LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
L'evoluzione del romanzo ha avuto tante tappe su cui esso ha seguito mutamenti e si è basato su diversi temi. Il nostro viaggio ha inizio nel mondo greco,quando questo tipo di genere narrativo, era chiamato dieghema, e ruotava principalmente sul tema dell'amore e dell'avventura. Nell'età latina, nascono i primi veri e propri romanzi: il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio. Nel medioevo troviamo i romanzi cortesi, chiamati con codesto nome poichè la lettura di essi, si svolgeva nei salotti e nelle corti dei re imperiali di quel tempo ed esprimevano i valori e gli ideali della società aristocratica. i romanzi moderni, coincidono con l'affermazione della nuova classe borghese. I temi principali, non trattano più solo del ricco e della nobildonna, ma hanno come protagonista il picaro, un vagabondo che è ostacolato da tante peripezie per arrivare a sopravvivere. Da qui il nome di romanzi picareschi. Oltre a questi, gli autori, rifacendosi alle malinconia dei romanzi cortesi, presentavano diverse opere che la richiamavano, come il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Dopo questi lunghi periodi di trasformazione del genere letterario in questione, esso,si è diviso in tanti rami, facendo nascere il romanzo realistico, storico, naturalista,psicologico e quelli epistolari. Nell'ottocento, il romanzo acquista il posto dominante tra tutti i generi letterari e nel novecento, ci sono i romanzi sperimentali, d'analisi e postmoderni.
Il romanzo in analisi, è epistolare, ed è scritto da Ugo Foscolo. Egli nacque nel 1778 a Zante, un'isoletta dello Jonio, che Lui chiamò affettuosamente Zacinto, all'epoca appartenente alla Grecia. Della sua vita dobbiamo ricordare i seguenti fatti: la nascita in un luogo greco gli fece amare il mondo classico; le sue partecipazioni alla vita militare ci fanno capire il suo attivismo. Quando muore il padre si trasferisce a Venezia con la madre. Ma quando con il Trattato di Campoformio Venezia venne ceduta all'Austria si allontana dalla città e a Firenze s'innamora di Isabella Roncioni, a Milano di Antonietta Fagnari Arese e in Francia, da una inglese, ha la figlia Floriana. Morì a Londra nel 1827, stanco, ammalato e povero. Ora le sue ceneri sono nella chiesa di Santa Croce a Firenze, che egli aveva cantato nei Sepolcri.
Quando scoppiò la Rivoluzione francese egli era pieno d'amore, di gloria e partecipò a quel sentimento di libertà con molto ardore. Quando ritornarono gli austriaci in Italia offrirono al Foscolo la direzione di un giornale letterario, La biblioteca italiana, ma Foscolo rifiutò e fuggì a Londra. Le opere maggiori del Foscolo sono: Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Le Odi, I Sonetti, I Sepolcri e Le Grazie. Nel Foscolo la vita, molto impegnata in quegl'ultimi anni della Rivoluzione francese e dalla fine di Napoleone, e l'arte sono molto legate: basti pensare alle "Ultime lettere di Jacopo Ortis" in cui si nota tutta la sua delusione politica. Come dice il "Sapegno", il Foscolo si può considerare un esempio di romantico, perchè la sua vita fu appassionata, inquieta, ricca di amori e malinconica. Il Foscolo si può considerare un neoclassico-romantico per il pensiero della morte, per il suo amore patriottico, e perchè ama un'arte libera. Nel Foscolo si hanno anche motivi del preromanticismo europeo come la poesia sepolcrale e l'amore del lugubre. Il pessimismo del Foscolo deriva dal fatto che egli vede nella vita annullati gli ideali di libertà e di giustizia, e secondo la concezione materialistica crede che tutto sia materia. Ma questo pessimismo viene superato dalle "illusioni", che sono gl'ideali, i sentimenti come l'amore, la bellezza, la Patria, la tomba e la poesia. Il Foscolo le chiama illusioni perchè non esistono realmente ma sono necessarie per continuare a vivere.
La vicenda si svolge intorno al 1797.
