Le funzionil diacono Word 2003


Pontificia Università

Della Santa Croce

Le funzioni

del diacono permanente

Elaborato per la licenza in Diritto Canonico

Autore: Mariusz Czajkowski CM

Moderatore: Prof. Antonio S. Sánchez-Gil

ROMA 2008

Sommario


Bibliografia

Documenti del concilio Vaticano II

  1. Ad gentes, Decreto sull'attività missionaria della Chiesa, 7 dicembre 1965

  2. Christus Dominus, Decreto sull'ufficio pastorale dei Vescovi, 28 ottobre 1965

  3. Dei Verbum, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, 18 novembre 1965

  4. Gaudium et spes, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 7 dicembre 1965

  5. Inter mirifica, Decreto sui mezzi di Comunicazione sociale, 4 dicembre 1963

  6. Lumen gentium, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, 21 novembre 1964

  7. Presbyterorum Ordinis, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, 7 dicembre 1965

  8. Sacrosanctum Consilium, Costituzione conciliare sulla sacra Liturgia, 4 dicembre 1963

  9. Unitatis redintegratio, Decreto sull'ecumenismo, 21 novembre 1964

Documenti Pontifici

  1. Codice di Diritto Canonico, promulgato con la Cost. Apost. Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983

  2. Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato con la Cost. Apost. Fidei depositum, 11 ottobre 1992 e successivi Corrigenda di contenuti

Paolo VI

  1. Ad Pascendum, Motu proprio, 15 agosto 1972

  2. Ecclesiam suam, Lett. Enc., 6 agosto 1964

  3. Evangelii nuntiandi, Esort. Apost., 8 dicembre 1975

  4. Laudis canticum, Cost. Apost. 1 novembre 1970

  5. Sacrum diaconatus ordinem, Lett. Apost. 18 giugno 1967

Giovanni Paolo II

  1. Allocuzione ai diaconi permanenti degli USA, Detroit, 19 settembre 1987

  2. Catechesi nell'udienza generale, 13 ottobre 1993

  3. Catechesi tradendae, Esort. Apost. post-sinodale, 16 ottobre 1979

  4. Familiaris consortio, Esort. Apost. post-sinodale, 22 novembre 1981

  5. Dies Domini, Lett. Apost., 31 maggio 1998

  6. Discorso nell'udienza ai Membri dell'Assemblea Plenaria della Congregazione per il Clero su: "Il ministero e la vita dei diaconi permanenti", 30 novembre 1995

  7. Novo millennio ineunte, Lett. Apost., 6 gennaio 2001

  8. Redemptor hominis, Lett. Enc., 4 marzo 1979

Benedetto XVI

  1. Deus caritas est, Lett. Enc. 25 dicembre 2005

  2. Discorso nell'udienza ai diaconi permanenti della Diocesi di Roma, 18 febbraio 2006

Documenti dei Dicasteri della Santa Sede

  1. Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio, 15 agosto 1997

  2. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, 22 febbraio 1998

  3. Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, Direttorio per le celebrazioni in assenza del presbitero Christi Ecclesia, 10 giugno 1988

  4. Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia, 25 marzo 2004

  5. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota circa il Ministro del Sacramento dell'Unzione degli Infermi, 11 febbraio 2005

  6. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet, 22 febbraio 2002

Autori

  1. AA. VV., Presenza ed azione dello Spirito Santo nella liturgia, Teresianum, Roma 1981

  2. BRANDOLINI L., Il Ministero del Diacono Permanente nella pastorale delle chiese italiane: orientamenti, problemi, attese, linee d'azione, in Liturgia 160 (2000) pp. 383-396

  3. BROX N., Far si che la terra diventi cielo. La diaconia nella Chiesa delle origini, in: Concilium 4 (1988) pp. 59-68

  4. BRUGNOTTO G., Il diacono sposato. Questioni disciplinari, in Quaderni di diritto ecclesiale 10 (1997) pp. 160-171

  5. CALVI M., Il diaconato permanente nel diritto particolare della Chiesa italiana, in Quaderni di diritto ecclesiale 2 (1989) pp. 223-227

  6. CALVI M., Il diaconato permanente in Italia, in Quaderni di diritto ecclesiale 7 (1994) pp. 201-211

  7. CORIDEN J. A., in AA. VV., New Commentary on the Code of Canon Law, commissioned by The Canon Law Society of America, New York, N. Y. - Mahwa, N. J. 2000

  8. CUVA A., Preghiera del giorno, in Enciclopedia di Pastorale. 3. Liturgia, Piemme 1988

  9. FALANGA G., La malatia e l'unzione degli infermi, in Liturgia 171 (2002) pp. 264-275

  10. LIPTAK D. Q., The new code and the sacraments, Brookfield (WI): Liturgical Publications, 1988

  11. MARSILI S., Liturgia e non-liturgia, in AA. VV., Anamnesis. La liturgia momento nella storia della salvezza, Marietti, Torino 1974

  12. MARTIN J. G, Nuovo ordinamento giuridico delle missioni, in AA. VV., Missiologia oggi, P.U. Urbaniana 1985

  13. PARATI A., La Liturgia delle Ore, in Liturgia 167 (2001) p. 509-515

  14. PAVANELLO P., La determinazione canonica del matrimonio del diacono permanente, in Quaderni di diritto ecclesiale 10 (1997) pp. 143-159

  15. PETROLINO E., Diaconato servizio - missione, dal Concilio Vaticano II a Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana 2006

  16. PETROLINO E., Diaconi permanenti nella Chiesa del Terzo Millenio, in Liturgia 162 (2000) pp. 722-741

  17. PIGHIN B. F., Diritto sacramentale, Marcianum Press, Venezia 2006

  18. SARZI SARTORI G., Commento a un canone: Celebrare la Liturgia delle Ore (can. 1174), in Quaderni di diritto ecclesiale 6 (1993) pp. 422-440

  19. SCHWEDENWEIN H., Der ständige Diakon, in Handbuch des Katholischen Kirchenrechts, Regensburg 1983

  20. TEJERO E., Il commento al can. 764, in Codice di Diritto Canonico e leggi complementari commentato, Edizione italiana diretta da J. I. Arrieta, Coletti a San Pietro Editore 2004

  21. URRU A. G., Il nuovo Codice di diritto canonico, in Sacra dottrina 28 (1983) pp. 194-212

  22. URRU A. G., La funzione di insegnare della Chiesa nella legislazione attuale, Roma 2001

  23. WEISS A., Der Ständige Diakon : theologisch-kanonistische und soziologische Reflexionen anhand einer Umfrage, Würzburg : Echter, 1991


Introduzione

La restaurazione del diaconato permanente, promossa dal concilio Vaticano II, ha comportato la ricerca di uno spazio ministeriale nuovo per i diaconi. Il ministero del diacono, da un lato non deve ridursi a una semplice supplenza del presbitero, dall'altro non deve neppure soffocare la ministerialità dei laici. La sua specificità va vista proprio nel suo collocarsi tra il sacerdozio ministeriale del vescovo e dei presbiteri e il sacerdozio comune dei fedeli laici, facendosi promotore della partecipazione di questi ultimi alla comunione ecclesiale, che si realizza pienamente nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo o dal presbitero.

Il documento della Congregazione per il Clero Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti dell'22 febbraio 1998 riassume così la specificità del ministero diaconale: “Il ministero del diacono è sintetizzato dal Concilio Vaticano II con la triade «diaconía della liturgia, della parola e della carità». In questo modo si esprime la partecipazione diaconale all'unico e triplice munus di Cristo nel ministero ordinato. Il diacono «è maestro, in quanto proclama e illustra la Parola di Dio; è santificatore, in quanto amministra il sacramento del Battesimo, dell'Eucaristia e i Sacramentali, partecipa alla celebrazione della S. Messa, in veste di ministro del Sangue, conserva e distribuisce l'Eucarestia; è guida, in quanto è animatore di comunità o settori della vita ecclesiale». Così il diacono assiste e serve i Vescovi e i presbiteri, che presiedono ogni liturgia, vigilano sulla dottrina e guidano il Popolo di Dio”.

Questo elaborato è composto in quattro capitoli:

Il nostro studio seguirà un metodo di tipo prevalentemente compilativo, prendendo in considerazione le indicazioni contenute nei documenti della Chiesa sul diaconato. Non abbiamo l'obiettivo di affrontare problematiche di livello peculiarmente canonistico, ma intendiamo con semplicità e sintesi, porre l'accento sulla specificità dei singoli momenti in cui il dicono è chiamato direttamente a svolgere le proprie funzioni in comunione gerarchica con il Vescovo e con i presbiteri..


I. Diaconía della parola

I diaconi, che non ricevono l'ordinazione sacerdotale, ricevono nella ordinazione diaconale, come ministri di Cristo Servo, l'ufficio di predicare il Vangelo e di annunziarlo all'assemblea. Inoltre il diacono deve convertirlo in fede viva, insegnarlo e compierlo. Il diacono, dal momento della sua ordinazione riceve dal Vescovo, successore degli apostoli, l'imperativo di annunciare il Vangelo. Questo porta in sé un cambiamento nel più profondo del suo essere. Nella persona del diacono il soffio dello Spirito Santo si unisce adesso al suo respiro fisico affinché quello che lui predica ed insegna non sia mera voce umana. Da questo momento la predicazione e l'insegnamento del diacono deve essere la voce di Cristo, vero Dio e vero uomo. Tale voce deve essere rivolta a tutti, come a tutti è offerta la salvezza di Cristo.

1. Il servizio della parola in comunione gerarchica con il Vescovo e con i presbiteri

I diaconi servono il popolo di Dio nel ministero della parola, in comunione con il Vescovo e il suo presbiterio. Tale comunione e cooperazione ha un campo molto vasto: offrire in mezzo al popolo di Dio la testimonianza di una vita esemplare che induca i fedeli a dare gloria a Dio; annunciare il mistero di Cristo ai non-credenti mediante la predicazione vera e propria; svolgere la catechesi e illustrare la dottrina della Chiesa; esaminare i problemi del loro tempo alla luce di Cristo e del Vangelo; ecc. Tutto ciò è esercizio del ministero della parola, è annuncio del Vangelo e compito proprio dei diaconi, che va visto alla luce della sua specificità, cioè quella del servizio.

