TribunaleÊmpano di Appello

Mariusz Czajkowski, lezione IV

TRIBUNALE ECCLESIASTICO CAMPANO di APPELLO

Rev.mo LUIGI MARINI, Pres. – G.I.

PANORMITANA

NULLITA’ DEL MATRIMONIO

(VITO – TINA)

Prot. 30/06

La querela di nullità di sentenza insieme con appello (can. 1625 e art. 274 § 3 Instr. “Dignitas connubiiâ€)

per difetto del legittimo mandato (can. 1620 n.6; art 270 n. 6 Istr. “Dignitas connubiiâ€)

Rev.mo G.I.!

In data 21 giugno 2005 il sig. prof. Vito presentava libello davanti al Trib. Eccl. Reg. Siculo, chiedendo la dichiarazione di nullità del proprio matrimonio, contrato il 27 luglio 1991 a Palermo con la signora Tina, sarebbe stato nullo per aver lui stesso escluso l’indissolubilità del vincolo.

Al libello era allegato un mandato di patrocinio conferito all’avv. S. e di procura all’avv. E., entrambi residenti stabilmente a Roma, nonostante che il Regolamento del Tribunale Regionale Siculo richiede che il Procuratore debba risiedere nel territorio della Regione.

Negli atti il mandato è così formulato: “nomino quale mio Patrono il prof. S. e quale mio procuratore l’avvocato E., affinché mi rappresentino e difendano, con promessa di rato e valido di tutto il loro operato. Conferisco ai già costituiti difensori, prof. S. ed avv. E. tutte quelle facoltà…†(cf. Summ. P. 11).

Di fatto, l’avv. E. nella causa preso il TERS – ha agito indifferentemente come procuratore e come avvocato, partecipando cioè agli interrogatori, sottoscrivendo i verbali qualificandosi indifferentemente talvolta come “Patrono†(e cioè avvocato) (cf. Summ. p. 97, 100, 106, 111, 117, 123, 130, 176), talaltra come procuratore (cf. Summ. p. 35, 48, 59, 65, 72, 76, 81, 107, 180, 181).

Il 21 luglio 2006 i giudici emanavano sentenza dichiarante la nullità del matrimonio.

Come per diritto, gli atti venivano trasmessi a Q.S.T. (can. 1682 § 1; art. 264 Instr. “Dignitas Connubiiâ€).

Successivamente la convenuta conferiva mandato speciale al sottoscritto patrono.

DIRITTO

Quando qualcuno agì, al di fuori di quanto previsto dal can. 1484 § 2 (similmente l’art. 106 § 2), senza “legittimo†mandato. Ciò che può verificarsi: a) quando qualcuno sia inabile a svolgere la funzione di avvocato oppure per ragioni di urgenza, per evitare l’estinzione di un diritto, abbia agito senza mandato e non abbia sanato il difetto entro il tempo stabilito dal giudice; b) quando il mandato sia stato esibito, ma non sia “legittimoâ€; ad es. sia stato conferito da persona incapace oppure la firma non sia stata autenticata da chi di dovere; c) quando il mandato sia stato conferito, ma in forma ordinaria e per il solo patrocinio (non anche per la rappresentanza: cioè come procuratore) e chi lo ha ricevuto ha compiuto atti incompatibili con la figura giuridica conferitagli (ad es. un soggetto nominato soltanto come avvocato dalla parte convenuta che si oppone alla dichiarazione di nullità del matrimonio che, senza previa autorizzazione della parte o successiva ratifica del proprio agire, chieda la dichiarazione di nullità del vincolo).

Le due funzioni di procuratore ed avvocato vengono comprese nel termine più generico di patrono. Tale termine viene usato nel can. 1490 per riferirsi al procuratore ed avvocato pubblico. Inoltre, nelle norme concrete di procedura lo si usa spesso per riferirsi indistintamente alle due figure. La ragione di tale terminologia unitaria deriva dalla prassi canonica in qui una stessa persona svolge i due ruoli. Però, la legge distingue nettamente le due funzioni, che sono regolate astrattamente in modo diverso1.

Il procuratore alle liti è la persona con mandato legittimo per amministrare il negozio giudiziale di un'altra persona che ha il potere di rappresentare la parte durante il processo. I suoi atti, se compresi nel mandato ricevuto, si considerano realizzati dalla stessa parte. Il procuratore agisce sempre in nome della parte: il compito del procuratore ha natura piuttosto formale, di tempestiva rappresentanza della volontà della parte rispetto ad ognuno dei momenti e degli atti del processo2.