Il romanzo narra di un giovane ufficiale italiano dell'esercito napoleonico, Jacopo Ortis il quale assiste al tragico naufragio dei suoi ideali di patria, di libertà, di giustizia, dei suoi sogni d'amore. Dopo che Venezia è stata venduta da Napoleone gli austriaci, Jacopo Ortis costretto all'isolamento dà sfogo, nelle lettere all'amico Lorenzo, a tutto il suo dolore angoscioso e all'odio nei confronti dello straniero. Si rifugia in un paesello sui colli Euganei dove conosce Teresa e se ne innamora, ma il padre di lei l'ha già promessa sposa a Odoardo, ragazzo di famiglia ricca. Da prima Jacopo e Teresa si frequentano lo stesso ma successivamente Jacopo non sopportando più una situazione del genere va girando per le diverse città d'Italia. Si trasferisce prima a Firenze, dove visita i sepolcri dei grandi di Santa Croce, successivamente si incontra a Milano con Parini, con il quale avrà diverse discussioni in ambito politico. Dopo ciò si trasferisce per qualche tempo nella valle del Roja dove medita e fa riflessioni politiche sulla propria patria. Da qui si rimette in viaggio e si ferma a Ravenna dove visita la tomba di Dante. Esausto dei lunghi viaggi Jacopo decide di rientrare in Veneto dove rivede Teresa, la sua amata, ormai sposa. È qui che scaturisce nel giovane Jacopo la decisione, già più volte meditata, di suicidarsi
Corre allora a Venezia a salutare per l'ultima volta la madre e quindi decide di suicidarsi. La scena del suicidio è una delle scene più crude di tutto il racconto, Jacopo dopo essersi trafitto nella parte sinistra del petto con un pugnale, si lascerà morire in un dolore che durerà tutta la notte.
ANALISI TESTUALE
Per tutta la prima parte del romanzo l'amore è un motivo che si contrappone al tema negativo della morte, frenando l'impulso suicida che scaturisce dalla delusione storica. Solo dopo il matrimonio di Teresa con Odoardo, l'amore convergerà con il tema politico nel determinare la catastrofe. L'unico aspetto negativo dell'amore è, infatti, l'impossibilità di realizzarlo: ciò induce Jacopo a momenti di grande sconforto e disperazione. Tale atteggiamento è visibile particolarmente nella seconda parte del romanzo, come nella lettera da Ferrara del 20 luglio, tutta colma di amarezza e di rabbia per la sorte di Teresa, vittima sacrificata, che lui ha avuto cuore di abbandonare (Frattanto nella mia disperazione mortale chi sa in che pericoli tu sei! né io posso difenderti....) Dinanzi a questa impossibilità, sorge in Jacopo qualche cedimento della certezza che l'amore potesse in qualche modo salvarlo: ...tu donna angelica, potevi soltanto disacerbare il mio destino: ma placarlo, oh! no mai! (notte 20 marzo). Pur tuttavia, una volta presa la decisione del suicidio, Jacopo invoca Teresa dicendole: ...lo pretendo il tuo amore; lo chiedo in vigore delle mie sventure, e del tremendo mio sacrificio: come se la morte potesse condurre il loro impossibile amore in una dimensione incontaminata, dove né il sig. T*** né Odoardo l'avrebbero potuto contrastare [...]
L'affetto più profondo Jacopo lo nutre per la madre, personaggio fisicamente assente nel romanzo, ma continuamente invocato o richiamato alla memoria. É madre affettuosa e benefica il cui ricordo spesso impedisce a Jacopo il gesto estremo: ...spesse volte mi sembrò di vederla...e seguirmi...donde io stava per diruparmi...essa afferravami per la falda delle vesti e mi ritraeva... (4 dicembre). Ella piange per la sorte sventurata del figlio e questi è preoccupato per il dolore che continuamente le provoca: ...consola mia madre... (11 ottobre),...consola quanto tu puoi la povera madre mia... (6 febbraio), O madre mia! ma tu non avrai più il figlio, sul petto del quale speravi di riposare il tuo corpo canuto... (22 marzo). Sola, vecchia e addolorata, la madre di Jacopo è in grado di sostenere finanziariamente il figlio: ...quella madre benefattrice... trovai dell'altro denaro a Milano... pur troppo fu moglie mal avventurata! Le sue sostanze sostengono la mia casa che rovinava per la prodigalità di mio padre... (lettera da Ventimiglia). L'unico accenno al padre è questo: e,come si può notare, non denota un affetto profondo.