La ministerialità dell'annuncio della parola divina non è mai un atto individuale e isolato, ma è un atto profondamente ecclesiale. Per conseguenza, il diacono, come l'evangelizzatore non è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice, ma deve svolgerla in intima comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori. L'essere cooperatore del vescovo e del suo presbiterio non comporta dipendenza dall'arbitrio del vescovo. Il potere, o meglio, la missione gli viene dall'ordinazione sacra, ma l'esercizio di questo ministero deve avvenire in dipendenza dal vescovo, in piena consonanza con le sue direttive.

Secondo il can. 764, i diaconi godono della facoltà di predicare dovunque. Questa facoltà nasce dal sacramento e deve essere esercitata col consenso, almeno tacito, del rettore della Chiesa. Il menzionato canone non usa l'espressione di diritto di predicare, ma di facoltà che può essere limitata o tolta del tutto dall'ordinario. In effetti, il ministero del diacono implica una situazione giuridica pubblica che lo abilita a svolgere il ministero della predicazione. Compete comunque al vescovo vigilare sui ministri abilitati a predicare, perché la predicazione possa perseguire le sue finalità più proprie.

Benché si tratti in termini ampi della facoltà di predicare propria dei diaconi, pure non s'intende precludere la possibilità che vengano stabiliti criteri più limitativi per detta facoltà, lì dove si esiga un'esplicita licenza perché i diaconi possano predicare nelle circostanze eventualmente determinate dal diritto particolare, di là da quanto stabilito al can. 765.

2. Oggetto della predicazione

Il mistero di Cristo deve essere proposto fedelmente e integralmente, cioè si deve fare in maniera piena ed equilibrata, tenuto conto della gerarchia delle verità, di cui parla il decreto Unitatis redintegratio, «senza deformazione, esagerazione o menomazione». L'oggetto dell'evangelizzazione deve essere unico, quello della Chiesa, che «non si può modificare né far passare sotto silenzio»; è il mistero di Cristo, cioè «Dio rivelato da Gesù Cristo nello Spirito Santo», Dio che nel suo Figlio ha amato il mondo, che nel suo Verbo incarnato ha dato ad ogni cosa l'essere ed ha chiamato gli uomini alla vita eterna.

Per compiere questa missione i diaconi sono tenuti a prepararsi, prima di tutto, con lo studio accurato della Sacra Scrittura, in cui è contenuta la rivelazione, «con cui Dio volle manifestare se stesso ed i decreti eterni della sua volontà». Devono inoltre studiare la Tradizione, «le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega». Sono obbligati di studiare la Liturgia, «con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati […], la Chiesa prega il suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'Eterno Padre», lex orandi lex credendi. I Diaconi, nell'interpretazione e applicazione del sacro deposito, sono tenuti a lasciarsi guidare docilmente dal Magistero di coloro che sono «testimoni della verità divina e cattolica», il Romano Pontefice e i Vescovi in comunione con lui. Il Magistero della Chiesa, garanzia di inerenza e di infallibilità, al servizio della parola di Dio, insegna soltanto ciò che è stato trasmesso dalla Tradizione viva della Chiesa, nella misura in cui, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, «piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio». In seguito, come predicatori della parola di Dio, i diaconi devono conoscere la vita stessa della Chiesa, che segue il cammino tracciato da Cristo per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. La stessa vita della Chiesa costituisce un criterio autentico di interpretazione della Sacra Scrittura.

Queste sono le fonti genuine della rivelazione, sulle quali i diaconi, come anche gli altri predicatori, si devono basare per trasmettere il mistero di Cristo integralmente e fedelmente. Qui viene indicato il dovere, di diritto divino, che il mistero di Cristo sia proposto agli uomini fedelmente e in maniera integrale.

3. Le forme della predicazione

a) L'omelia nelle celebrazioni liturgiche

I diaconi devo imparare bene l'arte di comunicare la fede all'uomo moderno in maniera efficace e integrale, nelle svariate situazioni culturali e nelle diverse tappe della vita. Per questa ragione l'insegnamento dottrinale che va impartito per i candidati al diaconato nel periodo della loro formazione, deve essere fatto in maniera tale che essi stessi possano poi diventare buoni predicatori del Vangelo (cf can. 248). Nei casi in cui presiedono una celebrazione liturgica o quando, secondo le vigenti norme, ne saranno incaricati, i diaconi devono dare grande importanza all'omelia in quanto «annunzio delle meraviglie compiute da Dio nel mistero di Cristo, presente e operante soprattutto nelle celebrazioni liturgiche». Devono sapere, perciò, prepararla con cura particolare nella preghiera, nello studio dei testi sacri, nella piena sintonia con il Magistero e nella riflessione sulle attese dei destinatari.

b) La catechesi e l'educazione cattolica

Speciale attenzione i diaconi devono fare alla catechesi dei fedeli nelle diverse tappe dell'esistenza cristiana, aiutando loro a conoscere la fede in Cristo, rafforzarla con la ricezione dei sacramenti ed esprimerla nella loro vita personale, familiare, professionale e sociale. Il can. 779 affronta una questione di carattere tecnico. Non è indifferente che la catechesi si prefigge, scegliere un mezzo piuttosto che un altro. Perciò nell'insegnamento vengono date le seguenti direttivi: 1) Nella scelta dei sussidi si deve tener presente che essi devono essere, o almeno apparire di essere, i più efficaci «perché i fedeli siano capaci di apprendere più pienamente la dottrina cattolica e di tradurla in pratica nella maniera più conveniente». 2) La maggior efficacia dello strumento va misurata dalla sua maggiore conformità sia all'indole propria dei fedeli, sia alle proprie capacità di recezione, sia all'età, sia alle condizioni di vita. 3) Tenendo presente tutto questo, devono essere scelti i sussidi e i mezzi della comunicazione antichi e moderni. Quanto grandi siano le possibilità che offrono alla catechesi i mezzi della comunicazione sociale è stato sottolineato da vari documenti del Magistero ecclesiastico.

La catechesi oggi è tanto più urgente e tanto più deve essere completa, fedele, chiara e aliena da problematicismi, quanto più la società è secolarizzata e più grandi sono le sfide che la vita moderna pone all'uomo e al Vangelo. A questa società è destinata la nuova evangelizzazione. Essa esige il più generoso sforzo da parte dei ministri ordinati. Per promuoverla, «alimentati dalla preghiera e soprattutto dall'amore all'Eucarestia», i diaconi, oltre alla loro partecipazione ai programmi diocesani o parrocchiali di catechesi, evangelizzazione, preparazione ai sacramenti, trasmettano la Parola nell'eventuale ambito professionale, sia con una parola esplicita, sia con la loro sola presenza attiva nei luoghi dove si forma l'opinione pubblica o dove si applicano le norme etiche (come i servizi sociali, i servizi a favore dei diritti della famiglia, della vita, ecc.); abbiano anche in considerazione le grandi possibilità che offrono al ministero della Parola l'insegnamento della religione e della morale nelle scuole, l'insegnamento nelle università cattoliche e anche in quelle civili.

c) L'uso dei moderni mezzi di comunicazione

«Bisogna assolutamente servirsi dei mezzi di comunicazione sociale per annunciare il Vangelo di Cristo». La Chiesa si è spesso dichiarata convinta del fatto che i mezzi di comunicazione sociale sono «meravigliose invenzioni tecniche» che pur facendo già molto per soddisfare le necessità umane, possono fare ancora di più.

I diaconi, come gli altri agenti pastorali devono studiare i mezzi di comunicazione sociale per comprenderne meglio l'impatto sugli individui e sulla società e aiutarli ad acquisire metodi di comunicazione adatti alla sensibilità e agli interessi delle persone.

Sfruttando i mezzi di comunicazione sociale, i diaconi devono sempre tener presente che, i pastori della Chiesa hanno il dovere e il diritto di: a) vigilare perché con l'uso dei mezzi della comunicazione sociale, sia da parte dei fedeli sia da parte di altre persone, non venga recato pregiudizio alla fede o ai costumi dei fedeli. In articolare, devono vigilare perché con gli scritti non sia messa in pericolo la fede e la morale dei credenti; b) esigere di esaminare gli scritti dei fedeli in materia di fede e di morale, prima che siano pubblicati; c) riprovare gli scritti che rechino danno alla fede e alla morale.

II can. 831 dà alcune norme disciplinari molto importanti, rispetto all'uso dei mezzi della comunicazione sociale. 1° La prima norma è per tutti i fedeli. Essi non devono scrivere nulla su giornali, su opuscoli o su riviste, i quali sono soliti contrastare la religione cattolica e la sua morale. Si tratta di pubblicazioni, la cui natura immorale o anti-cattolica è generalmente ben conosciuta. Scrivere qualcosa in tali pubblicazioni potrebbe significare cooperazione nel male, che generalmente quelle pubblicazioni propagano, e per conseguenza creare scandalo tra i lettori e tra i fedeli. Soltanto una causa giusta e ragionevole potrebbe giustificare l'intervento di un fedele in esse. Una causa potrebbe essere la necessità di controbattere degli errori ivi propagati o di smentire delle falsità o calunnie ivi espresse. Non sono incluse quelle pubblicazioni, nelle quali talvolta vengono accettati anche articoli contrari alla Chiesa o alla, sua moralità. 2° I diaconi, come anche gli altri chierici e i religiosi, anche se esiste un motivo giusto e ragionevole, per scrivere in quelle pubblicazioni, hanno bisogno della licenza dell'Ordinario del luogo in cui viene fatta la pubblicazione. Non si tratta dell'approvazione dello scritto in se stesso, ma del permesso di scrivere in quella determinata pubblicazione. 3° Per poter partecipare, in radio o in televisione, a trasmissioni di carattere religioso o morale, i diaconi si atterranno a quanto stabilito dalla Conferenza Episcopale (can. 831 § 2);

In ogni caso, i diaconi tengano sempre presente l'esigenza primaria ed irrinunciabile di non scendere mai ad alcun compromesso nell'esposizione della verità.

