Historia
literatury – ćwiczenia
9.10.2014
“DIDONE
ABBANDONATA” di Pietro Metastasio
Il
melodramma – forma moderna del teatro classico, riferimento
diretto all'antichità.
“Didone
abbandonata” è simile
alle opere classiche (testo classicheggiante) perché:
ci
sono 3 atti
ci
sono 6 personaggi – pochi
le
unità aristoteliche
i
personaggi sono stativo – non sono evolutivi
Didone
– regina di Cartagine
Enea –
l'amante di Didone
Iarba
– rei dei Mori (degli africani) – Arbace
Selene
– sorella di Didone, innamorata di Enea
Araspe
– servo di Iarba, innamorato di Selene
Osmida
– servo di Didone, il traditore
Personaggi
principali:
la
prima coppia – Didone ed Enea (coppia dei signori)
la
seconda coppia – Selene ed Araspe (coppia dei servi)
Iarba
ed Araspe – contrasto, caratteri opposti
Osmida
– traditore
Come
in “Antigone” di Sofocle in “Didone abbandonata” ci sono dei
problemi morali. Enea deve scegliere tra l'amore e il dovere. È
una scelta classica. Lui fa il suo compito, si comporta come vero
personaggio classico che deve compiere il suo destino.
eroe
greco ≠ eroe metastasiano
Scena
17, atto II → il litigio tra Didone ed Enea
Nel
litigio la persona più forte è
Didone. Prima Enea fa tanto sforzo di evitare Didone perché non sa
come dirglielo. Cerca di giustificarsi (di solito gli eroi ed i
cavalieri non lo fanno). Enea dice: “non è la scelta mia, il
destino lo vuole, gli stessi dei che mi hanno lasciato in Cartagine
adesso mi vogliono in Italia”. Didone non ci crede e lo chiama
bugiardo. Poi Enea cerca di incolpare Didone dicendole che per motivo
di lei lui può diventare spergiuro (krzywoprzysięzca). Il litigio
tra Enea e Didone è molto umana.
→ è
una scena comica!
In
“Antigone” i litigi sono diversi, personaggi classici greci sono
degni, parlano e non litigano, sono sicuri, hanno la forza morale. È
una differenza tra il melodramma di Metastasio e l'opera classica
greca.
Le
differenze:
Il
melodramma metastasiano
|
L'opera
classica greca
|
- litigano
- si comportano come gli
uomini, qualche volta deboli
- si vogliono giustificare
|
- non litigano ma parlano
- sono degni, sicuri
- non si giustificano
|
Scena
18, atto II → il monologo di Enea
Si
sente un tono diverso dal tono della scena 17. Si vede incertezza,
dubbio, conflitto interiore. Enea non sa cosa deve fare. Il gran
genitore è Priamo. È una
personalità molto umana, debole, non diversa dal pubblico.
La
scena di suicidio di Didone.
La
regina classica sceglierebbe il dovere, avrebbe scelto Iarba per gli
interessi della sua città.
Didone invece sceglie la morte. Alla fine assume la responsabilità
di regina e muore da regina. Ha la coscienza di aver perso tutto ed è
pronta alla morte. “Se devo morire, morirò. Non ho più paura.”
Ha perso anche il regno ma la cosa più importante è che muore da
regina.
Il
concetto di catarsi.
Catarsi
→ provando la stessa sofferenza di personaggi lo spettatore si
sente purificato.
compatire
(compassione) = soffrire insieme
In
“Didone abbandonata” il motivo di catarsi è
presente ma non è così forte. Nell'età dell'Arcadia non ci sono i
sentimenti forti, i protagonisti sono umani.
COMPASSIONE
→ COMMOZIONE
(testi
antici) (testi dell'Arcadia)
La
licenza.
La
licenza serve a ricostruire l'armonia. Il dio di acqua spegne
Cartagine, spegne tutto l'incendio.
L'armonia,
l'equilibrio → Accademia dell'Arcadia
ENEA
secondo la leggenda fu il fondatore di Roma.
Enea
è una figura della mitologia greca e romana, figlio del mortale
Anchise (cugino del re di Troia Priamo), e di Afrodite/Venere.
Principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte
di Priamo e dei Troiani, durante la quale si distinse molto presto
in battaglia. Guerriero valorosissimo, assume tuttavia un ruolo
secondario all'interno dell'Iliade di Omero.
Enea
è il protagonista assoluto dell'Eneide di Virgilio: le vicende
successive alla sua fuga da Troia, caratterizzate da lunghe
peregrinazioni e da numerose perdite, favorite dall'ira di
Giunone, si concluderanno con il suo approdo nel Lazio e col suo
matrimonio con la principessa Lavinia, figlia del re locale
Latino.
La
figura di Enea, archetipo dell'uomo obbediente agli dèi e umile
di fronte alla loro volontà, è stata ripresa da numerosi autori
antichi, posteriori a Virgilio e a Omero, come Quinto Smirneo nei
Posthomerica. È un eroe destinato dal Fato alla fondazione di
Roma.
Riassunto della leggenda
Enea
è un principe Troiano, nativo delle falde del monte Ida nella
Troade, e partecipa solo alla fase finale della guerra di Troia; è
imparentato con il re Priamo avendone sposato la figlia Creusa e
in quanto il padre Anchise è cugino del re. Enea piace ai Romani
quale capostipite perché gli permette di affondare le radici in
una civiltà dal passato fulgido pur distinguendosi dai Greci.
Allo stesso tempo questa "soluzione" non fa dei Romani i
più fieri antagonisti dei Greci e verrebbe oggi chiamata
"politicamente corretto".
Anche
la leggenda di Romolo e Remo, all'inizio separata da quella di
Enea, viene successivamente integrata nel suo mito. In un primo
momento i due gemelli vengono indicati come suoi figli o nipoti.
Eratostene
di Cirene si accorge tuttavia che, essendo la data della caduta di
Troia all'incirca il 1184 a.C., né Enea né i suoi più diretti
discendenti potevano aver fondato Roma nel 753 a.C., data alla
quale la mitologia fa risalire la nascita di Roma.
Catone
il Censore rende plausibile la storia. Secondo la sua versione,
accettata poi come definitiva, Enea fugge da Troia e giunge nel
Lazio. Qui, dopo aver sposato Lavinia, fonda Lavinium. Ascanio è
invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori danno
origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, Rea
Silvia darà alla luce Romolo e Remo e in seguito la gens Giulia,
con Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto
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