Il postmoderno nella
scrittura di Italo Calvino
Secondo lo studioso Remo
Ceserani Italo Calvino è uno dei tre
scrittori più significativi del
Postmoderno italiano, insieme a
Umberto Eco e ad Antonio Tabucchi.
Tuttavia rileva come nella sua opera
convivano aspetti moderni e
postmoderni, che rendono il suo
caso emblematico e anomalo al
tempo stesso.
„ Nei libri che l’industria della critica
letteraria americana ha dedicato alla
letteratura postmoderna, i nomi di
scrittori italiani che circolano più
facilmente sono, naturalmente, quelli
di Calvino, Eco e Tabucchi. [...]. Qualche
problema, tuttavia, resta aperto. Se si
utilizzano le descrizioni puramente
formali del postmoderno (il pastiche, la
mescolanza degli stili, il neobarocco) è
evidente che Calvino, scrittore dallo
stile limpido, trasparente, concreto,
sistematicamente alieno da slanci e
tormenti espressionistici, sembra molto
lontano da gran parte di quelle
esperienze.”
„Se ci si sposta sul terreno degli
interessi
ideologici,
si
può
facilmente constatare che le
posizioni di Calvino sono solo
parzialmente
riconducibili
a
quelle tipiche dei filosofi e teorici
postmoderni.”
„Pian
piano
però
alcuni
problemi
divennero centrali nelle sue riflessioni, e
non c’è da meravigliarsi se sono poi i
problemi
centrali
delle
migliori
meditazioni
sul
postmoderno:
la
complessità
del
mondo,
la
misura
planetaria
delle
trasformazioni,
la
instabilità delle strutture portanti delle
nostre società, la necessità di porsi a una
certa distanza per cercare di capire
fenomeni così complessi, l’importanza, se
si vuole tentare di tradurli in discorso
comprensibile, di fare ricorso a strumenti
narrativi (per raccontarli) e cartografici
(per tracciarne le mappe).”
„D’altra parte […] la posizione di Calvino
(resta), alla fine, peculiare e irriducibile a
tante delle teorie postmoderne correnti:
dietro all’idea della coerenza, della
fermezza, dell’armoniosa compatibilità
fra gli elementi logici e morali, si
intravede il fermo ancoraggio di Calvino
a
una
concezione
che
potremmo
chiamare variamente razionalistica,
illuministica, […] della vita umana e del
pensiero.”
da R. Ceserani, Il caso Calvino, in Raccontare il
postmoderno, Bollati Boringhieri,
Torino, 1997
Nella produzione letteraria di Calvino
possiamo individuare alcune tappe
significative:
1. il periodo neorealista (Il sentiero dei
nidi di ragno)
2. il periodo favolistico – allegorico (I
nostri antenati, Le cosmicomiche)
3. il periodo combinatorio (Il castello
dei destini incrociati, Le città
invisibili, Se una notte d’inverno un
viaggiatore…)
Calvino, che nel 1967 si era
trasferito a Parigi, aveva cominciato a
frequentare i principali intellettuali
francesi.
L’8 novembre 1972 Calvino partecipò
per la prima volta a una riunione del
gruppo
dell’OuLiPo
(Ouvroir
de
Littérature Potentielle, Officina di
Letteratura Potenziale). All’inizio in
qualità di “ospite d’onore”, nel febbraio
1973 ne fu ufficialmente eletto
“membro straniero” (con il titolo di
“Brigadiere”).
L’OuLiPo si proponeva di integrare
matematica
e
letteratura,
mostrando come la seconda fosse
soggetta a norme, vincoli e modelli di
composizione che potevano essere
ricostruiti attraverso i metodi della
prima.
All’epoca
del
proprio
ingresso
nell’OuLiPo,
Calvino
aveva
già
pubblicato Il castello dei destini
incrociati (Einaudi 1973) e Le città
invisibili (Einaudi 1972), considerati
dagli altri membri come vere e
proprie “opere oulipiennes”. Le
più importanti opere calviniane degli
anni Settanta sono, quindi, attribuibili
alla medesima ispirazione: logica
combinatoria
e
passione
fabulatoria.
Il castello dei destini incrociati (diviso
nelle due serie del Castello e della
Taverna dei destini incrociati) è una
sorta di cruciverba all’interno del
quale vengono collocate le carte
dei
tarocchi,
le
cui
differenti
combinazioni producono di volta in
volta una storia nuova.
La cornice, in cui a parlare è la voce
di un anonimo viaggiatore, è costituita
dal ritrovo, in un castello e in una
taverna, di alcuni ospiti che, non
potendo proferire parola, raccontano la
propria storia ricorrendo alle immagini
raffigurate sulle carte.
Nelle Città invisibili, invece, a fare
da cornice è il dialogo di Marco
Polo e Kublai Kan, con l’esploratore
incaricato di descrivere all’imperatore
una per una le città dell’impero, per
sottrarle attraverso il racconto
allo sfacelo prodotto dal tempo.
Queste città, però, Marco Polo non le
ha viste tutte, alcune non esistono
neanche e le inventa “rubando” dei
particolari da quella Venezia da cui era
partito alla volta dell’Oriente; altre
invece, raccontate al Kan in una lingua
fatta di gesti, potrebbero essere
diverse da come l’interlocutore le ha
comprese.
La
sperimentazione
condotta
attraverso Il castello dei destini
incrociati e Le città invisibili viene
portata a termine, nel 1979, con Se una
notte
d’inverno
un
viaggiatore
(Einaudi), iper-romanzo sull’arte di
scrivere romanzi, che segna il
definitivo trapasso di Calvino al campo
del postmoderno (e tradizionalmente
con questo libro coincide l’inizio della
letteratura postmoderna in Italia).
La
metaletterarietà
che
attraversava in maniera carsica le due
opere precedenti diventa qui tema e
cardine della struttura narrativa: al
centro
del
racconto,
infatti,
è
l’avventura di un Lettore. Il romanzo,
come noto, si compone di dieci incipit
romanzeschi,
che
potrebbero
sì
costituire dei racconti a sé stanti
(Calvino parlò di “testi che avrei anche
potuto pubblicare indipendentemente
come racconti”), ma figurano di fatto
come testi incompiuti.
Fonti:
Ganeri M, Postmodernismo. Editrice Bibliografica, Milano
1998.
www.oilproject.org/lezione/strutturalismo-postmoderno-calvi
no-romanzo-se-una-notte-inverno-oulipo-queneau-perec-8373.h
libreriaweb.edatlas.it/media/store/secure/21_Ceserani.pdf
C. Milanini, L’utopia discontinua: saggio su Italo Calvino,
Milano, Garzanti, 1990.
D. Scarpa, Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999.