Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo
Prot. N. 21 /02
LODIGIANA
Nullitatis Matrimonii
(Melini - Mussi)
Sententia definitiva in primo iurisdictionis gradu
Nel nome del Signore. Amen
Nell'anno XXIV ° di Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, il giorno 14 dicembre 2002, sono legittimamente radunati nella sede del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, i Rev.mi Signori Giudici: Mons. Renato Bassiano, Vicario Giudiziale, Presidente del Collegio, Don Mario Puppo, Vicario Giudiziale agg., e Mons. Arturo Monti, Ponente;
dopo aver esaminato attentamente gli atti di causa relativi all'istanza di dichiarazione di nullità del matrimonio celebrato tra i Signori: Rodolfo Melini, parte attrice, nato a Lodi il 1° luglio 1974, operaio, residente in Piazza Cavour, n. 21 a Lodi, rappresentato e difeso in giudizio dall'Avvocato Antonio Banderas, e Mirella Mussi, parte convenuta, nata a Lodi il 6 gennaio 1976, casalinga, residente in Via Bocelli, n. 18 a Lodi;
esaurita la discussione giudiziale, cui hanno preso parte il Rev.do Luigi Gorgonzola, Difensore del vincolo di questo Tribunale e il Patrono di parte attrice; data alla parte convenuta ogni facoltà di legge, non esclusa quella di intervenire direttamente;
hanno emanato la seguente sentenza definitiva in primo grado di giudizio:
FATTISPECIE
Il signor Rodolfo Melini ha celebrato il matrimonio concordatario con la signora Mirella Mussi, il giorno 3 giugno 2001 nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo in Lodi.
Si sono conosciuti circa sette anni prima delle nozze. I due frequentavano la stessa compagnia di amici: presto giunsero a considerarsi una coppia, anche se - data la giovane età - non avevano ancora progetti matrimoniali; per il resto il legame si svolse senza grosse difficoltà e con l'approvazione delle rispettive famiglie. All'inizio dell'anno 2000 Mirella cominciò a parlare di matrimonio e Rodolfo - che avrebbe forse preferito attendere un poco ancora - non sollevò obiezioni; fu quindi stabilita la data del matrimonio. Mirella però, con l'approssimarsi delle nozze, incominciò ad avere qualche strano atteggiamento: qualche lamentela, qualche discussione e soprattutto un evidente calo di affettuosità nei confronti di Rodolfo, il quale non si preoccupa eccessivamente sia perché particolarmente impegnato con il lavoro, sia perché era logico attribuire tutto ciò al nervosismo del periodo prematrimoniale. Solo in epoca recente egli venne a conoscenza del fatto che Mirella aveva avuto, pochi mesi prima della celebrazione, un ripensamento di cui in seguito divenne evidente anche la causa.
Al momento delle nozze, Rodolfo era tranquillo e felice: molto meno lo erano i familiari, che avevano notato il cambiamento di Mirella. Per motivi di lavoro, il viaggio di nozze fu temporaneamente rinviato: i due sposi cominciarono quindi a vivere nella casa coniugale e il matrimonio fu consumato.
Un poco infastidito dalle insistenti telefonate che Mirella riceveva sul telefono cellulare, Rodolfo chiese - tre giorni dopo le celebrate nozze - qualche spiegazione alla moglie e non fu molto convinto quando quest'ultima affermò trattarsi solamente di un'amica. Interrogata con maggiore insistenza, Mirella infine rivelò di avere conosciuto nel mese di gennaio 2001 un giovane da cui aveva ricevuto tutte quelle attenzioni che il fidanzato le aveva fatto, a suo dire, mancare. A seguito della discussione che ebbe origine da questa rivelazione, Mirella ammise di avere sbagliato e promise di cessare questo particolare rapporto di amicizia.