Alcuni autori ritengono che il termine "defensor" del can. 1481 §3 venga applicato anche al procuratore nel c. 1519 §13.

Poiché la funzione del procuratore consiste nella rappresentanza della parte durante il processo, è lui che deve esprimere la volontà della parte nei singoli atti processuali e, conseguentemente, è al procuratore che devono essere presentate le notifiche degli atti. In pratica, ogni qual volta il codice si riferisce alle parti si intende che lo fa al rappresentante, a meno che espressamente si dica al contrario o sia evidente per la natura della cosa. Tale rappresentanza implica l'unità di volontà tra il procuratore e la parte, anche se talvolta tale volontà può essere cambiata. Come conseguenza di ciò il procuratore non può realizzare alcuni atti di rappresentanza che implicano decisioni gravi: rinunciare all'azione, all'istanza, a certi atti processuali; e nemmeno può decidere soluzioni non giudiziali della controversia come sono l'arbitrato, la conciliazione o la transazione. Per fare ciò non si presume l'unità di volontà tra il procuratore ed il rappresentato ed il codice esige un mandato speciale (can. 1485). L'unità di intenti dà anche luogo ad una norma specifica secondo la quale il procuratore può essere soltanto uno senza la facoltà di poter essere sostituito da un altro, a meno che la parte stessa lo abbia espressamente previsto (can. 1482 §1). In casi eccezionali i procuratori possono essere più di uno, ma si devono adempiere vari requisiti: che ci sia giusta causa, che siano costituiti in solidum (non collegialmente) e che tra loro si applichi il principio della prevenzione, in modo che la citazione del primo escluda gli altri dal diritto di intervenire validamente nella causa, eccetto nei casi in cui il primo procuratore cessi dall'ufficio o sia stato ricusato4.

Per il procuratore la legge particolare a volte esige (a differenza dell'avvocato) che abbia domicilio nella diocesi del tribunale o nelle vicinanze5

L’ avvocato è la persona che interviene nel processo in aiuto della parte, prestando ad essa l'assistenza tecnica, al fine di esercitare una difesa adeguata. Non rappresenta la parte, ma la difende processualmente, perciò necessita anch'egli del mandato della parte. A differenza del procuratore, l'avvocato esercita il suo ruolo in nome proprio anche se a favore della parte, presentandone tecnicamente i desideri in ordine ad una adeguata difesa ed esposizione delle sue pretese6. La natura dell'operato dell'avvocato è meno formale di quella relativa al procuratore, poiché riguarda gli atti in cui è direttamente interessato il merito della controversia, puntando sul loro contenuto: il libello (can. 1504), l'oggetto del contraddittorio (can. 1513 §§2-3), le prove da proporre (can. 1527)7.

Per quanto riguarda la funzione dell'avvocato non si presentano le precedenti difficoltà relative all'unità di volontà tra difensore e parte. All'avvocato spetta la versione tecnica delle pretese della parte, offrendo al giudice un'interpretazione degli acta et probata che sia a sostegno degli interessi del cliente. In tale funzione incide anche l'obbligo istituzionale di cercare la verità, nell'ambito del proprio ruolo8. Perciò la difesa può essere affidata simultaneamente a varie persone, che possono intervenire nella causa sia in solidum sia collegialmente9.

Il can. 1484 regola la questione del mandato obbligando procuratori ed avvocati a depositare presso il tribunale, un mandato autentico, prima di assumere l'incarico. Il mandato è l'atto giuridico tramite il quale vengono costituiti legittimamente il rappresentante e il difensore. Consiste in un documento scritto dal quale devono risultare la nomina dei patroni e le facoltà di rappresentanza e difesa loro affidate10.

