far sempre seguire un test di conferma (ad es. Westernblot) sullo stesso campione
di sangue, allo scopo di escludere la rara possibilità di un risultato falsamente posi-
tivo (ad es. in corso di affezioni autoimmuni, gravidanza, altre malattie infettive,
dopo trasfusione e trapianto). Per escludere un errore (scambio di provetta, ecc.) si
deve valutare anche un secondo campione di sangue. Solo allora si potrà comuni-
care al paziente, tramite il medico, la positività del risultato. La presenza di anti-
corpi può essere rilevata circa 6 settimane dopo l’infezione. Un risultato negativo
esclude ragionevolmente un’infezione da HIV solo se la possibile esposizione è sta-
ta anteriore di almeno 6 mesi

 diagnosi di certezza tramite la dimostrazione del

virus

dimostrazione del virus e delle sue componenti

isolamento dell’HIV (richiede circa 6 settimane)
antigene p24: è utile nel monitoraggio del decorso dei pazienti con HIV
dimostrazione dell’acido nucleico virale: a partire dall’11º giorno è dimostrabile,

3 categorie cliniche

A

B

C

3 categorie in base

Infezione da HIV

Sintomatica ma

Indicatori per

al numero dei linfociti

asintomatica, acuta

senza le condizioni

definizione

T helper (/µl)

o LAS

previste per A o

dell’AIDS

per C

1

> 500

A1

B1

C1

2

200 - 499

A2

B2

C2

3

< 200

A3

B3

C3

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941

mediante PCR, la presenza di HIV-DNA nei linfociti o di HIV-RNA del virus li-
bero. Un risultato negativo non esclude la presenza dell’HIV e, in caso di sospet-
to d’infezione, sono richieste ulteriori indagini a breve

quantificazione del virus (ad es. tramite PCR): come unità di misura si impiegano

gli equivalenti virali / ml di plasma, oppure il numero di copie di RNA virale / ml
di plasma. Significato e indicazioni:
controllo della terapia e del decorso: se la terapia antivirale non porta ad una ri-

duzione di almeno 3 volte della viremia, è inefficace. L’obiettivo è la riduzione
della viremia al di sotto dei limiti di sensibilità dei metodi di rilevamento

parametro prognostico: circa 6 mesi dopo l’infezione da HIV si raggiunge una

elevata concentrazione virale nel sangue, di entità variabile da soggetto a sogget-
to («set point»), dotata di significato prognostico (MACS = Multicenter AIDS
Cohort Study):

HIV-1-RNA (copie/ml)

Tempo medio all’AIDS (anni)

501-3.000

> 10

3.001-10.000

8,3

10.001-30.000

5,5

> 30.000

2,8

T

H

/µl

Viremia HIV

Linfociti T helper (T

H

)

anti-HIV

Settimane

Mesi

Anni

Tempo

HIV-RNA

(Copie/ml plasma)

Malattia acuta da HIV

Fase di latenza

LAS = PGL ARC

AIDS

HIV-AG = HIV-Core-Antigen = Fase di latenza
anti-HIV core = anticorpi anti-core = anti-p24
anti-HIV env = anticorpi anti-envelope = anti-gp 41

Nota: nel decorso della malattia, la viremia e con essa l’infettività mostrano due picchi: all’inizio
(malattia acuta da HIV) e alla fine (malattia terminale da AIDS).

• i «long-survivor» hanno di regola una viremia < 1.000 equivalenti virali/ml di

plasma (vedi grafico)

valutazione delle resistenze dell’HIV per il controllo del trattamento.

Terapia

1. sane abitudini di vita ed evitare eventuali fattori che riducono le resistenze
2. terapia antivirale
3. profilassi e terapia delle infezioni opportunistiche e delle complicanze
4. assistenza psico-sociale.

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La terapia dovrebbe essere iniziata al più presto possibile. L’obiettivo della terapia an-
ti-retrovirale ad alta intensità (HAART) è la riduzione della viremia al di sotto dei li-
miti di sensibilità del metodo di rilevamento. I virus presenti all’interno dei linfociti T
quiescenti non vengono eliminati dal trattamento anti-retrovirale. Pertanto, non è ad og-
gi possibile l’eradicazione dell’HIV. I parametri di efficacia sono la carica virale, i
linfociti CD4 e il quadro clinico. È meglio seguire gli schemi terapeutici più recenti (ad
es. mediante ricerca in Internet).
Per evitare o ritardare lo sviluppo di resistenze e inibire il più a lungo possibile la re-
plicazione virale, si sceglie sin dall’inizio del trattamento una terapia combinata con 3
sostanze antivirali. Questo trattamento è però ricco di effetti collaterali e richiede al pa-
ziente un alto grado di «compliance». In caso di assunzione irregolare dei farmaci, il ri-
schio di sviluppo di resistenze raggiunge circa il 50% dei casi; in queste situazioni è
possibile valutare le resistenze dell’HIV. Una terapia antivirale combinata rallenta il de-
corso della malattia e riduce la frequenza delle affezioni associate all’AIDS. Nei paesi
poveri, ciò non è però praticabile per la maggior parte dei pazienti.

Profilassi

1. Generale

spiegare ai gruppi a rischio e alla popolazione le modalità dell’infezione e del-

la profilassi: l’HIV può essere acquisito, in pratica, solo mediante rapporti ses-
suali o contatto con sangue infetto

evitare la promiscuità e la prostituzione, usare il preservativo
— screening per HIV di tutti i donatori di sangue
ridurre al minimo le trasfusioni di sangue da donatore, mediante:

a) autotrasfusione in caso di interventi chirurgici programmati
b) autotrasfusione meccanica («recycling» del proprio sangue durante un inter-

vento)

prudenza e misure protettive nel maneggiare il sangue: guanti, protezione della

bocca e occhiali protettivi in caso di pericolo da aerosol infetti, ecc. Smaltimen-

Terapia antivirale

Sostanza

Meccanismo d’azione

Effetti collaterali

AZT = zidovudina

analoghi nucleosidici =

mielodepressione, ecc.;

DDC = zalcitabina

inibitori nucleosidici della

neuropatia, ecc.;

DDI = didanosina

transcrittasi inversa (NRTI);

pancreatite acuta, ecc.

