Lektury III rok


LETTURE OBBLIGATORIE III ANNO

1. C. Goldoni: La Locandiera.

2. V. Alfieri: Mirra.

3. U. Foscolo: Ultime lettere di Jacopo Ortis.

4. A. Manzoni: I Promessi sposi.

5. G. Verga: I Malavoglia.

6. G. D'Annunzio: Il Piacere.

7. I. Svevo: La coscienza di Zeno.

8. L. Pirandello: Il fu Mattia Pascal (romanzo); Sei personaggi in cerca d'autore (teatro).

9. F. Tozzi: Con gli occhi chiusi.

10. D. Buzzati: Il deserto dei Tartari.

11. A. Moravia: Gli indifferenti.

12. I. Silone: Fontamara.

13. E. Vittorini: Conversazione in Sicilia.

14. C.E. Gadda: La cognizione del dolore.

15. F. Jovine: Le terre del Sacramento.

16. C. Pavese: La luna e i falò.

17. V. Pratolini: Metello.

18. P. Levi: Se questo è un uomo.

19. I. Calvino: I nostri antenati: Il cavaliere inesistente.

20. G. Tomasi Di Lampedusa: Il Gattopardo.

21. L. Sciascia: A ciascuno il suo.

22. U. Eco: Il nome della rosa.

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

(Oh ricordi crudeli!)

Alfin siam soli:

potrò senza ritegni

il mio contegno esagerar; chiamarti

mia speme, mio diletto,

luce degli occhi miei ...

No, principessa,

questi soavi nomi

non son per me: serbali pure ad altro

più fortunato amante.

E il tempo è questo

di parlarmi così? Giunto è quel giorno ...

Ma semplice ch'io son: tu scherzi, o caro,

ed io stolta m'affanno.

Ah! non t'affanni

senza ragion.

Spiegati dunque.

Ascolta:

ma coraggio, Aristea! L'alma prepara

a dar di tua virtù la prova estrema.

Parla. Ahimè! che vuoi dirmi? Il cor mi trema.

Odi. In me non dicesti

mille volte d'amar, più che il sembiante, il grato cor, l'alma sincera, e quella, che m'ardea nel pensier, fiamma d'onore?

Lo dissi, è ver. Tal mi sembrasti, e tale ti conosco, t'adoro.

E, se diverso

fosse Megacle un dì da quel che dici;

se infedele agli amici,

se spergiuro agli Dei, se, fatto ingrato

al suo benefattor, morte rendesse

per la vita che n'ebbe, avresti ancora

amor per lui? lo soffriresti amante?

l'accetteresti sposo?

E come vuoi

ch'io figurar mi possa

Megacle mio sì scellerato?

Or sappi

che per legge fatale,

se tuo sposo divien, Megacle è tale.

Come!

Come! già m'abbandoni?

È forza, o cara,

separarsi una volta.

E parti ...

E parto

per non tornar più mai.

Senti. Ah, no ... Dove vai?

A spirar, mio tesoro,

lunghi dagli occhi tuoi.

Soccorso ... io ... moro.

Misero me, che veggo!

Ah, l'oppresse il dolor! Cara mia speme,

bella Aristea, non avvilirti; ascolta:

Megacle è qui. Non partirò. Sarai ...

Che parlo? Ella non m'ode. Avete, o stelle,

più sventure per me? No, questa sola

mi restava a provar. Chi mi consiglia?

Che risolvo? Che fo? Partir? Sarebbe

crudeltà, tirannia. Restar? Che giova?

Forse ad esserle sposo? E `l re ingannato,

e l'amico tradito, e la mia fede,

e l'onor mio lo soffrirebbe? Almeno

partiam più tardi. Ah, che sarem di nuovo

a quest'orrido passo! Ora è pietade

l'esser crudele. Addio, mia vita; addio,

mia perduta speranza. Il ciel ti renda

più felice di me. Deh! conservate

questa bell'opra vostra, eterni Dei;

e i dì, ch'io perderò, donata a lei.

Licida! ... Dov'è mai? Licida!

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Aristea:

Megacle:

Licida:

Megacle:

Licida:

Megacle:

Licida:

Megacle:

Tutto l'arcano

ecco ti svelo. Il principe di Creta

langue per te d'amor. Pietà mi chiede,

e la vita mi diede. Ah, principessa,

se negarla poss'io dillo tu stessa.

E pugnasti ...

Per lui.

Perder mi vuoi ...

Sì, per serbarmi sempre degno di te.

Dunque io dovrò ...

Tu dei

coronar l'opra mia. Sì, generosa,

adorata Aristea, seconda i moti

d'un grato cor. Sia, qual io fui finora,

Licida in avvenire. Amalo. È degno

di sì gran sorte il caro amico. Anch'io

vivo di lui nel seno,

e s'ei t'acquista, io non ti perdo appieno.