4. Attivitŕ missionaria

I diaconi devono ricordare che «La Chiesa pellegrina per sua natura è missionaria, in quanto che dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine». Giustamente l'impegno missionario viene chiamato nel can. 781 dovere fondamentale per tutti i fedeli della Chiesa. Questo non è soltanto il diritto ma anche il dovere di ogni fedele «l'impegnarsi perché l'annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo» (can. 211). Quando si dice che «i fedeli, coscienti della propria responsabilità, devono assumere la propria parte nel l'opera missionaria» (can. 781), s'intende sia il Sommo Pontefice sia i singoli vescovi sia i singoli fedeli, chierici o laici. Ai pastori spetta in forza dell'ordinazione sacra e dell' mandato di Cristo: «Andate … e predicate … » (Mt 28, 19). Ciascuno dovrà attuare questo dovere fondamentale secondo il proprio ruolo. I diaconi anche se incardinati in una Chiesa particolare, non possono sottrarsi, quindi, al compito missionario della Chiesa universale e devono rimanere sempre aperti alla missio ad gentes, nel modo e nella misura consentiti dai loro obblighi familiari — se coniugati — e professionali.

È questo un aspetto che va fortemente sottolineato per evitare che il diacono si chiuda nel recinto del sacro, si ripieghi in forme intimistico-devozionali (tuttora persistenti!) esaurisca il suo servizio nel gruppo ristretto degli affini, dei membri dell' associazione o movimento in cui può essere nata la sua vocazione o della piccola cerchia dei cosiddetti praticanti; con il pericolo di cadere in un clericalismo di bassa lega; ma sia davvero il testimone e il servo della missione, ministro di una Chiesa che è chiamata - come amava ripetere Giovanni Paolo II - a trovare se stessa fuori di se stessa.

Dai dati del can. 784 possiamo definire il diacono missionario come inviato dalla competente autorità ecclesiastica con l'espressa provvisione canonica a svolgere l'opera missionaria. La competente autorità in tal caso può essere duplice: il Superiore o Ordinario che lo invia e l'Ordinario, sotto la cui giurisdizione il diacono missionario dovrà svolgere la missione, che gli conferisce la provvisione canonica.

L'azione missionaria in senso stretto e proprio è quella, mediante la quale, la Chiesa viene impiantata presso popoli o gruppi umani dove ancora non è stata radicata, in modo tale che dal seme della parola di Dio si sviluppino le Chiese autoctone. «Detta attività specifica deriva dai destinatari, dal contesto e dalle finalità»: a) i destinatari sono «i popoli o gruppi umani dove ancora non è stata radicata la Chiesa» oppure «i popoli e i gruppi che ancora non credono in Cristo»; b) il contenuto è il primo annuncio del messaggio salvifico del Vangelo; c) le finalità sono quelle di impiantare la Chiesa dove ancora non lo è, creare Chiese locali, con vescovo, presbiterio e fedeli propri, fondare Chiese che possano essere a loro volta missionarie.

La dimensione del servizio diaconale è legata a questa azione missionaria della Chiesa attraverso lo sforzo missionario nel servizio della Parola, della liturgia e della carità, che a loro volta si prolungano nella vita quotidiana. La missione si estende alla testimonianza di Cristo anche nell'eventuale esercizio di una professione laicale.


II. Diaconía della liturgia

Tutta la vita del cristiano è liturgia se "vissuta nello Spirito", in quanto attuazione esistenziale della santificazione e del culto liturgico. Non tutte però le azioni sono liturgia in senso stretto, in quanto azioni santificanti e cultuali per Cristo e nello Spirito Santo, ma soltanto quelle che adempiono certe condizioni: celebrazione del mistero di Cristo, compiute dalla comunità ecclesiale e come tali riconosciute dalla Chiesa.

Nella Lumen Gentium il Concilio menziona e ribadisce in primo luogo che il servizio del diaconato restaurato è ministero della liturgia. Questa affermazione viene completata allorché si dice che i diaconi, "sostenuti dalla grazia sacramentale, nella diaconia della liturgia ... servono il popolo di Dio, in comunione con il vescovo e con il presbitero". Partendo da questa dichiarazione la Costituzione sulla Chiesa enumera le principali forme di servizio liturgico del diacono

I servizi liturgici affidati al diacono vengono ripresentati in maniera più completa e più ampia nel "Motu proprio" di Paolo VI "Sacrum diaconatus ordinem". In particolare, oltre ai compiti elencati nella Lumen Gentium, viene specificato che il diacono è chiamato a "dirigere le celebrazioni della parola di Dio, soprattutto quando manca un sacerdote". Già questo particolare servizio è menzionato nella Sacrosanctum Concilium dove si dice che al diacono può essere affidata, in mancanza di sacerdoti, la direzione della liturgia della parola nelle domeniche e nei giorni festivi. Anche il decreto conciliare sull'attività missionaria della chiesa, Ad Gentes, parlando delle giovani chiese afferma che "è bene che gli uomini, i quali di fatto esercitano il ministero del diacono, perché come catechisti predicano la parola di Dio ..., siano fortificati dall'imposizione delle mani, che è trasmessa fin dagli apostoli, e siano più saldamente congiunti all'altare".

Affinché i servizi liturgici affidati al diacono erano svolti in maniera migliore è molto importante che egli li conosce; che abbia l'intelligenza delle rubriche e la flessibilità per potersi adeguare alle diverse circostanze come quelle delle differenti interpretazioni che tante volte sono tali a seconda delle parrocchie. Il diacono è responsabile di fronte alla Chiesa, presente nell'assemblea del culto, di un buon servizio, facendo tutto e solo quel che li corrisponde. Nell'altare deve essere il portavoce delle preghiere e delle necessità dei fedeli. Così proclamerà al popolo il Vangelo e pronuncerà le preghiere proprie del suo ufficio.

Ribadisce questo il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, dicendo: “Nel suo ministero il diacono terrà sempre viva la consapevolezza che ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sommo ed eterno sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun' altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l'efficacia .... Questa certezza renderà umile il diacono, che non potrà mai compromettere l'opera di Cristo e, allo stesso tempo, lo spingerà ad una vita santa per esserne degno ministro” . Svolgendo il suo incarico nella liturgia, il diacono deve compiere il suo ufficio e solo il suo ufficio; deve sapere "quando", "come" e "perché" di tutto quello che il celebrante fa o dice in quel momento. Il diacono sia "il braccio destro del celebrante" con dignità, umiltà ed efficacia. Perciò deve essere preparato accuratamente e profondamente in teologia e liturgica per poter partecipare degnamente alla celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali.

1. Il servizio dell'altare in comunione gerarchica con il Vescovo e con i presbiteri.

L'Ordine Sacro consacra il diacono al ministero di Cristo Servo. "Il diacono riceve il sacramento dell'Ordine affinché serva come ministro alla santificazione della comunità cristiana in comunione gerarchica con il vescovo e i presbiteri. Al ministero del Vescovo, e in modo subordinato a quello dei presbiteri, il diacono presta un aiuto sacramentale, perciò intrinseco, organico e inconfondibile".

Il diacono non è sacerdote, il suo ministero è servire. Questa formula sembra definire la sua identità in negativo, per cui al diacono non compete la presidenza dell'eucaristia né il ruolo proprio del prete e del vescovo. Invece, il tema del diaconato, in quanto parte della dottrina dei sacramenti, è interno all'oggetto della fede cattolica. Ormai sant'Ignazio di Antiochia sottolinea la sua dignità scrivendo: "Diaconi dei misteri di Gesù Cristo… non siete voi ministri di pranzi e di bevande, ma servitori della Chiesa di Dio". E aggiungendo dice che anche se il vescovo occupa nella Chiesa il posto del Padre Eterno anche si deve rispettare il diacono come lo stesso Gesù Cristo". Rispetto che proviene dal lavoro di servizio in favore della Chiesa. Questo lavoro è realizzato dal diacono sia all'interno che al di furori della liturgia. Nelle cerimonie "assiste i sacerdoti e rimane sempre accanto loro; sull'altare serve il messale e il calice; se non ci sono altri ministri, compie le funzioni loro assegnate secondo le necessità". Si limitino, perciò, come dice la Sacrosanctum Cancilium, a compiere tutto e soltanto ciò che è di loro competenza.

2. La sollecitudine per la bellezza della liturgia

La liturgia potrà assumere la varietà di espressioni suscitate dallo Spirito: la bellezza, sobrietà e dignità dei segni liturgici; la forza unificante della contemplazione, la gioiosa esplosione festiva del canto; la partecipazione di tutto il corpo in una liturgia che sollecita lo sguardo, il gesto orante, l'attenzione alla parola, la gioia del canto, il profumo dei fiori e dell'incenso. Ma l'umano sarà intriso del divino là dove le espressioni esterne saranno vissute in povertà e fiducia, nella pace e nell'amore, in una sobria ebbrezza dello Spirito che non fa mai prevalere il 'carnale' o lo 'psichico' sulla dimensione spirituale della liturgia».

Per questo il Direttorio per il ministero dei diaconi fa attenzione al fatto che, i diaconi devono avere presente la pur importante dimensione estetica, che fa sentire all'uomo intero la bellezza di quanto si celebra. La musica e il canto, anche se poveri e semplici, la parola predicata, la comunione dei fedeli che vivono la pace e il perdono di Cristo, sono un bene prezioso che il diacono, per parte sua, farà in modo che venga incrementato. Pertanto è importante quanto viene espresso dal Sacrosanctum Concilium che i diaconi si adopereranno per promuovere celebrazioni che coinvolgano tutta l'assemblea, curando la partecipazione interiore di tutti e l'esercizio dei vari ministeri.

Non è però il compito del diacono interpretare o creare privatamente azioni liturgiche. Perciò devono essere sempre fedeli a quanto è richiesto dai libri liturgici, senza aggiungere, togliere o mutare alcunché di propria iniziativa. Manipolare la liturgia equivale a privarla della ricchezza del mistero di Cristo che c'è in essa e potrebbe essere segno di una qualche presunzione nei confronti di quanto stabilito dalla sapienza della Chiesa. Le azioni liturgiche, quindi, non sono riducibili ad azioni private o sociali che ognuno può celebrare a suo modo ma appartengono al Corpo universale della Chiesa. I diaconi devono osservare le norme celebrative proprie dei santi misteri con tale devozione da coinvolgere i fedeli in una cosciente partecipazione, che fortifichi la loro fede, renda culto a Dio e santifichi la Chiesa. Devono indossare dignitosamente le prescritte vesti liturgiche: la dalmatica, nei diversi ed appropriati colori liturgici, indossata sull'alba, il cingolo e la stola, «costituisce l'abito proprio del diacono ».