3TC = lamivudina

AZT e D4T passano nel liquor

D4T = stavudina
ADV = adefovir
ABC = abacavir

DLV = delavirdina

inibitori non nucleosidici della

esantema, aumento degli

NVP = nevirapina

transcrittasi inversa (NNRTI)

enzimi epatici, danni

EFV = efavirenz

epatici, ecc.

EFV =

emivirina

IDV = indinavir

inibitori delle proteasi (PI)



diarrea, nausea,

NLV = nelfinavir

formazione di capsidi virali

lipodistrofia: atrofia

RTV = ritonavir

immaturi non infettivi

adiposa delle guance

SQV = saquinavir

(«slim cheeks»), delle

APV = amprenavir

estremità, dei glutei +

TPV = tipranavir

depositi intraaddominali,
ecc.
(controindicazione:
gravidanza)

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to dei rifiuti con idonee modalità e adeguata protezione, in particolare per quan-
to riguarda aghi, siringhe, strumenti taglienti, ecc.

— i pazienti sono tenuti ad informare i medici e i dentisti della loro infezione da

HIV prima di interventi diagnostici o terapeutici

— dopo contaminazione cutanea con materiale potenzialmente infetto, disinfettare

la cute; dopo contaminazione delle mucose, lavaggio abbondante con acqua. In
caso di ferita accidentale provocare il sanguinamento (> 1 min), disinfettare (>
10 min) e rivolgersi a un centro medico. Eseguire subito la ricerca degli anti-
corpi anti-HIV (e anti-HBV e anti-HCV) e ripetere il test dopo 6 settimane, 3,
6 e 12 mesi. Il rischio di infezione da HIV si riduce di oltre il 95% grazie alla
profilassi antivirale post-esposizione attuata entro 2 ore dalla ferita: terapia
combinata a 3 farmaci da iniziare subito dopo l’esposizione e protrarre per 4
settimane: 2 analoghi nucleosidici + 1 inibitore delle proteasi (ad es. AZT 250
mg

×

2 + 3TC 150 mg

×

2 + IDV 800 mg

×

3).

Rischio medio di contrarre l’infezione nel soggetto non immunizzato, dopo puntura con
ago sporco di sangue positivo per il virus:

HBV

HCV

HIV

15%

2%

0,3%

2. Il rischio di trasmettere l’HIV al neonato da parte di una donna gravida infetta può

essere ridotto a meno del 3% mediante due misure:
• terapia con AZT della madre e del neonato
• taglio cesareo prima dell’inizio del travaglio.
Madri HIV-positive non devono allattare.

3. Immunizzazione attiva

La messa a punto di un vaccino è ostacolata dalla varietà dei mutanti dell’HIV.
L’HIV è caratterizzato da antigenicità limitata, marcato «drift» antigenico (variabi-
lità delle proteine dell’involucro gp41 e gp120) e «shedding» delle glicoproteine di
superficie. Ad oggi, una protezione efficace è stata ottenuta solo nella scimmia, con
un vaccino ad agente vivo attenuato.

Prognosi

Parametri prognostici sfavorevoli sono:
un’elevata carica virale (> 10.000 copie di HIV-RNA/ml al momento della prima

indagine)

— aumento della carica virale, carica virale persistentemente > 10.000 copie di HIV-

RNA/ml

— riduzione del numero dei linfociti T helper
— aumento della concentrazione ematica di

β

2

-microglobulina

— progressione dello stadio clinico.
In base all’intervallo tra infezione HIV e comparsa dell’AIDS, si distinguono 4 moda-
lità di decorso
:
— rapidamente progressivo: comparsa dell’AIDS entro 4 anni
— lentamente progressivo: comparsa dell’AIDS dopo 4-7 anni
— protratto («long term asymptomatic»): comparsa dell’AIDS dopo 7-12 anni; è que-

sto il decorso della maggioranza degli infetti da HIV nei paesi industrializzati

— «long term survivors»: assenza di sintomi e numero normale di linfociti CD4 anco-

ra dopo 12 anni; rappresentano meno del 5% di tutti gli infetti da HIV.

Circa il 3% dei bambini infetti da HIV può eliminare il virus.

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Esempi di infezioni associate all’HIV

Agente eziologico

Pneumocystis carinii

85% dei pazienti con
AIDS; nel 50% dei ca-
si è la prima manife-
stazione di malattia

Polmonite da Pneu-
mocystis carinii
(PCP)

Dimostrazione del pa-
togeno in escreato, la-
vaggio bronco-alveola-
re e biopsia polmonare
transbronchiale

Terapia + profilassi
delle recidive:
1

a

scelta: cotrimos-

sazolo;
alternativa: pentami-
dina

Toxoplasma gondii

30% ca. dei pazienti
con AIDS

Encefalite

Clinica, TC, RMN

Pirimetamina (+ aci-
do folico) + sulfadia-
zina o clindamicina

Mycobacterium
tuberculosis

10% ca. dei pazienti
con AIDS

Tubercolosi spesso
senza caverne, spesso
tubercolosi miliare

Dimostrazione del pa-
togeno

Polichemioterapia
antitubercolare stan-
dard

Mycobacterium
avium/intracellulare
e
altri micobatteri atipici

Micobatteriosi dissemi-
nata nel 20% dei pa-
zienti con AIDS; colo-
nizzazione intestinale
asintomatica nel 50%

Nella micobatteriosi
disseminata: febbre,
diarrea, cachessia,
ecc.

Dimostrazione del pa-
togeno in sangue, feci,
materiale bioptico (ad
es. fegato, midollo os-
seo)

In base all’antibio-
gramma, ad es. cla-
ritromicina + rifabuti-
na + etambutolo

Salmonelle

5-10% dei pazienti con
AIDS

Enterite o quadro clini-
co simil-tifoide

Dimostrazione del pa-
togeno in feci e san-
gue

Chinoloni

Criptosporidio

Frequente

Diarrea acquosa

Dimostrazione del pa-
togeno nelle feci

Tentativo con paro-
momicina + albenda-
zolo

Candida albicans

1. Forma localizzata:
interessamento localiz-
zato di mucose e inte-
stino in quasi tutti i
pazienti con AIDS
2. Forma sistemica: in-
teressamento renale,
sepsi, più raramente
polmonite

1. Forma localizzata:
chiazze biancastre a li-
vello di cavità orale,
esofago, ecc.
2. Forma sistemica:
febbre, tosse, polmoni-
te, interessamento reti-
nico

1. Forma localizzata:
diagnosi immediata al-
l’ispezione, dimostra-
zione del patogeno
2. Forma sistemica:
diagnosi più difficile:
dimostrazione del pa-
togeno e di suoi anti-
geni in sangue, urina,
biopsie, ecc.