Per quanto riguarda il contenuto, il mandato deve fare riferimento espresso al processo, poiché si tratta di "mandatum ad lites" e non di mandato generico con il quale la parte nomina un rappresentante e difensore che si occupano dei suoi affari o negozi giuridici. Questo riferimento espresso al contenuto e alla facoltà di cui il mandante investe i patroni dà luogo ad una varietà di mandati: ad una causa o a tutte le cause; per gli atti iniziali, consecutivi o conclusivi; per una o per tutte istanze. E' proprio il contenuto a segnare il momento della scadenza del mandato, che sarà la fine dell'istanza per la quale si è ricevuto il mandato. L'istanza termina con la pubblicazione della sentenza definitiva, ma il procuratore (non l'avvocato) gode ancora di alcune facoltà in quella fase, cioè potrà interporre appello presso il tribunale inferiore (giudice a qua); a meno che la parte glielo abbia vietato espressamente (can. 1486 §2). Invece, per proseguire l'appello (presso il giudice ad quem, superiore) è, necessario un nuovo mandato, a meno che già il primo attribuisse questa facoltà. Nel contenuto del mandato possono essere preventivamente incluse tutte le facoltà relative agli atti processuali per i quali la legge esige un mandato speciale, senza il quale il procuratore non può validamente agire a nome della parte (rinuncia, compromessi, transazione e arbitrato, can. 1485)11.

L'autenticità del mandato consiste nella firma autentica del documento da parte del mandante, debitamente accreditata. L'accreditazione di questa autenticità si regola secondo le norme relative ai documenti pubblici ecclesiastici e civili (can. 1540 §1); Llobell critica la prassi di accreditazione che spesso si realizza con la firma di un parroco poiché pensa che non rientra nell'ambito di competenze specifiche dell'ufficio di parroco12. Proprio questa autenticità può venir meno nel processo in quanto il patrono si troverà nella necessità di realizzare in nome del mandante alcuni atti per i quali non ha ricevuto facoltà. In questi casi il can. 1484 §2 stabilisce una misura cautelare, secondo la quale il procuratore (ma anche l'avvocato se esercita anch'egli la rappresentanza) potrà realizzare atti processuali senza regolare mandato, se il giudice lo ammette. Le condizioni per questa ammissione sono: che sia utile l'atto per evitare l'estinguersi di un diritto; che ci siano sufficienti garanzie (a seconda dell'oggetto e delle circostanze della causa); che nel momento di ammetterlo provvisoriamente, il giudice stabilisca un termine perentorio per la presentazione del mandato legittimo e autentico; che, nel caso di inadempimento di tale solennità, siano invalidati tutti gli atti realizzati con l'ammissione provvisoria13.

La sentenza è affetta da nullità insanabile quando “nomine alterius quis egit sine legitimo mandato†(can. 1620 n.6; art 270 n. 6 Istr. “Dignitas connubiiâ€).

FATTO

Non c'è dubbio che i signori prof. S e avv. E. abbiano ricevuto dalla par­te attrice un "mandato genericoâ€, non un “mandatum ad litesâ€. Il testo infatti suona così: “nomino quale mio Patrono il prof. S. e quale mio procuratore l’avvocato E., affinché mi rappresentino e difendano, con promessa di rato e valido di tutto il loro operato. Conferisco ai già costituiti difensori, prof. S. ed avv. E. tutte quelle facoltà…†(cf. Summ. P. 11). Questo mandato non fa nessun riferimento espresso al processo ("mandatum ad lites"), è un semplice mandato generico con il quale la parte nomina un patrono e procuratore che si occupano dei suoi affari o negozi giuridici. Non vengono specificati contenuti e le facoltà di cui il mandante investe i patroni: ad una causa o a tutte le cause, per gli atti iniziali, consecutivi o conclusivi, per una o per tutte le istanze.

Non sono preventivamente incluse tutte le facoltà relative agli atti processuali per i quali la legge esige un mandato speciale, senza il quale il procuratore non può validamente agire a nome della parte (rinuncia all’azione, all’istanza, agli atti giudiziali, compromessi, transazione, arbitrato ed in genere quelle cose per le quali il diritto richiede un mandato speciale, can. 1485).

Da questo documento non risulta chiaro la nomina del procuratore ed avvocato e le facoltà di rappresentanza e difesa a loro affidate. Nel termine generico “Patrono†con il quale è stato nominato il prof. S., vengono comprese le due funzioni di procuratore ed avvocato.