Le illusioni sono contrapposte alla filosofia che, con la sua critica rigorosa, dissolve ogni costruzione infondata della mente. L'atteggiamento razionalistico ha per Foscolo due conseguenze negative: dando una immagine esatta della realtà, ci fa percepire in tutta la sua crudezza il dolore che domina la vita; ma,soprattutto, spegnendo le illusioni genera un atteggiamento di rassegnazione, di noia, di inerzia di fronte alla realtà. Solo le illusioni possono strappare all'inerzia e spingere all'azione. In tal modo le illusioni diventano veri e propri valori (lettera del 15 maggio).
Compaiono nell'«Ortis» alcuni personaggi "storici" come Alfieri, Machiavelli, Galilei, ma il più importante, quello con cui Jacopo ha un colloquio nel boschetto dei tigli, è Giuseppe Parini. Questo poeta rappresenta, in contrasto con il tono concitato di Jacopo, la pacatezza,la riflessione lucida sulla realtà.Il colloquio tra i due è narrato nella lettera del 4 dicembre, ma non vi si trovano connotati storici riferibili a Foscolo o a Parini.Egli reso saggio dalla storia recente, smonta gli eroici furori del giovane che avrebbe ancora fiducia nel futuro: frutterà del nostro sangue il vendicatore.
Il rapporto che Jacopo istituisce con la natura non è sempre univoco e corrisponde alla conformazione dei vari momenti della sua vicenda esterna ed interiore. In genere, nella prima parte del romanzo il dramma del giovane è in qualche modo alleviato
ed attutito dalla bellezza della natura e dal soave paesaggio dei colli Euganei. Può essere citata, ad esempio, la lettera del 12 novembre, con la sua idillica descrizione della campagna gioiosa e serenatrice; ma i riferimenti alla natura amica e consolatoria sono continui e diffusi per tutto il libro: Io ho veduto la natura più bella che mai... Il sole squarcia finalmente le nubi, e consola la mesta natura... (20 novembre); La natura somma, immensa, inimitabile. (12 maggio); Intanto la natura diventa bella... (4 aprile). Spesso il rapporto con la natura è rappresentato con un parallelismo tra lo stato d'animo e l'ambiente circostante, spesso l'animo tormentato di Jacopo pretende la compartecipazione della natura stessa al suo dolore: ...e quando la Natura è più bella tanto più vorrei vederla vestita a lutto. (25 maggio). Talora la natura assume i connotati di una forza onnipotente e incomprensibile che ci ha dotati di questa passione (l'amore) indomabile in noi forse più dell'istinto fatale della vita (4 dicembre) e sulla cui funzione Jacopo nutre il dubbio: ...Natura, madre benefica e imparziale. La Natura? ma se ne ha fatti quali pur siamo, non è forse matrigna? (17 aprile). Quando l'animo di Jacopo si intristisce e si incupisce sempre più, la Natura perde quasi del tutto la sua funzione consolatoria e il giovane non può che constatarne l'indifferenza: La natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia dal suo regno tutti i viventi... O Natura! hai tu forse bisogno di noi sciagurati e ci consideri come i vermi e gli insetti che vediamo brulicare e moltiplicarsi senza sapere a che vivano? (lettera da Ventimiglia).
Cosa può Jacopo Ortis trasmettere e comunicare a noi giovani d'oggi? Probabilmente il tono enfatico con cui è scritto non fa sì che il giovane percepisca a fondo il significato del romanzo. Il suicidio di Jacopo Ortis in quanto vede svanire i suoi ideali di patria non possono essere compresi fino in fondo da una gioventù la quale vive in una società dove gli unici ideali sono il successo e il denaro.
11 Ottobre 1797
Foscolo, fa iniziare il proprio romanzo epistolare l'11 Ottobre 1797, una scelta emblematica perchè sei giorni dopo fu ratificato il trattato di Campoformio con la ceduta di Venezia all'Austria, da parte di Napoleone.il suo nome è presente sulle liste di proscrizione e da qui si nota la presenza del tono autobiografico, siccome anche Foscolo, fu scritto su quelle.il sentimento patriottico che Jacopo dimostra, è molto profondo ed è considerato una delle illusioni che lo trattengono ancora in vita.