1. Forma localizzata:
amfotericina B loca-
le; in caso di persi-
stenza ketoconazolo
o fluconazolo siste-
mico
2. Forma sistemica:
amfotericina B + flu-
citosina

Cryptococcus
neoformans

5% dei pazienti con
AIDS

1. Polmonite a focolaio
2. Infezione dissemina-
ta
con febbre, cefalea,
meningite, epatosple-
nomegalia

Dimostrazione del pa-
togeno in escreato, la-
vaggio bronco-alveola-
re, liquor; dimostrazio-
ne di suoi antigeni nel
siero e liquor

Amfotericina B + flu-
citosina;
profilassi con fluco-
nazolo

CMV

30% ca. dei pazienti
con AIDS

Polmonite da CMV, re-
tinite, sintomi a carico
del SNC; diarrea, in-
sufficienza cortico-sur-
renale

Clinica, fondo dell’oc-
chio, dimostrazione del
patogeno in urina,
sangue, lavaggio bron-
co-alveolare, materiale
bioptico; istologia: cel-
lule giganti con corpi
inclusi

Ganciclovir o foscar-
net;
alternativa: cidofovir

HSV, tipo 1 e 2

Riattivazione endogena
di una infezione latente:
HSV-1 > 95% degli
adulti
HSV-2 10-30% degli
adulti

Lesioni ulcerate peria-
nali, rettali e genitali
(HSV-2) e oro-facciali
ed esofagee (HSV-1)

Diagnosi immediata al-
l’ispezione, dimostra-
zione del patogeno nel
contenuto delle vesci-
cole o nel materiale
bioptico; istologia: cor-
pi inclusi intranucleari

Aciclovir (anche per
la profilassi)

VZV

Herpes zoster nel 5%
ca. dei pazienti con
AIDS

Herpes zoster, compli-
canze oculari

Diagnosi immediata al-
l’ispezione, dimostra-
zione del patogeno nel
contenuto delle vesci-
cole; istologia: corpi in-
clusi intranucleari

Aciclovir, immunoglo-
buline iperimmuni

Papovavirus
(JC virus)

3% dei pazienti con
AIDS

Leucoencefalopatia
multifocale progressiva
(PML)

Sintomi neurologici, TC
+ RMN (demielinizza-
zione)

Sconosciuta; morte
entro 6 mesi

Frequenza

Clinica

Diagnosi

Terapia

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 944

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945

SISTEMA INFORMATIVO
DELLE MALATTIE INFETTIVE E DIFFUSIVE

La conoscenza della realtà epidemiologica, anche attraverso l’informazione statistica, costi-
tuisce la base dell’intervento di sanità pubblica: da ciò deriva l’obbligo di rendere noto al-
l’Autorità Sanitaria il manifestarsi di casi di malattie infettive e diffusive pericolose per la
salute pubblica, secondo quanto stabilito dall’art. 254 del TULS.

Il medico è tenuto ad effettuare la notifica indicando la malattia sospetta o accertata, gli
elementi identificativi del paziente, gli accertamenti diagnostici eventualmente effettuati, la
data di comparsa della malattia. L’obbligo di notifica vale per qualunque malattia infettiva
e diffusiva o sospetta di esserlo, di cui il medico sia venuto a conoscenza nell’esercizio
della sua professione.

A quest’obbligo corrisponde il dovere dei competenti servizi di igiene pubblica di attuare
un efficace sistema di raccolta delle informazioni, finalizzato alla realizzazione di tempe-
stive misure di profilassi; è loro compito anche assicurare che il flusso informativo prose-
gua a livello regionale e centrale, secondo tempi e modalità che sono diversi in rapporto al
diverso tipo e livello di provvedimenti sanitari da attuare.

Il Decreto Ministeriale 15 dicembre 1990 «Sistema informativo delle malattie infettive»
(pubblicato sulla G.U. 8 gennaio 1991) identifica 47 malattie infettive con obbligo di notifi-
ca e le raggruppa in 5 classi, in base alla loro rilevanza per gravità (in termini sia di letalità
sia di costo sociale ed economico), frequenza attesa, possibilità di intervento con azioni di
profilassi e/o terapia e/o educazione sanitaria, interesse sul piano nazionale e internazionale.

Per ciascuna classe sono previste modalità diverse di notifica (vedi più avanti).

Per ciascuna delle classi prima, seconda, terza e quarta sono stati predisposti specifici mo-
duli (modello 15) per la segnalazione dei singoli casi (da compilarsi anche nei casi venuti
a morte prima della notifica); per le classi seconda e quinta è inoltre previsto un modulo
riassuntivo (modello 16), a cadenza rispettivamente mensile e annuale. La compilazione dei
modelli 15 e 16 è di competenza esclusiva dei servizi di igiene pubblica delle diverse
Unità sanitarie locali.

Per tutti i casi notificati a un’Unità sanitaria locale diversa da quella di residenza del pa-
ziente, questa dovrà trasmettere la notifica in tempi brevi all’Unità sanitaria locale di resi-
denza del malato, la quale dovrà eseguire le opportune inchieste epidemiologiche e attuare
i provvedimenti necessari.

In ogni regione deve essere previsto un modulo di segnalazione da parte del medico che
diagnostica il caso, contenente i dati sopra precisati di spettanza del medico stesso, rispon-
dente a criteri di uniformità e semplicità atti a garantire una corretta rilevazione dei dati.

Modalità di notifica di alcune malattie infettive e diffusive
(allegato al D.M. 15 dicembre 1990, modificato)

Il medico che nell’esercizio della sua professione venga a conoscenza di un caso di qua-
lunque malattia infettiva e diffusa o sospetta di esserlo, pericolosa per la salute pubblica,
deve comunque notificarla alla Autorità Sanitaria competente.

Per le seguenti malattie infettive e diffusive la predetta Autorità è tenuta a comunicare le
informazioni secondo le seguenti modalità.