Ah, qual passaggio è questo! Io dalle stelle

precipito agli abissi. Eh, no: si cerchi

miglior compenso. Ah! senza te la vita

per me vita non è.

Bella Aristea,

non congiurar tu ancora

contro la mia virtù. Mi costa assai

il prepararmi a sì gran passo. Un solo

di quei teneri sensi

quant'opera distrugge!

E di lasciarmi ...

Ho risoluto.

Hai risoluto? e quando?

Questo (morir mi sento)

questo è l'ultimo addio.

L'ultimo! Ingrato ...

Soccorretemi, o Numi! Il piè vacilla:

freddo sudor mi bagna il volto; e parmi

ch'una gelida man m'opprima il core!

Sento che il mio valore

mancando va. Più che a partir dimoro,

meno ne son capace.

Ardir. Vado, Aristea: rimanti in pace.

Intese

tutto Aristea?

Tutto. T'affretta, o prence;

soccorri la tua sposa.

Ahimè! che miro!

Che fu?

Doglia improvvisa

le oppresse i sensi.

E tu mi lasci?

Io vado ...

Deh, pensa ad Aristea. (Che dirà mai quando in sé tornerà! Tutte ho presenti, tutte le smanie sue). Licida, ah! senti.

Se cerca, se dice:

- L'amico dov'è? -

- L'amico infelice, -

rispondi, - morì. -

Ah! no, sì gran duolo

non darle per me:

rispondi, ma solo:

- Piangendo partì. -

Che abisso di pene

lasciare il suo bene,

lasciarlo per sempre,

lasciarlo così!

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Oh Dio, regina!

Ancora

forse della mia fede incerto stai?

No: più funeste assai

son le sventure mie. Vuole il destino ...

Chiari i tuoi sensi esponi.

Vuol ... (mi sento morir) ch'io t'abbandoni.

M'abbandoni! Perché?

Di Giove il cenno,

l'ombra del genitor, la patria, il cielo,

la promessa, il dover, l'onor, la fama

alle sponde d'Italia oggi mi chiama.

La mia lunga dimora

pur troppo degli Dei mosse lo sdegno.

E così fin ad ora,

perfido, mi celasti il tuo disegno?

Fu pietà.

Che pietà? Mendace il labbro

fedeltà mi giurava,

e intanto il cor pensava

come lunge da me volgere il piede!

A chi, misera me! darò più fede?

Vil rifiuto dell'onde

io l'accolgo dal lido; io lo ristoro

dalle ingiurie del mar; le navi e l'armi,

già disperse, io gli rendo, e gli do loco

nel mio cor, nel mio regno; e questo è poco.

Di cento re per lui,

ricusano l'amor, gli sdegni irrito:

ecco poi la mercede.

A ch, misera me! darò più fede?

Fin ch'io viva, o Didone,

dolce memoria al mio pensier sarai;

né partirei giammai,

se per voler de' Numi io non dovessi

consacrare il mio affanno

all'impero latino.

Veramente non hanno

altra cura gli Dei che il tuo destino.

Io resterò, se vuoi

che si renda spergiuro un infelice.

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

Didone:

Enea:

No: sarei debitrice

dell'impero del mondo a' figli tuoi.

Va pur, siegui il tuo fato:

cerca d'Italia il regno; all'onde, ai venti

confida pur la speme tua; ma senti:

farà quell'onde istesse

delle vendette mie ministre il Cielo;

e tardi allor pentito

d'aver creduto all'elemento insano,

richiamerai la tua Didone invano.

Se mi vedessi in core ...

Lasciami traditore.

Almen dal labbro mio

con volto meno irato

prendi l'ultimo addio.

Lasciami ingrato.

E pur con tanto sdegno

non hai ragion di condannarmi.

Indegno!

Non ha ragione, ingrato!,

un core abbandonato

da chi giurogli fé?

Anime innamorate,

se lo provaste mai,

ditelo voi per me.

Perfido!! tu lo sai

se in premio un tradimento

io meritai da te.

E qual sarà tormento,

anime innamorate,

se questo mio non è?

E soffrirò che sia

sì barbara mercede

premio della tua fede, anima mia!

Tanto amor, tanti doni ...

Ah! pria ch'io t'abbandoni,

per l'Italia, il mondo;

resti in oblio profondo

la mia fama sepolta;

vada in cenere Troia un'altra volta.

Ah che dissi! alle mie amorose follie,

gran genitor, perdona: io n'ho rossore.

Non fu Enea che parlò, lo disse Amore.

Si parta ... e l'empio Moro

stringerà il mio tesoro?

No... Ma sarà frattanto

al proprio genitor spergiuro il figlio?

Padre, Amor, Gelosia, Numi, consiglio!



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