26 ottobre 1797
Con tono e stile stilnovista, rifacendosi alla figura astratta e angelica della donna amata egli descrive Teresa con un aspetto ospitale e paradisiaco, parlando di lei, la definisce "divina fanciulla".. con ella d'improvviso conpare la sorellina Isabellina. forse, addice ai nomi dei suoi personaggi le donne che hanno fatto parte della sua vita, delle quali si innamorò, come Teresa Pilker Monti, Isabella Teodochi, e Isabella Roncioni. Anche nel penultimo rigo dell'epistola, si può concludere che l'amore suo per Teresa sia un'altra angelica illusione, che quando sarà distrutta e lacerata, non varrà più la pena vivere, e si suiciderà. La Lettera è divisa in due parti.Nella prima Jacopo descrive l'incontro con Teresa, e la prosa è dominata da una maggiore armonia. Nella seconda l'attenzione si concentra sull'interiorità del protagonista, che descrive il suo stato d'animo dopo l'incontro, e presenta il tormento che lacera la sua anima. In questa lettera, dunque, al tema politico si accosta il tema amoroso.L'aggettivo divina è usato spesso da Foscolo nelle lettere alle sue donne. In questa lettera il tema della bellezza si accosta a una riflessione sul triste destino degli uomini in generale e di Jacopo in particolare.
14 maggio 1797
lunga e piacevole descrizione del bacio con Teresa. nel cuore di Jacopo c'è quel sentimento di appagamento dopo l'arrivo della primavera, per lui rappresentata da un bacio dell'amata Teresa: i fiori e le piante profumavano di un odore soave, gli armoniosi venti risuonavano da lontano, le cose si abbellivano alla luce della Luna, gli elementi e gli esseri esultavano dalla gioia.
15 Maggio 1797
DOpo il bacio, La felicità di Jacopo si riflette sulla natura, che diventa idilliaca, ma non leziosa come ne "L'Arcadia".
Le ninfe immaginate sono la proiezione della propria serenità interiore, sono illusioni entro le quali si crogiola, che danno un senso alla vita e ne stimolano il proseguimento; il dolore è il mezzo attraverso il quale capire chi si ha davanti: se gli ideali dell'uomo sono alti, ecco che andranno a scontrarsi con la realtà generando dolore; infatti il romantico è perennemente concentrato in una titanica e vana lotta contro la realtà.
27 ottombre 1798
ecco qui descritto l'incontro con il Parini, a Milano. Si rivolge a Jacopo dicendo che, se ne avesse mai avuta la possibilità, avrebbe fatto qualcosa per migliorare la situazione. Jacopo vorrebbe combattere per il riscatto della patria ma Parini segue dicendogli che il suo destino sarebbe stato o la morte o la successione al tiranno. Jacopo riflette su quest'ultima possibilità, ma i suoi pensieri lo portano a credere di non poter governare, poichè i tiranni sono tutti odiati e poi dimenticati, soggetti alla massa, che cambia idea facilmente; giungendo così alla conclusione che l'unica via percorribile è il suicidio come ricerca di quella libertà tanto cercata e tanto sofferta. Dello stesso avviso non è Parini, a sostegno di un'esistenza cristiana volta a vivere anche la propria sofferenza.
25 marzo 1799
Il romanzo si conclude con il suicidio di Jacopo, con una pugnalata "sotto le mammelle". l'ultima frase di codesta lettera, tenta a tirar fuori, ormai l'angoscia e la voglia di morire del protagonista. la sua morte è cruenta. viene trovato da Michele e dal signor T*** su un sofà già morente " alzò gli occhi al cielo, e spirò".fu sotterrato sul colle de' pini, quello che fu citato anche nella lettera del 12 novembre 1797e del 7 settembre 1798. sepolto senza conforto di un sacerdote, segno di condanna della Chiesa nei confronti del suicidio.il corpo di Jacopo , viene sotterrato da tra lavoratori e da Lorenzo.