Classe 1: Malattie per le quali si richiede segnalazione immediata o perché soggette al Re-
golamento Sanitario Internazionale o perché rivestono particolare interesse.

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946

1. Colera

1

7. Tifo esantematico

2. Febbre gialla

1

8. Botulismo

3. Febbre ricorrente epidemica

1

9. Difterite

4. Febbri emorragiche virali

10. Influenza con isolamento virale

4.

(Febbre di Lassa, Marburg, Ebola)

11. Rabbia

5. Peste

12. Tetano

6. Poliomielite

13. Trichinosi

Modalità di notifica
Deve essere osservato il seguente flusso informativo:

1. Segnalazione alla unità sanitaria locale, da parte del medico, per telefono o tele-

gramma entro 12 ore dal sospetto di un caso di malattia.

2. Segnalazione immediata dalla Unità sanitaria locale alla Regione e da questa al Mi-

nistero e all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per fonogramma, telegramma o tele-
fax, in cui dovranno essere indicati almeno i seguenti dati: nome, cognome, data di
nascita, sesso e residenza del paziente; eventuale luogo di ricovero; fondamenti del
sospetto diagnostico; nome, cognome e recapito del medico segnalante.

3. Segnalazione immediata dall’Unità sanitaria locale alla Regione e da questa al Mi-

nistero e all’Istituto Superiore di Sanità via telefax o telegramma dei risultati del-
l’accertamento del caso (sia positivi che negativi).

4. Segnalazione immediata del Ministero all’O.M.S. dell’accertamento del caso, ove

previsto.

5. Compilazione del mod. 15 per i casi accertati ed invio dello stesso da parte della

Unità sanitaria locale alla Regione e al Ministero. Quest’ultimo provvederà alla tra-
smissione all’ISTAT.

Presso ogni Unità sanitaria locale deve essere sempre disponibile, nell’ambito del ser-
vizio di Igiene Pubblica, un medico appositamente incaricato di compilare il modello
15 e che dovrà recarsi, all’occorrenza, nel luogo in cui si trova il paziente per ottenere
direttamente, senza intermediari, le notizie richieste nel modulo.

Classe 2: Malattie rilevanti perché ad elevata frequenza e/o passibili di interventi di controllo.

14. Blenorragia

27. Meningite e encefalite acuta virale

15. Brucellosi

28. Meningite meningococcica

16. Diarree infettive non da salmonelle

29. Morbillo

17. Epatite virale A

30. Parotite

18. Epatite virale B

31. Pertosse

19. Epatite virale NANB

32. Rickettsiosi diversa da tifo esantematico

20. Epatite virale non specificata

33. Rosolia

21. Febbre tifoide

34. Salmonellosi non tifoidee

22. Legionellosi

35. Scarlattina

23. Leishmaniosi cutanea

36. Sifilide

24. Leishmaniosi viscerale

37. Tularemia

25. Leptospirosi

38. Varicella

26. Listeriosi

Modalità di notifica
Deve essere osservato il seguente flusso informativo:

1. Segnalazione alla Unità sanitaria locale, da parte del medico, per le vie ordinarie

entro due giorni dall’osservazione del caso.

2. Per i casi rispondenti ai criteri definiti e riportati nelle istruzioni del modello 15,

compilazione ed invio dello stesso modello individuale di notifica dalla Unità sani-
taria locale alla Regione e da questa all’ISTAT ed al Ministero per le vie ordinarie.

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947

Alla Regione devono essere inviate da parte della Unità sanitaria locale, oltre ai
modelli individuali, anche i dati aggregati mensilmente, suddivisi per fasce d’età e
sesso (modello 16).

3. Compilazione ed invio dei riepiloghi mensili suddivisi per Provincia, fasce di età,

sesso, da Regione a Ministero, I.S.S., ISTAT per le vie ordinarie (mod. 16 bis).

Classe 3: Malattie per le quali sono richieste particolari documentazioni.

39. AIDS
40. Lebbra
41. Malaria
42. Micobatteriosi non tubercolare
43. Tubercolosi

Modalità di notifica
Sono previsti flussi informativi particolari e differenziati.
I flussi informativi, ove non sia disposto diversamente da provvedimenti particolari, devo-
no avere in comune una parte della scheda di notifica che verrà inviata all’ISTAT (sez. A),
analoga per tutte le malattie notificabili, con i dati anagrafici del soggetto e l’indicazione
della malattia. La sez. B dei moduli sarà invece differenziata per raccogliere informazioni
epidemiologiche pertinenti.
Per le modalità di notifica dell’AIDS si fa riferimento alle circolari del Ministero della Sa-
nità 13.2.87 n. 5 (G.U. n. 48 del 27.2.87) e del 13.2.88 n. 14, nelle quali vengono riporta-
te indicazioni che limitano il flusso informativo dal medico direttamente alla Regione e al
Ministero (C.O.A. presso I.S.S.).
Alla Regione devono essere inviati, da parte delle Unità sanitarie locali, anche i dati ag-
gregati mensilmente suddivisi per fasce di età e sesso.
Un riepilogo mensile per Provincia, fascia di età e sesso deve essere inviato dalla Regione
al Ministero, I.S.S. e ISTAT per le vie ordinarie.
Per la malaria e la lebbra la sez. A del mod. 15 e le modalità di notifica devono essere
analoghe a quelle indicate per la tubercolosi, mentre per quanto riguarda la scheda epide-
miologica si fa riferimento rispettivamente alla circolare del 28.11.89 n. 32 e alla lettera
circolare 507/GA/3136 del 13.5.83.

Classe 4: Malattie per le quali alla segnalazione del singolo caso da parte del medico deve se-
guire la segnalazione della Unità sanitaria locale solo quando si verificano focolai epidemici.

44. Dermatofitosi (Tigna)
45. Infezioni, tossinfezioni ed infestazioni di origine alimentare
46. Pediculosi
47. Scabbia

Modalità di notifica
Deve essere osservato il seguente flusso informativo:

1. Dal medico alla Unità sanitaria locale entro 24 ore.
2. Dalla Unità sanitaria locale alla Regione e da questa al Ministero, all’I.S.S., all’I-

STAT tramite mod. 15.