La settimana seguente, Rodolfo non avrebbe voluto partire per la Francia per prendere parte al torneo di calcio amatoriale cui era stato invitato. Mirella tuttavia insistette mostrandosi quasi risentita per i sospetti del marito. Così Rodolfo partì e, in sua assenza, i testi hanno visto la macchina di questo giovane uomo fermata di fronte a casa dei sposi nelle prime ore del mattino.
Ad autunno il disagio della vita coniugale era ormai evidente: Mirella era assai fredda nei confronti del marito, appariva esaurita, essendo andate scemando anche le intimità coniugali ed anzi, a metà di dicembre 2001, ella aveva confessato di non essere più innamorata di Rodolfo, la cui unica consolazione era quella di sapere lontano il rivale, nel frattempo trasferito trasferitosi all'estero. Il ritorno di costui all'inizio dell'anno 2002 coincidevano con alcuni strani comportamenti di Mirella, tipo bugie o ingiustificate assenza da casa. In una di queste occasioni, l'8 gennaio 2002, ci fu una nuova discussione, nella quale Mirella negò ogni accusa; il giorno dopo, tuttavia, ella annunciò che avrebbe cenato fuori casa per salutare - assieme agli amici - la partenza di quel ragazzo che tornava in Arabia. La stessa cosa si ripeté la sera successiva, ma questa volta Mirella non rientrò a casa e solo inviò un messaggio SMS di scuse sul telefono cellulare di Rodolfo. Questi, uscito a cercarla nella notte, non ci mise molto a trovare l'automobile di lei parcheggiata davanti alla casa di quel ragazzo; quest'ultimo, chiamato al citofono, scese a dire che Mirella si era sentita male e si era fermata a dormire lì. La donna rientrò a casa il mattino successivo in condizioni assai "pietose": accusava nausea e altri disturbi sulla cui origine il marito non volle indagare. Egli si era infatti ormai convinto che la situazione fosse irrimediabile e - dopo aver riferito ogni cosa ai propri genitori - decise di lasciare Mirella, cosa che avvenne in concreto attorno alla metà di febbraio 2002. Dopo questi episodi Mirella non è più tornata ad incontrarsi con l'amante.
Il 7 maggio 2002 gli sposi sono comparsi presso il Tribunale civile di Lodi per la separazione legale, e il 2 giugno 2002 l'attore ha presentato il libello preso questo tribunale competente in ratione contractus e ratione domicilii partis conventae (can. 1673, § 3/4); il giorno 1° luglio 2002 viene emesso decreto di concordanza del dubbio che verte sull'esclusione del bonum fidei da parte della convenuta, Mirella Mussi e di inizio della istruttoria.
Mirella ha accettato di malavoglia la separazione legale, non accettava però la causa canonica. Non voleva presentarsi al Tribunale, né giustificare il perché. Legittimamente citata è stata dichiarata formalmente “assente in giudizio” con il decreto del 20 giugno 2002. Secondo l'uso del tribunale, è stata inviata alla convenuta una lettera con la quale la si invita a collaborare alla causa e a prendere contatti per una deposizione. Nulla è seguito.
IN DIRITTO
La problematica riguardante il bonum fidei nel diritto vigente è trattata nel can. 1101: "§ 1 Il consenso interno dell' animo si presume conforme alla parole o ai segni nel celebrare il matrimonio. §2 Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente".
Qui siamo davanti al difetto volontario, cioè nella scelta che dipende dal soggetto. Anche se nel §1 del can. 1101 il legislatore presume la conformità tra le parole e i segni nella celebrazione del matrimonio con il consenso interno dell'animo, si tratta della presunzione "semplice" che ammette la prova diretta del contrario. Pertanto questo capo di nullità si riferisce all'oggettiva differenza tra ciò che si vuole e ciò che si dichiara. In altre parole, si tratta della simulazione, anche se il codice usa la nozione dell'esclusione.