La vera bellezza della liturgia deriva non meramente dall'esterna cornice, ma dalla sollecitudine di questo che costituisce la sua essenza ed è nascosto davanti agli occhi dell'uomo. Per questo il diacono deve essere sempre consapevole che «ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sommo ed eterno sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l'efficacia». La liturgia è fonte di grazia e di santificazione. La sua efficacia deriva da Cristo redentore e non poggia sulla santità del ministro. Questa certezza renderà umile il diacono, che non potrà mai compromettere l'opera di Cristo e, allo stesso tempo, lo spingerà ad una vita santa per esserne degno ministro.

3. Le funzioni diaconali nei diversi atti di culto

a) Il diacono come ministro ordinario del battesimo

Qualsiasi persona può amministrare validamente il battesimo, come è riconosciuto dal ca. 861, § 2, purché abbia l'intenzione di compiere ciò che fa la Chiesa mentre pone in atto il segno sacramentale richiesto, che ha efficacia “ex opere operato” a nome di Cristo e in forza dello Spirito Santo, indipendentemente dalle convinzioni di chi battezza.

Nonostante ciò il diacono, con il Vescovo e il presbitero, è ministro ordinario del battesimo. L'esercizio di tale facoltà richiede la licenza ad agire concessa dal parroco, al quale compete in modo speciale battezzare i suoi parrocchiani. Questa norma sostituisce la disposizione del precedente Codice che riservava al solo parroco detta amministrazione, compito strettamente legato al sistema per il sostentamento del clero titolare di benefici allora vigenti. L'attuale disciplina sembra limitarsi a richiamare la peculiare responsabilità del pastore di una parrocchia nei confronti dei fedeli affidati alla sua piena cura delle anime e di quanti sono destinati a diventarlo.

Il can. 862 aggiunge: “eccetto il caso di necessità, a nessuno è consentito senza la dovuta licenza, conferire il battesimo nel territorio altrui, neppure ai propri sudditi”. Il divieto espresso vale sia per i ministri straordinari che ordinari, quindi anche per i Vescovi diocesani e per i parroci, in riferimento al territorio esterno a quello in cui esercitano la competenza connessa al loro ufficio. Tutta via la licenza di battezzare fuori del proprio territorio non può essere negata in assenza di gravi motivi.

In riferimento al battesimo il Direttorio per il ministero dei diaconi sottolinea che: “È di particolare importanza il ministero dei diaconi nella preparazione a questo sacramento”. Da questo risulta la necessità di una maggiore chiarezza sulle modalità con cui, nell'ambito della iniziazione cristiana, ci si deve avvicinare al sacramento del battesimo; e cioè che è indispensabile ripensare la catechesi alle famiglie che battezzano i loro figli, in modo che questo servizio ecclesiale diventi un momento prezioso di pastorale familiare. Questo servizio dei diaconi si estende alla preparazione dei fedeli ai sacramenti, e anche alla loro cura pastorale dopo l'avvenuta celebrazione.

b) Il ruolo del diacono, nell'assemblea eucaristica

L'Eucarestia, per dirla in breve, è la manifestazione suprema della Chiesa, dove l'assemblea dei «benedetti da Dio con ogni benedizione spirituale» (Efes. 1,3) diventa dossologia «in lode della sua gloria» (Efes. 1,12) e quindi diaconia al Padre e ai fratelli, culmine e fonte, centro e cardine della comunità ecclesiale. Anche se al diacono non compete la presidenza eucaristica, la sua spiritualità e il suo ministero sono e devono essere orientati all'Eucarestia, fortemente radicati in essa e di essa promananti.

Ne consegue che nell'offerta del Sacrificio eucaristico, il diacono non è in grado di compiere il mistero ma, da un lato, rappresenta effettivamente il popolo fedele, lo aiuta in modo specifico ad unire l'oblazione della sua vita all'offerta di Cristo; e dall'altro serve, a nome di Cristo stesso, a fare partecipe la Chiesa dei frutti del suo sacrificio.

Il concorso attivo di tutti i fedeli presenti alla Sinassi eucaristica deve avvenire in forma ordinata, non nella modalità caotica dell'aggregazione di massa, ma come si conviene a un popolo che ha ricevuto dal suo fondatore una configurazione precisa, originalissima, unica nel suo genere. La partecipazione richiede che ciascuno intervenga "a suo modo secondo la diversità degli ordini e dei compiti liturgici".

Nella celebrazione dell'Eucaristia, il diacono assiste e aiuta coloro che presiedono l'assemblea e consacrano il Corpo e il Sangue del Signore, cioè il Vescovo e i presbiteri, secondo quanto stabilito dall'Institutio Generalis del Messale Romano, e manifesta così Cristo Servitore: sta accanto al sacerdote e lo aiuta, in particolare assiste nella celebrazione della S. Messa un sacerdote cieco o affetto da altra infermità. Il ruolo del diacono, nell'assemblea eucaristica accanto al Vescovo o al presbitero che la presiede non può essere ridotto ad elemento decorativo o puramente formale. Deve invece riacquistare la sua connaturale funzione di «ponte» tra l'altare e l'assemblea, tra il mistero e la vita; di animatore, di guida anche dei ministeri inferiori; di «assistente» di colui che presiede. Compiti questi assolti nei primi secoli della Chiesa e in seguito o scomparsi oppure affidati ad altre figure, come ad esempio il cerimoniere.

E proprio del diacono: proclamare i libri della divina Scrittura, specialmente il Vangelo; proporre ai fedeli le intenzioni della preghiera; svolgere il servizio al calice e al libro; invitare i fedeli allo scambio del segno della pace; distribuendo la sacra Comunione e custodendo il mistero della fede. In assenza di altri ministri, egli stesso ne compie, secondo le necessità, gli uffici. Ai diaconi, "non è consentito proferire le orazioni e qualsiasi altra parte riservata al sacerdote - soprattutto la preghiera eucaristica con la dossologia conclusiva - o eseguire azioni e gesti che sono propri dello stesso celebrante"

In quanto ministro ordinario della sacra comunione, la distribuisce durante la celebrazione, oppure fuori di essa, e la reca agli infermi anche in forma di viatico. Il diacono è pure ministro ordinario dell'esposizione del Santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica.

c) La presidenza delle eventuali celebrazioni domenicali in assenza del presbitero

In data 2 giugno 1998, la Congregazione per il Culto Divino ha proposto e pubblicato il Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza di presbitero. Dopo aver ribadito il principio già affermato dal Concilio: «Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il Mistero Pasquale ogni otto giorni, in quello che chiama giustamente "giorno del Signore" o domenica», il Direttorio auspica che, dove non è possibile la celebrazione dell'Eucaristia, «nel giorno di domenica vengano offerte con larghezza ai fedeli, radunati per diverse forme di celebrazioni, le ricchezze della Sacra Scrittura e della preghiera della Chiesa, perché non rimangano privi delle lettere ch si leggono nel corso dell'anno durante la Messa, né dalle orazioni dei tempi liturgici».

«Tali celebrazioni, i cui testi devono essere quelli approvati dalla competente Autorità ecclesiastica, si configurano sempre come soluzioni temporanee ... A tale scopo deve essere sempre ribadito ai partecipanti a queste celebrazioni che esse non sostituiscono il Sacrificio Eucaristico e che il precetto festivo lo si soddisfa soltanto partecipando alla S. Messa. In tali casi, laddove le distanze e le condizioni fisiche lo permettono,i fedeli devono essere stimolati e aiutati a fare il possibile per adempiere al precetto».

È opportuno richiamare alcuni punti fondamentali sull'importanza dell'Eucaristia nel giorno del Signore.

a. «Nella Messa o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote, che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio eucaristico». Le assemblee domenicali che celebrano il giorno del Signore senza il presbiterio, riunendosi in assemblea, pregando e ascoltando la Parola di Dio, santificano la festa, ma non celebrano il memoriale della Pasqua, perché non c'è chi realizzi il comando del signore: «Fate questo in memoria di me».

b. «I presbiteri sono consacrati da Dio, mediante il vescovo, in modo che, resi partecipi in modo speciale del sacerdozio di Cristo, nelle sacre celebrazioni agiscano come ministri di colui che ininterrottamente esercita la funzione sacerdotale in favore nostro nella liturgia». Non è dunque possibile stabilire una equivalenza fra una assemblea liturgica presieduta dal presbiterio e un' assemblea liturgica animata o guidata da un diacono o un laico.

c. «Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e cardine la celebrazione della santissima Eucaristia». La celebrazione della domenica senza la Messa, per nessuna comunità può diventare un fatto abituale: per quanto piccola, una comunità parrocchiale ha diritto all'Eucaristia e ha bisogno dell'Eucaristia. Tuttavia nelle chiese dove non è possibile la presenza del presbitero per la celebrazione eucaristica, è opportuno aprire per qualche ora la chiesa per la preghiera personale dei fedeli, e, con una celebrazione che sia una vera assemblea liturgica, favorire la santificazione della domenica.

Tocca al diacono presiedere eventuali celebrazioni domenicali in assenza del presbitero. Se mancano i diaconi si può affidarle ai fedeli non ordinati, che dovranno avere uno speciale mandato dal vescovo, il quale avrà cura di dare le opportune indicazioni circa la durata, il luogo, le condizioni e il presbitero responsabile. Devono essere scelti dal vescovo, dietro segnalazione del parroco. I più indicati a questo ministero saranno i diaconi; in mancanza di diaconi, gli accoliti e i lettori istituiti, i religiosi e le religiose, i ministri straordinari della santa Comunione, laici - uomini e donne - scelti per questo servizio. Nel loro servizio debbono sempre fare riferimento al parroco, mandato dal vescovo come padre e pastore della comunità.

d) La presidenza della celebrazione del matrimonio extra Missam

Ai diaconi può venire affidata la cura della pastorale familiare, di cui il primo responsabile è il Vescovo. Tale responsabilità si estende ai problemi morali, liturgici, ma anche a quelli di carattere personale e sociale, per sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze. Una tale responsabilità può venire esercitata a livello diocesano o, sotto l'autorità di un parroco, a livello locale, nella catechesi sul matrimonio cristiano, nella preparazione personale dei futuri sposi, nella fruttuosa celebrazione del sacramento e nell'aiuto offerto agli sposi dopo il matrimonio.