Classe 5: Malattie infettive e diffusive notificate alla Unità sanitaria locale e non compre-
se nelle classi precedenti, zoonosi indicate dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al
D.P.R. 8.2.54, n. 320, e non precedentemente menzionato.

Modalità di notifica
Le Unità sanitarie locali comunicheranno annualmente il riepilogo di tali malattie alla Re-
gione e questa al Ministero per le vie ordinarie. Ove tali malattie assumano le caratteristi-
che di focolaio epidemico, verranno segnalate con le modalià previste per la classe 4.

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948

Malattia

Clinica

Esame

Identifica-

Sierologia

Annotazioni

colturale

zione

diretta

Blenorragia

Brucellosi

Diarree infettive

non da salmonelle

Epatite virale A

IgM anti-HAV

Epatite virale B

IgM anti-HBc

Epatite virale NANB

Negatività di IgM:

(compresa la C)

anti-HAV, anti-HBC,
anti-CMV, anti-EBV

Epatite virale non

specificata

Febbre tifoide

Legionellosi

Leishmaniosi cutanea

Leishmaniosi viscerale

Leptospirosi

Listerosi (compresa

la meningite da
Listeria)

Meningite ed

Esame del liquor

encefalite acuta

compatibile

virale

Meningite

meningococcica
(compresa la sepsi)

Morbillo

Parotite

Pertosse

Rickettsiosi diversa

da tifo esantematico

Rosolia

Salmonellosi non

tifoidee

Scarlattina

Sifilide

Tularemia

Varicella

Schema riassuntivo delle malattie infettive di classe 2: l’obbligo di notifica sussiste quan-
do sono presenti tutti i criteri contrassegnati con

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 948

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949

TETANO (T)

DIFTERITE (T)

POLIOMIELITE (T)

ROSOLIA (R)

INFLUENZA (R)

Vaccino

anatossina tetanica

tossoide difterico

IPV = agente ucciso, per via

parenterale (Salk)

OPV = agente vivo attenua-

to, per via orale (Sabin)

agente vivo attenuato; ter-

molabile

agente ucciso; combina-

zione antigenica secondo

le indicazioni aggiornate

dell’OMS

Schema vaccinale

2 dosi i.m. da 0,5 ml a di

-

stanza di 4 settimane, la 3

a

dose dopo 6-12 mesi;

associare alla vaccinazione

con tossoide difterico (vac-

cino Td)

schema base: 3 dosi

(0-1-6 mesi); dopo i 6 anni

solo dosi ridotte (Td) = mi

-

nimo 2 UI di tossoide

2 dosi a distanza di 2-6

mesi

2 dosi s.c. da 0,5 ml, come

vaccino trivalente MMR

(morbillo, parotite epidemi-

ca, rosolia) a 12 mesi e 6

anni

vaccinazione annuale pre-

feribilmente in autunno

(prima dell’inizio dell’epi-

demia influenzale)

Durata della protezione

(intervallo dei richiami)

10 anni dopo la 3

a

dose

(non prima)

10 anni

richiamo preferibilmente con

vaccino Td

> 10 anni

almeno 20 anni

1 anno

Effetti collaterali

specifici

orticaria, febbre (in caso di

vaccinazioni troppo ravvici-

nate)

in casi molto rari affezioni

del SNC e/o dei nervi peri-

ferici; piastrinopenia

OPV: rischio di poliomielite

paralitica associata alla vac-

cinazione (VAPP): 1:4,5 mi-

lioni

nei contatti con vaccinati:

1:15 milioni

più frequenti negli adulti

che nei bambini; esantema

transitorio, febbre

Molto raramente, sindro-

me di Guillain-Barré; aller-

gia alle proteine dell’uovo

Controindicazioni

specifiche

piastrinopenia

OPV: pazienti immunode-

pressi

gravidanza; allergia delle

proteine dell’uovo, affezioni

reumatiche

allergia alle proteine del-

l’uovo

Epidemiologia della ma-

lattia

in tutto il mondo

dal 1990 epidemie in Rus-

sia, Ucraina, Paesi Baltici,

diffusione in altri paesi

in tutto il mondo

obiettivo OMS: eradicazione

entro l’anno 2005

in tutto il mondo

vaccinare tutte le bambine

sieronegative in età prepu-

berale

l’influenza A provoca in

tutto il mondo epidemie

ogni 2-3 anni; nuove pan-

demie ogni 10-40 anni,

con milioni di morti; mas-

sima frequenza della ma-

lattia nei mesi invernali

Osservazioni

in caso di assenza di prote-

zione vaccinale, profilassi

post-esposizione simultanea

con immunoglobuline iper-

immuni antitetaniche + vac-

cinazione attiva

eseguire il richiamo con

vaccino Td. Assolutamente

necessario in caso di viag-

gio in paesi dell’Europa

orientale

i paesi con bassa prevalen-

za di poliomielite (USA, Eu-

ropa) impiegano solamente

IPV. L’unica indicazione per

OPV è in caso di focolai

epidemici

vaccinazione in età postpu-

berale solo dopo dosaggio

preliminare degli anticorpi

specifici; evitare la gravi-

danza nei 3 mesi dopo la

vaccinazione

indicazioni:

- soggetti anziani > 60anni

- pazienti con malattie

croniche cardiache, pol-

monari e metaboliche

- soggetti ad elevata

esposizione

TAVOLA SINOTTICA DELLE PRINCIPALI VACCINAZIONI

(segue a pag. 950)

(T) = vaccinazione per tutti

(R) = vaccinazione per i gruppi a rischio

(V) = vaccinazione per i viaggiatori

Effetti collaterali generali delle vaccinazioni:

1.

locali: eritema, tumefazione, dolore in sede d’inoculo, adenomegalia satellite

2.

sistemici: prostrazione, febbre, quadro simil-influenzale, raramente reazioni allergiche

Controindicazioni generali all’immunizzazione attiva:

1.

malattie febbrili acute (attendere almeno 2 settimane)

2.

effetti collaterali e intolleranze noti, allergia verso componenti del vaccino (proteine/conservanti)

3.

in caso di trattamento anticoagulante non praticare somministrazioni i.m.



evtl. somministrazione s.c.

4.

i vaccini ad agente vivo attenuato sono controindicati in gravidanza e nei soggetti con immunodeficienze

(non sono controindicati i vaccini ad agente ucciso).