Ma di che tipo di esclusione parliamo nel bonum fidei? Nella giurisprudenza rotale è una lunga e costante tradizione che intende il bonum fidei come l'unità , cioè l'esclusione riguarderebbe il carattere monogamico dell'unione coniugale. Concretamente il nubente, in questo capo di nullità , non accetta l'unione coniugale, ma ha intenzione di porre in essere un matrimonio che permette una pluralità di mogli o di mariti. Come si comprende, la situazione di quel genere accade molto raramente nella realtà .
Per questa ragione la giurisprudenza e la dottrina sono arrivate all'approfondimento di questa opinione come dice C. Burke: "[ ...] questa posizione è stata criticata perché limitava l'interpretazione del bonum fidei, in quanto la sua esclusione si sarebbe ristretta solo ai casi in cui l'intenzione del simulante fosse poligamica. Negli ultimi decenni è emersa - ed è stata recepita da parecchi autori - una posizione dottrinale diversa, secondo cui il bonum fidei non è solo un dovere morale ma anche giuridico. Nella dottrina fino ad oggi esiste una famosa distinzione tra il diritto e il suo esercizio che è talvolta riportata e utilizzata. Nel nostro caso ciò potrebbe essere un po' pericoloso e troppo artificioso se fosse applicata con un automatismo in fieri del matrimonio, offuscando il dovere giuridico della fedeltà . Non si capisce come una persona possa volere nello stesso tempo assumere il dovere della fedeltà e rifiutare con una volontà determinata il suo adempimento. Questa distinzione potrebbe essere utile solo nel senso che non ogni inadempimento della fedeltà implicherebbe la sua esclusione nel momento delle nozze.
«Nell'esclusione del bonum fidei si estromette qualcosa dell'oggetto sostanziale del consenso, non perché si riserva ad altri il diritto o la facoltà che unicamente compete al coniuge, ma perché non si dà al coniuge medesimo il diritto esclusivo con un atto positivo di volontà , e in una sentenza viene: "Esclude appunto la fedeltà colui il quale, dopo aver concesso alla comparte il diritto sul corpo relativo agli atti in sé idonei alla procreazione, si riserva la libertà di unirsi ad altri, quando ciò gli piace farlo"».
«Oggi è chiara la distinzione tra l'esclusione del bonum fidei e l'esclusione dell'unità . La prima implica la negazione assoluta del diritto esclusivo agli atti coniugali relativamente alla comparte; l'altra intende consegnarlo a più persone.
Poiché in verità nella nostra cultura la monogamia è un valore completamente radicato nell'animo e nel costume degli uomini, quasi mai si potrà trovare chi vuole unirsi in matrimonio con più persone. L'equivoco sta tra l'esclusione del bonum fidei e l'esclusione dell' unità , cioè della monogamia, e ciò ha fatto sì che molto raramente questo argomento fosse trattato nella giurisprudenza rotale antica. In realtà nel nostro tempo e nella civiltà occidentale, la quale, qualunque cosa si dica della cosiddetta secolarizzazione, è perfusa di cristianesimo, può capitare piuttosto il caso contrario, che cioè qualcuno neghi alla comparte matrimoniale il diritto esclusivo agli atti coniugali riservando solo per sé l'adulterio con un atto positivo della volontà ».
Si potrebbe dire che la fedeltà è il dovere di astenersi dall'uso della sessualità genitale con altre persone dal proprio coniuge. In altre parole: chi vuole fare questi atti in maniera esclusiva e perpetua con una terza persona e chi non osserva il dovere che deriva dall'esclusività di tale diritto, esclude la fedeltà coniugale.
Tra i principi di diritto sostantivo dobbiamo fare riferimento all'atto positivo della volontà contraria all'unità o alla fedeltà . Occorre accertare, come avverte la giurisprudenza, se nel contraente vi sia effettivamente il proposito di dar vita ad un'unione coniugale extra et contra doctrinam Christi et Ecclesiae, perché in tale sviamento dai retti principi sta la radice della nullità del consenso, il cui oggetto viene così sostanzialmente a differire dal modello di valido matrimonio.