I diaconi sposati possono essere di grande aiuto nel proporre la buona notizia circa l'amore coniugale, le virtù che lo tutelano e nell'esercizio di una paternità cristianamente e umanamente responsabile.

Tocca anche al diacono, se ne riceve la facoltà da parte del parroco o dell'Ordinario del luogo, presiedere la celebrazione del matrimonio extra Missam e impartire la benedizione nuziale in nome della Chiesa. La delega data al diacono può essere anche in forma generale di assistere ai matrimoni entro i confini del proprio territorio. Perché sia valida, a delega della facoltà di assistere ai matrimoni deve essere data espressamente a persone determinate; se si tratta di delega speciale, deve essere data per un matrimonio determinato; se poi si tratta di delega generale, deve essere concessa per scritto. Il diacono può suddelegare la delega data a lui in forma generale esclusivamente nei modi precisati dal Codice di Diritto Canonico.

e) L'apostolato degli infermi

È dottrina definitive tenenda che il conferimento del sacramento dell'unzione degli infermi è riservato ai Vescovi e ai presbiteri, in relazione con la dipendenza di detto sacramento con il perdono dei peccati e la degna recezione dell'Eucarestia. Nessun altro può svolgere il ruolo di ministro ordinario o straordinario del sacramento, e qualsiasi azione in questo senso costituisce simulazione del sacramento. In nessun caso - ribadisce Ecclesia de Mysterio - possono fare unzioni quanti non sono sacerdoti, né con olio benedetto per l'unzione degli infermi, né con olio non benedetto.

Anche se il diacono non può conferire al malato l'unzione degli infermi né assolvere i peccati, nel campo dell'apostolato per gli infermi può apportare una preziosa collaborazione con i pastori delle anime. Ormai Sacrum Diaconatus Ordinem aveva conferito la possibilità di affidare ai diaconi la cura pastorale degli infermi. L'operoso servizio per soccorrerli nel dolore, la catechesi che prepara a ricevere il sacramento dell'unzione, la supplenza al sacerdote nella preparazione dei fedeli alla morte e l'amministrazione del Viatico con il rito proprio, sono mezzi con cui i diaconi rendono presente ai fedeli la carità della Chiesa.

Il diacono rappresenta la Chiesa che nelle esperienze di relazione con il malato esprime e può riscoprire caratteristiche fondamentali del suo essere comunione. Cristo ha incaricato la sua Chiesa, e quindi ognuno di noi (con compiti diversi), a continuare il suo "ministero di compassione e di guarigione", la sua opera di consolazione accanto a chi è malato, a chi soffre e a chi muore. Nella comunione con il Cristo morto e risorto, con Colui che ha vissuto significativamente il dolore e la morte, la Chiesa deve esprimersi come comunità sanante, locanda ospitale, grembo accogliente dove la vita, nella sua interezza, viene rispettata, difesa, amata e servita, luogo di speranza dove il malato può vivere in modo salutare e salvifico il suo soffrire e il suo morire, e scrivere un capitolo significativo della sua storia di amore e alleanza con Dio.

f) La Liturgia delle Ore

Già Paolo VI, nella costituzione apostolica Laudis canticum del 1970, osservava che, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, l'Ufficio Divino era stato rinnovato in modo tale che potessero prendervi parte chierici, religiosi e laici . Nella Liturgia delle Ore, infatti, "si compie la santificazione dell'uomo e si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello scambio o dialogo fra Dio e gli uomini, nel quale Dio parla al suo popolo ... il popolo a sua volta risponde a Dio

con il canto e con la preghiera".

Scopo della Liturgia delle Ore, come di ogni azione liturgica e specialmente della celebrazione eucaristica, è dunque la glorificazione di Dio e la santificazione dell'uomo. Il fluire del tempo viene così ad essere elemento fondamentale attraverso il quale la storia dell'uomo diventa il luogo teologico in cui si attua nell'oggi il mistero della salvezza derivante dalla Pasqua di Cristo. Potremmo dire che il tempo cosmico, appartenente già a Dio creatore, diventa tempo storico a causa della realizzazione in esso delle vicende dell'uomo (tempo esistenziale), diventa in modo particolare il tempo di Cristo e della Chiesa, il tempo cioè in cui si riflette il mistero di Cristo e della Chiesa, proteso, quindi, verso la sua conclusione escatologica.

Mentre, il diacono, celebra la Liturgia delle Ore, in quanto battezzato, si toglie da ogni forma di solitudine ed entra a far parte del coro ecclesiale della lode divina in unione con Cristo e con lo Spirito Santo. La preghiera delle Ore fa inoltre prendere coscienza all'diacono del vero fine della sua esistenza, permettendogli di accogliere nella fede, nella speranza e nella carità, il rapporto esistente fra la vita delle creature, l'opera della Trinità, il mistero di Cristo redentore e la Chiesa orante.

La Chiesa ha stabilito ai diaconi l'obbligo di celebrare la Liturgia delle Ore. Consapevoli di questa responsabilità, devono celebrare tale Liturgia, ogni giorno, secondo i libri liturgici propri e approvati. Questa ultima annotazione del can. 276 va letta come richiamo all'osservanza fedele delle modalità prescritte per la celebrazione, ma anche come sottolineatura della dignità che deve avere l'azione liturgica medesima.

L'obbligo grave della recita completa, fedele e quotidiana è motivata sul fatto che la Chiesa ha affidato ai ministri sacri un mandato peculiare per la preghiera a nome dell'intero popolo di Dio, in forma incessante, a santificazione del tempo nel suo continuo svolgimento, per la salvezza di tutte le anime. Pertanto non può essere avvallata la riduzione dell'impegno, richiesto a beneficio della Chiesa in modo integro e quotidiano, in stretto legame con il tempo liturgico, come non può essere sminuito il valore della disciplina prescritta al riguardo.

Un limite al dovere della completa celebrazione dell'ufficio divino è previsto per i diaconi permanenti, i quali sono tenuti a recitarlo "nella misura definita dalla Conferenza Episcopale". Per quanto riguarda l'Italia, la CEI ha deliberato che tale obbligo per essi vige dal momento dell'ordinazione e concerne soltanto le Lodi, i Vesperi e la Compieta.

I diaconi cercheranno, inoltre, di promuovere la partecipazione della comunità cristiana a questa Liturgia, che non è mai azione privata ma sempre atto proprio di tutta la Chiesa, anche quando la celebrazione è individuale. Nella lettera apostolica Nova millennio ineunte, Giovanni Paolo II mette in rilievo la necessità che l'educazione alla preghiera diventi un punto qualificante di ogni programmazione pastorale, precisando che quest'impegno deve essere vissuto attraverso la valorizzazione della Liturgia delle Ore e in particolare delle Lodi e dei Vespri, come preghiera di tutta la comunità cristiana.

g) I sacramentali

Il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti, riportando la definizione di sacramentalia dai precedenti documenti, attribuisce anche ai diaconi l'amministrazione di questi, dicendo: “Il diacono è ministro dei sacramentali, cioè di quei «segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali»”.

Il sacramento dell' ordine non è l'elemento unico e neppure il principale richiesto per potere amministrare i sacramentali. Per questo anche i laici possono presiedere alcune di essi. La deputazione suddetta non avviene però in forma arbitraria e generica, bensì segue il principio che riserva ai cristiani ordinati - considerando pure la diversa dignità dei tre gradi dell'ordine sacro - la presidenza di quelle azioni che coinvolgono maggiormente la vita ecclesiale e sacramentale, come afferma il CCC sulla base di indicazioni attinte dal concilio Vaticano II: "Essi (i sacramentali) derivano dal sacerdozio battesimale: ogni battezzato è chiamato ad essere «una benedizione» e a benedire. Per questo anche i laici possono presiedere alcune benedizioni; più una benedizione riguarda la vita ecclesiale e sacramentale, più la sua presidenza è riservata al ministero ordinato".

Il can. 1168 stabilisce - mediante una norma generale chi sia il ministro deputato a celebrare i sacramentali, cioè incaricato a confezionarli e a dare loro un'applicazione pubblica (si tenga presente che l'uso privato di alcuni di essi è consentito a tutti i fedeli, come avviene per l'acqua benedetta). Ordinariamente i ministri sono individuati nei chierici muniti della debita potestà. Per conferirli occorre specialmente un requisito indicato come "debita potestà", che proviene dallo stesso diritto o dalla concessione dell'autorità competente.

Ai diaconi della Chiesa latina - a differenza di quelli delle Chiese orientali che non possono impartire alcun tipo di benedizione - è consentita la celebrazione di alcune di esse, previste dal diritto liturgico. Questo dà concreta applicazione alla disposizione del can. 1169, §3, che presenta i seguenti limiti formulati in termini così tassativi ed eccezionali, da esigere un'interpretazione stretta: "Il diacono può impartire solo le benedizioni che gli sono espressamente consentite dal diritto". Il Benedizionale aggiunge che, quando è presente un sacerdote, è opportuno che il diacono ceda a quest'ultimo il compito di celebrare le benedizioni, che pur gli sono permesse.

h) Le esequie celebrate senza la Santa Messa

Le esequie cristiane sono una celebrazione liturgica della Chiesa, anche se non conferiscono al defunto né un sacramento, né un sacramentale, poiché egli è «passato» al di là dell'economia sacramentale. Il ministero della Chiesa in questo caso mira ad esprimere la comunione efficace con il defunto come pure a farvi partecipare la comunità riunita per le esequie e per annunciarle la vita eterna.

Il diacono assieme al Vescovo e al presbitero è il ministro ordinario delle esequie, limitatamente alle modalità di celebrazione senza l'Eucaristia. Tuttavia, quando è presente e disponibile un sacerdote, deve essere affidato a lui il compito di presiedere.

Nelle attuali circostanze di crescente laicismo e di allontanamento dalla pratica religiosa, il momento della morte e delle esequie può, costituire una fra le più opportune occasioni pastorali per un incontro diretto dei ministri ordinati con quei fedeli che, abitualmente, non frequentano. Pertanto è auspicabile che, anche con sacrificio, i sacerdoti o i diaconi presiedano personalmente i riti funebri secondo i più lodevoli usi locali, per pregare convenientemente per i defunti, avvicinandosi altresì alle famiglie e profittandone per una opportuna evangelizzazione. Solo nel casi di vera mancanza di un ministro ordinato ed osservando le norme liturgiche in merito, i fedeli non ordinati possono guidare le esequie ecclesiastiche. A tale compito dovranno essere ben preparati, sia sotto il profilo dottrinale che liturgico.