Intervallo minimo richiesto tra due vaccinazioni:

non è necessario alcun intervallo tra la somministrazione di due vaccini ad agente ucciso, come pure tra un

vaccino ad agente ucciso e uno ad agente vivo (e viceversa)

tra due vaccini ad agente vivo attenuato: vaccinazione simultanea oppure la seconda vaccinazione dopo al-

meno 4 settimane dalla prima (dopo la vaccinazione contro la febbre gialla sono richieste solo 2 settimane);

nel caso del tifo



colera (con vaccini ad agente vivo) sono richiesti 3 giorni; nel caso del tifo



altri vacci-

ni ad agente vivo non è richiesto alcun intervallo

in caso di impiego anche di gammaglobuline specifiche:

far trascorrere almeno 3 mesi se la somministrazione

di immunoglobuline è precedente alla somministrazione di un vaccino ad agente vivo per via parenterale; far

trascorrere almeno 2 settimane se la somministrazione di un vaccino ad agente vivo per via parenterale è pre-

cedente alla somministrazione di immunoglobuline.

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 949

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950

EPATITE A (R + V)

EPATITE B (R + V)

TIFO ADDOMINALE (V)

FEBBRE GIALLA (V)

ENCEFALITE RUSSA

PRIMAVERILE-ESTIVA (R + V)

Vaccino

Agente ucciso

HbsAg

2 alternative:

- agente vivo attenuato per

via orale

- agente ucciso per via pa-

renterale

agente vivo attenuato, cep-

po YF 17D coltivato su uo-

vo embrionato di pollo

agente ucciso

Schema vaccinale

2 dosi i.m. nel m. deltoide

a distanza di 6 mesi

nei bambini: vaccinazione

generale; negli adulti: solo

in casi selezionati.

3 dosi i.m. nel m. deltoide

ai tempi 0-1-6 mesi

solo negli adulti screening

preliminare per anti-HBc

- 1 compressa per via orale

nei giorni 1-3-5, 1 ora prima

dei pasti

- 1 dose parenterale

1 dose s.c. da 0,5 ml

3 dosi i.m. da 0,5 ml: la

2

a

dose dopo 1-3 mesi, la

3

a

dopo 9-12 mesi

Durata della protezione

(intervallo dei richiami)

10 anni

10 anni

controllo post-vaccinale di

anti-HbsAg nei soggetti

esposti per motivi professio-

nali, nei dializzati e negli

immunodepressi

- vaccino orale: 1 anno

- vaccino parenterale: 3 an-

ni

10 anni

3 anni

Effetti collaterali

specifici

molto raramente disturbi

neurologici

disturbi gastrointestinali

anafilassi in caso di allergia

alle proteine dell’uovo

raramente disturbi neuro-

logici

Controindicazioni

specifiche

allergia alla formaldeide e

ai mercuriali

in caso di diarrea, dubbio

sull’efficacia

allergia alle proteine dell’uo-

vo; insufficienza acuta epa-

tica e renale

allergia alle proteine del-

l’uovo e ai conservanti,

neuropatia

Epidemiologia della ma-

lattia

in tutto il mondo, in partico-

lare con carenti condizioni

igieniche; si ammalano so-

prattutto

soggetti giovani

dopo viaggi in paesi meri-

dionali

in tutto il mondo; per i

gruppi a rischio vedi cap.

Epatite

paesi tropicali e sub-tropica-

li

nelle aree segnalate dal-

l’OMS

Russia, Paesi Baltici, Eu-

ropa orientale, Baviera,

Baden-Württemberg, Ca-

rinzia, Paesi Balcanici,

ecc.

Osservazioni

immunizzazione passiva:

con 1 dose i.m. da 5 ml di

immunoglobuline

a) pre-esposizione se man-

ca il tempo per l’immunizza-

zione attiva

b) post-esposizione entro

10 giorni

profilassi post-esposizione

simultanea attiva + passiva

con immunoglobuline anti-

epatite B possibilmente en-

tro 6 ore.

la vaccinazione protegge

anche dall’epatite D

la vaccinazione non proteg-

ge dal paratifo

non assumere antibiotici o

resochina subito prima, du-

rante o subito dopo l’assun-

zione del vaccino orale

vaccinazione praticabile so-

lo presso le sedi riconosciu-

te dall’OMS. L’efficacia

compare solo dopo il 10°

giorno dalla vaccinazione.

immunizzazione passiva

con immunoglobuline anti-

ERPE (sino al 4°

giorno

post-esposizione)

(T) = vaccinazione per tutti

(R) = vaccinazione per i gruppi a rischio

(V) = vaccinazione per i viaggiatori

Effetti collaterali generali delle vaccinazioni:

1.

locali: eritema, tumefazione, dolore in sede d’inoculo, adenomegalia satellite

2.

sistemici: prostrazione, febbre, quadro simil-influenzale, raramente reazioni allergiche

Controindicazioni generali all’immunizzazione attiva:

1.

malattie febbrili acute (attendere almeno 2 settimane)

2.

effetti collaterali e intolleranze noti, allergia verso componenti del vaccino (proteine/conservanti)

3.

in caso di trattamento anticoagulante non praticare somministrazioni i.m.



evtl. somministrazione s.c.

4.

i vaccini ad agente vivo attenuato sono controindicati in gravidanza e nei soggetti con immunodeficienze

(non sono controindicati i vaccini ad agente ucciso).

Intervallo minimo richiesto tra due vaccinazioni:

non è necessario alcun intervallo tra la somministrazione di due vaccini ad agente ucciso, come pure tra un

vaccino ad agente ucciso e uno ad agente vivo (e viceversa)

tra due vaccini ad agente vivo attenuato: vaccinazione simultanea oppure la seconda vaccinazione dopo al-

meno 4 settimane dalla prima (dopo la vaccinazione contro la febbre gialla sono richieste solo 2 settimane);

nel caso del tifo



colera (con vaccini ad agente vivo) sono richiesti 3 giorni; nel caso del tifo



altri vacci-

ni ad agente vivo non è richiesto alcun intervallo

in caso di impiego anche di gammaglobuline specifiche:

far trascorrere almeno 3 mesi se la somministrazione

di immunoglobuline è precedente alla somministrazione di un vaccino ad agente vivo per via parenterale; far

trascorrere almeno 2 settimane se la somministrazione di un vaccino ad agente vivo per via parenterale è pre-

cedente alla somministrazione di immunoglobuline.