Si richiede, insomma, che il soggetto voglia fare un matrimonio riducendolo - come scriveva uno dei più profondi studiosi del consenso matrimoniale, Orio Giacchi - "ad uno schema diverso da quello proposto dalla Chiesa" e che alla "perenne e luminosa concezione della Chiesa" se ne sia sostituita un'altra "spesso attinta ai bassi istinti e alle volgari consuetudini dell'uomo e dell'ambiente".
L'atto della volontà deve essere voluto attivamente, non passivamente. Va ricordato che posiamo distinguere in quest'ambiente l'atto di volontà positiva: esplicito, cioè quello che rifiuta immediatamente i principi dell'unità o della fedeltà nella vita matrimoniale oppure quello implicito, ossia quello che si rivolge a un oggetto che di conseguenza comporta il dono esclusivo della sua coniugalità alla proprio contraente (per es. l'espressione a guisa di questa: "sposo Marco, ma vorrei continuare il mio rapporto con Roberto anche dopo le nozze"). Alla luce della sentenza di c. Civili, Sancti Sebastianis Fluminis Ianuari, 20 novembre 1996 H. Francescchi afferma che ci sarebbe l'atto positivo di volontà implicito se il contraente, prima del matrimonio, vuole continuare anche dopo le nozze le relazioni intime che manteneva già prima con qualcun altro, rifiutando il dovere di fedeltà verso il suo coniuge. Pertanto chi nel momento di esprimere il consenso, con la volontà attuale o virtuale, ha intenzione di continuare le relazioni sessuali con terze persone, non assume l'obbligo ed esclude la fedeltà , perciò contrae il matrimonio invalidamente.
Per quanto riguarda la prova dell'esclusione del bonum fidei, per poter ricostruire l'oggetto principale della prova (l'atto di volontà contrario all'obbligo coniugale) bisogna distinguere tra:
la prova diretta:
le parole delle parti dette nel giudizio, ossia le manifestazioni verbali - can. 1536
le confessioni extragiudiziali, ossia manifestazioni riportate dai testi che sono state dette precedentemente e in tempo il più vicino possibile alla celebrazione del matrimonio. E
la prova indiretta (presuntiva), ossia mediante gli indizi.
In primo luogo si tratta dei comportamenti della persona, ossia tutte quelle circostanze antecedenti, concomitanti e successive alla celebrazione del matrimonio. In altre parole: si tratta di vedere come la persona ha agito nei confronti del matrimonio. In secondo luogo invece, si tratta della causa contrahendi (cioè l'identificazione della causa che ha portato la persona alla celebrazione del matrimonio) e la causa simulandi (cioè la causa per la quale una persona, malgrado abbia celebrato il matrimonio, lo abbia fatto con una volontà che escludeva il matrimonio stesso o un suo aspetto essenziale).
Il codice afferma inoltre, per quanto concerne le prove presuntive che, devono derivare da fatti certi, determinati e coerenti, cioè aventi connessioni con il merito della causa (c. 1586).
Vanno delineati pure i due tipi d'infedeltà della quale la comprensione dal punto di vista probatorio non è univoca ma molto dibattuto: le infedeltà molteplici e occasionali e il rapporto stabile con terza persona. Quanto all'infedeltà occasionale, la giurisprudenza è orientata a trattarla non come l'esclusione dell'unità e della fedeltà nel matrimonio, ma solo come un abuso del diritto concesso al coniuge. Il ragionamento sarebbe: chi occasionalmente non è fedele, normalmente riconosce l'unità del suo matrimonio come pure il dovere della fedeltà (non dimenticando però che siamo di fronte alla presunzione "semplice" che ammette la prova diretta del contrario). Non si può invece mantenere la posizione che, chiunque abbia un rapporto con l'amante all'epoca del matrimonio e desideri conservarla, simuli contro il bonum fidei. Questo solitamente ha bisogna di altri elementi per essere provato. Dovrebbero sussistere fatti più evidenti a chi si dicesse aver escluso la fedeltà , per es. una relazione ininterrotta prima e dopo la celebrazione del matrimonio. Per questo vale la pena riportare il seguente frammento di H. Francescchi: "L'esclusione quindi implicherebbe il rifiuto della genuina e integra donazione di se stesso, o la riserva stabilita mediante atto positivo di volontà , di mantenere rapporti con una terza persona, o il proposito fermo di continuare una relazione amorosa con una persona con la quale si avevano già relazione durante il tempo del fidanzamento. Da qui l'importanza di conoscere la volontà - e la condotta concreta - del presunto simulante nel periodo prenuziale".