III. Diaconía della caritŕ

“Praticare l'amore verso le vedove e gli orfani, verso i carcerati, i malati e i bisognosi di ogni genere appartiene all'essenza della Chiesa tanto quanto il servizio dei Sacramenti e l'annuncio del Vangelo. La Chiesa non può trascurare il servizio della carità così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola”. “Dio è amore” (1Gv 4,16) e l'amore si trova al centro della vita cristiana: ubi caritas est vera, Deus ibi est: “dove c'è vera carità, lì c'è Dio”.

Come ministro della carità, ovvero ministro di Dio, il diacono è tenuto a mantenere costantemente viva nella Chiesa questa dimensione essenziale dell'esperienza cristiana e sua sintesi, rendendo visibile il legame che sussiste tra la mensa del Corpo di Cristo e la mensa dei poveri, dei deboli, degli emarginati, degli anziani, dei malati.

Proprio a questo servizio di carità si riferisce l'elezione dei “primi diaconi” fatta dagli apostoli, fra i quali si trovava Santo Stefano. Dalla situazione presentata negli Atti 6, si vede come il diacono è chiamato a questo ministero : l'amministrazione della carità. La sollecitudine per i bisognosi fu sempre parte integrante dell'ufficio diaconale finché esistettero in Occidente. San Lorenzo, arcidiacono di Roma è martire della carità ed è anche il patrono dei diaconi impegnati in modo particolare verso quest'ufficio d'amore per i più poveri, che sono il tesoro più grande della Chiesa. Si dice che la carità comincia all'interno della propria casa, per questo il diacono deve dare un buon esempio nella sua casa e nella sua famiglia. Deve dare l'esempio mediante la sua vita quotidiana. Anche a mezzo della sua predicazione del Vangelo che deve essere con le parole e le opere. Deve dare l'esempio mediante l'ufficio liturgico, ricco in carità ed amore. Si nutra con l'orazione personale ed intima. L'incontro con Dio che è Amore, porta all'incontro amoroso con il prossimo. Perciò il diacono deve conoscere le necessità dei fedeli ed esse devono includersi all'interno dell'Orazione Universale nella liturgia della messa e delle Ore come anche nella sua preghiera personale. Il diacono è stato ordinato e consacrato per essere sacramento, segno vivo ed efficace del ministero e del servizio di Cristo nella Chiesa. Deve sempre ricordare che lui è il segno visibile di Cristo Servo in questo mondo.

1. Il servizio di caritŕ in comunione gerarchica con il Vescovo e con i presbiteri

Nel numero 37 del Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti possiamo leggere che anche la diaconia di carità, come le precedente funzioni, deve essere svolta, dai diaconi, nel stretta collaborazione con il Vescovo e i presbiteri. Le opere di carità, diocesane o parrocchiali, che sono tra i primi doveri del Vescovo e dei presbiteri, sono da questi, secondo la testimonianza della Tradizione della Chiesa, trasmesse ai servitori nel ministero ecclesiastico, cioè ai diaconi Essi devono esercitarla con umile carità e, secondo le parole di San Policarpo, devono mostrarsi sempre «misericordiosi, attivi, progredienti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti». La loro autorità, quindi, esercitata in comunione gerarchica con il Vescovo e con i presbiteri, come lo esige la stessa unità di consacrazione e di missione, è servizio di carità e ha lo scopo di aiutare e di promuovere tutti i membri della Chiesa particolare, affinché possano partecipare, in spirito di comunione e secondo i loro carismi, alla vita e alla missione della Chiesa.

2. La caritŕ come segno tangibile nel passaggio dall'Eucarestia al servizio

La carità, anche con precisi impegni sociali, diventa esigenza per celebrare bene l'Eucaristia è la forma normale di prolungarne gli effetti. Ecco un bel testo di Giovanni Crisostomo che accosta il gesto sacerdotale del culto e quello della carità: "Non vedi che solo al sacerdote è permesso presentare il calice del sangue del Signore? .. Anche se tu sei laico sembra dire Cristo - non lo rifiuto e non chiedo quanto io stesso ho dato, non esigo sangue ma un po' di acqua fresca. Pensa a chi tu dai da bere e trema. Renditi conto che tu diventi sacerdote di Cristo nell'offrire con la tua mano, non carne, ma pane, non sangue, ma un bicchiere d'acqua fresca”

Il legame fra evangelizzazione, celebrazione liturgica e carità fu assai sentito nella Chiesa delle origini, come mostra il testo di Giovanni Crisostomo. Questo grande Padre della Chiesa, con un'espressione ardita parlando della carità, che è concretamente l'applicazione delle esigenze evangeliche proposte da Gesù al capitolo 25 di Matteo sul giudizio finale e sulle opere di misericordia. Vivendo la carità in questa maniera, la terra diventa un cielo. L'espressione è bella e appropriata. Essa ricorda il doveroso legame tra la liturgia e la vita. Se infatti, secondo il detto dei primitivi slavi che hanno visto la liturgia cristiana, essa è "il cielo sulla terra", è interessante notare che già molti secoli prima era stato detto che, con la carità e le opere di misericordia "la terra diventa cielo".

Il diacono è abilitato al servizio della carità in stretta dipendenza con l'Eucaristia e alla cura privilegiata dei poveri, tanto nel servizio delle mense (opere di misericordia corporali), quanto nel servizio della parola (opere di misericordia spirituali) e rimanendo aperto al servizio di un amore-carità più grande, il martirio. In questi campi il loro servizio è particolarmente prezioso perché, nelle attuali circostanze, le necessità spirituali e materiali degli uomini, a cui la Chiesa è chiamata a dare risposte, sono molto diversificate. Essi, perciò, cerchino di servire tutti senza discriminazioni, prestando particolare attenzione ai più sofferenti e ai peccatori. Come ministri di Cristo e della Chiesa, sappiano superare qualsiasi ideologia e interesse di parte, per non svuotare la missione della Chiesa della sua forza, che è la carità di Cristo. La diaconia, infatti, deve far sperimentare all'uomo l'amore di Dio e indurlo alla conversione, ad aprire il suo cuore alla grazia.

3. Ambiti di esercizio delle funzioni diaconali

Il Vescovo, a cui il diacono nel rito di Ordinazione ha promesso “filiale rispetto e obbedienza”, gli conferisce mediante decreto uno specifico ufficio, tenendo conto delle necessità della Diocesi e anche della condizione familiare e professionale del diacono stesso. Venga così definito l'ambito territoriale o le persone alle quali deve essere indirizzato il suo servizio apostolico, come pure se l'ufficio debba essere a tempo pieno o parziale.

a) Il diacono come collaboratore in una parrocchia

La forma più diffusa del servizio diaconale è quella di collaboratore pastorale all'interno di una parrocchia. Si tratta per lo più dell'indicazione di uno o più settori specifici in cui il diacono assumerà una specifica responsabilità sotto la direzione del parroco e con una particolare attenzione all'animazione e al coinvolgimento dei fedeli laici. Tra i settori della pastorale parrocchiale che più frequentemente vengono affidati al diacono ci sono: pastorale familiare (animazione dei “gruppi-sposi”); animazione della Caritas parrocchiale; coordinamento della catechesi; formazione liturgica dell'assemblea; pastorale dei malati; formazione degli operatori pastorali laici.

La figura del diacono «collaboratore pastorale» sembra, per alcuni aspetti, presentare delle analogie con quella del presbitero vicario parrocchiale. Anche se il diacono non ha la piena cura animarum, egli è chiamato, simile come il vicario parrocchiale, a prestare al parroco il suo aiuto nel ministero pastorale mediante attività programmate insieme con questi e sotto la sua autorità. È interessante notare come nella concreta esperienza in atto si verifichi anche per il diacono quanto il Codice prevede per il vicario parrocchiale: il suo ministero diaconale, infatti, può essere diretto a tutta la parrocchia, o a una parte determinata di essa o, infine, a un certo gruppo di fedeli. Rispetto al presbitero vicario parrocchiale, il diacono si trova però in un rapporto di maggiore dipendenza nei confronti del parroco come pure degli altri presbiteri che collaborano con lui. Il vicario parrocchiale, infatti, pur essendo soggetto all'autorità del parroco, in forza della partecipazione al medesimo grado dell'Ordine è con il parroco garante della cura pastorale della parrocchia.

Quando si tratta di partecipare all'esercizio della cura pastorale di una parrocchia — nei casi in cui essa, per scarsità di presbiteri, non potesse avvalersi della cura immediata di un parroco — i diaconi hanno sempre la precedenza sui fedeli non ordinati. In tali casi, si deve precisare che il moderatore è un sacerdote, poiché soltanto lui è il «pastore proprio» e può ricevere l'incarico della «cura animarum», per la quale il diacono è cooperatore.

I diaconi possono essere destinati parimenti alla guida, in nome del parroco o del Vescovo, delle comunità cristiane disperse. «È una funzione missionaria da svolgere nei territori, negli ambienti, negli strati sociali, nei gruppi, dove manchi o non sia facilmente reperibile il presbitero. Specialmente nei luoghi dove nessun sacerdote sia disponibile per celebrare l'Eucaristia, il diacono riunisce e dirige la comunità in una celebrazione della Parola con distribuzione delle sacre Specie, debitamente conservate. È una funzione di supplenza che il diacono svolge per mandato ecclesiale quando si tratta di rimediare alla scarsità di sacerdoti». In tali celebrazioni, non si mancherà mai di pregare anche per l'incremento delle vocazioni sacerdotali, debitamente illustrate come indispensabili. In presenza di un diacono, la partecipazione all'esercizio della cura pastorale non può essere affidata ad un fedele laico, né ad una comunità di persone; così pure la presidenza di una celebrazione domenicale.