Tale termine viene usato nel can. 1490 per riferirsi al procuratore ed avvocato pubblico. Inoltre, nelle norme concrete di procedura lo si usa spesso per riferirsi indistintamente alle due figure. Sembra quindi che il prof. S. secondo questo mandato svolga i due ruoli. Possiamo dunque assumere che il signor E. era stato nominato collegialmente insieme con il signor S., come altro procuratore. Vero che in casi eccezionali i procuratori possono essere più di uno (can 1482 § 2), ma si devono adempiere vari requisiti: che ci sia giusta causa, che siano costituiti in solidum (non collegialmente) e che tra loro si applichi il principio della prevenzione, in modo che la citazione del primo escluda gli altri dal diritto di intervenire validamente nella causa, eccetto nei casi in cui il primo procuratore cessi dall'ufficio o sia stato ricusato.

Nel mandato è scritto: “Conferisco ai già costituiti difensori, prof. S. ed avv. E (…)â€. Può sembrare che con queste parole anche il signor E. era stato nominato avvocato. Alcuni autori ritengono che il termine "defensor" (cioè avvocato) del can. 1481 §3, venga applicato anche al procuratore nel c. 1519 §1. Tuttavia il can. 1481 § 3, esclude le cause matrimoniali. La legge distingue nettamente le due funzioni, che sono regolate astrattamente in modo diverso. In nessuna maniera quindi si può accettare che il signor E. abbia ricevuto la nomina di avvocato. Tuttavia il sig. E. senza legittimo mandato in merito a qui mosso preso il TERS ha agito indifferentemente sia come procuratore che avvocato, partecipando cioè agli interrogatori, sottoscrivendo i verbali qualificandosi indifferentemente talvolta come “Patrono†(e cioè avvocato) (cf. Summ. p. 97, 100, 106, 111, 117, 123, 130, 176), talaltra come procuratore (cf. Summ. p. 35, 48, 59, 65, 72, 76, 81, 107, 180, 181).

Il procuratore quindi potrà realizzare atti processuali senza regolare mandato, se il giudice lo ammette (can. 1484 § 2). Le condizioni per questa ammissione sono: che sia utile l'atto per evitare l'estinguersi di un diritto; che ci siano sufficienti garanzie (a seconda dell'oggetto e delle circostanze della causa); che nel momento di ammetterlo provvisoriamente, il giudice stabilisca un termine perentorio per la presentazione del mandato legittimo e autentico; che nel caso di inadempimento di tale solennità, siano invalidati tutti gli atti realizzati con l'ammissione provvisoria. Questo difetto non è mai stato sanato dalla parte attrice. Sembra quindi che il sig. E. abbia agito senza “legittimo†mandato del avvocato partecipando nelle audience.

Non è sufficiente dire che un atto (nullo) è citato nella sentenza per concludere che, per ciò stesso, la sentenza è nulla, pero il sig. E, ha agito almeno otto volte come avvocato, senza il legittimo mandato. Se nel contesto della motivazione della sentenza, questi atti (nulli) vengono considerate come le prove principali su cui poggia la decisione, allora – coerentemente – la sua nullità travolge la validità della sentenza.

Inoltre, il Regolamento del Tribunale Regionale Siculo richiede che il Procuratore abbia domicilio nella diocesi del tribunale o nelle vicinanze. Anche in questo caso, sembra che la norma non era stata applicata, perche il sig. E. risiede a Roma.

Tutto ciò premesso, il sottoscritto patrono della convenuta

chiede

che, auditis audiendis, voglia dichiararsi la nullità della sentenza de qua.

Con osservanza,

(avv. Francesco Russo)

Roma, li 26 luglio 2006


  1. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico, EDIURCLA, Roma 2001, p. 253↩

  2. Llobell J., Il patrocinio forense e la “concezione istituzionale†del processo in AA.VV., Il processo matrimoniale canonico, Città del Vaticano 1994, p. 444.↩

  3. Il senso contrario cf. J. Llobell, Il patrocinio…, p. 443.↩

  4. Cf. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico…, p. 255.↩

  5. Ib. P. 256.↩

  6. Cf. J. Llobell, Il patrocinio…, p. 448.↩

  7. Cf. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico…, p. 257↩

  8. Cf. J. LLOBEIL, Il patrocinio.., pp. 456 ss.↩

  9. Cf. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico…, p. 258.↩

  10. F. DELLA ROCCA, Il mandato forense nel processo canonico, in Saggi di diritto processuale canonico, Padova 1961, pp. 291 ss.↩

  11. Cf. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico…, p. 260.↩

  12. Cf. J. Llobell, Il patrocinio..., p. 446.↩

  13. Cf. Arroba Conde M. J., Diritto processuale canonico…, p. 261.↩


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