(segue da pag. 949)

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 950

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951

Consigli pratici per il trattamento antibiotico iniziale di malattie batteriche negli adulti
(Società per la chemioterapia Paul Ehrlich, per gentile concessione del Prof. Dr. F. Vogel,
Hofheim)

Diagnosi

Agenti eziologici

Antibiotico di scelta

Alternative

più frequenti

Malattie infettive del tratto orofaringeo e respiratorio

Bronchite acuta

soprattutto virus;

Aminopenicilline

Aminopenicilline + inibitori

più raramente:

delle

β

-lattamasi

Pneumococchi,

Cefalosporine

Haemophilus influenzae

Macrolidi

Moraxella catarrhalis

Doxiciclina

Chlamydia pneumoniae

Nota: il trattamento antibatterico è necessario solo in casi eccezionali.

Esacerbazione acuta di

Pneumococchi

Cefalosporine

Fluorochinoloni di 3º-4º g.

una bronchite cronica

Haemophilus influenzae

Aminopenicilline ± inibitori

Klebsiella pneumoniae

delle

β

-lattamasi

Stafilococchi

Macrolidi

Nota: nella bronchite cronica, la scelta dell’antibiotico va adeguata al livello di gravità.

Polmonite acquisita in

Pneumococchi

Macrolidi

comunità

Haemophilus influenzae

Cefalosporine

Stafilococchi

Aminopenicilline + inibitori

Micoplasma

delle

β

-lattamasi

Clamidia

Fluorochinoloni di 3º-4º g.

Legionella

Nota: in caso di polmonite, nella scelta dell’antibiotico è necessario valutare anche la presenza di fattori di
rischio aggiuntivi (età, malattie concomitanti, ecc.) e la sintomatologia clinica (polmonite tipica, polmonite ati-
pica). Per il trattamento delle polmoniti nosocomiali si veda al relativo capitolo.

Tonsillite

Streptococchi di gruppo A Penicillina V

Cefalosporine

Erisipela

Macrolidi

Borreliosi di Lyme

Borrelia burgdorferi

Amoxicillina

Macrolidi

Cefalosporine
Doxiciclina

Infezioni gastro-intestinali

Enterite acuta

Salmonelle

Fluorochinoloni di 2º g.

Aminopenicilline

Campylobacter jejuni

Cotrimossazolo

Yersinie

Macrolidi attivi sul

Shigelle

Campylobacter

Nota: nelle infezioni da salmonelle, Campylobacter o Yersinia il trattamento antibatterico è indicato solo in ca-
si eccezionali.

Ulcera gastrica/duodenale

Helicobacter pylori

Amoxicillina

Amoxicillina

Linfoma MALT

+ Claritromicina

+ Metronidazolo

+ Inibitori pompa protonica + Inibitori pompa protonica

Diverticolite

Escherichia coli

Amoxicillina +

Fluorochinoloni di 2º g. +

Enterococchi

inibitori delle

β

-lattamasi

Clindamicina

Bacterium fragilis

Amoxicillina +
Metronidazolo
Fluorochinoloni di 2º g. +
Metronidazolo

continua a pag. 952

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 951

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952

continua da pag. 951

Diagnosi

Agenti eziologici

Antibiotico di scelta

Alternative

più frequenti

Infezioni delle vie biliari

Colangite

Escherichia coli

Fluorochinoloni di 2º-3º g.

Acilaminopenicilline +

Colecistite

Enterococchi

Aminopenicilline +

inibitori delle

β

-lattamasi

Klebsielle

inibitori delle

β

-lattamasi

Streptococchi anaerobi
e aerobi
Clostridium perfrigens
(1-3%)

Nota: terapia per via endoscopica o chirurgica di evtl. calcoli. In caso di indagini endoscopiche sulle vie bilia-
ri, profilassi con ciprofloxacina.

Infezioni delle vie urinarie

Cistite acuta non

Escherichia coli (75-85%)

Fluorochinoloni di 1º-2º g.

Cefalosporine di 2º-3º g.

complicata in donne in

Proteus mirabilis (10-15%) Cotrimossazolo

Aminopenicilline

età fertile

Stafilococchi (5-15%)
raramente altri batteri

Nota: in caso di disturbi tipici (disuria acuta) e leucocituria, la terapia dovrebbe essere somministrata in mono-
dose o per periodi di breve durata (non più di 3 giorni), eventualmente anche senza indagini microbiologiche.

Pielonefrite acuta non

Escherichia coli (70-85%)

Fluorochinoloni di 1º-2º g.

Cefalosporine di 2º-3º g.

complicata

Proteus mirabilis (10-18%) Cotrimossazolo

Aminopenicilline

raramente altri batteri

Nota: in caso di quadro clinico tipico (lombalgia, febbre) e leucocituria, la terapia (durata 7-14 giorni) può es-
sere iniziata anche senza ricerche microbiologiche. In caso di decorso atipico o di recidiva è sempre consi-
gliabile l’indagine microbiologica.

Infezioni complicate delle

Escherichia coli (30-50%)

secondo antibiogramma

Fluorochinoloni di 2º g.

vie urinarie

Proteus mirabilis (10-15%)

Aminopenicilline +

altri Enterobatteri (10-20%)

inibitori delle

β

-lattamasi

Pseudomonas aeruginosa

Cefalosporine di 2º-3º g.

(5-10%)
Enterococchi (10-20%)
Stafilococchi (10-20%)

Nota: il trattamento deve durare almeno 7-10 giorni e anche più (sino a 6 settimane). A causa della multire-
sistenza di numerosi agenti eziologici, la chemioterapia dovrebbe essere attuata solo dopo antibiogramma; in
casi eccezionali (febbre, ecc.), dopo la raccolta di un campione urinario per le ricerche batteriologiche, si
può iniziare il trattamento con un chemioterapico ad ampio spettro. Si devono contemporaneamente anche
correggere eventuali alterazioni della dinamica urinaria.

Infezioni delle vie genitali

Sifilide

Treponema pallidum

Benzatin-Penicillina V

Fluorochinoloni

Gonorrea

Neisseria gonorrhoeae

Cefalosporine (2º g.) e.v.