In ogni caso, le competenze del diacono devono essere accuratamente definite per iscritto nel momento del conferimento dell'ufficio. Tra i diaconi e i diversi soggetti della pastorale si dovranno perseguire, con generosità e convinzione, le forme di una costruttiva e paziente collaborazione. Se è dovere dei diaconi rispettare sempre l'ufficio del parroco e operare in comunione con tutti coloro che ne condividono la cura pastorale, è anche loro diritto essere accettati e pienamente riconosciuti da tutti. Nel caso in cui il Vescovo decida l'istituzione dei consigli pastorali parrocchiali, i diaconi, che hanno ricevuto una partecipazione alla cura pastorale della parrocchia, ne sono membri di diritto.

b) Il diacono come collaboratore nelle strutture diocesane

Sono molti gli uffici ecclesiastici che all'interno di una Chiesa particolare possono essere affidati a un diacono: anzi, secondo il can. 150, tutti quelli che non comportano la piena cura delle anime, per i quali si richiede l'esercizio dell'ordine sacerdotale. Il Codice determina anche quali uffici sono riservati al sacerdote (vescovo e presbitero nel linguaggio del Codice) e quali invece possono essere affidati anche ad altri fedeli.

Infatti, in presenza dei requisiti previsti, possono essere membri degli organismi diocesani di partecipazione; in particolare, del consiglio pastorale e, come detto, del consiglio diocesano per gli affari economici; possono anche partecipare al sinodo diocesano. Non possono, però, essere membri del consiglio presbiterale, in quanto esso rappresenta esclusivamente il presbiterio. Nelle curie possono essere chiamati a ricoprire, se in possesso dei requisiti espressamente previsti, l'ufficio di cancelliere, di giudice, di assessore, di uditore, di promotore di giustizia e difensore del vincolo, di notaio. Non possono, invece, essere costituiti vicari giudiziali, né vicari giudiziali aggiunti, né decani, in quanto questi uffici sono riservati ai sacerdoti.

Altri campi aperti al ministero dei diaconi sono gli organismi o commissioni diocesane, la pastorale in ambienti sociali specifici, in particolare la pastorale della famiglia, o per settori della popolazione che richiedono speciale cura pastorale, come, per esempio, i gruppi etnici.

c) Attivitŕ professionale, sociale e politica

Il diacono, come ogni ministro ordinato, è chiamato a titolo particolare a favorire “in sommo grado il mantenimento della pace e della concordia fra gli uomini” e ad essere segno credibile di unità nella comunità cristiana. Pertanto, mentre deve porre tutto il suo impegno a favore della giustizia e della pace, gli è preclusa ogni attività che, pur positiva e necessaria nella convivenza umana, possa farlo apparire uomo di parte. Egli quindi non può impegnarsi nella militanza politica attiva e neppure assumere ruoli di governo o di rappresentanza civica (responsabile di circoscrizione, consigliere comunale e regionale, parlamentare). Anche l'attività sindacale è normalmente preclusa al diacono, salvo esplicito consenso del Vescovo. Così pure gli è preclusa l'attività militare professionale, se non con la licenza del proprio Ordinario.


Conclusione

I tre ambiti del ministero diaconale, a seconda delle circostanze, potranno certamente, l'uno o l'altro, assorbire una percentuale più o meno grande dell'attività di ogni diacono, ma insieme costituiscono una unità nel servizio al piano divino della Redenzione: il ministero della Parola conduce al ministero dell'altare, il quale, a sua volta, spinge a tradurre la liturgia in vita, che sboccia nella carità.

Se consideriamo la profonda natura spirituale di questa diaconía, allora possiamo apprezzare meglio l'interrelazione fra le tre aree del ministero tradizionalmente associate con il diaconato, cioè la diaconia della Parola, la diaconia dell'altare e la diaconia della carità. A seconda delle circostanze l'una o l'altra di queste può assumere particolare importanza nel lavoro individuale di un diacono, ma questi tre ministeri sono inseparabilmente uniti nel servizio del piano redentore di Dio.

Su questo piano il diaconato permanente arriva: a) per arricchire la Chiesa con le funzioni del suo servizio che altrimenti, in molte regioni, avrebbero potuto difficilmente essere esercitate; b) per rafforzare con la grazia dell'ordinazione diaconale coloro che già esercitavano di fatto funzioni diaconali; c) per la preoccupazione di provvedere di ministri sacri quelle regioni che soffrono la scarsità del clero.

La restaurazione del diaconato permanente non intende però far sostitutivo del presbiterato nei posti dove lo manca, perché il sacerdozio ministeriale è assolutamente insostituibile e necessario all'esistenza stessa della comunità come Chiesa. Infatti, se nella comunità viene a mancare il sacerdote, essa si trova priva dell'esercizio e della funzione sacramentale di Cristo Capo e Pastore. «Non si deve pensare al sacerdozio ordinato come se fosse posteriore alla comunità ecclesiale quasi che questa possa essere concepita come già costituita senza tale sacerdozio». Ogni altra soluzione per far fronte ai problemi derivanti dalla carenza di sacri ministri non può che risultare precaria. Il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta tutti i fedeli anzitutto attraverso la preghiera e una vita perfettamente cristiana.

Mi piace concludere con queste riflessioni che i Vescovi italiani hanno scritto nel documento Evangelizzazione e ministeri del 1977: «Col ripristino del diaconato permanente la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale. Il diaconato concorre così a costituire la Chiesa e a dame un immagine più completa e più rispondente al disegno di Cristo, e più in grado, per interna e spirituale potenza, di adeguarsi a una società che ha bisogno di fermentazione evangelica e caritativa».

Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti (22 febbraio 1998), n. 22.

Cf Pontificale Romanum - De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, Editio typica altera, Typis Polyglottis Vaticanis 1990, n. 210, p. 125: «Accipe Evangelium Christi, cuius praeco effectus es; et vide, ut quod legeris credas, quod credideris doceas, quod docueris imiteris».

C.I.C, can. 757

Cf A. G. URRU, La funzione di insegnare della Chiesa nella legislazione attuale, Roma 2001, p. 60.

Cf PAOLO VI, Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 60.

Cf A. G. URRU, La funzione di insegnare della Chiesa …, cit., pp. 58-60.

Cf C.I.C, can. 772.

Cf E. TEJERO, Il commento al can. 764, in Codice di Diritto Canonico e leggi complementari commentato, Edizione italiana diretta da J. I. Arrieta, Coletti a San Pietro Editore 2004, p. 530.

Cf C.I.C., can. 760; GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. postsinodale Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, nn. 6, 30.

«Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la verità… nello stesso tempo la fede cattolica deve essere spiegata con più profondità e più esattezza, con quel modo di esprimersi che possa davvero essere compreso bene anche dai fratelli separati» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 11).

J. A. CORIDEN, in AA. VV., New Commentary on the Code of Canon Law, commissioned by The Canon Law Society of America, New York, N. Y. - Mahwa, N. J. 2000, p. 923.

Cf PAOLO VI, Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, cit., n. 25.

Ibidem, n. 26.

Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 6.

Ibidem, 8.

Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Consilium, 7.

Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25a; Cost. dogm. Dei Verbum, 10a.

Cf C.I.C., can. 753.

Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 10.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.

Sulla questione non sono mancati interventi molto chiari ed autorevoli del Magistero anche in tempi recenti: BENEOETT XV, Lett. Enc. Humani generis, 15 luglio 1917; PAOLO VI, Lett. Enc. Ecclesiam suam, 16 agosto 1964; Assemblea Generale del Sinodo dei vescovi, dichiarazione del 30 novembre 1971; PAOLO VI, Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, nn. 25-39; GIOVANNI PAOLO II, Enc. Redemptor hominis, 4 marzo 1979, n. 19; Esort. Apost. postsinodale Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, nn. 6, 21, 30.

Cf C.I.C., can. 769; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 13; Decr. Presbyterorum Ordinis, 4; Cost. Gaudium et spes, 4; PAOLO VI, Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, nn. 40, 63.

Cf A. G. URRU, La funzione di insegnare…, cit., p. 84.

Cf Institutio Generalis Missalis Romani, nn. 42, 61; cf Congregazione per il Clero ed altri Dicasteri, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), art. 3.

La Costituzione Sacrosanctum Concilium, n. 52, aveva offerto una nozione d'omelia che il n. 54 dell'istr. lnter oecumenici del 26.XI.1964, eleva a definizione: «Sotto il nome d'omelia, che va fatta su di un testo sacro, s'intende la spiegazione sia di taluni aspetti degli insegnamenti della sacra Scrittura, sia d'ogni altro testo preso dalle letture ordinarie o dalle letture proprie della Messa del giorno, tenendo conto tanto del mistero che si celebra, quanto delle particolari necessità di chi ascolta».

Cf C.I.C., can. 767, § 1.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, n. 25.

Cf ibidem.

I principali sono il decreto conciliare Christus Dominus, 14; il decreto conciliare Inter mirifica, 16; Esort. Apost. Catechesi tradendae, n. 46.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, nn. 25-26.

PAOLO VI, Esort. Apost. Evangelii nuntiandi, pp. 5-76.

Cf C.I.C., cann. 804-805.

Cf ibidem, can. 810.

Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 13; cf C.I.C., can. 761.

Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sui mezzi di Comunicazione sociale Inter mirifica, n. 1

Cf. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002) n. 11.

Cf C.I.C, can. 823, § 1.

Cf A. G. URRU, La funzione di insegnare…, cit., pp. 172-173.

Cf Ibidem., pp. 188-189

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero , n. 26.

Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2a.

Cf C.I.C., cann. 784, 786.

Cf docmento CEI del '93 n. 13

Cf L. BRANDOLINI, Il Ministero del Diacono Permanente nella pastorale delle chiese italiane: orientamenti, problemi, attese, linee d'azione, in Liturgia 160 (2000) p. 394.

Cf. J. GARCIA MARTIN, Nuovo ordinamento giuridico delle missioni, in AA. VV., Missiologia oggi, P.U. Urbaniana 1985, p. 170.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 6.

Cf A. G. URRU, Il nuovo Codice di diritto canonico, in Sacra dottrina 28 (1983) pp. 194-212.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 6.

Cf C.I.C., can. 369.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 27.

Cf S. MARSILI, Liturgia e non-liturgia, in AA. VV., Anamnesis. La liturgia momento nella storia della salvezza, Marietti, Torino 1974, p. 137.

