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e praticamente di imboccarla. Noi abbiamo il diritto di dire al Consiglio dei Ministri, ai go-verni dei sei paesi, e ai nostri parlamenti nazionali, che 1’Assemblea ha fatto il suo dovere. L’Assemblea aveva il compito di proporre una Corwenzione per le elezioni a suffragio diretto, 1’Assemblea ha assolto a ąuesta sua obbligazione. Ma noi dobbiamo domandare che le elezioni a suffragio diretto siano il primo passo di un piano di sviluppo, che siano il primo passo di un pro-gramma predeterminato e prestabilito di accele-razione del processo di integrazione economica e politica dell’Europa.

Questa non deve essere una misura a se stante. Sarebbe, secondo me, un errore da parte di tutti i responsabili dell’avvenire del’Europa il dire: per ora facciamo questo e poi si vedra, da questo nascera quel che deve nascere! Da questo non nasce niente, se, insieme eon questo, non si ha un preciso e chiaro programma dei passi in avanti che bisogna necessariamente compiere, passi in avanti che, salvo una certa pressione politica, non dipenderanno dalia futura Assemblea Parla-mentare Europea oletta a suffragio diretto, ma dalia volonta politica dei parlamenti nazionali e quindi dei Governi che ne sono espressione.

Noi dobbiamo chiedere che i Consigli dei Ministri si facciano subito carico di alcuni probierni essenziali, il primo essi hanno il dovere di risol-vcre in base agli stessi trattati, ed e quello della sede. Si, facciano le elezioni a suffragio diretto, ma sappiano i popoli dove questa Europa sidera nei suoi organi esecutivi e nella sua rappresen-tanza parlamentare! Sarebbe veramente man-care ai nostri doveri nei confronti dei popoli, che convocheremo nei comizi elettorali, presentarci r.ncora eon questa carenza e eon questa lacuna che non possono non essere espressione di debo-lezza dello spirito comunitario.

Insieme col problema della sede, che puó essere risolto gia neH’ambito del regime dei nostri trattati, si ponga allo studio e si awii a soluzione il problema del trasferimento di una parte dei poteri deliberanti daH’unico organo deliberante (salvo per quanto nguarda TAlta Autorita della C.E.C.A., ma quanto dico e certamente vero per la Comunita Economica Europea e per l’Eura-tom) che e il Consiglio dei Ministri, alle Com-missioni esecutive ed anche alPAssemblea.

Inoltre, non ci puó essere una Comunita, non ció puó essere effettiva integrazione economica e politica fino a che, al vertice di questa organiz-zazione, sieda una conferenza di ministri nazionali cosi come e oggi nella sostanza il nostro Consiglio dei Ministri. Occorre che ci sia un or-

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gano, che abbia una sua stabilita, una sua com-posizione a carattere relativamente permanente, che abbia le stesse persone fisiche, fino a che non cambino, e che non veda alternarsi ora il Mini-stro degli esteri, ora il Ministro delle finanze, ora il Ministro della industria!

Per dare un minimo di parvenza, anche solo esterna a questa Europa che dovra fondarsi sul dare un minimo di concretezza ai suoi organi suffragio diretto dei popoli, cominciamo eon il rappresentativi.

Dopo queste considerazioni generali, vorrei farę soltanto qualche rilievo su alcune delle que-stioni fondamentali poste dal progretto di Con-venzione.

Innanzitutto, mi dichiaro contrario a qualsiasi incompatibilita. Mi dispiace di essere di opposta opinione a quella che e stata espressa, qui tra 1’altro, dal mio caro collega, che tanto stimo come uno dei pionieri deH’Assemblea europea in Italia, 1’amico senatore Santero.

Noi dobbiamo partire dal punto di vista che, in tanto si potrą affrontare il suffragio diretto, in tanto si potrą sperare che vi sia un largo concor-so di elettori a questa prova, in quanto scen-diamo in campo tutti: i massimi esponenti della nostra vita nazionale, le personalita che gia sie-dono in questa Assemblea, i maggiori esponenti dei nostri partiti politici. I rappresentanti al-1’Assemblea avranno tanto maggior peso qui e potranno essere utili al servizio delFEuropa, quando conservino legami molto stretti eon la politica nazionale dei singoli Paesi, quando non siano persone estraniate dalia politica nazionale, ma abbiano una voce, un’influenza, una possibi-lita di far valere il proprio prestigio nelle As-semblee parlamentari dei nostri Paesi, in cui si puó veramente operare per 1’ulteriore sviluppo dell’unita europea.

Ne si dica che si puó partecipare al cimento elettorale ed in un secondo momento optare tra l’Assemblea Parlamentare Europea ed i rispettivi Parlamenti nazionali. Questo non e possibile perche, innanzitutto, ci porterebbe a privarci di quei legami che e necessario mantenere. Inoltre, e certo che il corpo elettorale non lo ammette-rebbe. Desidero citare una mia personale espe-rienza. Sono stato candidato nelle elezioni del 1953, sia alla Camera che al Senato del mio Paese; gli elettori hanno avuto la bonta di eleg-germi per l’una e per 1’altra Assemblea; io, poi, ho optato per la Camera dei deputati. Quando mi sono presentato candidato alle elezioni del 1958 da parte dei miei elettori mi e stato detto chiara-

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