Macrolidi

Uretriti aspecifiche

Chlamydia trachomatis

Doxiciclina

Nota: è necessario il trattamento di entrambi i partner.

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953

Tavola sinottica delle classi di antibiotici
(per gentile concessione del Prof. Dr. F. Vogel, Hofheim)
(P = parenterale, O = orale)

Gruppo

Esempi

P / O

Spettro d’azione

PENICILLINE

Penicilline

Benzilpenicillina

P

attive contro gli Streptococchi, compresi gli

(= Penicillina G)

Pneumococchi

Fenossimetil-penicillina

O

Aminopenicilline

Amoxicillina

O

– spettro delle penicilline

Ampicillina

P / O – attive contro Enterococchi e taluni batteri

Gram-negativi non produttori di

β

-lattamasi

– non attive contro gli Stafilococchi e gli

anaerobi produttori di

β

-lattamasi

Aminopenicilline/

Amoxicillina/Acido

P / O – spettro delle penicilline

inibitori delle

β

-lattamasi

clavulanico
Ampicillina/Sulbactam

P / O – attive contro Enterococchi e taluni batteri

Gram-negativi produttori di

β

-lattamasi

Acilaminopenicilline

Azlocillina

P

– attive sui Gram-positivi compresi gli

Mezlocillina

P

Enterococchi

Piperacillina

P

– non attive sugli Stafilococchi produttori

di

β

-lattamasi

– attive sui Gram-negativi non produttori

di

β

-lattamasi

– attività variabile verso Pseudomonas

PENICILLINE

Acilaminopenicilline/

Piperacillina/Tazobactam P

– attive sui Gram-positivi compresi gli Enterococchi

inibitori delle

β

-lattamasi

Piperacillina/Sulbactam

– attive su taluni Gram-negativi produttori

di

β

-lattamasi

– attive sullo Pseudomonas

Isossazolipenicilline

Dicloxacillina

O

attive contro agenti Gram-positivi produttori

Flucloxacillina

P / O di

β

-lattamasi

Oxacillina

P / O (penicilline anti-stafilococche)

CEFALOSPORINE

Gruppo 1

Cefazolina

P

– attive sui Gram-positivi ed alcuni Gram-negativi

Cefalexina

O

– sono resistenti alla penicillinasi stafilococcica,

Cefadroxil

O

non resistenti alle

β

-lattamasi di

Cefacloro

O

batteri Gram-negativi

Gruppo 2

Cefuroxime

P

– buona efficacia su Gram-positivi e Gram-negativi

Cefotiam

P

– sono resistenti alla penicillinasi stafilococcica

Cefamandolo

P

e alla maggior parte delle

β

-lattamasi di

Loracarbef

O

batteri Gram-negativi

Gruppo 3a

Cefotaxime

P

– molto più attive sui Gram-negativi, rispetto

Ceftriaxone

P

ai gruppi 1º e 2º

Ceftibutene

O

– sono resistenti a molte

β

-lattamasi di

Gram-negativi

– debolmente attive su alcuni Gram-positivi
– inefficaci sugli Stafilococchi

Gruppo 3b

Ceftazidima

P

spettro simile a quello delle cefalosporine

Cefepine

P

del gruppo 3a; inoltre buona attività sullo

Ceftipirom

P

Pseudomonas

CARBAPENEMICI

Imipenem/Cilastatina

P

ampio spettro d’azione su Gram-positivi e

Meropenem

P

Gram-negativi, compresi gli anaerobi

continua a pag. 954

Parte18 20-07-2001 17:10 Pagina 953

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954

continua da pag. 953

Gruppo

Esempi

P / O

Spettro d’azione

GLICOPEPTIDICI

Vancomicina

P

– attivi sugli Streptococchi, compresi gli

Teicoplanina

P

Enterococchi

– attivi sugli Stafilococchi, compresi i ceppi MRSA

FLUOROCHINOLONI

Gruppo 1

Norfloxacina

O

– indicazione generalmente limitata alle

infezioni delle vie urinarie

– attiva sui Gram-negativi

Gruppo 2

Ofloxacina

P / O – utilizzabili talvolta per via sistemica,

Ciprofloxacina

P / O

con ampine indicazioni

– più efficaci sui Gram-negativi, rispetto al

gruppo 1; talvolta attive anche su Pseudomonas

– efficacia limitata verso Pneumococchi,

Stafilococchi e agenti delle polmoniti
«atipiche» (Clamidia, Micoplasma, Legionella)

Gruppo 3

Levofloxacina

P / O – buona efficacia sui Gram-negativi e

Sparfloxacina

P

Gram-positivi, compresi Pneumococchi,
Stafilococchi e Streptococchi

– buona attività sugli agenti delle polmoniti

«atipiche» (Clamidia, Micoplasma, Legionella)

Gruppo 4

Clinafloxacina

P / O spettro antibatterico simile ai composti del

Gatifloxacina

P / O gruppo 3, con migliore attività sugli anaerobi

Moxifloxacina

P / O

MACROLIDI

Macrolidi classici

Eritromicina

O

– attiva sugli agenti delle polmoniti «atipiche»

(Clamidia, Micoplasma, Legionella)

– efficace verso gli Streptococchi, compresi gli

Pneumococchi

– scarsa attività su Haemophilus influenzae

Nuovi marcolidi

Azitromicina

O

spettro simile ai macrolidi classici, con migliore

Claritromicina

O

attività sull’Haemophilus

Roxitromicina

O

AMINOGLICOSIDI

Amikacina

P

– attive sugli Enterobatteri

Gentamicina

P

– attive su Pseudomonas (in particolare la

Tobramicina

P

tobramicina)

TETRACICLINE

Doxiciclina

P / O attiva sugli agenti delle polmoniti «atipiche»

(Clamidia, Micoplasma, Legionella); resistenze in
aumento da parte degli Pneumococchi

TRIMETHOPRIM

Trimethoprim con o

Cotrimossazolo

P / O – attivo su numerosi Gram-positivi e

senza sulfonamidico

(trimethoprim +

Gram-negativi

sulfometossazolo)

– efficace in caso di bronchite suppurativa,

(in questo caso effetti

infezioni delle vie urinarie, diarrea del

collaterali dei

viaggiatore, Pneumocystis carinii

sulfonamidici)

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