Amministrare "solennemente" il battesimo; conservare e distribuire l'eucaristia; assistere e benedire il matrimonio in nome della chiesa; portare il viatico ai moribondi; leggere la Sacra Scrittura ai fedeli; istruire ed esortare il popolo; presiedere al culto e alla preghiera dei fèdeli; amministrare i sacramentali; presiedere al rito funebre e alla sepoltura.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 16.

Cf E. Petrolino, Diaconi permanenti nella Chiesa del Terzo Millenio, in Liturgia 162 (2000) pp. 728-729.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 29.

Cf ibidem, n. 28.

Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 28; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Dogm. Lumen gentium, 29.

Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1570.

Cf E. Petrolino, Diaconi permanenti nella Chiesa del Terzo Millenio, cit., p. 723.

Cf Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Trallianos, 3, 1.

Cf Norme sul Messale Romano, 127.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 28.

Cf,AA.VV., Presenza ed azione dello Spirito Santo nella liturgia, Teresianum, Roma 1981, p. 141

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 30.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 26.

Cf C.I.C., can. 846, § 1.

Cf ibidem, cann. 841, 846.

Cf ibidem, can. 840.

Cf ibidem., can. 929.

Cf Institutio generalis Missalis Romani, nn. 81b, 300, 302; Institutio generalis Liturgiae Horarum, n. 255; Pontificale Romanum - Ordo dedicationis ecclesiae et altaris, nn. 23, 24, 28, 29, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1977, pp. 29 et 90; Rituale Romanum - De Benedictionibus, n. 36, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1985, p. 18; Ordo coronandi imaginem beatae Mariae Virginis, n. 12, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis 1981, p. 10; Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni in assenza del presbitero Christi Ecclesia, n. 38; Pontificale Romanum - De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum, nn. 188: (« Immediate post Precem Ordinationis, Ordinati stola diaconali et dalmatica induuntur, quo eorum ministerium abhinc in liturgia peragendum manifestetur »); Caeremoniale Episcoporum, n. 67, Editio typica, Libreria Editrice Vaticana 1995, pp. 28-29.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 29.

Cf B. F. PIGHIN, Diritto sacramentale, Marcianum Press, Venezia 2006, pp. 119-120.

C.I.C., can. 861, § 1.

Cf ibidem, can. 530, 1.

Cf C.I.C.'17, can. 462.

Cf B. F. PIGHIN, Diritto sacramentale, cit., p. 120.

Cf ibidem, p. 122.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero …, n. 31.

Cf ibidem, n. 30.

Cf L. BRANDOLINI, Il Ministero del Diacono Permanente …, cit., p. 395.

Cf C.I.C., can. 899, § 3.

Cf ibidem, can. 899, § 2.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 1.

Cf Institutio generalis Missalis Romani, nn. 61.

Cf C.I.C., can. 930, § 2.

Cf ibidem.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 6.

Cf. Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia (25 marzo 2004) n. 34.

Cf Congregazione per il Clero, ecc., Istr. Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), disposizioni pratiche, 6.

Cf C.I.C., can. 910, § 1.

Cf ibidem, can. 911, § 2.

Cf ibidem, can. 943; PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22.

Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza di presbiterio, nn. 715-764; cf C.I.C, can. 1248.

Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 106; cf Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni …, n. 8; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost. Dies Domini.

Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni …, n. 19; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost Dies Domini, n. 53.

Congregazione per il Clero, ecc., Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 7 § 2.

Principi e norme per l'uso del Messale Romano, n. 7.

Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, n. 5.

Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni …, n. 5.

Cf Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni …, n. 38; Congregazione per il Clero, ecc. Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 7.

Cf. Congregazione per il Clero, ecc. Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 7 § 1.

Cf C.I.C, can. 515 § 1.

Cf GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Familiaris consortio, n. 73.

Cf C.I.C., can. 1063.

Sulla preparazione al matrimonio e la sua celebraione, il Pont. Cons. per la Famiglia ha pubblicato un apposito documento con data 13 maggio 1996, intitolato La preparazione al matrimonio, Città del Vaticano 1996.

Cf C.I.C., can. 1108.

Cf ibidem, can. 1111, §§ 1-2.

Cf ibidem, can. 137, §§ 3-4.

Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota circa il Ministro del Sacramento
dell'Unzione degli Infermi (11 febbraio 2005); C.I.C., can. 1103, § 1; Conc. Ecum. di Firenze, Bolla Exsultate Deo (DS 1325); Conc. Ecum. di Trento, Doctrina de sacramento extremae unctionis, cap. 3 (DS 1697) e can. 4 de extrema unctione (DS 1719); cfr anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 151.

Cf C.I.C., cann. 1379 e 392 § 2.

Congregazione per il Clero, ecc. Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 9 § 1.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, II, 10; Congregazione per il Clero, ecc. Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 9.

Cf G. FALANGA, La malatia e l'unzione degli infermi, in Liturgia 171 (2002) p. 268.

Cf PAOLO VI, Cost. Apost. Laudis canticum (1 novembre 1970) n. 1.

Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, 14.

Cf A. CUVA, Preghiera del giorno, in Enciclopedia di Pastorale. 3. Liturgia, Piemme 1988, p. 140.

Cf A. PARATI, La Liturgia delle Ore, in Liturgia 167 (2001) p. 515.

Cf C.I.C., can. 276.

Cf G. SARZI SARTORI, Commento a un canone: Celebrare la Liturgia delle Ore (can. 1174), in Quaderni di diritto ecclesiale 6 (1993) pp. 422-440.

Cf B. F. PIGHIN, Diritto sacramentale, cit., p. 337.

Cf C.I.C., can. 276, § 2, n. 3.

Cf CEI, Delibera n. 1 del 23 dicembre 1983, in Enchiridion CEI, vol 3 (1980-1985), Bologna 1986, p. 914.

Cf Institutio generalis Liturgiae Horarum, nn. 20; 255-256.

Cf GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001) n. 34.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero , n. 36; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 60; C.I.C., can. 1166 e can. 1168; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1667.

Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1669.

Cf B. F. PIGHIN, Diritto sacramentale, cit., p. 328.

Cf Rituale Romanum - De Benedictionibus, n. 18c.

Cf Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1684; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 81-82.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 5; Congregazione per il Clero, ecc. Istr. Ecclesiae de mysterio, art. 12.

Cf Rituale Romanum - De Benedictionibus, n. 18c.

Cf Ordo Exsequiarum, praenotanda, n. 19.

Cf Congregazione per il Clero, ecc., Istr. Ecclesia de Mysterio, art. 12.

BENEDETTO XVI, Lett. Enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005) n. 25.

Cf ibidem, nn. 21-23.

Cf BENEDETTO XVI, Discorso nell'udienza ai diaconi permanenti della Diocesi di Roma (18 febbraio 2006).

Cf GIOVANNI PAOLO II, Discorso nell'udienza ai Membri dell'Assemblea Plenaria della Congregazione per il Clero su: Il ministero e la vita dei diaconi permanenti (30 novembre 1995) n. 6.

Cf PAOLO VI, Motu proprio Ad Pascendum, Introduzione.

Cf IPOLITO, Traditio Apostolica, 8, 24; S. Ch. 11 bis, pp. 58-63; 98-99; Didascalia Apostolorum (Siriaca), capp. III, XI: A. Vööbus (ed.) The « Didascalia Apostolorum » in Syriae (testo originale in siriaco e trad. in inglese), CSCO, vol. I, n. 402 (tomo 176), pp. 29-30; vol. II, n. 408 (tomo 180), pp. 120-129; Didascalia Apostolorum, III, 13 (19), 1-7: F. X. Funk (ed.), Didascalia et Constitutiones Apostolorum, Paderbornae 1906, I, pp. 212-216; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, 13.

S. POLICARPO, Epist. ad Philippenses, 5, 2: SC 10 bis, p. 182; citato in Lumen gentium, 29a.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, l.c., 698.

G. CRISOSTOMO, Homiliae in Matthaeun, 45, 2-3: Patrologia graeca 58, 474.

Cf N. BROX, Far si che la terra diventi cielo. La diaconia nella Chiesa delle origini, in Concilium 4 (1988) pp. 59-68.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, n. 38.

Cf P. PAVANELLO, La determinazione canonica del ministero del diacono permanente, in Quaderni di diritto ecclesiale 10 (1997) p. 151.

Cf C.I.C., can. 545 § 1.

Cf ibidem, can. 545 § 2.

Cf ibidem, can. 548 § 3; P. PAVANELLO, La determinazione canonica …, cit., p. 152.

Cf C.I.C., can. 517 § 2

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, n. 41.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 10.

Cf C.I.C., can. 1248, § 2; Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni …, n. 29.

GIOVANNI PAOLO II, Catechesi nell'Udienza generale (13 ottobre 1993) n. 4, Insegnamenti XVI, 2 (1993), p. 1002.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, n. 41.

Cf ibidem; PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 24; C.I.C., can. 536.

Cf H. SCHWEDENWEIN, Der ständige Diakon, in Handbuch des Katholischen Kirchenrechts, Regensburg 1983, pp. 237-238.

Cf PAOLO VI, Lett. Apost. Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 24; C.I.C., can. 512, § 1.

Cf C.I.C., can. 463, § 2.

Cf Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; Decr. Christus Dominus, 27; Decr. Presbyterorum Ordinis, 7; C.I.C., can. 495, § 1.

Cf C.I.C., can. 482.

Cf ibidem, can. 1421, § 1.

Cf ibidem, can. 1424.

Cf ibidem, can. 1428, § 2.

Cf ibidem, can. 1435.

Cf ibidem, can. 483, § 1.

Cf ibidem, can. 1420, § 4.

Cf Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero, n. 42.

Cf C.I.C., can. 287.

Cf ibidem, can. 289.

Cf GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione ai diaconi permanenti degli USA, Detroit (19 settembre 1987) n. 3, Insegnamenti, X, 3 (1987), p. 656.

Cf Congregazione per l'Educazione cattolica, Congregazione per il Clero, Dichiarazione congiunta e introduzione alle Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti e Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti (22 febbraio 1998) n. 2.

GIOVANNI PAOLO II, Esort. Apost. Pastores dabo vobis, n. 16.

Cf Congregazione per il Clero, ecc., Istr. Ecclesia de Mysterio, principi teologici, n. 3.

Cf CEI, Evangelizzazione e ministeri del 1977, n. 60.

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