Bisogna quindi essere molto cauti nel ricavare una nullità del matrimonio da frequenti o sistematici tradimenti di un coniuge durante la vita matrimoniale. Anche il fatto, di per sé assai significativo sul piano probatorio, che il coniuge abbia ripreso dopo le nozze una relazione che già intratteneva precedentemente, non può essere risolutivo se non si dimostra che nell'accostarsi alle nozze egli intendeva riservarsi il diritto di continuare o riprendere tale relazione, contraddicendo così a quell'impegno alla fedeltà coniugale che costituisce una caratteristica essenziale del rapporto coniugale.
In effetti può non di rado accadere che uno decida di sposare la fidanzata ufficiale proprio per porre fine ad una relazione che egli intrattiene con un'altra donna, con la convinzione che, una volta instradato in una solida vita coniugale, cesserà in lui l'attrattiva per quest'altra persona. Ma egli non aveva ben valutato la forza della passione amorosa e, dopo pochi mesi di convivenza, sente che è l'altra la donna della sua vita, lascia la moglie e si mette a vivere con lei. Con delusione e con la sensazione di subire un'ingiustizia, la moglie si vedrà respingere dal tribunale ecclesiastico la richiesta di nullità per esclusione del bonum fidei da parte del marito.
IN FATTO
Dagli atti della causa è difficile provare l'atto positivo della volontà contraria al bonum fidei da parte della convenuta, Mirella Mussi, nel momento di contrarre il matrimonio con Rodolfo Melini. Mancano le confessioni giudiziali o extragiudiziali del eventuale simulante. Soltanto la signora Paoletta Carlini ha testimoniato che prima delle nozze Mirella diceva a lei “di avere dei dubbi, di non essere sicura di ciò che stava facendo”. Poi, avvicinandosi le nozze, Mirella affermava a lei che: “se quel ragazzo (Giampaolo De Novellis) fosse giunto nella sua vita sei mesi prima, probabilmente avrebbe avuto il coraggio di non realizzare o contrarre il matrimonio. Mirella non mi precisò se questa relazione ci fosse ancora al momento delle nozze e che intenzioni avesse in merito. Dal contesto del suo discorso, io intuii che intendesse o almeno sperasse di finirla con il matrimonio”. Le incertezze, i dubbi, le probabilità , non evidenziano la volontà simulatoria. E' una cosa normale di pensare diverse possibilità prima di decidere qualcosa e specialmente prima di contrarre il matrimonio. Sempre ci sono i dubbi e insicurezze che poi si risolvono in seguito. Le parole che: “probabilmente avrebbe avuto il coraggio di non effettuare il matrimonio” non significano che nel contraente vi sia effettivamente il proposito di dar vita ad un'unione coniugale extra et contra doctrinam Christi et Ecclesiae.
Non troviamo nel probatorio qualcosa per accennare l'atto di volontà positiva esplicito, ossia quello che rifiuta immediatamente i principi dell'unità o della fedeltà nella vita matrimoniale oppure quello implicito che si rivolge a un oggetto che di conseguenza comporta il dono esclusivo della sua coniugalità al proprio contraente.
Nessuno dei testimoni affermava che per es. Mirella diceva prima delle nozze: "sposo Rodolfo, ma vorrei continuare il mio rapporto con Giampaolo anche dopo le nozze". Al contrario, ci sono parecchie testimonianze dalle quali possiamo dedurre che se Mirella avrebbe voluto continuare il rapporto con Giampaolo non avrebbe contratto sicuramente il matrimonio con Rodolfo. La famiglia e i testimoni erano preoccupati e avevano paura che al momento del consenso matrimoniale Mirella avrebbe detto di no sull'altare.
Inoltre non sappiamo con sicurezza se la convenuta aveva relazioni sessuali con Giampaolo - prima o dopo le nozze. Nessuno dei testimoni ha sostenuto questo, ci sono soltanto supposizioni, imputazioni, ma non le prove. Di solito i testimoni dicono qualcosa di questo tipo: “Io non so esattamente fino a che punto si fosse spinta la relazione fra i due. So solo che erano usciti insieme”.
Anche Rodolfo non è certo delle relazioni sessuali di Mirella con Giampaolo. “Quanto alla natura del loro rapporto prima delle nozze non so rispondere con precisione. Infatti, una volta che venni a conoscenza dell'esistenza di questo Giampaolo, io volli approfondire la cosa parlandone con entrambi. Giampaolo mi disse che aveva avuto, già prima delle nozze, anche dei rapporti intimi con la mia fidanzata. Mirella invece mi giurava di no. Mirella qualificava il suo rapporto con Giampaolo come una sbandata, una persona che le era entrata nella testa cioè della quale si era invaghita, si sentiva attratta”.
Assumendo ciò, manca la prova diretta per provare l'atto positivo esplicito o implicito di volontà , cioè che Mirella nel momento di esprimere il consenso, con la volontà attuale o virtuale, aveva intenzione di continuare le relazioni sessuali con terze persone, non assumendo l'obbligo ed escludendo la fedeltà . Non si può mantenere la posizione che, Mirella, avendo probabili rapporti con l'amante desiderava conservarla, simulando contro il bonum fidei. Dovrebbero esserci i fatti più evidenti.
In quanto la prova indiretta (presuntiva), ossia mediante gli indizi, dobbiamo in primo luogo considerare i comportamenti di Mirella, cioè tutte le circostanze antecedenti, concomitanti e successive alla celebrazione del matrimonio. In altre parole: come la persona ha agito nei confronti del matrimonio.
Dal materiale probatorio sappiamo che Mirella era una persona giovane e si comportava spesso in modo immaturo, mostrando spesso cambiamenti degli umori. Alcune volte il marito l'ha sorpresa a mentire. Non aveva cura per l'opinione d'altri sul tema di suo agire. Il testimone Paolo Ottoni ha deposto: “… potei osservarla personalmente … degli atteggiamenti che mi apparvero strani per una ragazza alla vigilia delle nozze: ad esempio il fatto che si trattenesse nel locale anche dopo l'ora di chiusura con il solo Giampaolo”.
Anche se, Mirella era una persona religiosa e praticante, tuttavia gli immaturi comportamenti danno poca fiducia nella sua credibilità . Tanto meno non si può presumere se lei aveva mentito anche durante la celebrazione del matrimonio.
Lei stessa ha proposto il matrimonio a Rodolfo e mirava a questo nonostante i dubbi. L'opinione dell'amica che Mirella abbia utilizzato il matrimonio con Rodolfo per andarsene di casa, non sembra avere grande importanza, perché convinta di liberarsi dal potere dei genitori poteva comunque agire in altri modi, a maggior ragione unirsi a Giampaolo.
E' degno rilevare che la convenuta cercava di salvare il suo matrimonio, di ricuperare il rapporto con marito, mostrandosi affettuosa e facendo buoni propositi scusandosi con il marito, cercava di rompere il contatto con Giampaolo, cambiò anche il numero del telefono cellulare. Mirella aveva accettato di consumare il matrimonio e di essere disponibile agli incontri intimi con marito. La convenuta curava la casa e il marito. Finalmente “dopo gli episodi dei giorni 7-10 gennaio 2002, Mirella non è più tornata ad incontrarsi con Giampaolo. … anzi che questi, tornato dall'Arabia, si è "fatto avanti" con lei, ma che l'ha rifiutato”. Mirella non voleva accettare la separazione legale né la causa canonica per accertare la nullità del matrimonio.
Dal punto di vista probatorio non sono univoche la conoscenza della volontà e la condotta della presunta simulatrice. Non si può arrivare alla certezza morale che la signora Mirella Mussi aveva rifiutato la genuina e integra donazione di se stessa, o che aveva fatto atto di riserva stabilita mediante atto positivo di volontà , di mantenere rapporti con una terza persona, o di continuare una relazione amorosa con una persona con la quale aveva già relazioni durante il tempo del fidanzamento.
Pertanto, considerato attentamente quanto è stato esposto sia in diritto che in fatto, Noi, sottoscritti Giudici del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, radunati legittimamente nella sede del Tribunale, dopo aver invocato il nome del Signore, dichiariamo e definitivamente sentenziamo che al proposto dubbio deve rispondersi, come in effetti rispondiamo:
“N O N C O N S T A la nullità del matrimonio in oggetto per esclusione del bonum fidei da parte della convenuta (can. can. 1101 § 2)”.
Le spese sono a carico della parte attrice.
Ordiniamo al personale del Tribunale, cui compete, di pubblicare ed eseguire, o far eseguire, ai sensi di legge, questa Nostra sentenza definitiva, salvi i diritti e gli interessi previsti dalla legge.
Milano, dalla sede del Tribunale, il 14 dicembre 2002.
Mons. Renato BASSIANO, Vicario Giudiziale e Presidente del Collegio,
Don Mario PUPPO, Vicario Giudiziale aggiunto
Mons. Arturo MONTI, Ponente
Ita est. Dr. Sergio ROSSI, Vice Cancelliere
Cf. P. MONETA, Il matrimonio, in Il diritto nel mistero della Chiesa, a cura di Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico, Roma 2004, vol. III, p. 257.
Cf. C. BURKE, Il contenuto del bonum fidei, in Apolinaris 64 (1991), p. 651.
Questo problema è presentato nella causa di c. Pompeda, Bonaeren., 15 novembre 1996 o la causa di c. Giannecchini, Placentina-Bobien., 28 marzo 1995.
Cf. Coram Pinto del 15 luglio 1971.
Cf. Coram E. Fiore, decisio diei 16 aprilis 1988, in R. R. Dec., vol. LXXX, p.245.
Cf. Coram A. Colagiovanni, decisio diei 2 februarii 1988, in R. R .Dec., vol. LXXX,p. 61, n. 6.
Cf. Coram Ewers dell'11 ottobre 1969.
Cf. O. GIACCHI, Il consenso nel matrimonio canonico, Milano 1973, p. 97 ss.
Cf. H. FRANCESCHI, L'oggetto dell'esclusione del bonum fidei nella giurisprudenza della Rota Romana, in Ius Ecclesiae 12 (2000), p. 778-779.
Cf. P.BIANCHI, Quando il matrimonio è nullo, Milano 1998, p. 125-127.
Cf. H. FRANCESCHl, L'oggetto dell'esclusione del bonum fidei nella giurisprudenza della Rota Romana, in Ius Ecclesiae 12 (2000), p. 774.
Cf. P. MONETA, Il matrimonio nullo. Diritto civile, canonico e concordatario, Piacenza 2005, p. 171.
Sessione II, 2.
Cf. sessione VIII.
Sessione II, 3.
Ibid.
Cf. sessione V, 4, ex officio - la risposta.
Sessione V, 2.
Sessione I, 6.
Cf. Sessione VI, 3.
Cf. Sessione II, 7.
Cf. Sessione I, 11.
Ibid. 7.
Ibid. 8 e 10.
Ibid. 12.
Ibid. 13.
Mariusz Czajkowski CM, Causa n.m. ob exclusum bonum fidei
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